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Musica

Sono stato agli I-Days con Marianne Mirage

Abbiamo mangiato caramelle e parlato di come si fa un live degno di questo nome.
Foto di Kevin Spicy.

Non accettare caramelle dagli sconosciuti non è certamente il motto degli I-Days dove, grazie ad Haribo come sponsor del festival, c’è stato uno smazzo fuori controllo di gelatine e orsetti gommosi che ti faceva a tratti sentire in una versione hard rock/punk de La Fabbrica di Cioccolato. Tutto ciò ha, purtroppo, reso i frequentatori dell’Area Expo di Milano frenetici come bambini strafatti da zuccheri, in un’atmosfera improntata al “volemosebbene” che non ha, assicuriamo, attecchito dalle parti dello stand di Noisey.

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Questo lo scenario che ha incorniciato la lunga attesa di Marianne Mirage, che stava percorrendo a piedi i chilometri (dieci secondo Noisey, 500 metri secondo la questura) che separano l’uscita della metro-Rho Fiera Milano dall’area concerti. Ma questa lunga introduzione è utile a incorniciare quel fatidico momento di puro culo in cui sono stato travolto da una delle ragazze-sponsor delle suddette caramelle, che mi ha scaraventato addosso il suo cestino con gli ultimi 20 pacchetti rimasti, per lanciarsi nel pogo di “The Kids Aren’t Alright” degli Offspring.

Così glicemia-munito mi sono presentato alla nostra ospite, per addolcirla qualora risultasse stressata dal lungo viaggio da Cesena (sì è amica di Young Signorino, no non ne parlo in questo articolo) a Milano, ma la realtà è che Marianne si è rivelata essere la persona più simpatica e disponibile che abbia mai intervistato.

Il nuovo singolo di Marianne Mirage s'intitola "Copacabana Copacabana", è prodotto da Big Fish ed esce il 6 luglio. L'8 luglio Marianne sarà all'evento conclusivo del VIVA Festival, Beats From The Lido, a reinterpretare alcuni classici della musica italiana insieme ad artisti come Levante, Willie Peyote, Maria Antonietta e CRLN.

Noisey: Sei stata subito catturata dalle ceste di dischi della cameretta di Noisey, per cui non posso non chiederti quali sono le canzoni che hanno influenzato maggiormente il tuo percorso musicale.
Marianne Mirage: Ce ne sono tanti, in realtà, perché ho una stranissima dicotomia mentale per cui da una parte c’è il grunge e dall’altra c’è il jazz. La mia musica parte da questi due mondi, quindi "Strange Fruit" di Billy Holiday è la canzone che sicuramente mi ha influenzato di più, con la sua una enorme malinconia. Ecco, forse è la malinconia ad accomunare le mie varie influenze: subito dopo, infatti, viene "In Bloom" dei Nirvana.

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La line up di questi I-Days non è quindi così lontana dal tuo background musicale.
Esatto, io sono partita suonando la chitarra perché volevo imparare tutte le canzoni dei Nirvana. Da piccolina avevo vinto il premio come miglior alunna del corso d’inglese e il premio consisteva nel loro disco MTV Unplugged in New York ed è l’unica cosa che ho vinto ad oggi, ma si è rivelato preziosissimo. Poi, più tardi, mi sono innamorata della psichedelia anni Sessanta e ho iniziato a collezionare dischi di band tipo 13th Floor Elevators. Amo le chitarre suonate, in particolare se si tratta di Gibson Flying V.

Tu, a parte qualche incursione nel francese e inglese, hai scelto l’italiano: basta per inserirti di diritto nella categoria itpop?
No, no, non basta questo. Secondo me è una categoria in cui non rientro. Vero è che quando hai alle spalle un’etichetta, la spinta ti porta verso l’omologazione a ciò che funziona in quel determinato momento, però bisogna partire dal presupposto che io suono la chitarra classica e tutto quello che suono è legato al mio gusto. Non sono quella che cerca di scrivere la canzone pop per forza.

Il remix di "La Vie" fatto da Takagi & Ketra però ha girato bene sul web. Sei pronta per una svolta elettronica? Live solo base e voce?
Questo mai. Anzi, ti dirò che per aumentare l’aspetto strumentale dei miei live sto imparando a suonare la tromba. I live che propongono molti artisti in questo momento sono ridicoli, non ti dico di togliere l’autotune, però almeno metti dei musicisti sul palco! Come, per esempio, fa Sfera Ebbasta: lui è davvero super carico e molto a fuoco, porta un bello show ma, soprattutto, sul palco ha pure una batteria e una chitarra. Serve un minimo sforzo per pensare concettualmente i live, il pop ha bisogno di idee nuove. Fuori dall’Italia è già cosi: sono stata al concerto di King Krule ed è stato pazzesco, con un sassofonista a contaminare il sound portandolo verso il jazz.

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Sei l’autrice di "The Place", che ha fatto da tema al film omonimo di Paolo Genovese: come è nata questa collaborazione?
Paolo Genovese mi ha chiamata dopo aver sentito il mio primo disco, Quelli come me, dicendomi che aveva in mente un piccolo film, e che mi avrebbe inviato la sceneggiatura per sapere cosa ne pensavo. Allora non c’era idea del super cast che avrebbe recitato in The Place. L’ho letta e ho scritto il pezzo, c’erano altri autori che ci stavano lavorando, ma appena Paolo l’ha sentita mi ha detto: “voglio la tua”. Un’esperienza molto bella, coronata dalla nomination ai David di Donatello come miglior canzone originale.

La scelta di scriverlo anche in inglese, immagino in previsione di festival cinematografici internazionali ti ha dato visibilità anche all’estero?
Sì, assurdo, mi stanno scrivendo persone anche dalla Russia. Paolo Genovese me lo aveva detto che avrei dovuto cantarla anche in inglese: “Perché la tua voce", dice, "è importante che la conoscano anche fuori dall’Italia”. Se il video oggi ha quasi 300 mila views è proprio perché la gente è andata dal film a cercarselo.

So, perché ti ho stalkerata sui social, che sei un’appassionata e praticante di yoga: serve anche per la musica?
Tantissimo, io lo considero come una vera droga, una droga che non fa male ma allo stesso tempo mi crea un enorme dipendenza. Sono dipendente dallo staccare il cervello, dimenticarmi di tutti e di cosa sono e di utilizzare il terzo occhio per entrare in collegamento con l’universo. So che sembra una cazzata e tutti mi guardano straniti quando lo dico, però io lo sento e mi fa stare benissimo. Quando le condizioni me lo permettono, mezz’ora di yoga è la mia chiusura del soundcheck, mi aiuta a prendere possesso del palco.

Stiamo per vederci Offspring e Queens of the Stone Age, ma la cosa più assurda che è successa a te durante un live?
Un mondo di zanzare che ti assalgono mentre da sola sul palco stai facendo un pezzo chitarra e voce sotto ai riflettori e ti beccano ovunque anche perché il tuo vestito è praticamente niente. Credo sarei potuta finire all’ospedale per l’innumerevole numero di punture.

Faresti sponsorizzare un tuo tour da uno antizanzare?
No, continuerò a farmi beccare.

Kevin è il misterioso fotografo che accompagna gli artisti ai concerti degli altri artisti.

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