Il mio primo appuntamento con Colapesce
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Musica

Il mio primo appuntamento con Colapesce

Ho passato un pomeriggio in centro a Catania con Lorenzo Urciullo a parlare del nuovo album 'Infedele', di TV e di quanto rimorchiano i musicisti.

Non è che sia proprio un'esperta di primi appuntamenti, ma ne ho avuti abbastanza da sapere che una cosa fondamentale per la riuscita dell'impresa è la location. Quale luogo migliore allora di un bar nel pieno centro di Catania in una stupenda giornata di sole per parlare con Lorenzo Urciullo del nuovo album di Colapesce, dei suoi gusti musicali e di bislacche passioni cimiteriali? Mi equipaggio di selfie-stick, attrezzo tanto fondamentale quanto imbarazzante per la documentazione di questa mattinata, e do così appuntamento a uno dei miei artisti italiani preferiti in assoluto, sperando che l'atmosfera da cartolina "Saluti dalla Sicilia" sia d'aiuto per eventuali intoppi del caso.

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Con Colapesce ho un rapporto quasi viscerale: ho cominciato a seguirlo quando ancora non si chiamava così, quando cantava negli Albanopower. Poi nel 2012 è uscito Un Meraviglioso Declino e da quel momento è diventato colonna sonora ufficiale della mia vita da universitaria. Adesso sta per uscire il suo terzo album, Infedele: i primi due singoli li ho imparati a memoria, mentre faccio il conto alla rovescia per il 27 ottobre, data in cui il disco sarà finalmente fuori. Ci sarebbero miliardi di cose che vorrei chiedergli a proposito di tutte le sue canzoni, ma mi rendo conto che l'appuntamento rischierebbe di trasformarsi più in una seduta di psicanalisi che in una chiacchierata, quindi mi trattengo dalla tentazione di spingermi in un'analisi testuale di ogni suo singolo pezzo. Una cosa che ci mette subito a nostro agio è il fatto che siamo entrambi nati sulla costa orientale della Sicilia, lui a Solarino, in provincia di Siracusa, io a Catania. Sembrerà un dettaglio di poco conto, ma dalle nostre parti basta una vocale pronunciata nel modo sbagliato per generare una certa ostilità.

Dunque, l'appuntamento sembra cominciare con una certa disinvoltura, se non fosse che nel delizioso bar in cui ci siamo appena seduti sia appena partita Despacito a un volume assordante. Ma facciamo finta di niente.

Noisey: Ok, per rompere il ghiaccio direi di cominciare con una domanda facile. Come mai hai deciso di scrivere i tuoi testi in italiano? Hai mai pensato che con la tua musica potresti puntare all'estero? Ricordo alcune recensioni al tuo primo album sostenere che i testi non fossero all'altezza degli arrangiamenti…
Colapesce: Dicevano così? Non me lo ricordo. Sì, all'inizio avevo una band anglofona, gli Albanopower. Però mi piace scrivere e non essendo madrelingua inglese con l'italiano riesco a essere più preciso. L'italiano direi che è più chirurgico, come una lama. Mi piace scrivere, ho avuto un'esperienza come scrittore con Baronciani, La Distanza, ma è stata la mia unica esperienza lontana dalla musica. Paradossalmente, con l'italiano sono arrivato di più fuori dall'Italia, ne hanno parlato sul The Guardian e su NME, in Francia per esempio Le Monde mi ha dedicato un paginone.

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Ti piacerebbe quindi suonare di più all'estero?
Mi piacerebbe e ci sto lavorando su dei miei progetti paralleli, ma Colapesce al momento ha ovviamente più presa in Italia per via della lingua. Anche se l'ultimo album ha delle influenze più internazionali, anche nella metrica, le melodie sono meno da canzone italiana esclusa Totale. Quando il testo è particolarmente musicale la canzone diventa più fruibile anche per chi non capisce la lingua forse.

Parliamo di cose più imbarazzanti. Ho visto che hai fatto una cover di Ghali con l'ukulele. Cazzeggio o esperimento postmoderno?
Cazzeggio postmoderno, ma nessun imbarazzo, ho pubblicato un video di pochi secondi su Instagram. Mi sembra interessante il fenomeno Ghali nonostante non ascolti la trap, ha delle belle canzoni, soprattutto le prime pubblicate. Mi piacciono i suoi video, suona meno posticcio rispetto al resto della scena (t)rap. Speriamo non si perda, è un peccato che il suo live sia tutto in base, non mi piace. Sono ancora legato alla musica suonata.

Cosa mi dici invece dei talent, li guardi? Immagino di no. Secondo te sta tramontando il fenomeno?
Non li guardo, no. Secondo me continueranno a funzionare molto come fenomeno televisivo ma a livello musicale non hanno sfornato mai artisti particolarmente rilevanti e credo mai lo faranno. All'inizio molti parlavano dei talent come il futuro della musica, un luogo dove scovare il nuovo Lennon di Reggio Calabria. Forse non ti ricordi ma ti giuro che era così. Sono cover di un minuto e mezzo a volte arrangiate male, una sorta di karaoke con la mega-produzione. Uno spettacolo televisivo appunto, la musica non c'entra.

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Allora, talent non li guardi… almeno le serie TV?
Non tanto neppure quelle, non sono costante, preferisco i film. Ho visto per un po' Game of Thrones, aka Beautiful di Frittole, poi ho mollato. Ho cominciato un sacco di serie anche belle ma non le ho mai finite. Ora sto guardando Twin Peaks e Bojack Horseman, la mia preferita, una delle cose più belle uscite negli ultimi anni.

Anche a me piace molto. Ok, con le serie TV ci siamo trovati più o meno, vediamo con la musica. Artisti preferiti? Sia italiani che stranieri.
Ne ho tantissimi di preferiti, sono trasversale, dovremmo andare per genere o facciamo notte. Ultimamente ascolto i nuovi di Grizzly Bear, The National, King Krule, poi ho comprato Alone di Bill Evans, i White Noise e tanta roba africana di fine '70. Da ragazzo ero infognato con la scena di Seattle.

Da ragazzino quindi eri un grungettone con le camicie di flanella e i capelli lunghi?

Più che grunge ero post-rock. Avevo la mia band strumentale, anche se a casa avevo altre influenze. Mio padre ascoltava tanto jazz e prog, mia madre tanta musica italiana. Tutte queste cose si sono un po' sintetizzate nella mia musica.

E artisti italiani invece?
Italiani morti tantissimi. Alcuni vivi: Iosonouncane, Massimo Volume, Alessandro Fiori lo adoro, i Verdena, Andrea Poggio, Mapuche, Alì, gli Uzeda, Go Dugong, il nuovo di Verano (che ancora deve uscire ma è bello!) e sicuramene altri che dimentico. Ma in generale non ascolto tantissima musica italiana.

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Quindi canti in italiano e suoni in Italia ma alla fine non ascolti musica italiana.
No, in effetti non tanta, in proporzione a quella estera.

E la Sicilia? Già dal nome si capisce che la tua intenzione è fare capire da dove vieni, perlomeno per chi conosce la leggenda…
Infatti chi non la conosce dice: "ma che nome di merda è?".

Ecco, allora dimmi: perché questo nome di merda? Nome che a me piace molto in realtà.
Sono legato alla leggenda, mia mamma me la raccontava da piccolo e penso che abbia un concetto molto forte dietro, quello del sacrificio per una cosa che ami. Colapesce ha dato la vita per sorreggere l'isola, in generale il concetto di sacrificio mi affascina. Con la Sicilia poi ho un rapporto viscerale, di amore e odio. Sono molto legato a essa per il mare, anche perché ho passato tanto tempo in una in una casetta che comprò mio nonno negli anni Sessanta a Ognina, davanti alla scogliera. Nei miei testi c'è spesso riferimento ai luoghi, nel disco nuovo per esempio c'è una canzone che si chiama "Pantalica".

Secondo te chi non è siciliano lo capisce?
Alcuni s'incuriosiscono e mi chiedono di cosa si tratti, ma non è negativo che altri non colgano tutti i riferimenti. I testi non vanno spiegati.

Ma dimmi, c'è qualcuno con cui faresti una collaborazione? Anche morto. Una persona con cui diresti "con questo artista ci farei proprio una canzone".La sparo grossissima: John Lennon.

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E invece uno con cui non la faresti mai? Ti chiama il tuo produttore e ti dice "devi fare una canzone con tizio" e non riesci a non dire no, non me lo accollo.
No grazie Kekko, a 'sto giro passo.

Ma a proposito di featuring interessanti… Ho notato che il ritornello di "Pamplona" somiglia un po' alla tua canzone "Anche oggi si dorme domani". Ci avevi mai pensato?
Ah sì? Non ci avevo fatto caso. Tra l'altro l'autore di quel pezzo non è né Fabri Fibra né Tommaso Paradiso, l'ha scritto Petrella mi pare, in serata lo chiamo e gli dico di steccare la Siae.

È una canzone che avevi proposto per Sanremo ma non sei entrato in gara, come mai non ci hai più provato?
Quell'anno era uscito il mio primo disco, il tour era andato bene, avevo vinto il premio Tenco e così il mio editore mi ha detto "a questo punto proviamo Sanremo". Avevo l'idea per il pezzo, l'ho sistemato ma era già una causa persa in partenza perché il ritornello entrava dopo due minuti e mezzo. Però era il primo anno di Fazio con Mauro Pagani direttore artistico e doveva essere l'anno della "qualità", senza dover scendere troppo a compromessi con la canzone sanremese. Quell'anno vinse Mengoni e un certo Antonio Maggio.

Continui a guardare Sanremo nonostante la delusione?
Sì, mi diverte molto, è uno show che si fa guardare oltre la musica. Ci sono dei momenti unici, come quando Totò Cutugno entrò con l'Armata Rossa, impareggiabile. È capitato anche che ci fossero ospiti internazionali interessanti, è al limite col trash ma si guarda, come i Mondiali diciamo.

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E invece dimmi, quali sono i tuoi guilty pleasures? Ci sarà qualche cantante di merda che ascolti nelle sessioni private di Spotify.
I miei amici talebani mi prendono in giro perché mi piace Tiziano Ferro (ma lui non è "di merda"!). "Il Conforto" con Carmen Consoli è una canzone che ho ascoltato a ripetizione. Mi piacciono pure un sacco le produzioni tamarre americane tipo Beyoncé.

E se andiamo sul tuo profilo Spotify qual è l'ultima cosa che hai ascoltato? Anche su YouTube, controlliamo la cronologia.
Su Spotify l'ultimo album dei The National e dei Grizzly Bear. Su YouTube invece l'ultima cosa che ho cercato ieri è un video dei Thegiornalisti featuring Jerry Calà, ma a mia difesa vorrei dire che è un link che mi ha mandato un mio amico a tradimento.

Ma secondo te questa fascinazione per il mondo trash anni Ottanta è una stronzata?
Io la trovo preoccupante. Anche perché sta diventando culturale. Se è una roba trash che resta sulle bacheche per ricordare il medioevo culturale italiano degli anni Ottanta è un conto, ma ho la sensazione che questa attitudine della risata facile, del volemose bene e dell'Amarcord stia diventando culturale. Se la riabilitazione del trash diventa l'unica nuova proposta la situazione è preoccupante. Vuol dire che non abbiamo più un cazzo da dire. E la cosa triste è che sta succedendo principalmente nel circuito cosiddetto erroneamente indie.

E se ti chiedessero di fare il giudice a XFactor? Ti siederesti accanto a Fedez e Manuel Agnelli?
No.

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Ma è vero che i cantautori rimorchiano un sacco? Ascoltando i tuoi testi si direbbe che sei un tipo molto romantico.
Spesso gli ascoltatori proiettano aspettative che poi non sono vere su chi suona, magari invece di essere romantico sono uno stronzo per esempio. All'inizio mi è capitato di avere relazioni con persone conosciute grazie al mio lavoro, penso sia normale, ma Egomostro è un album che ho fatto appunto per smontare quell'aspetto dell'ego dell'artista che appena ha un minimo di visibilità si mette al centro di tutto. All'inizio ho fatto questo errore, il disco è stato una specie di mantra che ho usato per esorcizzarlo.

E invece l'album nuovo?
Fra una cosa e l'altra sono passati due anni. Ho scritto e buttato moltissimo, avevo tanti brani che alla fine ho accantonato, non perché non mi piacessero ma perché li trovavo troppo "comodi". Doveva funzionare tutto come unico blocco. Alla fine abbiamo scelto otto brani. Ha un suono completamente diverso rispetto alle mie produzioni precedenti. Ho lavorato con Mario Conte e Jacopo di Iosonouncane, abbiamo diviso in tre la produzione artistica. Dopo aver selezionato i brani, siamo stati più di due mesi in studio tra Milano e Bologna, dove è stato finalizzato il tutto all'Alpha Dept. di Giacomo Fiorenza, che è anche il fonico del disco.

Il disco si chiama Infedele e sulla copertina ci sono io che prendo la comunione. Ci sono molte influenze, dalla musica brasiliana all'elettronica al fado, fino a Arthur Russell, i Beach Boys, Battiato, Ciampi. È un caleidoscopio, un viaggio dentro la canzone nella sua complessità che a volte è pop e a volte no, è un disco Infedele. Abbiamo lavorato principalmente in analogico, poco computer molte macchine. Questo ha dato una tridimensionalità all'album.

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Che rapporto hai con i social? Leggi i commenti alle tue cose o te ne freghi? C'è un commento brutto che ti ha segnato per sempre?
All'inizio ero più ossessionato, avevo un profilo privato su Facebook, ma poi ho capito che la cosa mi ingolfava le giornate e ho mollato. Ora continuo a usare la fanpage Colapesce e specialmente Instagram. Sono appassionato di fotografia e (anche se non so fotografare) mi piace l'idea di pubblicare foto.

Per quanto riguarda gli insulti forse i peggiori sono quelli che entrano nel personale e tirano in mezzo la famiglia, o quelli che entrano in merito delle tue scelte artistiche. So cos'è perché lessi un articolo, forse proprio su Noisey, ma non seguo Diesagiowave. Non do importanza alle opinioni degli altri sui social, mi interessano quelle dei miei collaboratori e degli artisti che stimo, ma ci interagisco principalmente su Whatsapp. Non ho tutto questo tempo da dedicare agli altri purtroppo.

Sai che a quanto pare loro decidono le sorti della musica indie italiana?
Addirittura? Decidono male allora [ride]. Numericamente forse hai ragione, perché in fondo i numeri di tutto lo streaming li spostano i ragazzi dai 12 ai 20 anni,la fascia di età più attiva sui social. L'età in cui alcuni di loro non dovrebbero manco decidere che scarpe mettersi. Il problema è vasto e complesso, perché oggi i clic purtroppo influenzano anche i produttori esecutivi, le case discografiche che spesso si ritrovano a inseguire i trend e non la qualità.

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Qualche migliaio di utenti mantenuti dai genitori tolgono le competenze a queste strutture che si ritrovano solo a finanziare cosa va in quel determinato momento, è una cosa pericolosissima perché non credo nell'arte democratica, non si tratta del Movimento 5 Stelle. La distanza fra chi crea e produce e chi riceve e ascolta è necessaria e sana, crea varietà e punti di vista diversi, è libera. In questo nuovo sistema il rischio di omologazione è mostruoso e mi pare che adesso sia all'apice ed è sotto gli occhi di tutti. Più che musica indipendente mi pare musica dipendente, ovvero che dipende da quello che va al momento. Quasi passa un sottile messaggio: sei veramente artista se sei riconosciuto e fai i numeri, diversamente sei un fallito. Una roba fascista e pericolosa, perché la musica indipendente è un anticorpo culturale necessario, adesso non capisci quasi più la differenza fra Biagio Antonacci e un gruppo "indie".

Infatti, qual è il tuo ascoltatore medio?
Credo di essere abbastanza trasversale, scrivo canzoni. Forse non prendo la fascia dei giovanissimi, tranne le eccezioni ovviamene, anche perché il mio modo di scrivere non sempre arriva subito, magari i testi li devi ascoltare più volte.

Quindi non lo sai se Asia Ghergo ti ha coverizzato…
Mi pare di no, ma secondo me il mio nuovo album è a prova di Asia Ghergo, nel senso che molte canzoni sono con dei beat e non sempre facilissime da coverizzare, a parte "Totale" che è una classica canzone italiana. Però il primo estratto, "Ti Attraverso" è stata vittima di cover.

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E dimmi, a te andare in tour piace o ti fa schifo? Io trovo sia uno strazio. Non dirmi che non hai una storia dell'orrore da tour.
Soffro molto gli spostamenti, sono un animale più da studio e da divano. Il viaggio in sé non mi piace ma la dimensione del live sì. È una cosa che faccio da quando ho quattordici anni e mi ci trovo bene.

Storie dell'orrore? Quante ne vuoi. C'è Battipaglia, primo tour del primo album—quindi giravamo praticamente per una pizza e un letto. Il tizio che ci ha ospitati ci ha fatto dormire in un garage in un letto con delle mutande sporche sotto al cuscino, abbiamo preso un'intossicazione alimentare e abbiamo distrutto la fiancata del furgone sulla Salerno-Reggio Calabria. A quel punto l'ho denunciato pubblicamente con un post, e questo mi ha fatto chiamare dal suo avvocato per denunciarmi per calunnia. Mi era capitato altre volte di farmi nottate del genere, ma mai così, credimi. C'è un limite con la dignità dell'uomo. Da allora ho deciso che avrei fatto concerti solo in determinate condizioni. Devo dire che da quell'episodio molti altri artisti hanno denunciato trattamenti simili con questo personaggio.

Ultima domanda: hai mai avuto un piano B? Un'alternativa alla vita da musicista.
No. Anzi, in realtà avrei voluto fare il giornalista. Di solito succede il contrario, giornalisti di musica che vorrebbero suonare, mentre io avrei voluto scrivere. Sono un musicista frustrato che voleva fare il giornalista. Ogni tanto ho scritto qualcosa in giro, su The Towner per esempio, mi piacerebbe pubblicare da qualche parte una ricerca che sto facendo sulle lapidi a Solarino.

Davvero? Io adoro i cimiteri.
Anche io. Il mio posto preferito di Milano è il Cimitero Monumentale, ci sono un sacco di scultori incredibili e c'è il primo forno crematorio d'Italia che sembra un forno da pizza, stupendo. Anzi se non ci sei stata ti ci porto.

Perfetto, abbiamo un secondo appuntamento allora. Ci vediamo al Monumentale.

Alice è su Twitter: @alicerthanyou.

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