Coca Buton
Illustrazione by Juta
Cibo

Coca Buton, il liquore con le foglie di coca che quasi nessuno conosce

La sua storia comincia nell'Ottocento, ma è sempre rimasto nell'ombra dell'assenzio. Il Coca Buton si produce ancora in una cittadina alle porte di Bologna.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT
Juta
illustrazioni di Juta

“Lo sapevi che a Bologna si produce un liquore con le foglie di coca?”

La prima volta che ho sentito queste parole mi aspettavo una distilleria clandestina nel seminterrato di due studenti di Filosofia delle Religioni. Invece era solo la prima volta che ho sentito parlare del Coca Buton. Ho cominciato come comincia qualsiasi giornalista in tempi di pandemia: con una ricerca Google.

“Le foglie di coca erano un po’ la Red Bull dell’Ottocento”

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Ho scoperto che la piccola azienda Buton si trova a San Lazzaro di Savena, cittadina a pochi chilometri da Bologna, e che in tempi recenti è stata acquisita dalla Montenegro—esatto, quella del vaso da salvare e del ‘sapore vero’. Ho scritto al loro ufficio stampa, da cui non mi hanno mai risposto, e poi ho proseguito da sola con le mie ricerche. Trovando in realtà una storia più interessante di quanto mi aspettassi.

Coca Buton: la storia

A fine Ottocento in Europa e Stati Uniti le foglie di coca erano al centro di numerosi esperimenti. L’ispirazione veniva dalle testimonianze dei viaggiatori europei in Sud America, Perù, Bolivia, Colombia, in cui avevano potuto constatare come agli abitanti del luogo masticare le foglie di coca desse energia e resistenza. Nel 1859 Albert Niemann estrasse dalle foglie di coca l’alcaloide che divenne noto come cocaina. Nel 1886 in Corsica Angelo Mariani iniziò a produrre il Vin Mariani, foglie di coca in vino bordeaux, molto apprezzato da zar, celebrità, perfino dal papa per il suo potere “ricostituente” (ah gli eufemismi dell’epoca). Sempre nel 1886 ad Atlanta John Pemberton usò le foglie come ingrediente di una bevanda: era la Coca-Cola.

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“Le foglie di coca erano un po’ la Red Bull dell’Ottocento,” mi racconta Fulvio Piccino, ex bartender e fondatore del sito Sapere Bere. “Era un’epoca di sperimentazioni. Basti pensare che veniva bevuto anche il vermouth con noce vomica, che contiene stricnina, eccitante ma anche altamente tossica e potenzialmente mortale.”

“Le foglie vengono riconsegnate alla Guardia di Finanza, perché contengono ancora il principio attivo”

Negli stessi anni anche a Bologna le foglie di coca diventavano protagoniste di una bevanda: Jean Bouton inventava il distillato Elixir Coca Buton. Nato in Francia da una famiglia di distillatori, Bouton scelse Bologna come sede della sua distilleria “Giovanni Buton”, italianizzazione del proprio nome. La data d’invenzione del Coca Buton non si conosce con certezza, ma con ogni probabilità il brevetto deve essere stato depositato prima di quello di Pemberton: pare che in un opuscolo promozionale del 1876 si parlasse della sua produzione in termini di “molte migliaia di litri”.

I tempi però cambiarono in fretta: iniziò a crescere la consapevolezza degli effetti sul cervello della cocaina e dei suoi potenziali rischi. Dal 1903 le foglie di Coca non poterono più essere usate nella Coca-Cola, sostituite dall’aroma 7X, estratto dalle foglie di coca, ma privo delle sostanze alcaloidi psicotrope.

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Il Coca Buton è un alcolico e basta?

So che è la domanda che vi stavate facendo: il Coca Buton contiene ancora, anche se in minima parte, il principio attivo delle foglie di coca, ovvero l’alcaloide cocaina? Ovviamente no.

Nel Coca Buton la quantità di foglie utilizzate era stata bassa fin dall’inizio, e comunque la tossicità dell’alcaloide veniva eliminata tramite il processo di distillazione, quindi a differenza di altri liquori la sua produzione continuò inalterata, anche se sotto stretta supervisione, e il suo successo crebbe negli anni. Pare che esista una foto di Coppi e Bartali davanti a una bottiglia di Coca Buton [dopo la pubblicazione del pezzo, una fonte mi ha riferito si trattava in realtà di Vecchia Romagna] e ho trovato pubblicità di inizio Novecento in cui veniva pubblicizzato come “il liquore che fortifica”, decantandone le proprietà energizzanti, che in realtà derivavano solamente dalla sua gradazione alcolica (36,5%), visto che appunto le foglie di coca davano solo l’aroma.

“I liquoristi sono stati proto-medici. Ci vuole attenzione a maneggiare le erbe”

Ho parlato con una ex dipendente della Montenegro che per motivi di privacy non ha voluto rivelare il suo nome: “Le foglie di coca, importate da Bolivia e Perù, vengono tenute in cassaforte. Una volta che ne abbiamo estratto l’aroma vengono riconsegnate alla Guardia di Finanza. Sono contate una per una.”

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Il Coca Buton non è l’unico superalcolico dalla regolamentazione a base rigida. Pensiamo ad esempio all’assenzio. L’olio essenziale di Artemisia Absinthium contiene il tujone, un terpene tossico in grandi quantità, alla cui presenza si deve la cattiva fama dell’assenzio a inizio Novecento - anche se probabilmente “l’intossicazione” da assenzio era solo dovuta alle enormi quantità che si bevevano. In Europa i distillati a base di artemisia non possono contenere più di 35 mg per litro di tujone, ma negli Stati Uniti la quantità scende a 10 mg, rendendo così impossibile esportare bevande come il Genepy, che è sempre un’Artemisia. “È la dose che fa il veleno,” dice Piccinino. “D’altronde i liquoristi sono stati proto-medici. Ci vuole attenzione a maneggiare le erbe. A volte anche erbe a cui non pensiamo, come salvia o genziana, possono essere rischiose da trasformare in alcolico.”

“Prendi come esempio i liquori o le birre alla canapa: se vendi i tuoi alcolici giocando solo sul proibito il gioco dura poco”

Bartender, ristoratori, appassionati. Ho chiesto a tanti, ma pochissimi conoscevano il Coca Buton, e ancor meno l’avevano assaggiato, o sapevano qualcosa della sua storia. Forse il motivo della scarsa fortuna del Coca Buton è principalmente uno: ha un sapore un po’ “fuori moda”. Ha un colore verde acceso, una consistenza densa e un sapore aromatico (contiene anche artemisia, melissa, ortica e assenzio), ma piuttosto dolce. “È come l’assenzio,” spiega Piccinino. “Ti aspetti chissà cosa a causa della sua nomea ma è solo un digestivo. Prendi come esempio i liquori o le birre alla canapa: c’è stato un periodo in cui andavano tanto di moda, poi sono scomparsi dal mercato. Se vendi i tuoi alcolici giocando solo sul proibito il gioco dura poco.”

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Niente effetto stupefacente insomma. Il Coca Buton si può bere liscio e con ghiaccio, pre e post cena, caldo o freddo - insomma un po’ come vi pare. Compare come ingrediente nel cocktail Saigon con vodka, vermouth e granita di limone, un’accozzaglia che a me pare un po’ improbabile, ma fate voi. Qualche anno fa la Buton ha provato a lanciare sul mercato il Cocalime, foglie di coca ed essenza di limone, ma non sembra avere avuto particolare successo. Ad Amsterdam si produce un liquore simile, la Agwa, utilizzando foglie di coca boliviane, ovviamente sempre senza principio attivo.

Se invece volete celebrare l’eredità dell’azienda senza assaggiare il liquore verdino, beh, dovete fare anche meno ricerca tra bar ed enoteche: il prodotto di punta dell’azienda Buton è il Vecchia Romagna.

Attenzione: l'articolo è stato modificato rispetto alla versione originale per aggiungere una precisazione sulla foto con Coppi e Bartali.

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