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Musica

Recensione: Maisie - Maledette Rockstar

Due CD, 31 brani, 70 ospiti: un'opera monumentale di art rock contemporaneo che, come tutti i monumenti, pesa un bel po'.
Immagine via Facebook.

Era dal lontano 2009 che non usciva un disco dei Maisie. Per cercare di realizzare un progetto con Snowdonia, però, avevo sentito Cinzia La Fauci al telefono un paio di anni fa, se non ricordo male, e non mi pare che avessimo parlato di un disco nuovo dei Maisie. Quindi, quando ho letto il messaggio in cui, con una certa grinta, mi scriveva che mi avrebbe mandato il CD, ho pensato che credesse parecchio in Maledette Rockstar e che probabilmente si sarebbe trattato di un disco ispirato, anzi, più che ispirato: ambizioso.

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In effetti già dalla cura particolarissima ed efficace della copertina e del packaging, si nota che qua si vuole fare sul serio. Leggo il retro e scopro che i CD sono due, con ben 31 brani. Apro il booklet e ci sono i testi fitti fitti, per la maggior parte opera di Alberto Scotti, tutti basati su questo concept che è "la morte dei maestri in senso lato", dove i maestri sono le rockstar, i preti, i genitori, eccetera. Poi leggo che ci sono ben settanta ospiti, roba da far girare la testa (vecchie glorie del prog e dell’alternative italiano dei Novanta, ma anche qualche nuovo eroe dell’underground); non sto qui a farvi i nomi perché ci interessa soprattutto il contenuto musicale, non elenchi da nerd e completisti.

Ebbene il contenuto musicale è di altissima caratura, come è normale aspettarsi dai Maisie. Si passa praticamente da qualsiasi genere musicale, che sia AOR, pop, roba aleatoria, che sia il grind, il noise, la no wave, l’elettronica, il folk, l’hip hop… vabbè, diciamo che c’è praticamente un po’ di tutto, frullato assieme nel tentativo di fare una summa della storia della musica in Italia, eseguito e arrangiato con i controcazzi. I testi sono scanditi in quella maniera che definirei “nuova canzone italiana adulta”, e ricordano subito le performance di Tiziana Lo Conte, prima coi Gronge e poi con la sua nuova creatura, i Roseluxx. Cinzia e Carmen D'Onofrio, ovviamente, a livello vocale, cantano come sanno fare, con l’eclettismo e l’estensione pressoché illimitata che le fanno entrare di diritto tra le migliori cantanti italiane di sempre.

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I testi trattano dei costumi e malcostumi dell’Italia di oggi, uno specie di zibaldone del male oscuro della nostra nazione, temi chiaramente difficili da sintetizzare soprattutto se si tratta di un doppio così denso. E infatti i pregi dell’opera si trasformano presto in difetti: i testi probabilmente sono scritti prima della musica e quindi una volta cantati mancano di fluidità, diventano macchinosi e tendono a stancare, cosa che invece non succedeva nelle precedenti prove dei Maisie.

L’enciclopedismo pachidermico del disco (che, visto il concept, è voluto), appesantisce l’ascolto come potrebbe farlo la lettura della Bibbia o della Divina Commedia tutta d’un fiato. E il concept stesso sembra forzare la mano degli autori, che raccontano storie di un'Italia che non c’è più, ma nel senso che sembrano storie fuori tempo massimo (Vasco e Liga ad esempio, vabbè ancora riempiono gli stadi, ma i giovani oggi giorno hanno altri punti di riferimento e altri maestri, per cui il concept dovrebbe essere più mirato sulla morte di “quei maestri di una volta” – che poi ritirare fuori i miti della TV trash e padre Pio, dai…) più che pensarlo come onnicomprensivo di una situazione attuale. Perché se ascolto una frase d’apertura come “non abbiamo bisogno di ideologie, non abbiamo bisogno di sindacati, del posto fisso e di case discografiche” d’istinto mi viene di spegnere, perché capisco criticare il nostro periodo storico però a volte si rischia di apparire moralisti, mentre un po' di ironia non potrebbe fare che bene.

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Sto forse decretando la “morte delle rockstar” pure io? Beh, no. Semplicemente, come tutte le opere monumentali, bisogna fruirla da tutti i lati e scegliere quale ti piace di più, e qui possiamo farlo. Per quanto mi riguarda le cose migliori sono quando i Maisie tornano ad essere diretti senza per questo scendere a compromessi né in un senso (quello cerebrale) né l’altro (quello poppettaro). Due esempi? La cover Toy di “Che Fico!” del mai troppo osannato Pippo Franco e l’obliqua “Io sono una Rockstar” (in cui si sentono riferimenti non sappiamo quanto coscienti a Toaf The Leather Experience), o la velenosa “Dottor Marchionne”. Per altri invece sarà quando diventano una band che pare quasi la versione del Nixon in China in salsa art rock. Insomma, c’è tanta roba, ma non è Carrefour music, non si decreta la morte dei pizzicagnoli di quartiere delle sette note.

E quindi, amici ascoltatori e ascoltatrici, vi tocca essere dei novelli Atlante e portarvi sulle spalle questa sfera celeste.

Maledette Rockstar uscirà il 19 gennaio per Snowdonia/La Zona.

Guarda il video di "Maledette Rockstar", il primo singolo:

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