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Ecco perché "la verità su Liberato" non è la verità

Diamoci una calmata: è altamente inverosimile che il misterioso cantante napoletano sia un detenuto del carcere di Nisida.
Foto via YouTube.

“La verità è come una scopata: mezza è peggio di niente”. Per chi non le avesse riconosciute, sono le parole che Maeve Millay, un personaggio di Westworld, pronuncia nella settima puntata della prima serie. Oppure l’ottava. O forse la nona, non ricordo. Il fatto è che mentre guardavo un episodio dietro l’altro, in modo da arrivare al finale di stagione prima di andare a dormire, la mia testa era al lavoro su un’altra presunta rivelazione: il video “LA VERITÁ SU LIBERATO (?)” di IutuBBer Diego, che io avevo liquidato in mattinata senza vederlo tutto, stava macinando decine di migliaia di visualizzazioni. I miei amici stavano riempiendo i gruppi di messaggi vocali, mentre un’altra parte della conversazione si svolgeva nella mia bolla di Facebook, tra i commenti alle condivisioni del video. All’ennesima notifica ho deciso di mettere in pausa Westworld, che è una grandissima serie, per dedicarmi all’ennesimo dibattito su Liberato, che diventa sempre meno avvincente ma ormai, dal 9 maggio al 9 maggio (e oltre), è l’ossessione di un sacco di gente, anche la mia.

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Poi il video l’ho visto per intero, due volte. Mi ha messo in agitazione il fatto di essere stato l’unico a non aver capito in anticipo che IutuBBer Diego, pseudonimo di Diego Laurenti, fosse destinato alla viralità. L’immagine di un giovane Liberato che fa cantare l’Italia da una cella del carcere minorile di Nisida mi è sembrata poetica, ma inverosimile. Eppure, al momento in cui scrivo, il video ha collezionato 175mila visualizzazioni in due giorni ed è al quinto posto tra i più popolari di YouTube. Nessuno si è chiesto se il progetto Liberato sia gestibile da una cella senza connessione a internet, o se le autorità italiane possano spostare un condannato da Napoli a Milano, a Torino e, infine, portarlo in Spagna. Panorama, ad esempio, ha citato Diego Laurenti senza sollevare molti dubbi.

Nei fatti, però, il successo di questa teoria ci dice un paio di cose vere: non sull’autore di “NOVE MAGGIO”, ma su noi stessi e su come ci stiamo preparando al giorno, se mai arriverà, in cui Liberato calerà il cappuccio e il fazzoletto.

Ma a questo ci arriviamo tra un attimo. Prima parliamo del video.

La teoria di IutuBBer Diego è la seguente: Liberato potrebbe essere arrivato sul Lungomare a bordo di un gommone partito dal carcere minorile di Nisida. Con lui potrebbero esserci stati alcuni secondini vestiti da sosia. Prima di arrivare, il gommone è stato avvicinato da un’imbarcazione della polizia. La seconda parte è dedicata agli indizi che Liberato avrebbe lasciato nelle sue canzoni e che farebbero riferimento alla sua detenzione. Uno su tutti (degli altri parleremo tra un attimo), la sirena a manovella, che ricorderebbe il suono dell’allarme durante un’evasione dal carcere. Da qui appunto il nome, Liberato.

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Proviamo a fare un po’ di ordine. Innanzitutto si tratta di capire se un ragazzo recluso a Nisida può esibirsi a Milano, Torino, Napoli e Barcellona, dove Liberato sarà il 15 giugno in occasione del Sónar. Per i detenuti non è impossibile lasciare il carcere. Lo consentono tre misure: i permessi premio, la semilibertà e il lavoro esterno. Secondo il codice penale non è vietato raggiungere destinazioni molto lontane sul territorio nazionale. Ma per quanto riguarda la Spagna, invece, il discorso è diverso.

Con l'aiuto di Laura Scomparin, una professoressa dell'università di Torino, sono risalito agli strumenti legislativi che impediscono a un detenuto di lasciare l'Italia. Se vi piace la giurisprudenza date un'occhiata all'articolo 3 di questa legge, ancora in vigore, e a questo decreto, che estende la stessa disciplina ai documenti equivalenti al passaporto.

Se Liberato sarà al Sónar, insomma, non è un detenuto. Con tutta probabilità, inoltre, i sosia che lo hanno accompagnato sul gommone non erano secondini. Se quello di esibirsi a un concerto è un lavoro, la legge non considera necessario andare a lavorare scortati. Aggiungo che il ricambio nelle carceri minorili è molto veloce. Sul sito del Ministero della Giustizia sono reperibili i dati su ingressi e uscite nel carcere minorile dell’isola. Solo nel 2017 sono entrati 111 minori e ne sono usciti 113, per un tempo di permanenza medio due mesi. Certo è possibile che qualcuno fisica dentro per qualche anno a causa di un reato grave, ma rappresenterebbe comunque una piccola minoranza della popolazione dell’IPM. Va detto anche che non è facile comunicare dalla cella. Per darvi un’idea di quanto questi ragazzi vivano in un contesto più isolato di chi non ha condanne penali, riporto le parole di Susanna Marietti dell’associazione Antigone, che ha visitato Nisida: “Internet è generalmente centellinato in carcere", mi ha detto, "e molto controllato, le poche volte che c'è. Magari hanno qualche accesso per motivi di studio o per qualche attività, ma certo non troppo libero”.

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La seconda parte del discorso ha a che fare con l’interpretazione del testo. Cinema, romanzi, poesie, canzoni (che in semiotica si chiamano testi, che a loro volta sono fatti di segni, ma non voglio complicare il ragionamento) non trasmettono a tutti lo stesso messaggio. Potremmo riservare intere biblioteche ai volumi che spiegano come noi esseri umani riempiamo i buchi di quello che un’opera d’arte non dice. Nel processo di interpretazione entrano in gioco punti di vista collegati alla nostra sensibilità personale e ai pregiudizi.

E se partiamo dall’idea che Liberato sia un giovane detenuto (è un pregiudizio anche questo, giusto?) i versi “A voce e ‘na sirena/quanno stev’ assieme a te” ci faranno pensare a una volante della polizia che insegue un ragazzino a sirene spiegate. Questa peraltro è l’interpretazione di IutuBBer Diego del testo di “Gaiola Portafortuna”. Ma le Sirene sono anche esseri mitologici in grado di far innamorare con la voce. I due protagonisti della canzone si trovano su una spiaggia, quindi è più plausibile immaginare che l'attrazione per la ragazza cantata da Liberato sia stata paragonata al potere di seduzione di una Sirena. L’idea di partenza influenza anche ciò che decidiamo di tenere dentro o fuori dall’interpretazione. Perché, sì, Liberato canta Procida, Trentaremi e Gaiola, tutti luoghi avvistabili da Nisida, come fa notare IutuBBer Diego. Ma anche Mergellina, Forcella e Marechiaro, che dall’isola non si vedono.

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Tutti gli indizi riportati da IutuBBer Diego mantengono un margine di ambiguità. Non trovo inverosimile che Liberato, in passato, abbia avuto i suoi guai con la giustizia. Molti autori napoletani hanno messo quel tipo di esperienze nelle loro canzoni. Ma l’unica cosa reale, per adesso, è il gran numero di visualizzazioni di questo video. E quindi la vera domanda non riguarda Liberato, ma noi stessi.

Il 9 maggio non ero a Napoli. Speravo accadesse di tutto, tranne che Liberato rivelasse la sua identità. Grazie ad alcuni reportage dal Lungomare nel giorno del concerto, ho scoperto che il mio era un sentimento condiviso. Noisey lo ha raccontato con delle mini interviste (“Chi vorrei che ci fosse dietro? Mah, in verità spero di non scoprirlo. Non vorrei finisse il mistero”). E anche questo servizio della RAI riesce a cogliere un po’ di verità nonostante le frasi fatte del giornalismo genericista, tipo “il rap fantasma di Liberato” o “il popolo di Liberato”. È interessante quando il ragazzo in camicia azzurra dice: “Credo sia un’idea diversa per ogni persona. Non dovrebbe farsi vedere mai, nessuno vuole risvegliarsi da un sogno”.

Il successo della “VERITÁ SU LIBERATO (?)” è tutto qui. Siamo pronti a guardare sotto il cappuccio solo se troviamo una persona all’altezza delle nostre aspettative. La teoria di IutuBBer Diego evoca la riscossa di un ragazzo, quindi di Napoli, attraverso la musica. E fa leva su un’immagine condivisa della città, in equilibrio tra meschino e sublime. Carcere e musica, criminalità e amore, alto e basso: Liberato, chiuso in una cella, guarda il golfo e canta i quartieri, le spiagge, i vichi. Ci fa vedere la Napoli bella dove prima i giornali ci facevano vedere la Napoli della camorra e delle baby gang (di cui però potrebbe far parte). Per un attimo l’idea di Liberato a Nisida ha messo d’accordo tutti e le incongruenze sono finite in secondo piano. Ma se Liberato avesse avuto un’esistenza più ordinaria, vorremo ancora conoscerlo?

Ecco perché questo video potrebbe dire su di noi più di quanto non dica su Liberato. A me sembra che abbiamo smesso di cercare l’identità: quello di cui abbiamo bisogno, invece, è una teoria, un’idea su cui esercitare la nostra immaginazione. E rendere, di volta in volta, Liberato il simbolo del riscatto, del primo amore, del talento nascosto nei palazzi popolari, della Napoli che rinasce, della Napoli dove l’arte non muore mai, della Napoli per cui ne vale la pena, della Napoli nonostante tutto bella, bellissima.

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