Cultura

L’impareggiabile soddisfazione di guardare i ricchi soffrire al cinema

Film come ‘The Menu’, ‘Glass Onion’ e ‘Triangle of Sadness’ sono tutti basati sul torturare i miliardari—e il pubblico li adora.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT
Tria
Triangle of Sadness. Foto: Imperative Entertainment/Neon

Non è un segreto che siamo tutti ossessionati dagli ultra-ricchi. Come si vestono, che cosa mangiano, i loro strani rituali (vedi: acquistare camere iperbariche da decine di migliaia di euro, andare al Burning Man); non c’è niente che ci piaccia di più di passare al setaccio le abitudini della classe dominante.

Adoriamo guardarli comprare ville opulente in Selling Sunset, litigare fra loro in Succession o fare la storia in The Crown. Ma questa ossessione può facilmente tramutarsi in un denso, amaro e atavico odio. Il declino dei membri dell’alta società è lo spettacolo preferito di quella bassa da sempre, anche da prima che Marie Antoinette venisse ghigliottinata nel 1793.

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E quest’anno anche Hollywood si è messa al passo con i tempi. Dai thriller satirici come The Menu alle commedie grottesche come Triangle of Sadness, è facile notare l’aumento sul mercato cinematografico dei film di un genere che potremmo definire “mangiaricchi.”

Anche la serie HBO The White Lotus ritrae una catena di hotel di lusso come un microcosmo dell’America, indagando con uno humor nero spigoloso gli eccessi dei milionari e il loro disprezzo per i poveri. Ma questi film e serie tv non si limitano a ritrarre le mostruosità dei più danarosi come facevano Wolf Of Wall Street e Ready or Not. No: adesso vogliamo vedere soffrire i ricchi.

Prendiamo Triangle of Sadness di Ruben Östland, vincitore della Palma d’Oro a Cannes: miliardari russi e influencer si imbarcano su uno yacht di lusso per una crociera di lusso. Si cibano di ogni sorta di tremolanti gelatine con incastonati dentro cibi crudi che non dovrebbero essere crudi. Si abbronzano, fanno richieste assurde all’equipaggio e passano ore infinite a posare per le foto da mettere su Instagram. Arrivati a metà del film, però, ognuno di questi bellissimi e viziatissimi personaggi sta vomitando. In maniera incontrollata. Sulla moquette decorata, sui vestiti di sartoria, nelle suite d’alto bordo. Vomito ovunque. E cacca, tanta cacca.

Ma Östland non si limita a questa liberatoria (anche se un po’ traumatica) orgia di liquami: tutta la seconda parte del film è dedicata alla commedia della loro definitiva caduta. Non si tratta del classico accoltellamento né del tracollo economico come in Parasite di Bong Joon-Ho o nel giallo Knives Out di Rian Johnson.

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È una commedia di vomito, fame, cadaveri galleggianti, salatini e vendetta. Triangle of Sadness usa ogni arma a sua disposizione per massacrare i ricchi e farli a brandelli. È esagerato, in vari punti fa sobbalzare e venir voglia di coprire gli occhi, ma—stranamente?—dà una certa forma di soddisfazione.

Triangle of Sadness non è il solo a mettere in scena questo tipo di catarsi. Se in Knives Out abbiamo visto l’umile colf ereditare tutte le ricchezze della famiglia Thrombey, il seguito Glass Onion alza la posta, scatenando fuoco e fiamme sull’isola privata di un miliardario. In modo simile, The Menu arrostisce direttamente una batteria di ricconi per un’esperienza culinaria davvero esclusiva.

Forse il successo di questi spettacoli anti-capitalisti—nel senso che questi esempi ritraggono letteralmente la disfatta di capitalisti come il multimiliardario Miles Bron in Glass Onion—vuol dire che stiamo entrando in una nuova epoca per la tv e il cinema.

Invece di fissarci sullo stile di vita dei ricchi e famosi, ci siamo finalmente stufati del loro sfarzo insensibile. Guardandoci attorno, oltre il deserto della recessione economica e le macerie dei vari terremoti politici, forse ci sembra davvero di vedere all’orizzonte il collasso della classe più agiata. Forse tutti noi speriamo di vedere il giorno in cui l’impero di Elon Musk crollerà e lui dovrà fare il tecnico informatico in qualche scuola elementare. Il giorno in cui i jet privati verranno vietati e accanto a noi sul volo Ryanair da 20 euro troveremo Jay Z e Taylor Swift. Magari un giorno i ricchi capiranno la nostra frustrazione per l’aumento dei prezzi del kebab.

Qualunque cosa succeda, questi film e serie tv sono un piccolo prezzo da pagare per loro. Possono andare avanti con le loro vite dorate al di fuori dai nostri schermi, ma almeno all’interno dei nostri laptop finalmente fanno i conti con la catarsi—spesso violenta—della punizione per i loro peccati in un mondo moderno piagato dalle disuguaglianze.

È una cosa un po’ sadica e moralmente ambigua, ma questi film esprimono una rabbia che ha radici profonde. Chiamala marxista, chiamala socialista, chiamala come vuoi: è rabbia di classe e brucia forte verso una fetta di società che vive nell’opulenza mentre tutti gli altri restano a guardare, sofferenti.

Nonostante la fascinazione che abbiamo sempre avuto verso i ricchi e i famosi, sembra che quest’anno—o forse da sempre—preferiamo guardare la loro caduta.