Scorpion di Drake è una mezza delusione
Fotografia: Christopher Polk/Getty Images per iHeartMedia

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Musica

Scorpion di Drake è una mezza delusione

Ha molti pezzi memorabili ma resta un album noioso, più un'operazione commerciale riuscita che un'opera d'arte.

All'inizio del 2018 sembrava che Drake fosse sul punto di un rebranding. Dato che l'anno precedente era stato criticato per aver preso in prestito elementi della tradizione musicale caraibica e africana, causando un dibattito sul concetto di "appropriazione culturale", il suo anno è cominciato con un ritorno al passato. La formula che l'ha reso famoso era semplice: barre motivazionali e R&B pieno di diti puntati. Con il passare degli anni questa si è solo adattata ai suoi vari esperimenti di genere, sebbene in More Life venne messa da parte in favore di un approccio più ottimista, coerentemente alle atmosfere solari espresse dal progetto. Ma, appunto, quella venne presentata come "una playlist"; Scorpion è un album, e quando Drake fa un album vuole essere preso sul serio.

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A gennaio Drake ha pubblicato Scary Hours, un EP a sorpresa che conteneva quell'enorme hit che si è rivelata essere "God's Plan". Ad aprile è stato il turno di "Nice for What", un pezzo basato su un sample di "Ex-Factor" di Lauryn Hill ispirato alle atmosfere della bounce di New Orleans, certificate dalla partecipazione (non esplicitata) della pioniera del genere Big Freedia. La formula che aveva funzionato per gli ultimi dieci anni sembrava sul punto di cambiare, speravano i suoi fan di lunga data. Drake è un artista che cura maniacalmente l'immaginario dei suoi album, così da controllare il modo in cui questi vengono raccontati. Ma nulla poteva fargli prevedere gli attacchi di Pusha T su DAYTONA, culminati nella rivelazione dell'esistenza di suo figlio: una sorta di chiave inglese gettata in mezzo agli ingranaggi che stavano macinando per ristrutturare il personaggio-Drake. E il risultato di quello scontro è Scorpion, un progetto da 90 minuti che non fa altro che rivisitare sciattamente la zona di comfort del suo autore. Essendo un artista che ha sempre parlato in modo prolisso delle sue paranoie e della gelosia che avverte nei suoi colleghi, il colpo sotto la cintura sferratogli da Pusha T ha probabilmente complicato la visione che Drake aveva di Scorpion. J. Prince, fondatore della storica etichetta di Houston Rap-A-Lot Records e mentore di Drake, gli avrebbe consigliato di non rispondere esplicitamente a "The Story of Adidon", sostenendo che farlo avrebbe danneggiato sia la sua carriera che quella di Kanye. Ma Drake non è il tipo da lasciarsi scappare l'opportunità di rispondere a un affronto.

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Sul lato A di Scorpion—quello rap—Drake passa un bel po' di tempo a parlare del dissing. Come su "Duppy Freestyle", però, il principale destinatario delle sue parole sembra essere Kanye West. "Survival", il brano che apre l'album, contiene riferimenti a vecchi scontri con Meek Mill e Diddy: "Ci sono stati negri veri da Philadelphia che hanno provato a scrivere la mia fine / A fare a pugni con il più grande di sempre, a parlare di proiettili / Ho litigato con dei ragazzacci che non facevano finta". Nella stessa strofa dice "Ogni volta che non vengo accreditato è come se cadessi cento volte all'indietro", il che potrebbe essere un riferimento a Kanye, dato che Drake è accreditato come co-autore delle sue "30 Hours" e "Yikes".

Altri indizi arrivano dai producer che hanno lavorato a "March 14", la traccia che chiude l'album e contiene la maggior parte delle informazioni sul figlio di Drake. Alcuni di loro hanno dichiarato di aver cominciato a lavorarci a gennaio e J. Valler e Malik Yusef, collaboratori di Drake, sospettano che il titolo della canzone sia un suggerimento: Drake avrebbe fatto ascoltare la canzone a Kanye mentre si trovava in Wyoming a comporre ye. Lui l'avrebbe fatta poi sentire a Pusha-T, che avrebbe quindi ottenuto il materiale che ha usato in "The Story of Adidon".

Se questo è quello che effettivamente è successo, versi come "Sono il capocannoniere, amico, ma guarda i miei assist / Sì, sono con Future ma mi piace ricordare" e "'Sti negri si creano personaggi perché hanno paura di rappare" potrebbero sembrare rivolti a Kanye. In un certo senso, un Drake così combattivo non si sentiva da tempo. Sembra quasi a suo agio nei conflitti, quando si sente arrabbiato e perseguitato. Ma sono i momenti in cui parla di suo figlio che gli permettono di esplorare nuovi territori.

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È su "March 14" che Drake tira le fila della questione, sebbene lo faccia a tratti in modo maldestro. Per esempio non fa molto per sbugiardare Pusha T sul fatto che sia un padre assente, dicendo di aver visto l'ultima volta suo figlio lo scorso Natale. Dice di essere stato con la madre solo due volte e afferma che sua madre gli aveva detto di stare attento per evitare di finire in una situazione simile. E in tutto queso si mostra vulnerabile come mai aveva fatto lungo il corso della sua carriera. Per la maggior parte del pezzo, parla di quanto si vergogni di aver ricreato la situazione familiare che lui stesso ha vissuto da bambino: una madre abbandonata, un padre assente. Parla apertamente della paura che ha di far pensare a suo figlio chi gli voglia più bene, se la mamma o il papà. Magari anche solo come conseguenza del suo orgoglio ferito, non c'è traccia di hubris. Il discorso però non vale per il resto di Scorpion, un album in cui scompaiono i riferimenti sonori non-occidentali che davano colore a parti di Views e all'intero More Life. Drake torna a fare quello che ha sempre fatto e, gli va riconosciuto, a farlo bene. Soprattutto sul Lato B, pieno di quei lentoni che ha dimostrato più e più volte di conoscere alla perfezione.

"Jaded" brucia lentamente e ha un testo molto alla Drake, sdolcinato ma al contempo affascinante: "sono single perché non voglio fare male a nessuno", dice. "Blue Tint" è un pezzo da stereo della macchina in una notte d'estate. La traccia vocale inedita di Michael Jackson su "Don't Matter To Me" è una dimostrazione di potere d'acquisto. "In My Feelings" contiene influenze del sound di New Orleans proprio come "Nice for What" e ha tutti gli ingredienti per diventare un singolo di sucesso. Sono tutti esempi di come Drake abbia perfezionato l'arte del rap-che-si-fa-pop.

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Non per dire che sul Lato A non ci siano momenti memorabili. Uno è "Emotionless", rifacimento di "Emotions" di Mariah Carey colmo di frecciatine Kanye e Pusha. Su "Sandra's Rose", prodotta da DJ Premier, Drake ringrazia sua madre per averlo reso la persona che è senza suonare né troppo serio né troppo emotivo. "Talk Up", con Jay Z, è una collaborazione di alto profilo: basata su un sample degli N.W.A. e prodotta da DJ Paul, mette assieme due artisti che sarebbe bello sentire più spesso sulla stessa traccia.

Ma, e arriviamo al grande problema di Scorpion, stiamo parlando di un album di 25 canzoni che dura un'ora e mezza. Già solo arrivare all'inizio del Lato B può essere stancante ed è un peccato, dato che la maggior parte dei pezzi migliori sono proprio verso la fine. Lunghezza a parte, è però il contenuto a pesare sulle spalle del progetto. Ciò che offre a livello musicale e testuale non varia abbastanza lungo il corso della tracklist per giustificare la quantità di pezzi che questa contiene. È lo stesso problema che aveva Culture II dei Migos, e la domanda resta la stessa di allora: album come questi vengono pensati come prodotti prima che come opere d'arte? Tagliando almeno un terzo delle canzoni, Scorpion potrebbe essere uno degli album migliori di Drake.

Views soffriva dello stesso problema, ma le parti in cui il suo suono si apriva a influenze caraibiche e africane lo rinvigoriva nei momenti in cui sembrava stare perdendo colpi. È grazie a quelle che Drake ha cominciato a creare connessioni con artisti fuori dalla sua sfera creativa, diventando un'artista globale. More Life sembrava quasi il prodotto di un suo lungo soggiorno londinese. Ma con Scorpion siamo tornati al 2016. Recensendo Views, la giornalista Judnick Maynard fece notare come Drake avesse deciso di coprire il sapore diasporico dell'album tornando, a metà album, allo stile che lo aveva sempre contraddistinto. "Molti di noi millennial sanno bene che cosa significa dover far convivere la voglia di sperimentare e la pressione a soddisfare le aspettative che vengono proiettate su di noi ripetendo i nostri successi passati". Le sue parole valgono anche per il Drake del 2018. Ma come puoi dire come fare il suo lavoro a un artista che ha passato gli ultimi dieci anni a infrangere record di streaming? Scorpion è pieno di pezzi degni di essere ricordati. Resta che il loro autore è così affamato che preferisce dominare il mercato piuttosto che spingere la sua musica in direzioni diverse da quelle che ha già preso in passato. Questo articolo è apparso originariamente su Noisey US.