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Musica

​"Estate Dimmerda" non ci salverà dai tormentoni estivi

Le parodie possono essere un passo avanti, ma non sono la soluzione alle canzoni dell'estate dimmerda (appunto).

Se c'è una cosa che piace un sacco agli italiani è l'abitudine. Ci piace che tutto resti esattamente com'è, abbiamo paura dei cambiamenti e dal rischio della novità. Le canzoni di Sanremo, per esempio, sono sempre quelle—debitrici a una tradizione a metà tra cantautorato e musica leggera, parlano di sentimenti o di società nel modo più generico e inoffensivo possibile. Ci piace sentire quanto siano difficili ma belli l'Italia in cui viviamo, l'amore che proviamo. È la nostra identità percepita: quella di tizi un po' retrogradi rispetto al mondo ma orgogliosi di quello che hanno, che se la sfangano sempre in qualche modo e sanno davvero cos'è la felicità.

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Un'altra grande tradizione italiana™, puntuale ed eternamente uguale a sé stessa, è il tormentone estivo. È dal dopoguerra che verso fine aprile chi fa musica e chi la vende comincia a pensare a qualche strofa che giri attorno ai concetti "estate", "fa caldo", "divertiamoci", "libertà", "amore" e "nostalgia delle belle estati di un tempo". Tipo: è l'estate del 1964, siamo tutti in vacanza nel pieno del boom economico—non vorremo certo metterci a sentire Morandi che canta che vuole tornare in ginocchio da te e quella non è niente per lui quando c'è Catherine Spaak che ci salmodia nelle orecchie che siamo i giovani, i giovani, i giovani, l'esercito del surf. Nel frattempo sono successe un sacco di cose nel mondo, della musica e non, ma la canzone estiva è sempre rimasta identica a sé stessa. Ed è un problema.

L'anno scorso avevamo fatto un po' di gag sulle hit estive e ci eravamo resi conto di quanto fosse tutto un copia-incolla di cose che avevano funzionato a livello internazionale o un tentativo di lanciare merda al muro sperando che qualche stronzo ci rimanesse attaccato. Quest'anno, come l'anno scorso, la pratica-canzone-estiva è stata sbrigata in diverse sfumature ripetute come timbri. Nel 2016 quella un po' intellettuale era "L'estate di John Wayne" di Gualazzi, quest'anno "Tra le granite e le granate" di Gabbani. Quella indie era "Oroscopo" di Calcutta, Takagi & Ketra, quest'anno "Riccione" dei Thegiornalisti. Quelle rap erano "Un giorno di festa" di Moreno e "Cult" di Emis Killa, quest'anno "Pamplona" di Fabri Fibra e Tommaso Paradiso. A volte neanche c'è stato bisogno di cambiare interpreti: l'anno scorso la hit classica era "Vorrei ma non posto" di Fedez e J-Ax, quest'anno è "Senza pagare". Quella ballabile e spensierata era "Venerdì" di Baby K, quest'anno "Voglio ballare con te". Tutto cristallizzato nel tempo come al solito.

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Poi è arrivata "Estate dimmerda" di Salmo, che ha scatenato opinioni divergenti. Da un lato ci sono i numerosissimi commenti positivi su YouTube, che la definiscono "una canzone di protesta", oppure "provocazione pura". Dall'altro, alcuni media—non quelli più generalisti, che fortunatamente non se ne sono (ancora) accorti—hanno cercato di alzare un merdone costruendo una polemica su alcuni versi che il rapper sardo ha inserito nel pezzo: "Allaccia la cintura, sto concerto è una bomba / Dicono "Allah è grande", ma noi che ne sappiamo? / Chiedilo a Ariana, che facciamo?" E via di espressioni inutili e idiote come "il popolo del web" che si incazza perché è irrispettoso nei confronti delle vittime dell'attentato al concerto della Grande di Manchester, raccolte di commenti con annesse previsioni su come "le polemiche si placheranno nelle prossime ore" e repost delle risposte di Salmo infarcite di strizzatine d'occhio ed errori ortografici. La realtà è che la supposta polemica, pratica "giornalistica" cui si cerca costantemente di fare click e impressioni, non è che una naturale conseguenza se stiamo parlando di un artista che ha fatto del confronto e dello shock alcune delle sue cifre stilistiche. Salmo fa musica per provocare e ispirare, e non lo fa gratuitamente in quanto davvero convinto di poter causare una riflessione in chi lo ascolta. Uno dei primi commenti al video fa infatti notare come del "polverone"—virgolette a evidenziare la formulaicità del termine—non ci sia alcuna traccia. "Estate Dimmerda" è però un caso interessante per come è stata percepita: cioè, leggo, come un "anti-tormentone", come una critica alla pratica della canzone estiva che però suona come una canzone estiva. Insomma, una parodia. Ma è una parodia efficace?

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Il testo di "Estate Dimmerda" coglie con efficacia una mini-tendenza cominciata da "Occidentali's Karma" di Gabbani: l'insalata di parole su temi sociali che non vuol dire davvero niente ma fa tanto interrogare il pubblico generalista sul suo significato. Il testo de "Tra le granite e le granate", come quello de "L'esercito del selfie" di Takagi & Ketra, è infatti composto solo da ripetizioni della formula che ha portato Gabbani a vincere Sanremo e partecipare all'Eurovision: vaghi commenti sulla società contemporanea che contrappongono bene e male, versioni da due spiccioli dell'iperreale di Baudrillard—quell'idea per cui può essere difficile distinguere fantasia e realtà, falso e vero. "Hai presente le stelle, le torri gemelle" dice "L'esercito del selfie", strizzando dolorosamente l'occhio al facile gioco di parole, soffermandosi su una trita retorica dei social che fanno male ai rapporti umani. "Turisti al campo di concentramento", dice Gabbani nella sua canzone, buttando dentro un tanto al chilo riferimenti a Dante e al colonialismo che tanto fanno sentire soddisfatto di sé il lettore medio della sezione "cultura" di Repubblica online. Anche "Estate Dimmerda" lavora per immagini e riferimenti culturali ma, se nella canzone pop media questo è un facile gioco finto-intellettuale, nel rap è abitudine: il rap è nato per parlare di cose scomode, e accusare Salmo di giocare allo stesso gioco di Gabbani sarebbe stupido e forzato. Salmo frulla assieme molte delle tematiche che fanno tanto incazzare e discutere i subumani, gli analfabeti funzionali e i tradizionalisti—i vaccini, le scie chimiche, l'islam, l'invenzione Blue Whale—e parodizza la realtà mediatica e musicale contemporanea adottando le loro forme espressive per rovesciarle e sensibilizzare il suo pubblico. Il suo è un "state attenti a 'sta merda e fatevi un'opinione", non un "gioco anch'io al vostro gioco e mi svendo facendo un calderone di tutto".

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"Estate Dimmerda" ha però un enorme limite, che non è da imputare a Salmo quanto alla cultura italiana tutta, musicale e non, ancora inadeguata a cogliere l'ironia o a capire con immediatezza critiche complesse. La canzone di Salmo è una parodia, dicevo: e la parodia non serve a tanto se non a dire "ha, guardate quanto siete ingenui, noi sì che capiamo come funziona". È un modo per farsi una risata tra chi capisce la battuta, e difficilmente si qualifica come effettivo passo in avanti nel miglioramento comune verso idee più aperte, contemporanee, progressiste. Ma è, al contempo, forse l'unica strada percorribile in un'Italia che considera Bello Figo e Marilyn Manson dei pericoli pubblici. Salmo va lodato per aver fatto una parodia ben fatta e non buttata lì a cazzo, come successe l'anno scorso con quella di Shade. Ma aderire allo stilema musicale della canzone estiva non fa che portare avanti l'idea che da giugno ad agosto dobbiamo per forza ascoltare pezzi che parlano d'estate e suonano tutti presi bene. È sbagliato pensare che le hit abbiano una data di scadenza, che un pezzo uscito a novembre non possa funzionare anche in agosto. La sua "Don Medellín", per dire, suona tutta carica e presa bene: non può essere passata in radio d'estate perché non ha il drop alla "Lean On" e non parla di ombrelloni e birrini? A quanto paiono decidere le immobili regole del pop italiano, la risposta è sì. Ma è una risposta sbagliata, perché "Don Medellín" potrebbe benissimo passare in radio, essere messa agli stabilimenti, far ballare i bambini, far ragionare su qualcosa chi la ascolta e anche fare le views e le vendite. La hit estiva non va estirpata prendendola per il culo aderendo al suo modello, ma rifiutandosi di farla. I pezzi di Luis Fonsi, DJ Khaled, Calvin Harris, Ed Sheeran, Shawn Mendes parlano di estate e suonano tutti uguali? No, ma funzionano indipendentemente dalla stagione corrente. Non c'è alcun motivo per cui anche in Italia non dovremmo renderci conto che è possibile uscire dall'abitudine. Voler sentire pezzi ballabili e orecchiabili è tutto tranne che un peccato, ma farlo ascoltando le hit estive che vengono proposte puntualmente ogni anno è come entrare in un negozio e acquistare senza troppi pensieri la prima opzione che ci viene proposta. E magari prendere un'inculata.