Bruce Dickinson è un supereroe
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Bruce Dickinson è un supereroe

Come definireste una persona che fa la storia del metal cantando negli Iron Maiden, guida aerei e sconfigge il cancro? Lo abbiamo intervistato per parlare della sua nuova autobiografia.

Secondo Bruce Dickinson, la sua pagina Wikipedia contiene “il 50 percento di stronzate”. Comincia abbastanza bene. All'inizio viene descritto come "un cantante, cantautore, musicista, pilota, imprenditore, autore e personaggio radiofonico inglese". E fin qua ci siamo. La pagina evidenzia anche che è il "cantante della band heavy metal Iron Maiden ed è conosciuto per la sua ampia estensione vocale, lo stile operistico e l'energica presenza scenica". Tutto giusto—mi sembra una descrizione verosimile, ma viene da sospettare che proseguendo le cose si facciano più problematiche. Dopotutto, Dickinson nei suoi 59 anni di vita ha raggiunto traguardi incredibili, e lo ha fatto con una verve speciale (e finendo in vari e vivaci conflitti) che volendo si potrebbero girare i fatti come meglio si crede. Il leggendario frontman dice che non ha voglia di mettersi a cambiarla, però, e invita i suoi biografi non-ufficiali a "stampare tutte le menzogne e mezze verità. Fate pure" con un cenno della mano.

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“La gente mette assieme tutte queste cose come se fossero successe nel giro di una settimana", mi dice esasperato quando gli chiedo della percezione di lui che ha il pubblico, quella di una specie di eclettico superuomo. "Come se mi svegliassi la mattina e combattessi un match di scherma con una dozzina di persone prima di fare colazione, e poi pilotassi il mio jumbo fino alla prima intervista, e scrivessi un libro durante la pausa pranzo. Cosa siete, matti? Non esiste una persona così!"

Sono seduta davanti a lui su una scomoda sedia di plastica in una sala riunioni senza prese d'aria negli uffici della HarperCollins, a Manhattan, e stringo tra le mani una tazza di tè mentre Dickinson si gode un caffè. Pochi minuti prima era entrato di corsa, vestito in abito elegante e stivali, aveva afferrato un paio di blue jeans e una camicia color lavanda dallo schienale di una sedia e corso fuori di nuovo. Al suo ritorno si sta infilando una giacca decorata, ruota sui tacchi (indossa calze con la bandiera inglese) e dice ciao, spiegando che è appena stato alla Borsa di New York ed è tornato appena in tempo per l'intervista. A quanto pare, è così che Bruce Dickinson fa il turista: veloce, efficiente e con considerevoli quantità di stile. Non mi sorprende—come ho imparato dalla lettura della sua autobiografia appena uscita per HarperCollins, What Does This Button Do?, e dalla notizia che la band ha già programmato l'uscita di un album live, The Book Of Souls: Live Chapter (il 17 novembre) dal loro ultimo epico tour mondiale—è più o meno come fa ogni cosa.

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A parte la serie di romanzi satirici e la sceneggiatura che ha scritto per il film horror del 2008 Chemical Wedding , Dickinson non è proprio uno scrittore nel senso più tradizionale del termine, ma senza dubbio è un narratore. Nel libro, presenta osservazioni sincere e divertenti aneddoti, spesso autoironici, del periodo in cui era un giovane di belle speranze che si aggirava per Londra alla ricerca della gloria heavy metal e, un po' più tardi, un pilota, artista e affarista di successo. Per esempio: l'ultimo capitolo del libro, che racconta la sua battaglia contro il cancro alla lingua e racconta nei dettagli diagnosi, trattamento e la sua vittoria finale sul tumore "grande come una palla da golf" si intitola semplicemente Fuck Cancer.

Mentre parliamo, Dickinson risponde alle mie domande in modo secco ma riflessivo, guardandomi sempre negli occhi ed emanando un'aria di piacevole intensità che risulta più amichevole che intimidatoria (aiuta il fatto che, nelle sue stesse parole, non è l'uomo più alto del mondo). È evidentemente un professionista delle interviste ed è equipaggiatissimo di risposte veloci per qualunque questione un reporter gli possa ipoteticamente porre, quindi ho dei privati moti di orgoglio ogni volta che lo costringo a fermarsi e pensare per un secondo prima di rispondere a una delle mie domande.

Anche in gioventù, Dickinson era concentratissimo sui propri obiettivi—che si trattasse di imparare la scherma, registrare un album con la sua prima vera band, i Samson… o far scaricare due tonnellate di letame davanti alla porta di casa di un preside particolarmente antipatico. Quando menziono quest'ultimo avvenimento, scoppia a ridere. "Pare che adesso io sia un'eroe leggendario", mi dice mostrando i denti storti con un sorriso. "Si ricordano ancora di me, o almeno così mi hanno fatto credere".

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Per essere equi verso i suoi vecchi compagni di scuola, anche senza tutta quella merda di cavallo Bruce Dickinson è un tipo piuttosto indimenticabile.

Noisey: Allora, perché hai deciso di scrivere un'autobiografia proprio ora?
Bruce Dickinson: Beh, sono dieci anni che mi chiedono di farne una e ho sempre detto no, non m'interessa, perché mai dovrei? Non ho ancora finito qua. Penso che uno possa scrivere solo una autobiografia, e poi qualunque cosa tu faccia dopo di quella è soltanto una raccolta di aneddoti. E questa è lei. Ho pensato fosse un buon momento per mettere un punto fermo. [Ma] quando mi è successa la cosa del cancro alla gola ho pensato, beh, non ho in programma di andarmene ancora per un bel po' ora che me ne sono liberato, ma è un buon punto d'arresto—è un po' come azzerare il cronometro. Quando hai una fine, è molto più facile iniziare dall'inizio.

È bello che tu l'abbia scritta da solo. Molte rock star di solito si affidano a un ghostwriter o qualcuno del genere perché renda il tutto più efficace.
Io, mai.

Troppo testardo?
Semplicemente non mi piace, perché non è la tua voce. In generale, non mi piacciono i ghostwriter. Si vede subito quando ne usi uno. Da qualche parte, c'è sempre un momento in cui scrivono qualcosa di pacchiano che si vede subito che è un loro ricordo, oppure finisce per suonare come una lunga sfilza di comunicati stampa.

E spesso lasciano fuori tutte le note negative.
Io ho evitato di parlare di alcuni miei difetti, ma soltanto quando avevano un'influenza sulla vita di altre persone, perché è la mia autobiografia, non quella di qualcun altro. Mi sono dato una regola di massima per cui, se c'era una storia che si rifletteva su di me, allora ero autorizzato a parlare delle persone coinvolte in quella storia—a meno che le conseguenze non avessero avuto forti effetti su di loro, nel qual caso non ne avrei parlato, perché non sta a me rivelare confidenze personali senza il permesso degli interessati.

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È un comportamento che ti fa onore.
Beh, è un libro rispettoso. Se rivelo cose su me stesso, sono affari miei. Nessun problema. Posso farlo. Immagino che sia un po' come fare il comico. Se un comico nero vuole fare battute sulle persone nere, ha più diritto a farlo di un bianco. Potresti controbattere e potremmo stare qua ore, ma capisci il principio generale. È la mia vita, quindi se voglio raccontare cose della mia vita sta a me deciderlo, ma non posso rivelare cose sulle vite degli altri gratuitamente.

È tutto molto interessante, ma le storie sulla tua infanzia sono illuminanti. Il fatto che tu sia riuscito a frequentare un collegio inglese e uscirne normale è incredibile.
Beh, sì, non poteva che finire male [ride].

Il tuo povero preside.
Sì, beh, non avevo un buon rapporto con lui. Penso che si guardasse molto dall'altra parte rispetto a varie infrazioni da parte di chi aveva autorità là dentro. Devi tenere presente che, durante gli anni Settanta e, abbiamo scoperto ultimamente, Ottanta, praticamente, se occupavi una posizione istituzionale, se avevi una certa autorità—che si trattasse di chiesa, politica, o di fare il preside—potevi fare più o meno quello che ti pareva e passarla liscia. E, oggi lo sappiamo, la gente se ne approfittava. Naturalmente non si tratta delle ultime notizie, tipo Jabba the Hut che molesta le attrici. Sfortunatamente, non è nulla di nuovo.

È un bel modo di farsi ricordare a scuola. È stato interessante seguirti nel passaggio dal background working class a una situazione di classe ben superiore. Viene da dire che una certa etica lavorativa ha avuto un ruolo centrale in ogni cosa che hai fatto, anche lo stesso libro. La tua intera carriera è punteggiata di momenti in cui sembravi dire a te stesso: "Ok, tiriamoci su le maniche e facciamolo, cazzo".
Non sono sicuro che questa storia compaia [nel libro] perché 40 mila parole sono state tagliate. L'editor Jack voleva che si leggesse come un romanzo, e l'idea mi è piaciuta; abbiamo levato interi blocchi di testo, tipo otto pagine alla volta. Quindi c'è una storia che non so se è rimasta, di quando facevo un po' di corse in go kart e avevo un go kart veramente obsoleto. Era tipo di seconda mano, terza mano—il telaio faceva schifo e le ruote erano completamente lise. Non avevo alcuna possibilità di vincere una gara; non andava abbastanza veloce. Tutti gli altri bambini avevano un papà ricco e io ero in imbarazzo, mi sentivo stupido a usare questo coso schifoso. Mio padre mi ha detto: "Arriva alla fine. Finisci la gara e vedi cosa succede". E io ho detto oh, ok. Ho finito la gara. E sai cosa? Alla fine sono venuti da me e hanno detto "Questo ragazzino ha preso dei punti, ecco, prendi una coppa". E così ho vinto il trofeo perché ho finito la gara e tutti i ragazzini super equipaggiati no. C'è una lezione di vita in questa storia.

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Sapendo come sei cresciuto, sembra un'anticipazione della tua futura carriera.
Se abbandoni la partita, non potrai mai vincere. Non c'è nulla di buono nel lanciare i tuoi giocattoli fuori dalla macchina perché sei arrabbiato o stai passando un brutto momento. Finisci la gara.

Sai, c'era qualcosa nel capitolo “Fuck Cancer” che mi ha davvero colpita. Quando ti è stato diagnosticato, hai semplicemente detto "Beh, lo sconfiggerò". Non era una questione di "se", ma di "come"—e poi ce l'hai fatta!
Dico che ce l'ho fatta, [ma] il merito è anche di un sacco di medicine e radiazioni e medici straordinari. Mia moglie è stata assolutamente fantastica. Mi ha fatto prendere tantissime sostanze extra per rinforzare il mio sistema immunitario e farmi superare gli effetti collaterali del trattamento. Il mio oncologo è stato straordinario; sono andato da lui e ho detto: "Senti, ho deciso di assumere quanti più strani composti di vitamine e sostanze nutritive di tutti i tipi". E lui mi ha detto: "Mi fa molto piacere, stai solo attento a che non ci sia dentro metallo pesante". E io ho risposto: "Mi stai prendendo in giro". E lui: "No, no, se prendi integratori di metallo pesante rischi di mettere a repentaglio la terapia". Quindi niente heavy metal per me durante la mia terapia oncologica.

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Foto di Jack Crosbie

Sul serio? È quasi troppo poetico per essere vero.
Devi avere un buon senso dello humour nero per sopravvivere alle cure contro il cancro. Se ci riesci, perlomeno hai una possibilità di sopravvivere. Ho scoperto di avere diritto a una pensione d'invalidità perché ho avuto il cancro—chiunque l'abbia avuto è tecnicamente disabile—e quindi la prima cosa che ho pensato è stata, ehi, potrei farmi dare uno di quei distintivi blu, fantastico! Così ho fatto domanda, e quando mi è arrivato il modulo da compilare mi sentivo già meglio. Ho dovuto compilare il modulo e rispondere, sfortunatamente, in modo sincero. "Hai difficoltà a salire le scale?" "Ahhh, tre settimane fa avrei potuto rispondere di sì, ero esausto tutto il giorno, ma ora sfortunatamente non ho alcun problema. Maledizione". Quindi è finita lì! Ho pensato… tu guardi Dr. Who?

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Lo conosco un pochino.
Sai cos'è un dalek?

Certo!
I dalek sono tipo i signori dell'universo, ma secondo questo questionario sono giunto alla conclusione che un dalek avrebbe diritto al bollino da disabile. Perché non camminano.

È anche più ironico che per sconfiggere questa malattia tu abbia dovuto prendere tutte queste medicine e queste sostanze chimiche, quando anche ai tempi in cui avevi poco più di vent'anni e facevi la vita della giovane rock star non ti piaceva la droga.
Avevo grandi speranze per la morfina e sono rimasto molto deluso. Ti stordisce un po' e soprattutto il tuo didietro si chiude e non succede nulla per settimane. Viene un po' da dire che tristezza, a chi è venuta in mente 'sta cosa? Non mi viene da tagliarmi un orecchio. Non dipingo fiori di colori inquietanti. Che succede?

A proposito dei vecchi tempi, ci sono tante bellissime foto nel libro dei tuoi primi tempi, e in una buona metà sei a torso nudo e in calzamaglia. Parliamo di tempi in cui tu e quelli che suonavano con te bevevate taniche di birra. Come facevate a entrare in quegli spandex?
Avevamo 23 anni. È molto semplice. Quando hai 23 anni, puoi bere tutte le taniche di birra che vuoi e continuerai a sembrare un anoressico in salute. Poi le cose cambiano. Puoi fare un po' più di movimento oppure farti venire il cancro alla gola e anche quello funziona bene per perdere peso. Però non lo consiglio.

Un altro frammento di quei tempi che mi ha fatto alzare le antenne è quanto ti desse fastidio la dicitura “NWOBHM”.
È un nome così stupido! È stato inventato da un gruppo di giornalisti ubriachi al pub—"La chiameremo new wave of British heavy metal”. Cosa? E che cos'è? I Maiden esistono dal '75. L'intero movimento è stato inventato da giornalisti che cercavano di ottenere un vantaggio commerciale sui loro concorrenti, il New Musical Express, che aveva praticamente adottato il punk. Sounds così ha deciso di inventare la new wave of British heavy metal come antidoto, per differenziarsi. C'era un altro giornale chiamato Melody Maker che era abbastanza serio e aveva gli annunci economici nelle ultime pagine. Ogni musicista in UK comprava il Melody Maker prima di internet perché c'erano un sacco di annunci per cantanti, chitarristi, batteristi. Tutto quello che oggi si fa su internet o sui social network.

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È molto interessante, specialmente se consideriamo il fatto che il punk, in un certo senso, è stata una mossa di marketing.
Voglio dire, Malcolm McLaren [manager dei Sex Pistols] è stato un tipo attento e intuitivo che, praticamente, ha usato la sua conoscenza dell'arte e della moda per reinventare quello che essenzialmente non era altro che alcuni riff heavy metal di media qualità ma presentati in modo completamente diverso. I Sex Pistols erano un gruppo rock decisamente standard. Glen Matlock era l'unico musicista con un po' di talento tra di loro, ed è stato lui a scrivere tutte le canzoni. Il resto erano riff di chitarra heavy metal con Glen Matlock, grande fan dei Beatles, e John Lydon, un tizio molto intelligente in grado di inventarsi un personaggio, una voce e dei testi molto abrasivi. Metti tutto insieme, buttalo sulla BBC e bang—ecco i nuovi cocchi dei media.

Nel libro descrivi quando hai visto gli Iron Maiden per la prima volta, da dietro le quinte, e ti sei immediatamente reso conto che saresti diventato il cantante di quel gruppo. Come facevi a saperlo, a parte la tua fiducia in te stesso?
No, è finita lì. È solo quello. Non c'è alcuna logica né certezza. È stata solo una reazione emotiva. La sensazione che ho avuto vedendoli è stata fortissima e ho pensato "Wow, oh mio dio". Non dimenticare che i Samson [a quel punto la ex-band di Dickinson] erano loro contemporanei. Suonavamo alle stesse serate. Ho pensato: "È questo che dovrei fare con la mia voce". Mi sembrava di sentirlo—con loro potevo portare la mia voce da qualche altra parte, e penso viceversa. Erano fantastici.

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Sembra quasi che tu l'abbia fatto succedere per pura forza di volontà.
Penso che questo succeda a molte persone. La prima cosa che devi fare se vuoi far succedere qualcosa è sognarla, visualizzarla. Devi sentirla tangibile, anche se non lo è. E poi vedi cosa succede. Se credi davvero che qualcosa succederà, cominci a fare piccoli passi nella sua direzione in modo inconscio. Devi sognare.

Sei una persona così sicura di sé e realizzata. Ti viene in mente un momento nella tua vita in cui hai dubitato di riuscire a fare qualcosa?
Oh dio, certo.

Davvero? Dal libro non si direbbe.
Alla fine degli Skunkworks [band-progetto anni Novanta], mi sono messo davvero a guardare gli annunci di lavoro, a cercare un lavoro normale. Mi chiedevo se ne valesse la pena, tutti quei problemi. Non sembrava andare da nessuna parte. Ci avevo messo tutto l'impegno. Che cos'altro era rimasto da fare? Forse ritirarsi. Quando ti stanchi di ammaestrare leoni, è il momento di smettere.

In alcuni punti è una lettura che lascia turbati. Voglio dire, a un certo punto vi siete introdotti di nascosto in Bosnia durante l'occupazione, attraverso un passo di montagna, per fare un concerto.
C'è un documentario su questa nostra impresa intitolato Scream for Me Sarajevo, [che] è stato girato da un filmmaker locale, senza che io lo sapessi. Circa quattro anni fa, questo tizio ha iniziato a raccogliere interviste con tutte le persone che erano al concerto e le interviste, per me, sono la parte più interessante del film. Sono molto dirette, alcune in bianco e nero, gente che racconta di come questo concerto abbia cambiato la sua vita. Sono semplicemente commoventi. Ha trovato anche il furgone con cui siamo arrivati. Esiste ancora. Sono riusciti anche a farlo partire. Hanno trovato il tizio che ci ha portati lì. Hanno trovato materiale video del concerto. Tutti i personaggi del capitolo, li hanno trovati e li hanno messi dentro. Al ventesimo anniversario, tutta la band è tornata a Sarajevo e ha rilasciato interviste; io no perché ero in cura per il cancro alla gola, e non potevo dirlo a nessuno. Ho dovuto rifiutare, [ma] sono andato l'anno dopo e ho rilasciato alcune interviste per questo documentario. Uscirà a febbraio.

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Gli Iron Maiden hanno molte canzoni epiche e gloriose sulla guerra, le battaglie, la vittoria. Che impatto ha avuto su queste storie il fatto di attraversare una zona di guerra?
Bisogna tracciare una linea tra quello che si potrebbe chiamare "epica" e nuda realtà. Mettiamo molti pezzettini di nuda realtà in mezzo alla nostra epica—"Trooper" ad esempio, non finisce per niente bene. Il protagonista alla fine muore. Il suo ultimo respiro conlcude la canzone. “Afraid to Shoot Strangers” si pone qualche dubbio, ma “Aces High”, quella è una mitragliata senza fare domande. Ci piace andare avanti e indietro tra le due cose.

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E quell'esperienza ha cambiato il modo in cui ti approcci a quel tipo di narrazione?
Sì, ci ho scritto una canzone sull'album degli Skunkworks che era quello dopo quello di Sarajevo. La canzone "Inertia" parla di Sarajevo. Le prime parole—”these are the pictures, these are the words from the frontlines”—ecco qua. La sensazione d'inerzia, la resistenza al movimento. Il ritornello, [canta] ”Inerzia. Nessun desiderio di muoversi. Ogni cosa è un muro di pietra. Inerzia. La storia ti lascia morire". Capisci? [canta] “Un mucchio di accusatori cenciosi. Odora il sangue degli estranei qui. Niente occhi. Niente orecchie. Niente odorato. Niente gusto.. La bocca del verme è piena di questo luogo. Coscienza assassinata. La pressione ora schiaccia le teste come lanterne di carta. Una stretta che non si può rompere. Una mano morta che ci guida verso la fine". Quella è la guerra.

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C'è un'altra cosa che mi ha colpito del libro. Descrivi visite a campi di concentramento, a Sarajevo. Eri in un gruppo rock'n'roll durante il periodo Thatcher. Eppure parli pochissimo di politica.
Non c'è molto da dire sulla politica di quel periodo che non sia già stato detto da commentatori molto più competenti di me. Sono un musicista. Ho idee politiche? Certo. Ma l'autobiografia è un buon posto dove esprimerle? No. Facendolo avrei dato un peso e un'importanza eccessiva al mio punto di vista; voglio dire, se la gente vuole sentire il tuo punto di vista politico allora forse dovresti fare il politico! Entra in un partito o fa qualcosa di questo tipo. Alzati e di' "Penso che voi abbiate bisogno di ascoltare le mie idee politiche perché sono specialmente qualificato per spiegarvi perché dovreste fare quello che dico". Io non ce l'ho questa cosa speciale. Non ho una sfera di cristallo. Non sono un esperto. Se vuoi che ti dica che cosa ne penso sulla situazione politica posso dirtelo, ma che importanza ha? Sono soltanto un cittadino tra milioni di cittadini e ho un voto come tutti gli altri. Il fatto che sono famoso per essere un musicista o qualunque altra cosa, mi spiace, non è sufficiente se non per scatenare una curiosità maliziosa o tentare di tirare fuori una storia da poter poi immediatamente attaccare.

Ma potrei rientrare da qualche parte. Sono di centrodestra, ma non molto a destra. Mettiamola così. Non sono assolutamente un socialista, ma credo in un bell'approccio umanistico alla gestione della società. Penso che ci sia una differenza tra profitto e avidità. Penso che il profitto sia un buon mezzo per misurare come viene gestita un'attività o una società. L'avidità è soltanto la prova della sua corruzione e fecondità. Non mi piace l'avidità. Per questi motivi, alcuni degli anni sotto la Thatcher sono stati orribili, ma allo stesso tempo, quello che è successo in UK durante quegli anni ha cambiato tutto. Perché alla fine degli anni Settanta eravamo finiti. L'intera nazione era alla frutta. Alla fine degli anni Ottanta, non lo era più. Nel mezzo c'è stato qualcosa, qualcosa che ha fatto arrabbiare un po' di persone, ma ogni politico commette degli errori.

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Penso che per conoscere la tua visione politica in modo più personale basti andare a un concerto degli Iron Maiden. Le ultime due volte che vi ho visti hai sempre detto: "Questo è per tutti. Tutti sono benvenuti, senza distinzioni".
Assolutamente, ma per me questo non ha a che vedere con la tua appartenenza politica, sinistra o destra. Quando vai verso gli estremi, le persone vengono escluse. Quando ti trovi vicino al centro, c'è più inclusione. Io sono d'accordo con certe cose. In America sarei senza speranza. Avrei un piede fra i Democratici e un piede fra i Repubblicani. Perché sono d'accordo con alcuni Repubblicani. E sono d'accordo con alcuni Democratici. Dove mi metto? Sono un bastian contrario. Mi faccio un'idea personale su ogni questione. Non mi allineo per forza a un partito politico, capisci?

Sembra molto più difficile restare nel mezzo di questi tempi.
È molto difficile, ma è nel mezzo che dovrebbe stare la società. A volte, quando le cose vanno male, c'è bisogno di un po' di shock. Speriamo che le cose tornino nel mezzo. Quello che mi preoccupa, da persona che ha studiato storia all'università, è guardare la storia e vedere che, quando il centro si disintegra in diverse società porta sempre verso una polarizzazione, che a sua volta scatena effetti spiacevoli. In Europa è successo in diverse occasioni. L'unico posto in cui non è successo, a dir la verità, è proprio il Regno Unito. Abbiamo avuto un solo dittatore, Oliver Cromwell. È durato più di quanto avrebbe dovuto e ce ne siamo liberati, e abbiamo chiesto al re di tornare, che può suonare strano. Ma quando abbiamo riportato al potere il re, abbiamo detto: "Puoi fare il re perché ci piaci, ma se non ci piaci non farai più il re".

Abbiamo mantenuto questo strano equilibrio per centinaia di anni. L'altra cosa che non abbiamo mai avuto è una Costituzione scritta. Nel senso di scritta, proprio, definita. Ho l'impressione che le Costituzioni scritte finiscano sempre male perché non c'è possibilità di cambiarle. È tutto scritto e per cambiare la Costituzione ci vuole uno sforzo così grande che non si fa mai.

Non è un documento vivo.
Per niente. Si può interpretare fino a un certo punto ma resta comunque molto normativa. Mi sembra un peso, una zavorra.

Vedi bene come ce la stiamo cavando noi.
Diventa motivo di divisioni perché la gente si mette in opposizione. L'NRA e tutta quella roba—crea divisioni. Alcune cose devono stare nel mezzo.

Come pensi potremo arrivarci?
Non lo so. Non sono americano. Non è il mio circo, non sono le mie scimmie. [ride]

Vieni sempre rappresentato come uomo dai mille talenti, interessi, capacità. Se dovessi presentarti a qualcuno che non hai mai conosciuto, che non sa niente delle tue band, come ti descriveresti? Chi sei tu?
Vuoi la risposta breve? Sono un meccanico quantistico, perché riesco a essere in due posti contemporaneamente. Se posso cerco di evitare di dire che sono negli Iron Maiden, perché provoca sempre una reazione enorme—non riesci più a parlare con la persona in questione. Smettono di fare domande intelligenti. Vogliono sapere tutto di te e non vogliono dirti nulla di loro, e non è una vera conversazione. Così di solito penso a cosa ho fatto quel giorno che sia semplice e normale e dico "Beh, oggi sono stato a vedere un paio di bei posti su a Nord con il treno e sono tornato indietro. Ho fatto un po' di lavori con delle librerie, e tu cosa fai?" E poi quando il rapporto viene stabilito e ci si è fatti un paio di birre, magari l'altra persona riesce a tirarti fuori altre cose che hai fatto. Ma perlomeno ti sei presentato come essere umano, invece che come una rock star gonfiabile.

È un ottimo modo per non farsi trattare da caricatura.
È inevitabile se arriva qualcuno dicendo "È lui!" A quel punto sei fregato. Cerco di essere il più invisibile possibile. Non quando sto rilasciando un'intervista; [indica la sua giacca, effettivamente molto colorata] questa giacca non è proprio invisibile, vero?

Più invisibile che puoi… mentre allo stesso tempo canti negli Iron Maiden.
È quello il punto, quando sei il cantante degli Iron Maiden è questo che fai. Ero a un evento in teatro per promuovere il libro e qualcuno mi ha chiesto: "Quale superpotere vorresti avere?" Il mio istinto mi ha fatto dire immediatamente l'invisibilità, così potrei correre sul palco, fare “Whoaaaaa!” e poi scomparire giù dal palco. E sarei contento di essere invisibile fino al momento in cui salgo sul palco. Sarei molto contento se fossi invisibile. L'altro che ho detto è il teletrasporto, così potrei passare direttamente da un concerto a un pub a West London con la mia birra, e il mio vicino di tavolo mi direbbe "Sei un po' sudato, sei stato in palestra?" "Sì, è stata una serata piuttosto impegnativa".

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