Musica

La Garage Gang è culto e questa è la loro prima intervista

Trovateci un altro duo di rapper che preferisce la tekno alla trap e riesce ad arrivare in TV nonostante la loro barra più famosa sia "Se la coca fosse il PD sarei Walter Veltroni", dai.
Tommaso Tecchi
Milan, IT
garage gang
Garage Gang, foto per concessione degli artisti

Come fai a non innamorarti di una canzone che dice “Se la coca fosse il PD sarei Walter Veltroni”? A me è successo due anni fa ascoltando, appunto, “Veltroni”, della Garage Gang, punto più alto del loro progetto d'esordio Manifesto. Da quel momento in poi il duo composto da KiKo e Nerototale non ha fatto altro che cercare di sorprendermi ogni volta di più, prima scimmiottando in modo geniale i tormentoni più paraculi che si sentono in radio e poi per creando un sound unico e figlio delle influenze musicali e culturali dei due.

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Per i testi vale un discorso analogo: in Manifesto ,i momenti più divertenti erano quelli in cui venivano presi di mira politici, rapper, cantanti indie o il papa, ora i brani raccontano storie personali e quotidiane della loro vita ad Acilia, frazione romana tra Ostia e l'Eur, in una maniera che non vuole essere parodistica a tutti i costi ma che in qualche modo è ancora più ironica.

Nel frattempo la Garage Gang ha messo da parte la “musica bella ideata, prodotta e registrata esclusivamente su GarageBand per iPhone”—come recitava la sua bio su Facebook—per farsi aiutare dal duo di produttori Aegeminus, che dal singolo “GG Armani” in poi è co-artefice del suo suono. E anche KiKo e Nerototale sono cresciuti, hanno perso un po’ di capelli, si sono trovati un lavoro o un corso di laurea e, probabilmente ve ne sarete accorti, sono finiti nelle storie Instagram dei vostri rapper preferiti.

Come fai a non innamorarti di una canzone che dice “Se la coca fosse il PD sarei Walter Veltroni”?

Per quanto l’etichetta fosse riduttiva e poco precisa, quando avevo parlato della nuova scena “lol rap" italiana avevo cercato di spiegare in che modo artisti come la Garage Gang sono riusciti a trovare un giusto equilibrio tra il far ridere e l’essere ascoltabili, e credo che il trittico di singoli pubblicati quest’anno renda ancora più chiaro perché il punto non è solo farsi qualche risata. “GG Armani” è piena di riferimenti a una scena simil-house che andava di moda quando facevo le medie, quando la gente si copriva di ridicolo su Netlog e tutti facevano a gara a chi aveva i Carrera più brutti. “Stellina” ha reso più chiara l’influenza della club culture sulla musica della Gang, con dei suoni che è bellissimo sentire in questo nuovo contesto e con un testo che sembra un flusso di coscienza smandibolato durante un after di provincia.

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“Essere Pelati” è il culmine di questo percorso, con un titolo che svela già tutto o forse niente. Sinceramente non me la sento neanche di descrivervela, quindi guardatevi il video e leggete l’intervista per farvela spiegare nel migliore dei modi, direttamente dai suoi autori.

garage gang essere pelati

Screengrab dal video di "Essere Pelati", cliccaci sopra per guardarlo su YouTube

Noisey: Se la coca fosse il MoVimento 5 Stelle?
KiKo: Lo deciderebbe la comunità online.

E se l’erba fosse il PD?
Nerototale: Probabilmente sarei il CBD.

Com’è nata la Garage Gang?
K: Diciamo che era un nostro progetto parallelo con cui sperimentavamo facendo canzoni solo con il cellulare su GarageBand per l’iPhone. Lo facevamo nel tempo libero: durante una cena, dopo una serata, in macchina. Tant’è che “Veltroni” l’abbiamo fatta fuori da un locale, il Rashõmon a Roma, alle 5 di mattina—infatti, se ci si fa caso, si sentono le voci delle persone in sottofondo. Il progetto poi è continuato sviluppandosi attorno a questo metodo spontaneo. Prima le produzioni le facevo tutte io con il telefono, ma da “GG Armani” in poi abbiamo iniziato a fare musica in studio con delle produzioni più elaborate…
NT: …Fatte sempre sul telefono, però da altri.

Senza insinuare che la vostra musica non sia seria, c’è stato un momento in cui avete pensato “adesso facciamo un testo più serio e tradizionale”?
K: Credo che nel nostro modo di interpretare la realtà ci sia sempre qualche livello di ironia, quindi non mi viene naturale pensare di scrivere un pezzo serio senza nemmeno una chiave ironica. È un po’ anche per via dei tempi: è tutto un po’ ironico e noi, avendo questa attitudine un po’ sarcastica e strana, ci troviamo a pensare alle cose della vita in questo modo. In ogni caso, in “Essere Pelati”, trattiamo argomenti personali, ma sempre con una verve ironica. Sono due strofe abbastanza personali, un po’ sull’identità…
NT: …Un po’ sull’identità di tutti.
K: No, più nostra. Con i nuovi progetti questa cosa forse emergerà un po’ di più.

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garage gang manifesto

La copertina di 'Manifesto', cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify

Pensate che l’etichetta “lol rap” vi si addica o preferite un altro termine? Dove vi ponete ad esempio rispetto a Pippo Sowlo?
K: Noi preferiamo definirci più fluidi rispetto a questa etichetta. Anche perché forse la nostra musica non è neanche classificabile come “rap”. Nel disco che stiamo facendo spaziamo abbastanza, penso ci saranno poche canzoni rappate nel vero senso della parola. Pippo Sowlo spacca perché ha un’ironia che è ricercata, ma non è fine a sé stessa: mira a distruggere dei concetti culturali, a sdrammatizzarli, e quello è molto figo. Anche quello non so se lo definirei “lol rap”, è un’etichetta che non ho mai compreso bene perché in questa definizione ci rientrano un sacco di progetti diversi.

Com'è nato "Essere pelati" e cosa rappresenta per voi la calvizie? Se non sbaglio Nerototale nel video di “KiKKa” aveva un botto di capelli, cos’è successo?
NT: È successo che la mia vita è cambiata radicalmente. Prima ero un nullafacente che passava le sue giornate sul cellulare, la sera uscivo e poi rimanevo tutto il giorno a letto; poi ho iniziato a lavorare tantissimo, fino a 50 ore in quattro giorni. Quindi diciamo che lo stress ha aiutato la degenerazione tricologica e ho perso i capelli in pochissimo tempo.
K: Poi nel suo caso, quando parla di calvizie come scelta sociale o morale, è una cosa molto personale perché lui di base è solo un po’ stempiato e c’ha un po’ di piazza, però si rasa per orgoglio. Ci possono essere quelli un po’ stempiati che si tengono i capelli in testa come forma di resistenza contro la natura.
NT: L'ho accettato! Ho pensato: "Piuttosto che perdere i capelli, me li taglio io". Invece di stare lì davanti allo specchio a sistemarmi la frangettina sopra la stempiatura, flexo la stempiatura.
K: Questo secondo me spiega anche la struttura della canzone: sono due strofe e tre parti con tre stili musicali abbastanza differenti. La prima, che è la mia strofa, è più sull’identità, ho parlato di cose legate al momento in cui inizi ad identificarti come persona che sta crescendo, che sta perdendo i capelli, ma non sai ancora bene chi sei e che cosa vuoi fare. La seconda parte invece è più sull’accettazione. Poi c’è la parte finale che è un po’ una liberazione, culmina, scoppia un pochetto. Mi piaceva questa idea di crescendo.

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garage gang kiko kikka

Screengrab dal video di KiKKa, cliccaci sopra per guardarlo su YouTube

Parlatemi del video, che è appena uscito.
K: Anche il video si articola su queste tre parti: nella prima parte ci sono io vestito da vari personaggi, facendo un po’ il verso alle canzoni per cause umanitarie tipo “We Are The World” e Artisti Uniti per l’Abruzzo. Sono travestito anche per rimarcare questa cosa dell’identità. La parte di Nerototale è girata in un allevamento di beagle…
NT: …Dove in pratica vengo coccolato da questi beagle e mi prendo cura di loro. Sono vestito come un padre, ma in realtà ho palesemente 22 anni e cerco un’identità in un me più grande. C’è stato questo salto: da “KiKKa”, quando avevo tutti questi capelli ed ero così simpatico, all’essere già in pensione a 22 anni in un allevamento di beagle, vestito da padre, a lavare i beagle.
K: Poi la parte finale degenera fino al nonsense con dei modelli 3D di noi che ballano in paesaggi strani.

Visto che avete menzionato il lavoro e le sue conseguenze, come vive la Garage Gang al di fuori della sua musica, tra impiego e università?
K: Io studio scienze della comunicazione, mi sono ri-iscritto al primo anno dopo aver cazzeggiato tipo due anni sempre ad un altro indirizzo di comunicazione, perché mi interessa molto studiare e lavorare è una cosa che odio—sono mega contro, mi dà proprio fastidio il concetto di lavoro. Poi in realtà da quando sono uscito dal liceo ho fatto il cameriere, il barista, il social media manager in una piccola agenzia pubblicitaria. Ma preferisco studiare, seguire i miei interessi, la mia musica e quella di altri. Anche se magari con quello che stiamo facendo non ci stiamo guadagnando tanto preferisco comunque questo.
NT: Io sono passato dall’essere un nullafacente mantenuto al voler aggredire la vita nel mondo del lavoro. Nell’ultimo anno ho aperto un bar nel centro di Roma e quando ci saremo liberati dagli impegni del disco vorrei aprire un’altra cosa, mi sto già muovendo. Insomma, sto facendo il piccolo imprenditore: non è che lo volessi troppo fare, ci sono cascato dentro, ma è comunque una roba bella adrenalinica e quindi mi piace.

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"Invece di stare lì davanti allo specchio a sistemarmi la frangettina sopra la stempiatura, flexo la stempiatura."

KiKo, tu hai fatto anche da tour manager a Ketama126, giusto?
K: Sì, perché lavoro con il Sergente, che adesso è il nostro manager. All'inizio ho fatto il suo assistente e ho avuto l’occasione di fare da tour manager a Ketama per 6 o 7 date. Mi interessa molto il lato manageriale della musica, nonostante sia più orientato verso la direzione artistica che verso gli aspetti economici e gestionali. Quel è stata un’esperienza assurda, anche perché ha dato un po’ di basi per creare il team con cui stiamo lavorando adesso al disco.

Mi sembra che certi suoni della tekno ritornino spesso nelle vostre canzoni, qual è il suo ruolo nella vostra musica?
NT: KiKo è più dell’ambiente, viene da quella roba lì. Gli piacciono le feste, va a ballare.
K: Verso i 15 anni ho iniziato a frequentare ambienti autogestiti, centri sociali e situazioni del genere, e tramite questi giri mi sono inserito nell’ambiente delle serate tekno underground, spesso illegali, e da lì ho iniziato a coltivare una passione per la club culture. Questo ritorna nella nostra musica perché parliamo molto della dimensione della festa, della vita notturna e dell’intrattenimento. "Tekno" in realtà è una definizione un po’ stretta, preferisco parlare di musica elettronica in generale. Comunque sia io che Edoardo andiamo molto spesso a ballare, molto di più ad eventi di questo tipo piuttosto che a serate trap e roba del genere.
NT: Sì, quelle non ci divertono più di tanto, anche perché a me sembra che la gente non si diverta così tanto. È una cosa un po’ forzata. Vabbè, vanno a fare i belli.
K: A parte situazioni particolari come Touch The Wood, che è sempre riuscito a farlo bene, sono un po’ come le serate dove mettono l’itpop e l’indie: manca una cultura vera e propria, come può essere per la musica elettronica. Lì c’è proprio una cultura, impari dei valori durante una serata.

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garage gang

Garage Gang

Descrivete Ostia a qualcuno che, come me, non ci è mai stato. Quali sono le differenze più grosse tra stare a Ostia e a Roma?
NT: A Ostia il tempo è diverso. Ho passato gli ultimi 8 mesi a fare Ostia-Centro di continuo e ho osservato che a Ostia la gente si prende molto più tempo, non corre nessuno. Da un lato è rilassante, bellissimo, dall'altro ti mancano gli stimoli della città, ti aliena in un certo senso.
K: La rappresentazione più giusta è stata fatta, più che da Suburra, che si concentra sul lato criminale, da Caligari in Non essere cattivo. Lì Ostia è rappresentata come un posto un po’ magico, fiabesco, in cui il tempo sembra sospeso e fermo agli anni Novanta. È molto eccentrica, ma Ostia è un posto da cui non vorrei mai staccarmi.

Ultimamente i problemi di Roma sono sempre di attualità. A livello musicale, ho l’impressione che spesso chi inizia ad avere successo a Roma finisca per trasferirsi a Milano. Come vivete questa cosa e come sta Roma secondo voi?
K: L'ambiente di Roma è così folle e assurdo da far nascere molte cose fighe e diverse. Il problema è che, essendo così grande e dispersiva, è molto difficile farle comunicare tra loro e far lavorare le persone insieme. Invece a Milano le realtà comunicano meglio tra loro, tutti hanno un obiettivo comune, lavorano insieme e si riesce a raggiungere qualcosa. Roma è frammentata, stai nel tuo quartiere e odi quelli di quell’altro posto. La sua grandezza permette la nascita di tanti prodotti particolari ed eccellenti, ma non permette di lavorarci bene.

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"Le serate trap sono un po’ come quelle dove mettono l’itpop e l’indie: manca una cultura, come può essere per la musica elettronica. Lì impari dei valori durante una serata."

Come funziona la collaborazione con Aegeminus, i vostri produttori?
K: Aegeminus sono due produttori di zona nostra, Acilia. Federico, il ragazzo che si occupa nello specifico della produzione, viene dalla cultura gabber, dall’hardcore e dalla techno, e questo si sente. Ci troviamo molto spesso a lavorare insieme e quello che sta uscendo ci piace molto perché c’è sempre l’attitudine di fare cose diverse, rompere un po’ gli schemi.
NT: Non ci stiamo ancora sedendo su un sound, c’è sempre una ricerca sulle culture.
K: Anche il disco che stiamo facendo, lo stiamo cambiando continuamente. Anche perché dopo aver fatto “Essere Pelati” abbiamo detto “cazzo, tutto quello che abbiamo fatto prima forse non è a questo livello”—e quindi adesso dobbiamo fare più cose di questo tipo. Ci siamo tirati la zappa sui piedi, forse potevamo farla uscire dopo.
NT: Sì, forse “Essere Pelati” ci ha messi un po’ in crisi.

L’altra sera “Essere Pelati” l’avete portata addirittura in Rai, a Stracult: com’è andata?
K: È stata una bellissima esperienza. A Max Tortora è piaciuta tantissimo, quindi le scuole medie adesso sono concluse per me. Dopo questa soddisfazione posso mandare a fanculo tutto il corpo docenti e i miei compagni di scuola perché a me m’ha propsato quello dei Cesaroni. A parte questo, quel video ha qualcosa di catartico: c’è questo playback becero e questa presenza nostra un po’ magica… Fa un sacco ridere. È un contenuto blessato.

Parlatemi di Gianni Garage , chi è? E perché da un po’ non si hanno più sue notizie?
NT: Ci avevo litigato perché mi ha risposto male e io sono una persona che tende a dare molto, non voglio che mi venga dato qualcosa indietro. Ma diciamo che non ha riconosciuto il bene che gli ho voluto e visto che sono molto permaloso ci ho litigato, ma poi ci ho fatto pace. Ci siamo abbracciati ieri, ci siamo ricongiunti.
K: Oh, meno male!
NT: In pratica lui è il mio assistente al bar, è molto simpatico, ha dei tempi comici davvero forti.
K: Investiremo molto su di lui appena avremo modo. È un personaggio molto particolare, dobbiamo ancora capire come far nascere una saga su di lui, uno spinoff della Garage Gang intorno a Gianni Garage. Però ha veramente molto talento. Non saprei come definirlo.
NT: È un prodotto della nuova Roma. Si prende cura di noi, ad esempio ieri mi ha disinfettato l’orecchio con questa salsa indiana che lui dice che è la migliore cura ayurvedica. Ci chiede sempre come stiamo, poi è sempre con me al bar quindi ci passo davvero tanto tempo. Quando Federico quest’estate ha lavorato con me al bar eravamo noi tre ed è diventato il nuovo membro.
K: Adesso continueremo un po’ con la saga su Gianni, diciamo che lui attrae proprio il bene delle persone. È un po’ un talismano. Appena avremo più risorse per i nostri tour sarà una presenza fissa con noi, nonostante poi non abbia una vera e propria funzione, non lo abbiamo mai fatto cantare.

Avete in programma di farlo?
K: Se succede spontaneamente sì, se no può rimanere come creatore di contenuti e come forma di interazione con la nostra fanbase: si presta benissimo a rispondere alle domande e a fare da volto e da filtro. Tommaso è su Instagram. Segui Noisey su Instagram e su Facebook.

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