caterina caselli intervista

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Musica

La tenacia vince sempre: abbiamo intervistato Caterina Caselli

La prima riot girl della musica italiana oggi è una delle donne più importanti dell'industria discografica. Ci siamo fatti raccontare la sua storia.

Ci sono personaggi intorno ai quali aleggia un alone di mistero. Anche se per i più apparentemente si tratta di soggetti da infilare senza problemi nella sezione "buoni" o in quella "cattivi", in realtà la linea di demarcazione spesso è molto labile in ambo i casi. Uno di questi è Caterina Caselli. Io e Caterina per questa intervista ci siamo inseguiti parecchio, è stato quasi un corteggiamento. Vari colpi di scena, cambi di sceneggiatura, appuntamenti saltati, momenti rinviati. Alla fine della fiera, da che dovevamo vederci di persona, faccia a faccia, ci siamo ritrovati invece a parlare via telefono. Per quanto mi riguarda non è una cosa semplice, la voce sola a volte è peggio di una mail ed è spesso veicolo di verità che potrebbero sprigionare tranquillamente da uno speaker di un Bingo: ma nonostante questo il suo ufficio stampa mi ha fatto notare che Caterina non rilasciava interviste da un po' e si era negata a testate assai blasonate. Quindi mi sono sentito onoratissimo di questo attestato di benemerenza e mi ci sono gettato a pesce.

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Lasciamo le valutazioni a poi: per ora mi basta dire che verso di lei ho gli stessi sentimenti che ho verso Yoko Ono. Una stima incredibile per quello che ha fatto in passato ma nello stesso tempo un interesse quasi morboso per il suo lato oscuro. Che comunque, come prevedibile, è testimoniato più dalle parole altrui che dalle sue. Non credo ci siano figure femminili in Italia che possano avere lo stesso impatto, la stessa decisione, le stesse capacità manageriali e in fin dei conti la stessa visionaria concezione applicata al mercato dell'arte—caratteristiche che sono peculiari anche alla dragon lady del fu Lennon. Questioni anagrafiche? Forse: se a settant'anni la nostra Caterina sembra ancora agguerrita come una volta, il dubbio ci viene.

Ma lasciamo spazio a questa chiacchierata: circa un anno fa in questo articolo approfondimmo alcuni aspetti di Caterina, stavolta ci soffermiamo di più sulle sorti della discografia italiana di oggi e sull'eredità di ieri, sul futuro e sull'eterno atemporale, sulla musica che è un campo astratto e sul mercato che è un campo ancora più astratto ma che ha, ahimè, le sue leggi, sì mutanti, ma ben precise se non spietate. Siore e siori, l'imperatrice della discografia italiana, la mente della Sugar, Mrs. Caterina Caselli.

Come va Caterina, tutto bene?
Sì, diciamo che riusciamo a gestire i nostri acciacchi nonostante l'età [Ride], non siamo più diciottenni da molto tempo, però direi che insomma non ci possiamo lamentare. Continuiamo a fare la nostra attività che poi è una cosa molto importante per me perché comunque, sai, è una passione che viene da tempi lontani e che mi ha aiutato molto in tutto questo periodo dandomi grandi e tante soddisfazioni… Quindi bene, direi.

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E infatti volevo partire proprio dal tuo passato per rapidamente poi arrivare al discorso più specifico, "discografico," ecco. Che m'interessa molto…
Volentieri, volentieri… Partiamo!

Diciamo che tu inizi come una specie di Riot girl, come la mamma di tutte le rockettare italiane… Sei quella che nella Penisola ha portato il femminile in musica a un importante livello di rottura. E quindi come ti sei sentita in questo ruolo e come trovavi il rapporto per molti versi complicato con il mondo del rock al maschile?
Mah, devo dirti la verità, per me non è stato affatto complicato… Forse grazie anche anche alla regione da dove provengo. Come sai, io sono emiliana, lì era facile cantare, studiare, esibirsi nelle famose balere dell'Emilia. Ai tempi, il mio gruppo era composto da musicisti più grandi di me, tutti maschi, però non ho avuto problemi di nessun genere, anche quando successivamente andai a Roma e cantai al Piper nel '65 e lì c'erano delle band, anche sconosciute, ma inglesi. Insomma ci si confrontava… Non mi sono mai trovata a disagio, anzi. Mi piaceva molto tutto questo… Mi sono trovata veramente molto, molto bene. Non so se per il fatto che fossero particolarmente carini nei miei confronti, ma insomma ho sempre avuto intorno a me affetto, più che scontro.

Eh, perché spesso si dà per scontato che nel mondo discografico il maschile sia molto soffocante, ingombrante, che strozzi il discorso femminile… Quindi non sei d'accordo con questa visione apocalittica / di genere delle cose?
Ma guarda, non so se io sono stata particolarmente fortunata, però anche nel mio rapporto con la casa discografica ho sempre fatto quello che volevo, probabilmente perché confortata anche dalla mia band, dal mio produttore. Sì, c'è stato un momento, devo dire la verità …Quando mi fu proposto "Nessuno mi può Giudicare," che era originariamente un tango. Io dissi 'ma manco per idea, manco per scherzo!' Invece il mio produttore, che era più adulto di me, mi disse: ma guarda che possiamo assolutamente arrangiarlo come vogliamo noi! Mi ricordo che andammo a suonare a Bologna, allo Junior Club, che era un locale vicino alle due torri che alla sera si riempiva di studenti—una meravigliosa esperienza—e lì abbiamo riadattato quel brano rendendolo quello che invece poi è stato presentato a Sanremo, l'arrangiatore della Cgd venne a Bologna e registrò il brano secondo la nostra versione, noi facemmo a porte chiuse un test con tutti gli studenti …E niente, mi dissero "vai a Sanremo e uccidi!" [Ride] e quindi come vedi non ho mai avuto degli attriti. Certo, c'è stato successivamente un altro episodio, mi ricordo, dopo due anni di grande successo mi era stato proposto "Insieme a Te Non ci Sto Più". Ecco, lì la casa discografica riteneva che il brano fosse troppo alto, che non facesse per me, che fosse poco popolare, e io rimasi una settimana intera ad ascoltare SOLO quel brano… Che poi sono cocciuta io, eh.

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Ebbe' ma per forza, era ed è un brano eccezionale…
Sì, e alla fine dissi “io questo brano lo voglio fare!” Proprio così, lo faccio e basta, stop. E quindi lo feci, come sai. Insomma, non ho mai avuto ostacoli insormontabili. E poi, ecco, forse sono stata anche aiutata dal mio carattere… Sai, ho avuto una madre che mi diceva "la tenacia vince sempre" [Ride] e quindi ecco, ho deciso di darle retta e di conseguenza mi hanno dato molto retta nella mia vita.

Forse perché è un atteggiamento quasi proto-punk, no? Non a caso Lindo Ferretti e i CCCP sono stati molto ispirati dalle tue gesta.
Guarda, io sono affascinata da Ferretti, e trovo sia uno scrittore tra l'altro bravissimo. Il fatto che lui abbia parlato sempre bene di me mi inorgoglisce. C'è una stima reciproca, e una grande stima soprattutto per quello che hanno fatto i CCCP. Trovo che sia una persona davvero speciale, che ha avuto il coraggio di cambiare. E poi la disciplina con cui porta avanti la sua vita e il suo lavoro… Insomma, chapeau.

Sì vabbè, alcune sue derive sono discutibili… Ma qualsiasi cosa abbia detto e fatto ultimamente possiamo perdonargliela magari anche solo per "Ragazza emancipata" dei Cccp, che sembra davvero scritta pensando a te, o almeno io l'ho sempre letta come un omaggio chiarissimo alla Caselli, al suo modello di donna… Non so se te la ricordi.
No adesso non me la ricordo, però se è così, io ne sono, ripeto, orgogliosa.

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Anche perché poi c'è stato un periodo in cui hai aperto questa etichetta, l'Ascolto—di cui io tra l'altro sono grande fan—che era spiazzante, un po' come l'attitudine dei CCCP…
Eh sì, infatti prima mi parlavi di Pepe Maina. In quel periodo abbiamo appunto fatto anche altre cose divertenti e particolari. A parte il primo solista di Mauro Pagani, disco straordinario, poi gli Area, Gli Dei se ne Vanno, gli Arrabbiati Restano!, che in Giappone ancora va fortissimo, sono state scritte su questo album pagine di critica meravigliose. Insomma, è stata una bellissima esperienza, anche coraggiosa in un certo senso, perché io non ho voluto avere con me altri discografici, ma avevo preso come collaboratori due ragazzi che provenivano da Radio Popolare che erano Alberto Pugnetti e Guido Carota, quindi anche lì… Poi avevamo il buon Cesare Monti che ci faceva le copertine dei dischi e proveniva dalla Numero Uno di Battisti. Guarda, facevamo delle riunioni sulle copertine dei dischi che tu non hai idea… Una cosa pazzesca. Stavamo molto attenti che tutto fosse estremamente rigoroso, insomma eravamo un po' particolari, devo dire la verità… L'Ascolto—già il nome in sé evoca il mettersi all'ascolto di qualcun altro, no? Di un talento, di qualcosa, senza pregiudizi, e quindi con l'idea di poter fare ricerca. Questo era un po' il nostro compito. Poi c'era anche l'ambizione, se vuoi anche presuntuosa, di incidere in qualche misura anche nel gusto italiano eterogeneo di quel periodo. Insomma, forse c'era una buona dose di presunzione in effetti.

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Be', direi di no, perché poi è successo qualche tempo dopo con la CGD, quando hai preso in mano la situazione..
Diciamo che quell'esperienza ci ha portato, ad esempio, a fare il contratto con Paolo Conte.

E anche con Ivan Cattaneo, Ruggeri…
Sì, Ruggeri, ma anche Sergio Caputo, Giuni Russo, la Rettore, la Bertè…

Eh, tutti personaggini sopra le righe… Non era facile fargli fare il botto.
Ti dirò, io pensavo solo a trovare qualcosa di originale. Non ho mai pensato di fare—come dici te—il botto… Sono sempre stata affascinata da qualcosa di imprevedibile… Qualcosa che mi rendesse un po' "scomoda," non so come dire… E quella cosa lì, quella sensazione, mi piaceva moltissimo. Quindi ho sempre pensato che il marketing arriva dopo. L'artista deve arrivare prima del marketing insomma. Sei tu che devi portare qualcosa che non c'è. Certo, oggi è molto difficile, però l'atteggiamento e il desiderio sono quelli.

Quindi anche adesso in qualche modo fai la stessa cosa? Oppure, visto com'è cambiata la situazione generale nel mondo dei dischi, anche tu sei cambiata?
Onestamente devo dire che oggi come oggi continuare ad agire così è quasi un lusso… Perché, come sai, il mercato discografico è cambiato enormemente, c'è stata una vera e propria rivoluzione, anche se oggi paradossalmente si è tornati un po' alla canzone, come negli anni Sessanta. Cioè, è la canzone che crea attenzione attraverso i media, dall'ascolto su Spotify, per esempio, alle visualizzazioni su YouTube. La canzone è molto, molto importante. Poi naturalmente io non tralascio l'idea del concetto più ampio. Mi piace cercare e, se si può, trovare artisti veri, che propongano un loro linguaggio, che siano diversi da quello che si ascolta mediamente. Ma appunto, oggi è molto difficile perseverare in questa linea perché, ripeto, il mercato non ti ripaga più come un tempo. Una volta tu investivi su dieci progetti e bastavano due progetti e mezzo che funzionavano per recuperare tutto. Oggi si rischia a volte che solo il successo ti ripaghi, quindi devi lavorare con una diversa prospettiva economica. Però il mio istinto, il mio DNA, è preposto comunque e sempre a cercare di trovare cose nuove. Lo dico sempre anche ai ragazzi che incontro: "non abbiate paura, abbiate coraggio. Avete bisogno di insistere, di avere tenacia e soprattutto di cercare un'unicità, una vostra unicità." Perché a volte mi trovo davanti voci che possono fare qualsiasi cosa, certo… Ma è proprio lì il problema. Cioè, ognuno deve trovare il proprio centro. Anche se dev'essere aiutato in questo, perché non sempre la persona che ha talento riesce da sola a mettersi anche dall'altra parte, no? Quindi il mio compito, quello che ritengo utile fare, è di essere dall'altra parte e tentare di aiutare il talento a formarsi e a cercare assieme a lui la direzione.

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Ecco, siccome penso che molti vorrebbero essere scoperti e prodotti da te, quali sono le tue politiche per lanciare un ragazzo? Nel senso: mi interessa e credo anche ai lettori capire un attimo come funzionano i ragionamenti all'interno delle oscure camere di un certo tipo di discografia.
Guarda, per prima cosa bisogna essere umili, tenaci, non aver fretta di conseguire il successo, studiare, confrontarsi con gli altri, proprio per cercare di trovare quel punto importante in cui l'artista si sente a suo agio, o meglio si sente se stesso, si sente felice, ha trovato il luogo in cui può dare il suo contributo in termini di creatività. Questo è molto molto importante. A volte per fortuna può accadere in tempi brevi, ma altre volte invece bisogna avere tempo e lavorarci su… Capisci? Non è che si riesce subito a trovare, diciamo così, la zona centrale. A volte l'artista stesso non sa di avere frecce da tirare che possono dare di se stesso una visione anche più concreta di quella che si aspetta. Quindi c'è un lavoro di maturazione, di confronto.

Quindi, scusa se t'interrompo, è come se tu fossi lo specchio dell'artista che in qualche modo deve guardarsi dall'esterno?
La mia prima attività, quella di cantante, di artista, di musicista, mi rende sicuramente comprensiva, in un certo senso, e allo stesso tempo mi porta ad essere anche molto critica, molto severa… E questo secondo me può essere estremamente utile. Perché di artisti "più o meno"… Be', non ne abbiamo bisogno. Abbiamo bisogno di veri artisti, di persone che ragionino in termini analogici, non digitali. Io mi sento un'artigiana, anzi, mi sento un editore che ha a che fare con "l'arte dell'artigiano"… Capisci? E in questo senso devo portare avanti un discorso non industriale, ma artigianale.

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La cosa che hai detto a proposito del fatto che a volte sei particolarmente severa mi ha portato a pensare che, in fondo, in passato lo sei stata anche con te stessa. Volevo appunto citare il caso Primavera, secondo me un disco molto interessante, in alcuni punti proto-shoegaze… Che però non ebbe il successo sperato. E tu dicesti "se queste canzoni non funzionano, smetto". E così è stato.
Allora, in quel disco… come dire… Ho seguito un po' il desiderio del produttore, che allora era Lucariello—famoso per il suo lavoro con i Pooh. Addirittura c'era una canzone che doveva essere recitata con accento milanese …io mi ricordo che dicevo LA CALSETTA invece de "la calzetta" [Ride]… Per dire, è un disco nel quale ho proprio fatto l'attrice. Ho cantato, ma seguendo un canone che mi era stato chiesto. Dopodiché c'è stato un intervento dal punto di vista visivo proprio, il lungometraggio Una Grande Emozione diretto da Nicotra, e ogni canzone aveva un suo quadro…

Insomma, una specie di video musicale ante litteram!
Sì, per dirla alla Lucio Dalla,  una canzone è un film e un film è una canzone. E questi quadri raccontavano il tema di una cornice in cui in fondo si vedeva quella canzone lì, e c'ero io che la interpretavo. Insomma, quello era in un certo senso un genere più romantico, molto… Un pochino più lontano da me o da quello che la gente conosceva di me, no? Però è stata una bellissima esperienza. Certo, la frase che tu ricordi l'avrò sicuramente pronunciata, ma sai, l'avrò detta così, un po' per dire. In realtà ho smesso di cantare perché era già un momento molto particolare nella mia vita personale. Ero innamorata, mi sono sposata, ho avuto un figlio, e per un po' di tempo mi sono fatta crogiolare un po' dalla pigrizia e molto dal piacere della scoperta di essere madre. Quindi ovviamente in quel periodo ho tralasciato la mia attività artistica, e questo mi ha permesso di riconoscere man mano che in me da sempre—questo anche quando cantavo—c'era proprio un desiderio di fare attenzione all'altro, quindi agli altri. Perciò torniamo su L'Ascolto, sì, ma addirittura a prima… Quando nel 1967, con Giorgio Gaber, presentammo Diamoci del Tu, avevamo artisti importantissimi.

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Be', per esempio sei tu che hai lanciato Guccini no?
Sì, esatto, bravo. E mi ricordo che all'ottava puntata io dissi a Gaber: 'Scusami, io c'ho un artista che ha un solo difetto: non è popolare. Si chiama Francesco Guccini, ti assicuro, è un contemporaneo di Bob Dylan.' E lui mi fa: 'Anche io ce ne ho uno!' 'Ah—faccio io—e il tuo come si chiama?' E lui: 'Franco Battiato.' E quindi mi ricordo che dissi all'allora direttore artistico della Ricordi, che era Franco Crepax, 'Ma prendetelo questo ragazzo! Mica vorrete scartarlo perché ha l'erre moscia?!?'

Ahahah!
Perché bisogna contestualizzare il periodo in cui si viveva. C'era la censura. Sai, io mi ricordo che in "Per fare un Uomo" c'era una strofa che diceva "per fare un uomo ci voglion vent'anni/per fare un bimbo un'ora d'amore" …Io ho dovuto cantare e incidere "per le illusioni un'ora d'amore"…pensa te oggi come possiamo vederla… Come una cosa assurda!

Che poi anche Battiato alla fine cantava "La Torre", anche quello un pezzo abbastanza strano, polemico, a suo modo pure violento per l'epoca.
Sì certo. Ma noi avevamo coraggio eh! Il coraggio è molto importante. Oggi manca un po', se posso dire la verità.

Infatti, è questo il punto a cui volevo arrivare per chiederti: gli artisti che adesso segui hanno lo stesso coraggio di quelli che abbiamo citato? Forse no, perché io in realtà penso che il paragone sia arduo a conti fatti. È vero che sono cambiati i tempi, però ci vorrebbe qualcosa di magari più all'avanguardia? Non so come la pensi a proposito.
Allora, noi adesso stiamo riprendendo sempre ciò che è stato. Nel 1955 la Rai aveva uno studio di fonologia e c'erano Maderna e Berio, due grandi della musica contemporanea.

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Certo, il mitico Istituto di Fonologia che oggi (meglio tardi che mai) è ritornato di moda tra gli appassionati di un certo underground!
Eh, il primo editore di Berio fu mio suocero Ladislao Sugar, che per la prima volta depositò in SIAE Mutazioni del 1954 (per nastro magnetico): non solo in scala nazionale, ma proprio a livello europeo. Quindi noi abbiamo sempre mantenuto, con Suvini e Zerboni che era la società di mio suocero, questo lavoro sulla musica contemporanea. Voglio dire: intorno a Ladislao, nel dopoguerra, si era raccolta tutta la nuova generazione della Neoavanguardia, come appunto  Bruno Maderna, Luciano Berio, ma anche Franco Donatoni, Aldo Clementi, Camillo Togni. Insomma, lui era votato a sostenere la spinta all'innovazione e alla sperimentazione musicale. Adesso, venendo dal basso, abbiamo incontrato nuovi esponenti della musica elettronica, come i JoyCut, che son di Bologna e che peraltro stanno girando parecchi festival mondiali, e poi c'è questo ragazzo veneziano, Yakamoto Kotzuga, non so se l'hai sentito.

Sì, conosco vagamente.
Poi abbiamo gli M+A con il loro pop elettronico. Comunque stiamo lavorando in quel senso, è un po', se vuoi, un modo di continuare la tradizione e al contempo anche continuare col discorso della Ascolto, no? Questo è quello che stiamo facendo a livello editoriale. Invece discograficamente abbiamo questa ragazza con la quale stiamo lavorando già da due anni e mezzo, che si chiama Marianne Mirage. Nasce in Romagna, a Forlì, è brava, suona, compone, è autrice ed è un personaggio italiano ma anche del mondo… A sedici anni era già in Inghilterra, canta in diverse lingue, è stata anche a Parigi… Insomma, una ragazza molto giovane che ha già una grande esperienza ed è un'artista vera, diciamo. L'abbiamo presentata a Sanremo è entrata nei dodici finalisti, quindi vediamo che succede. Poi Raphael Gualazzi che tu conosci. Lo conosci, no? E Malika Ayane. Lei la conosci sicuramente.

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Bé, sì. A questo proposito, ora sta interpretando Evita a teatro no?
Esattamente. Ma ecco, che cosa mi piace di artisti che noi non abbiamo? Calcutta per esempio, quel mondo lì mi piace moltissimo.

Ti devo confessare che il primo disco di Calcutta, "Forse…" l'ho coprodotto io.
Ma dai! Ma pensa. Io ho finito da poco di registrare una trasmissione radiofonica in cui ho proprio parlato di Calcutta, i Cani. Ma lo stesso Motta, che è su Sugar, mi piace molto. C'è un mondo indie che, secondo me, sta per dare una svolta alla musica italiana.

Speriamo che non vengano fagocitati da…
No no, dobbiamo aiutarli e devono essere loro i protagonisti di adesso per un po', per il futuro, e insieme a loro tanti altri che non conosciamo. Ma dobbiamo stare attenti proprio alla nuova musica d'autore italiana che ha passato un momento di flessione. Cioè, si era pensato che la novità fosse il rap: e il rap in un certo senso può esserlo, ma non è e non dev'essere l'unica risposta. 

Sono d'accordissimo.
Bisogna usare un nuovo linguaggio, essere vicini a una realtà e segnare il tempo che stiamo vivendo adesso.

Un nuovo linguaggio, esatto. E tornando a L'Ascolto, hai lanciato anche personaggi che poi hanno portato il loro linguaggio nuovo anche in TV. Ad esempio Mixo. 
Certo! Ti ricordi la copertina di Mixo no? Con la nonna rock con la chitarra [Ride].

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Ho il vinile di quel disco là che ho trovato a un mercatino, è scampato all'allagamento di casa mia. Tra l'altro nel retro ha anche un'altra immagine di copertina, quella della signora che si fa le strisce di cocaina su uno specchio. Te lo ricordi?
Come no, come no! Ci siamo molto divertiti in quel periodo lì, eh. Davvero molto. Io continuo a divertirmi anche adesso, dico la verità. Naturalmente gli anni sono passati, ma la musica invece ha questo grande merito che è proprio di toglierti l'età. Puoi diventare sedicenne, ventenne sentendo una cosa che ti piace. Questo è il grande miracolo della musica.

E riallacciandomi a questo fatto dell'età che sparisce nella musica, appunto, tu sei stata un grimaldello per far passare la new wave punk italiana (citando in parte Battiato) nel mainstream, e sei stata una delle prime bassiste italiane. Per non parlare delle cose che hai fatto, tipo la cover dei Rolling Stones "Tutto Nero," che è una bomba. Insomma non male per una ragazzina, eri in fondo molto matura.
Suono io il basso in "Tutto Nero", sai!? Il mio bassista era giovanissimo e non aveva questa tecnica, mentre io avevo una tecnica oramai affinata. Adesso non lo suono più. Il mio basso è qui vicino a me tra l'altro. Lo tengo sempre sott'occhio in ufficio. Comunque al Cantagiro ho partecipato con "Baby Please Don't Go" che era un pezzo dei Them. Pensa che coraggio, in quella edizione del Cantagiro—io ero nella categoria 'giovani', quindi non ero nello scontro diretto. Tutte le sere cantavo il mio brano, "sono qui con voi alleluia ia", e lì c'era Morandi che cantava [Lo imita perfettamente, NdR"La fisarmuoooonicaaa". Proprio lontani anni luce! Infatti io tutte le sere piangevo. Sai, la gara non era facile con queste premesse. Solo una sera mi ricordo a Macerata c'era un cantante stonatissimo che cantava una roba melodica, ma era talmente stonato che lì ho vinto col minimo indispensabile proprio perché eravamo troppo avanti, giustamente.

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E ad esempio il fatto che tu usassi questo Fender VI, il primo mitico basso a sei corde, mi ha colpito non poco. Penso che in generale tu sia stata una delle prime a usarlo e non mi stupirei se oggi tu reclamassi i diritti di utilizzo, che so, ai Cure, che ci hanno fatto tutto Disintegration, ma nell'89!
Non lo sapevo, non mi occupavo molto di questo. Ma mi piaceva. Sai, io sperimentavo… Cioè, mi piaceva una cosa e la facevo. Per me era tutto molto naturale. Ripeto, ho avuto sempre intorno a me persone che mi hanno supportato con affetto, per cui non so se il merito è mio o di chi mi circondava e credeva in quello che dicevo e che volevo fare. C'è sempre un terreno fertile per cui accadono le cose, no?

Be' sì. Poi penso che all'epoca in Italia ci fosse un tale sviluppo a livello di situazioni e stimoli nuovi, visto il deserto del dopoguerra, penso irripetibile, forse neanche nei Settanta.
C'era un certo scambio, questo sì. Mi ricordo che avevo cantato anche a Parigi e lì ho conosciuto Vangelis. Un incontro meraviglioso. Degli Aphrodite's Child avevo cantato "Rain and Tears" , però non li avevo mai conosciuti, e invece molto dopo, quando più che altro facevo la produttrice, andai a trovare Vangelis ad Atene, a casa sua, con una cantante per la quale volevo che scrivesse. Siamo stati da lui tutta una sera, abbiamo fatto le tre del mattino! Siamo andati in mansarda da lui. Pensa che, insieme a questo ingegnere straordinario, ha creato una sorta di organo che lo obbliga tutti i giorni a non perdere la sensibilità, quindi con i piedi e con le mani può suonare un'orchestra di 400 elementi. Ti assicuro, una cosa… È stato un momento, quello… Perché stava componendo in diretta, per questa ragazzina, Filippa Giordano. E siamo rimaste proprio a bocca aperta. Dovevi vedere con quale agilità e leggerezza si muoveva su questo strumento.

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Ma tu non avevi conosciuto prima Demis Roussos? Non avevi cantato con i We Five, la sua prima formazione?
No no, erano i We Five californiani! 

Ah ok, pardon… Ad ogni modo, parlando di questi scambi, cambi, confronti fra musicisti, arriviamo al nocciolo della questione, quei noccioli epocali. Della serie che la gente si chiede: ma come andava veramente quando Caterina Caselli si incontrava e scontrava con gli artisti che ha prodotto, come Giuni Russo? Io a proposito ne ho sentite tantissime ma io vorrei, se ti va, "ascoltare" a questo punto la tua campana.
Guarda, Giuni Russo e Antonietta erano due persone con le quali abbiamo lavorato benissimo, devo dire. E c'era ovviamente dietro il grande compositore, la persona che ha contribuito essenzialmente e in modo assolutamente straordinario alla realizzazione di Vox, ma soprattutto di Energie. Ovvero Franco Battiato. Lui ha composto quelle canzoni ed io mi ricordo una grande gioia quando produssi quei dischi. Dopodiché mi ricordo "Un'estate al Mare," che poi è stata una hit straordinaria, e c'era anche un bellissimo video, più che altro era una ripresa televisiva ma era molto bello con questi ombrelloni, lei aveva questa camicia bianca… Stava veramente molto bene. Non so a cosa ti riferisci esattamente, ma io ho un bellissimo ricordo di Giuni.

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Mah, non so. Pare che lei l'avesse con questo personaggio femminile che in qualche modo le aveva ostacolato la carriera.
Non so, quale personaggio?

Penso si riferissero a te in quanto a un certo punto Giuni, forse perché lei voleva fare tutt'altro rispetto alle solite hit estive, l'ha presa un poco male. Diciamo che nella sua autobiografia mi sembra esplicita nell'addossare le responsabilità.
Assolutamente no, queste sono leggende metropolitane. Io ho avuto con lei e Antonietta, che era la sua compagna e musicista, sempre un ottimo rapporto.

Quindi con Antonietta ancora vi sentite?
No, con Antonietta ci siamo perse di vista. Sai, con il lavoro. Ho un ottimo rapporto con Franco, lo sento spessissimo, ma con Antonietta no. Perché sai, a un certo punto i nostri cammini si dividono. Nel senso, io lavoro tantissimo e lei… Adesso ho letto con piacere che ha lavorato a un un cofanetto di Giuni che comprerò.

Be', quindi quell'episodio in cui Giuni doveva andare a Sanremo nell'84 e invece fu preferito Ruggeri e lei ci rimase, diciamo… Di merda?
Non mi risulta affatto questa cosa qui. Assolutamente no.

Uhm… Ok. Strano, ma sai certe volte il rock è fatto anche di leggende, o di cose non dette o dette a metà. Meglio far parlare i protagonisti per farsi un'idea..
Esatto.

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E invece con Ivan Cattaneo vi sentite? Anche lui in teoria era un po' polemico. Ascoltando "Bassa Quota" sembra ad esempio che ce l'abbia con le politiche commerciali della CGD. Vi frequentate?
No no. L'ho visto però una sera, ci siamo abbracciati, ora non ricordo quando. Ah sì, per il mio ultimo compleanno! Mi ha fatto una festa mio figlio di nascosto, io sapevo ufficialmente che dovevo andare a fare un'intervista per Canale 5, invece mi ha portato al teatro Parenti dove c'erano cinquecento persone che mi aspettavano, e c'era anche Ivan Cattaneo. Bellissima festa, c'erano questi nostri artisti con cui ho fatto una cosa meravigliosa prodotta da Giuliano dei Negramaro, ha messo su una nuova versione di "Nessuno mi può giudicare" e ognuno di loro ha cantato un pezzettino, da Bocelli a Elisa a Giuliano a Malika. C'erano anche Michael Leonardi e Marianne Mirage. Una serata bellissima.

Insomma una serata ricca.
Più che ricca, c'era una testimonianza d'affetto, c'erano tutte queste persone che in qualche modo ho incontrato nella mia vita, e mi ha molto commosso, perché è stato proprio un attestato d'amore che ti commuove e non ti aspetteresti mai.

A proposito del fatto "ognuno che canta un pezzetto": io ho una fissa quasi feticista per l'album Natale con i Tuoi, che è stata la prima compilation natalizia in Italia in assoluto con interpreti del pop rock nostrani.
È stata un'idea nostra, sì mi ricordo. E tutti cantavano un brano, io ho cantato anche con la Rettore in una trasmissione televisiva con Mike Bongiorno.

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Sì, era un pezzo che anni prima aveva cantato Bowie con Bing Crosby, "Little Drummer Boy" . Citazioni colte e soprattutto volutissime!
Certo! [canticchia il pezzo] me lo ricordo benissimo! Eravamo tutte e due non so se sedute su uno sgabello. Ho talmente tante cose nella memoria che devo scavare [Ride].

C'era anche quella copertina molto strana, tutta nera con un abete verde in mezzo. Sembrava quasi la bandiera del Libano! Normalmente, se fai una copertina di Natale, la fai colorata, che ne so. Invece era interessante perché sembrava calata nel periodo storico, molto dark.
Può essere dovuto al periodo nel quale stavamo vivendo, certo. Non so, mi pare si fosse a ridosso degli anni di piombo. Diciamo che vivendo a Milano c'era un'aria molto severa, un'aria plumbea. Mentre a Roma forse si percepiva di meno. A Milano era proprio così.

Tra l'altro in quella raccolta c'è anche Pierangelo Bertoli che ti dedica praticamente la canzone dal titolo "Biglietto d'Auguri", che recita "Auguri Caterina e buone feste!"
Pierangelo Bertoli è stato per L'Ascolto—perché lui ha avuto un vero e proprio successo commerciale—uno che ci ha aiutato come break even: grazie a lui L'Ascolto, anche se era un'etichetta di ricerca, non aveva recato danno in termini economici alla Cgd. La verità è che con "Eppure Soffia" andò benissimo. Ricordo che era partito per un tour italiano con tutte le radio commerciali, piccole radio, alle quali lasciavamo il suo disco e devo dire che tutti hanno contribuito a fare un grande lavoro di divulgazione di Pierangelo, con risultati davvero interessanti.

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Anche là risultato molto strano, perché Pierangelo era uno molto schierato, politicamente impegnato.
Certo, lui era un comunista molto fervente. Però noi non abbiamo mai posto censure di alcun genere, ho sempre pensato che la musica debba essere libera in tutte le sue sfaccettature. Gli stessi Area, ad esempio, erano molto schierati, ma non era quello che m'interessava. Mi interessava il discorso artistico.

Ma a livello di messaggio politico-sociale non mi pare che tu sia mai stata leggera. Visto che poi hai cantato canzoni come "Biciclette Bianche" sui Provos, "Incubo n°4", la stessa "La Calzetta" e "Nessuno mi Può Giudicare" mi sembrano brani esplicitamente femministi.
Io sono stata molto attenta a tutto quello che succedeva, mi piaceva che la musica, così come la pittura e le altre arti, avesse il segno della contemporaneità. Questo significa che in alcuni casi—come per Bertoli e compagnia—c'erano artisti molto vicini al sociale, quindi a un discorso legato anche ai movimenti operai di allora, alle fabbriche. Poi c'erano i movimenti di protesta come potevano essere i Provos in Olanda. Cioè, non ho mai avuto restrizioni mentali da questo punto di vista. Sono sempre stata molto aperta, per me bisogna esserlo.

Tu hai avuto anche una storia personale abbastanza tosta. Quindi penso che anche quello contribuisca ad aprire la mente. Mi riferisco al fatto che da piccola, prima di diventare cantante affermata, hai fatto un bel po' di sacrifici.
Sì. Sono nata in una famiglia molto povera, poi come sai ho avuto in casa un grosso dolore quando ero solo adolescente. Però non sono l'unica cui è successo. Perciò poi, nella vita, questo dolore mi ha forse aiutato a tirare fuori il mio carattere, mi ha spronato sicuramente anche nella mia carriera, nella mia attività, nella mia vita, in modo positivo. Stranamente.

Positivo, ma poi l'Ascolto ha chiuso. Come mai?
Diciamo che poi io sono stata chiamata all'interno della Cgd. Quindi abbiamo immesso lì questo know how che avevamo acquisito e sperimentato con L'Ascolto. Dopodiché nell'89 abbiamo venduto la Cgd alla Warner e quindi poi io da lì ho ricreato l'anello mancante fondando Insieme, e con Insieme abbiamo fatto la storica sigla dei mondiali di calcio '90 con Bennato Nannini e Moroder, e da lì ho ricominciato l'attività discografica che si è appunto ricongiunta a tutto il discorso editoriale, che invece è stato sempre vicino a noi e tutt'ora è una parte importante della nostra casa discografica.

Quindi in qualche modo tu ti senti di dire che l'Ascolto, in questi tempi in cui si guarda indietro con occhio forse più oggettivo, è stata innovativa o no? Visto che ora va di moda quello che una volta nessuno si filava possiamo anche dire che a tutt'oggi sia "contemporanea"?
Credo che non ci sia innovazione senza tradizione, le due cose vanno sempre di pari passo. Cioè per essere considerata un'innovazione bisogna sempre lavorare con la tradizione. E solo così riesci a fare.

È importante anche contaminarla, questa tradizione.
Sì certo, assolutamente. Come ho già detto è importante rivolgersi alla contemporaneità. Però questo non ti toglie il piacere o la curiosità di andare a rovistare nel passato, perché a volte ci sono perle rare che non hanno avuto fortuna oppure successo semplicemente perché magari sono uscite in un momento sbagliato. Per esempio c'è una gemma che abbiamo scoperto, un brano inedito di Endrigo.

Veramente?
Sì. È di una forza! Col testo di Riccardo Sinigallia ha una potenza incredibile. 

Come si chiama il brano?
Non te lo posso dire ancora! Forse ne sentirai parlare da sé. Teniamoci un po' nel mistero, poi magari al momento opportuno ti dico tutto.

Sarebbe bello, grazie. Quindi fra voi e la Cramps chi vince col senno di poi?
La Cramps nasce prima, diciamo che L'Ascolto è una conseguenza, sì. Perché io tra l'altro avevo un ottimo rapporto con Gianni Sassi. Per questo se vuoi L'Ascolto è una conseguenza. Perché lui non proseguì poi la sua meravigliosa intuizione che poi è diventata una cosa veramente importante. È stata un'etichetta fondamentale. Io ho proseguito in maniera diversa sì, ma comunque da quel filone.

L'ultima domanda… Ma non sarebbe il caso, con tutti questi ritorni di fiamma, recuperi, rivalutazioni e via dicendo, che anche tu ritornassi a cantare?
No, ma scusa, vuoi che diventi come la donna rock che c'è in quella copertina di Mixo? [Ride]

Sì, ma quella del retro con la signora che acchitta però!
No, io a dire la verità non sono più allenata. Da tanti anni oramai quando sento una canzone bella dico "ah sarebbe perfetta per…" Invece una volta quando sentivo una canzone dicevo "Ah, questa la voglio fare io, la voglio fare io!" Ho proprio cambiato ottica, capisci? Quindi direi di no. Però può darsi che capiti una cosa speciale, un momento speciale. Può darsi che possa capitare che ne so un incontro con un artista cui voglio bene che in una serata speciale magari mi metta lì e faccia una cosa insieme a qualcun altro, ma sarebbe proprio un'eccezione.

Quindi la Caselli è come Paganini: non ripete. Noi ad ogni modo speriamo sempre in una conversione alla Vivaldi: un nuovo album, magari il sequel di Primavera!

Caterina mi saluta in maniera gentile, ma anche professionalissima, come al solito indaffarata fra appuntamenti, schedule e telefonate. Ci riproponiamo di risentirci in futuro. L'impressione  rispetto alla figura della Caselli è stata un po' quella che ho avuto su KK Null l'ultima volta che ci ho suonato insieme. Il maestro del noise giapponese era lì che veniva ricoperto di attenzioni da un suo fan, il quale gli mostrava su YouTube vecchi video degli Zeni Geva con i suoi pezzi preferiti. Alla visione del video il Maestro esclama "cos'è?" e io: ma maestro, è lei! E lui risponde disarmante "no, non sono io". Ecco, questo resettaggio di intenzioni può essere applicato alla Caselli: la realtà è il suo mondo, la Caselli "schiacciasassi" c'è e nello stesso tempo non c'è, è coerente nella contraddizione, nega l'evidenza ma l'evidenza a suo modo è falsata da un "amore-odio" nei suoi confronti che fa saltare l'ago della bilancia. E allora? Allora scatta l'arma a doppio taglio del "Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu", motivo per cui la nostra Caterina ancora resta in piedi. Il mistero, ahinoi, rimane.

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