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Achille Lauro e Boss Doms al Fabrique, foto di Kevin Spicy
Musica

Ma chi sono oggi i fan di Achille Lauro?

Gente che lo segue dai tempi del Barabba Mixtape o quarantenni fan di Vasco che hanno sentito solo “Rolls Royce”? Siamo andati al suo concerto per scoprirlo.
Carlotta Sisti
Milan, IT

A cavallo tra domenica scorsa e lunedì, ho fatto un’importante scoperta riguardo me stessa: sono una sega a fare pronostici. Nell’ordine, infatti, avevo scommesso (non soldi ma reputazione) sulla vittoria dell’Inter e che il concerto di Achille Lauro al Fabrique di Milano non avrebbe fatto sold out. Avevo sbagliato tutto. E per fortuna, visto che avevo bisogno di più soggetti possibili per la mia ricerca socio-antropologica, cioè capire chi sono i fan di Lauro, perché e da quando lo amano, se conoscono o meno il suo percorso artistico o si sono invaghiti di lui da "Rolls Royce" e Sanremo in poi.

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Il campione, scelto sulla rigorosa base del mio giudizio e della fotografabilità, ha rivelato scientificamente che oggi ai concerti di Achille Lauro trovi di tutto. Il suo è un seguito non classificabile e che sfugge ad un’unica etichetta, e credo che la cosa non gli dispiaccia: non ci sono, per capirci, i fan della trap, i patiti del rock, i clubber, i fan di Sanremo, ma ci sono tutte queste categorie, con in più i fan di Vasco, che vedono nell’autore di 1969 l’erede del loro idolo assoluto. Poi sicuramente nel pubblico c'era anche qualcuno che lo seguiva dai tempi del Barabba Mixtape, o che si innamorò di lui con quel pezzo sporco di ruggine che fu "Benedetti Stronzi" per Roccia Music—però non lo abbiamo trovato.

Prima del live ho notato, insieme alla fila più lunga che abbia mai visto davanti al Fabrique, un’atmosfera densa di emozioni. Parecchio contrastanti. C’erano, infatti, due battaglioni avversi: da un lato i genitori in preda a un panico malcelato per i figli in età da liceo; dall’altra i fan con la fotta di entrare e costretti, invece, a un’attesa insopportabile. Io ho tentato di empatizzare con i padri e le madri, pallidi e stravolti in volto, ma avevo una birra e una sigaretta in mano, quindi facevo parte dei cattivi. Rassegnata al fatto di non suscitare alcuna simpatia nelle famiglie, mi sono messa a lavorare. Le prime a rivolgermi la parola senza prendermi per matta sono state tre ragazze, birra-munite e con un look altamente instagrammabile.

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Gaia (29), Federica (29) e Milena (37)

Noisey: Ciao ragazze con coroncine alla Lana Del Rey: da quanto siete fan di Achille Lauro?
Federica: Da quando lo abbiamo conosciuto a Sanremo.

E che cosa vi ha colpite?
Federica: La canzone, è fantastica.
Gaia: No, a me piace proprio come personaggio, secondo me è un genio perché sa distinguersi e dire qualcosa di davvero nuovo.

Siete andate ad ascoltare anche i suoi vecchi album, sulla scia di questo entusiasmo?
Gaia: Sì, ma non sono espertissima del genere. Ho ascoltato la canzone in cui racconta che spacciava, giusto per capire un po’ com’è stata la sua vita, il suo percorso. Comunque, come sound, apprezzo di più Pour l’amour di 1969.

Vi leggo una frase da “Ulalala” del 2016: "Sta tipa ha la lingua per terra e mi fa casa liscia". Vi disturba?
Federica: No, penso sia una provocazione.
Milena: Prima di diventare mainstream poteva osare di più con i testi e dire cose spinte, estreme. Ora non ci sono più messaggi di questo tipo, che comunque credo siano anche metafore di altro, non li avverto come misogini ecco.

Gli ultimi concerti a cui siete state prima di questo?
Milena: Pearl Jam, l’anno scorso.
Federica: Jova Beach Party.
Gaia: Wireless a Francoforte, c’era anche Ghali.

In fondo alla fila, ultime ma comunque prese bene, mi imbatto in una coppia che non posso non acchiappare. Loro sono Federica e Cristiana e hanno entrambe 40 anni.

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Federica e Cristiana

Quando siete diventate così fan di Lauro da venire a un suo concerto?
Insieme: Da Sanremo, perché è un numero!
Cristiana: Prima, brutto da dire, non sapevamo proprio chi fosse. Ma stasera volevamo esserci, perché lui è super in tutto, dai look al fatto che è fuori dagli schemi. E, aggiungo, che siamo qui è un fatto eccezionale, perché non andiamo mai ai concerti, siamo due mamme in libera uscita.

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Se avete visto Sanremo, forse avrete seguito la polemica con Striscia: che idea vi siete fatte?
Federica: Sono solo stronzate.
Cristiana: Si trova sempre il modo di vedere il male, lui fa l’artista, è, secondo me, molto simile a Morgan: dicono cose forti e provocatorie, ma di base c’è la voglia di smuovere qualcosa nelle persone, di farle riflettere, di far provare emozioni forti.

Davanti alle mie due preferite, che ritroverò ore dopo dentro al Fabrique alla ricerca delle uscite di sicurezza ove sostare “che non si sa mai”, incrocio lo sguardo di due ragazzi molto giovani, che mi fanno intendere di voler dire la loro. Sono Marco e Simone, 22 anni e fan della prima ora, ma che si sono definitivamente presi bene con 1969.

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Simone e Marco

Che cos’ha questo disco in più dei precedenti?
Marco: Il rock. Io sono fan delle chitarre e con questo album sono impazzito. Mi sono piaciuti un sacco gli strumenti veri abbinati alla sua voce, ho sentito proprio degli strumenti che suonavano per lui, spaventoso. Però lo apprezzavo già da Ragazzi Madre, ho sempre riconosciuto in lui una penna sincera, un modo di comunicare forte, impattante.

Ma è la prima volta che lo vedete dal vivo?
Simone: Sì, e non l’ho nemmeno ascoltato assiduamente devo dire, però sono mega curioso perché mi dà l’idea di essere l’unico in Italia a fare un vero e proprio show.

A che concerti andate di norma?
Marco: Io spazio da La Scala di Milano, al metal fino al rap. Sono musicista, suono basso, chitarra, tastiere e produco. Onestamente, ho un orecchio abbastanza tecnico, quindi sono qui anche per capire se il live con la band funzionerà bene o così così. Comunque la cosa principale, a mio parare, rimane il carisma: se uno suona in playback, ma regge il palco da dio, per me è okay.
Simone: Io sono fan del rap, l’ultimo concerto che ho visto è stato quello di Mezzosangue, sempre con Marco.

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Siamo in fondo alla fila. Se alla porta vi dicessero che il concerto è in overbooking, ma vi facessero scegliere un altro live come rimborso, da chi andreste?
Marco: Bon Jovi.

Siamo rimasti tanto scioccati dall'aver trovato un ventenne che ama Bon Jovi che abbiamo interrotto l'intervista senza far rispondere Simone. A questo punto abbiamo abbandonato la zona proletaria della coda, per andare in zona pit, dove staziona un gruppo molto fotogenico di ragazzi milanesi, di cui solo uno, Luca, in arte Koker (il suo nome da tatuatore), 32 anni, qui presente perché “da Sanremo in poi ho rivalutato il ragazzo”.

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Luca Koker

In che senso?
Prima lo vedevo come il classico trapper, simile a molti altri, e anche se non ho niente contro la trap, anzi mi piace e mi piaceva “Thoiry” come i suoi pezzi con Marra, ma non aveva catturato un mio particolare interesse. La sua esibizione a Sanremo, invece, è stata una bomba: dall’abbigliamento, alla musica, il testo della canzone… geniale, trovo che sia stato tutto perfetto. E allora mi sono appassionato, ho comprato il CD, e stasera m’aspetto un live della madonna. Aggiungo anche che Achille Lauro è uno dei pochissimi in Italia ad aver fatto un cambiamento radicale ma credibile, con del senso, con dei richiami precisi agli anni Settanta e Sessanta, ad attitudini come quella hooligan. Insomma, il suo è un bel racconto.

Il pezzo che deve fare stasera assolutamente?
“Delinquente” e “Angelo Blu” con Cosmo.

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E visto che tatui, la frase di un suo pezzo che merita un tattoo?
Beh, “sdraiato a terra come i Doors”!

Ci spostiamo in zona paninaro per salvare colesterolo e trigliceridi di alcuni ragazzi. Uno, Lorenzo (24 anni) è il più ferrato in assoluto in materia Achille Lauro; l’altro, Andrea (26 anni) è il più capitato a caso di tutti.

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Lorenzo, l'autrice e Andrea

Lorenzo, finora sei il fan numero uno tra i miei intervistati, cos’hai da dire in merito?
Lorenzo: Lo rivendico con orgoglio: sono un fan sfegatato, dai tempi di Dio c’è fino al boom recente. E lo sono grazie a quel ragazzo là [indica un amico] che si sta mangiando il panino, che mi ha fatto ascoltare per primo i suoi pezzi. Da lì, fu amore.

La sua “fase” a cui sei più affezionato?
Più che a una fase, sono molto legato a una canzone, che è “La Bella e la Bestia”, su cui tutti, credo, abbiamo pianto. Penso che lui non sia etichettabile, per questo ogni fase è fondamentale e imprescindibile. Mi gasa molto questa, perché ti fa cantare di brutto. Sono curioso di vedere che cosa è cambiato dal vivo, rispetto a "Midnight Carnival", che è stato l’ultimo suo concerto che ho visto. Spero siano simili, a livello di energia, perché se c’è una cosa di Lauro che conquista anche chi non lo conosce è il suo senso per lo show, per la festa.

Andrea, tu invece che ci fai qui?
Andrea: Io forse ho scoperto oggi come si scrive Achille Lauro. Però amo i concerti da impazzire, quindi quando qualcuno mi chiama per andarci, dico sempre sì. I live sono ogni volta un’esperienza incredibile, che ti fa tornare a casa felice. Quasi sempre.

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A ormai un terzo di coda smaltita, siamo ripassati dal bar di fronte al Fabrique, ormai sgombro di genitori con attacchi di ansia. Mattia e Rachele, 26 e 39 anni, hanno acconsentito a rispondere alle nostre domande, pur ignorando totalmente l’esistenza di Noisey e VICE.

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Rachele e Mattia

Mi avete detto che siete qua per un “esperimento sociale”: che cosa significa?
Rachele: Volevamo vedere com’è lui live e anche com’è la gente che lo segue, che, mi sembra, parecchio mista, anche se sicuro più giovane di me. In particolare, mi interessa capire se è cambiato il suo rapporto con il pubblico, dopo il successo di Sanremo.

Ah, quindi l’hai già visto in concerto?
No, ho visto dei video su YouTube, e in alcuni m’è sembrato che avesse un brutto rapporto con le persone, mi riferisco a quando ha litigato con uno

Sì, vero, però quella è roba di anni fa. Mattia, tu invece come sei capitato qui?
Mattia: Come tanti altri, credo: sentendo la canzone "Rolls Royce" alla radio, m’è entrata in testa, m’è piaciuta, mi sono piaciuti i pezzi che sono venuti dopo, ed eccomi qui.

Avete ascoltato anche cose vecchie?
Rachele: Ho provato, ma non capisco che cosa dice. Però da quando ha detto di essere il nuovo Vasco e da quando Vasco gli ha dato, diciamo, la sua "benedizione", io da devota al Blasco gli ho voluto dare una chance.

Quante volte hai visto Vasco?
Credo 25.

Con in mente un incubo lucido nel quale sono costretta da andare a un concerto di Vasco (ma anche più o meno di chiunque altro) per 25 volte, mettiamo infine piede dentro al Fabrique. A questo punto è ancora gestibile e non ancora la bolgia del concerto. Incontriamo due giovani ragazze fluo, poco interessate all’intervista ma molto di più alle foto. Cristina, sanremese di 22 anni, e Ivonne, 23 anni, erano, come noi, al concerto di Lauro all’Alcatraz, “quando hanno spruzzato il peperoncino, che panico, eravamo intossicate”. Entrambe sono diventate fan “grazie a Thoiry”.

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Ivonne e Cristina

Però "Thoiry" è di Quentin40.
Cristina: Sì, però con Achille Lauro è diventata virale. Da lì ho ascoltato qualche altra canzone e mi sono appassionata ai suoi show, molto fighi, molto scenici.

Di solito andate ai concerti?
Insieme: No, solo ai suoi.

E che canzoni volete?
Cristina: Quelle di Pour l’amour, quelle vecchie.

Stremata, ben oltre la mia soglia massima di socialità e molto oltre il limite di battute consentito, ho arrancato fino alla zona merchandising (anche detta “zona anzianotti”) mentre Marcelo Burlon in consolle mi prendeva a sberle a colpi di "Speedy Gonzales" e house anni Zero, rendendo una piccola agonia l’attesa dell’inizio del live. Composto, già sapevo, da 32 pezzi più eventuali bis. Tutti piuttosto nuovi, così da non deludere nessuna delle persone con cui abbiamo parlato.

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Il palco del Fabrique

Ormai piazzata in ultimissima fila (dietro di me solo gli addetti alla sicurezza), appena iniziato il live mi sono subito innamorata di tutto, dalla scelta di “Cadillac” come pezzo d’apertura al costume di Lauro—che rimandava, certo, a David Bowie con quell’essere una seconda pelle nera di paillettes e aculei—ma che era anche cento per cento suo, fino alla band, sovrastante all’inizio, man mano più equilibrata ed omogenea. Lo show di lunedì al Fabrique è stato, per definizione stessa del suo autore, una festa, nella quale dal palco si è pregato, come già all’Alcatraz, di abbassare i cellulari e togliere i vestiti. Ma è stato anche un viaggio nel tempo: ora omaggiando un’epoca, ora proiettandosi al futuro.

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Achille Lauro

La sensualità e la sessualità sono stati un elemento più forte che mai, e mi sono portata a casa la sensazione che l’abbattimento di stereotipi di genere sia arrivato, magari sotto pelle, in modo inconscio, come messaggio fortissimo dell’arte di Lauro. E poi lo struggimento, come mi ha suggerito un’amica di Instagram (ciao @carciofosottodio) è stata l’emozione che ha percorso ogni passaggio, ogni brano, anche i più carichi come “Thoiry” e “Bvlgari”, anche i più apparentemente spensierati come “Mamacita”. Perché, come sta scritto nel suo primo libro Sono io Amleto, Achille Lauro non è mai triste e non è mai felice: vive nello struggimento, ed è da lì che nasce tutto, ed è per questo che la curiosità verso questo artista mutaforma con il tempo non scema, anzi: cresce.

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Achille Lauro e Boss Doms

Carlotta è una scrittrice, una DJ e un paio di altre cose. Seguila su Instagram. Kevin è un fotografo, un DJ e un paio di altre cose (di solito insieme a Carlotta). Seguilo su Instagram. Segui Noisey su Instagram, Twitter e Facebook.