La nuova Creatura degli OvO

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Musica

La nuova Creatura degli OvO

Ascolta in streaming il nuovo album del duo freak noise metal italiano e leggi la nostra intervista con il suo batterista e fondatore Bruno Dorella.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

Gli OvO sono sempre stati un gruppo mostruoso. Fin dalla prima volta che li ho visti dal vivo, saranno passati dieci anni, era facile vedere quanto questa band fosse fuori dal comune. Bruno Dorella, un orco in tunica da eremita, percuoteva i suoi tamburi come se stesse dando la carica a un esercito di guerrieri dell'oltretomba, mentre la minuta Stefania Pedretti usava una chitarra elettrica come uno scettro di Zeus, scatenando una tempesta di tuoni e ringhiando nonsense nel microfono, con abiti e maschera da sacerdotessa immaginaria.  Nel corso di diciotto anni di carriera, la band si è evoluta ed è cambiata mantenendosi sempre fedele alla propria missione ritualistica, rumorosa e orgogliosamente freak. Venerdì prossimo, 9 dicembre, uscirà il loro nuovo album Creatura per l'etichetta toscana Dio Drone. Gli OvO stanno attraversando una fase nuova, iniziata con Abisso nel 2013, in cui nel loro assalto sonoro a base di drone ultradistorto, suggestioni black metal e ritmi tribali hanno inserito una massiccia dose di sonorità elettroniche che mai come in questo album arricchiscono il paesaggio di picchi glaciali ed echi cybermostruosi. Ma, sia chiaro, non si tratta di un disco "dell'orrore".  Perché la caratteristica fondamentale degli OvO è di non fare musica da maschi. L'ostacolo fondamentale in cui inciampa molta musica metal e, più in generale, rock, da sempre, è quello del machismo. Quando va bene è buffo e inoffensivo, quando va male è una forza votata all'esclusione di una parte di pubblico. Quella degli OvO è una musica inclusiva, che usa il lessico del noise e del metal in modo obliquo, e nel growl di Stefania si manifesta una femminilità ancestrale che parla di mostri e di fantasmi, non come spauracchio da fiaba, ma come manifestazione delle possibilità dell'esistente. Sei strana? Sei queer? I tuoi colori, i tuoi vestiti, i tuoi capelli e il tuo stile di vita non hanno il timbro di approvazione della società? Questa è la musica per te, anzi, è la tua musica, quella che suona il tuo spirito. Potete leggere il punto di vista di Bruno Dorella su questa Creatura (e su antagonismo, indipendenza e tante altre cose) nell'intervista che segue, ma prima cliccate fortissimo play sullo streaming esclusivo qui sotto, e pre-ordinate il disco dal sito di Dio Drone.

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Noisey: Ciao Bruno, che cos'è questa Creatura?
Bruno Dorella: Come spesso capita, il titolo ha varie chiavi di lettura. La prima riguarda il risultato di questo disco che, come il precedente Abisso, è stato un parto abbastanza lungo e travagliato, con anche momenti difficili. Quindi una creatura è proprio quello che alla fine ci siamo trovati in mano. In realtà c'è anche un immaginario di continuità con Abisso, nel senso che se con Abisso ci eravamo inoltrati in territori a noi ignoti, abbiamo proseguito lo stesso discorso in maniera forse più compiuta e consapevole con questo disco, una creatura nata dall'abisso. Per come lo percepiamo noi è un disco mostruoso, in tanti sensi diversi. Lunghissimo nel suo concepimento, difficile, una cosa che è sfuggita anche al nostro stesso controllo in un certo senso. Ha vita propria, te lo dico perché proprio adesso che stiamo preparando i concerti di presentazione, il procedimento è tutt'altro che immediato. Rispetto a tanti dei nostri dischi precedenti, in cui puntavamo a catturare la nostra essenza live, questo disco, come Abisso, è molto più mostruoso: è una nostra creatura, ma gode di vita propria.

Infatti è un disco in cui niente è ciò che sembra. La presenza dell'elettronica, seppur in modo tutt'altro che ovvio, è massiccia.
Sì, è un disco in cui i confini tra quello che è suonato e quello che è elettronico sono molto labili. Per quanto riguarda le batterie, per esempio, ho suonato ogni pezzo dall'inizio alla fine, selezionando poi un esempio per ogni pattern ritmico e mandandolo in loop per creare quella sensazione glaciale della musica elettronica. Allo stesso tempo anche alcune chitarre sono campionate, suonate quindi da me come parte della sezione ritmica, mentre alcuni suoni che sembrano synth sono suonati invece da Stefania con una chitarra pesantemente effettata. Non solo c'è stato un maggiore utilizzo di suoni elettronici, ma l'intero approccio è stato vicino a quel tipo di modo di lavorare. L'idea è di spingere in direzione dello spaesamento per chi ci conosce già. Ultimamente abbiamo suonato dal vivo una canzone in cui Stefania non suona la chitarra, ma canta e basta, mentre i suoni di chitarra sono gestiti da me tramite il mio pad, e la risposta del pubblico è stata molto particolare, grande stupore ma anche un'accoglienza molto calorosa.

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Eccome! Me lo ricordo bene, quando vi ho visti all'ultimo Krakatoa Fest è stato uno dei punti più stupefacenti del concerto. 
Esatto, è stato proprio lì che lo abbiamo suonato per la prima volta. È molto interessante vedere come questo cambio stilistico viene percepito dal nostro pubblico, e ci sembra che le frange più mentalmente aperte lo abbiano apprezzato. In quel pezzo in particolare emerge anche la bravura di Stefania come performer, perché non dovendo rimanere ferma con la chitarra può lasciarsi andare di più.

Parliamo della scelta di uscire per Dio Drone, un'etichetta molto giovane e di nicchia. Nel corso di diciotto anni di carriera voi avete avuto modo di collaborare con label di ben altra portata come Load e Supernaturalcat: da dove viene questa scelta?
Questa scelta per noi è molto coerente. Abbiamo iniziato autoproducendoci tramite la mia etichetta Bar La Muerte, poi siamo passati a Load, un'etichetta simbolo del noise rock nel suo periodo d'oro, poi c'è stata Supernaturalcat, forse l'etichetta italiana più in vista nel nostro genere. Poi sono successe due cose contemporaneamente: per questioni di organizzazione dell'etichetta, Supernaturalcat avrebbe potuto far uscire Creatura soltanto la prossima primavera, cosa che sarebbe stata negativa per noi perché avrebbe voluto dire uscire un anno e mezzo dopo averlo registrato, e inoltre noi suoniamo pochissimo d'estate, non per volontà nostra, ma perché non siamo molto richiesti in quel periodo [ride]. A quel punto la nostra reazione è stata di cercare un'etichetta che fosse vicina a un ambito che tanto io quanto Stefania consideriamo molto importante, quello del Do It Yourself. Parlo di DIY fatto in un certo modo, perché è un concetto che Internet ha in un certo senso distrutto, per come lo conoscevo io—parlo di autoproduzione, dei banchetti con le cassette della frutta ai concerti punk e dintorni. C'è un'altra via al DIY che soltanto un'etichetta nuova e gestita da persone veramente appassionate può pensare di portare avanti. Dio Drone secondo me rappresenta in questo momento la sintesi perfetta tra attitudine e un utilizzo contemporaneo dei media, social media in particolare. Un approccio realistico al DIY: non rifiutando l'utilizzo di Internet (cosa che si può fare, per mille motivi, ma comporta costi enormi a livello di risultati) però schierandosi chiaramente ed esplicitamente per la purezza d'intenti del punk DIY vecchio stile. Mi sono trovato immediatamente in sintonia con Naresh [il gestore di Dio Drone] e lo percepisco anche quando suoniamo insieme al suo gruppo, gli Hate & Merda: il suo banchetto è sempre quello in cui vanno i più giovani. Quindi ho sentito subito una certa empatia. Lui un giorno ci aveva detto avventatamente che sarebbe stato disposto a grandi sacrifici per far uscire gli OvO, noi l'abbiamo preso in parola e ora si ritrova questo fardello, questa creatura in mano. Be', in realtà credo che far uscire un disco come questo, di una band come la vostra, per un'etichetta giovane significhi principalmente raggiungere un pubblico più ampio e farsi notare.
Speriamo. È un grande impegno economico e un grande sforzo per tutti, quindi spero vivamente che faccia bene a tutti.

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In questo disco compaiono i nomi di Rico dei Uochi Toki, dei Morkobot e di altri… in che cosa consistono queste collaborazioni e come nascono?
Innanzitutto non si tratta di vere e proprie collaborazioni com'era stato per Alan Dubin o Carla Bozulich sul disco precedente, non abbiamo suonato niente insieme. Si tratta semplicemente di campioni che io ho usato per la batteria. Ho chiesto a queste persone di mandarmi dei suoni singoli, circa una ventina a testa, e poi io li ho selezionati per usarli all'interno dei pattern. Il loro contributo quindi è veramente molto astratto, seppur molto utile, perché sono teste che ragionano in modo molto diverso da me e mi hanno dato dei suoni a cui io non avrei mai pensato. E poi c'è una competenza veramente altissima sviluppata negli anni, si parla di persone che sotto l'aspetto del taglia-e-cuci elettronico ne sanno molto, molto, molto più di me. Quindi, anche grazie all'amicizia che ci lega dopo tanto tempo a suonare sugli stessi palchi, mi hanno fornito una libreria di suoni a cui attingere che è stata molto preziosa. Sulle canzoni questa volta non ci sono collaborazioni, abbiamo suonato tutto noi due.

Gli OvO sono sempre stati un gruppo queer, inteso non soltanto nella sua originaria interpretazione di "strano", esteticamente e concettualmente fuori dalle righe, come si può vedere anche nel vostro ultimo video "Satanam", ma per l'impegno nelle tematiche LGBTQ portato avanti da Stefania in tutti i suoi vari progetti. Come credi si sia evoluto attorno a voi il contesto della scena underground in questo senso?
Sicuramente Stefania saprebbe rispondere meglio di me a questa domanda, ma ci provo. Per quello che vedo, mi sembra che in tutti gli aspetti della società ci sia una forte spinta alla liberazione, magari che viene dal basso e ancora underground, ma percepibile senza dubbio. Nel pubblico dei nostri concerti e dei concerti a cui vado questa cosa si sente molto fortemente, sia a livello estetico che a livello attitudinale. Ovviamente ciò non può che fare piacere. Il fatto che le persone vivano più liberamente ogni aspetto della loro vita, non solo della sessualità, è una cosa molto positiva. Nel nostro pubblico abbiamo visto un aumento di persone vicine alla cultura queer, forse anche perché Stefania è coinvolta in quella scena. Sempre parlando di cultura underground, gli ultimi anni sono stati molto duri per molti luoghi su si è sempre poggiata cui la rete di supporto a cui fate riferimento: storici centri sociali sgomberati, disavventure burocratiche, un generale clima repressivo che sta soffocando, ad esempio, un baluardo come Bologna. Dall'alto della tua esperienza, come la vedi per il futuro?
Purtroppo le energie in quel campo sono ridotte veramente al lumicino. Moltissime realtà non esistono più, molte sono state fortemente indebolite. Le cause sono, certo, il clima ostile a cui fai riferimento, ma penso che quello in realtà ci sia sempre stato. Penso che il vero problema sia il ricambio generazionale che non c'è stato. Diciamo che i vecchi occupanti delle varie situazioni antagoniste non sono riusciti a passare il testimone in tempo utile creando un vuoto generazionale, che è andato a ispessire le fila della "generazione orizzontale", una generazione poco interessata a certe tematiche, molto legata a Internet e ai social network che, per definizione, di antagonista hanno ben poco (per quanto si possa vivere un antagonismo anche lì). È innegabile che l'utilizzo massiccio di Internet nella nostra vita quotidiana sia già un piegarsi al capitale. Un po' quindi è stata l'incapacità dei "vecchi" di comunicare, un po', come per tutte le cose che ci si ritrova bell'e pronte, non si è dato il valore che meritavano a queste situazioni. È successo per molti diritti conquistati con le lotte delle generazioni precedenti, persi di nuovo da quelle successive perché dati per scontati—parlo anche della mia generazione, che non ha capito quanto fosse importante lottare per mantenerli. Questa cosa è successa anche con i centri sociali. Non voglio fare un discorso antagonistico, parlo di quello che ho vissuto: è stato sorprendente vedere come in modo quasi immediato, appena Internet e i social network sono comparsi sulla scena, abbiano affondato con una velocità incredibile la spinta antagonista che aveva portato alle occupazioni, al DIY, ecc. Hanno omologato il punk, non solo come musica, ma anche come attitudine, in un batter d'occhio. Quindi, per quanto riguarda l'antagonismo vecchio stile, è stato un colpo mortale. Ora mi sembra di vedere che si stia creando un antagonismo all'interno anche di questo contesto, che si avvale delle nuove tecnologie di comunicazione, e del resto non c'è altro modo. Non vedo, purtroppo, molti spiragli per proseguire un discorso ampio di occupazioni; mi limito a sperare che non muoiano quelle esistenti. Sarei molto felice di essere contraddetto su questo punto, ovviamente.

Grazie per questa iniezione di speranza!
[Ride] Sono stato spesso criticato per queste mie esternazioni, vorrei che fosse chiaro che queste cose le dico da complice, e spero che si trovino delle soluzioni a questo problema. Da quarantenne che ha vissuto le occupazioni sin da fine anni Ottanta posso dire che, anche solo a livello numerico, di persone coinvolte, il clima è cambiato radicalmente.

Tutte le foto per gentile concessione di Dischi Bervisti.

Qual è la portata simbolica ed esoterica di dischi come Abisso e Creatura? Pur non avendo veri e propri testi nelle vostre canzoni, a partire dalla copertina, passando per video e foto e arrivando ai titoli delle canzoni, giocate spesso con un immaginario magico ed esoterico.
Come hai giustamente fatto notare, non avendo testi, il nostro messaggio si limita a degli indizi estetico/filosofici. I quali, essendo indizi, è inutile cercare di spiegare più di tanto. Se volessimo approfondire, scriveremmo dei testi. Quello che posso dire è che ci piace molto giocare, anche in modo ironico, con temi esoterici e satanici. Molti gruppi che si lanciano in esternazioni di quel tipo ci fanno, anzi, molto ridere; spesso si tratta di una semplice fascinazione estetica, a volte di moda—che è una cosa che mi ha sempre dato fastidio. Succede anche nel punk: quando io e Stefania gestivamo un centro sociale a fine anni Novanta, ci facevamo un sacco di risate quando arrivava un gruppo americano ricoperto di slogan animalisti, boicotta questo e boicotta quello, e poi, visto che casualmente c'era un McDonald's vicino al centro sociale, si fermavano regolarmente là a mangiare. Puoi mettere tutti i proclami che vuoi sulle copertine dei dischi, ma la verità è che la maggior parte dei gruppi seguono semplicemente una moda, non tanto una reale filosofia. Per questo, appunto, noi lasciamo soltanto delle tracce; sono argomenti che ci interessano, che prendiamo con le pinze e che viviamo in modo molto ironico. In un'intervista a Stefania proprio qui su Noisey, in cui si parlava del suo progetto Azdora, lei faceva riferimento al growl come a un canto liberatorio, un rituale, che in quel caso permetteva alle azdore romagnole di ribellarsi alle norme sociali patriarcali. Il valore rituale e, direi, primitivo della vostra musica è molto importante, sbaglio?
Be', parlando di Stefania, parliamo di una persona che ha un approccio ancestrale alla musica. L'ho sempre detto e lo ribadisco. Il suo modo di cantare e di suonare è molto più che istintivo, è proprio arcaico, nel senso che, inconsapevolmente (ed è questa la cosa straordinaria), sia nel suonare la chitarra che nel canto, riproduce le modalità originarie della musicalità femminile nella storia. Abbiamo trovato incisioni in cui le donne vengono rappresentate mentre suonano strumenti a corda con plettri giganteschi come quelli che usa lei; il suo modo di cantare è totalmente suo, ma mentre per molti cantanti l'utilizzo del diaframma è una pratica da imparare e da studiare, per lei è sempre stato un metodo naturale. Questa e tante altre cose danno l'idea del suo approccio, un approccio terrigno, femminile, matriarcale, arcaico… trova tu le parole. Per quanto riguarda Azdora è un progetto collaborativo con un regista teatrale svedese di nome Markus Öhrn, che ha avuto l'idea di prendere queste culture pseudo-matriarcali, come quella delle azdore, e metterle in contatto con il black metal, e la parte musicale è stata curata da Stefania. Il risultato è straordinario: una stanza piena di Signore ?Alos! [ride] La cosa che stupisce è quanto le signore si siano trovate a loro agio nell'esprimersi in questo modo, che sembra così selvaggio e così lontano dal modo, diciamo, maschile di intendere la musica. C'è da dire che il mondo della musica, soprattutto quella hard rock e metal, è composto in gran parte da maschi, quindi leggere ancora oggi, dopo diciotto anni che suona, delle recensioni in cui si dice che fa le cose a caso, che sia musica senza capo né coda, ecc. fa pensare che lei sia in tutto e per tutto lontana dall'approccio maschile, scolastico e tecnico alla musica. Mentre invece queste signore si sono adattate subito a questa modalità così primigenia di suonare. Il progetto Azdora è un progetto teatrale, che ha visto entrare in contesti del tutto nuovi come teatri, festival d'arte, ecc. cose come il growl, il corpse paint, il black metal e le chitarre distorte della morte. A tua volta, tra sonorizzazioni e altri progetti musicali più "istituzionali", anche tu ti sei trovato ad avere a che fare con contesti che esulano dalla scena underground che è la casa degli OvO. Come vi trovate? Come dei pesci fuor d'acqua o a vostro agio?
Come ben sai, noi siamo cresciuti negli squat, nell'underground, e credo anche che lì rimarremo. Nonostante questo, noi amiamo principalmente la musica. Per me ascoltare e suonare musica è una pratica quotidiana sin da quando ero piccolissimo e che non ho mai abbandonato. Dove ci sono percorsi stimolanti sono ben contento di essere coinvolto, non li rifiuto solo perché si tratta di progetti più istituzionali. Ho fatto delle cose bellissime con la città di Ravenna in questi anni, compresa un'orchestra di cui sono direttore; io e Stefania abbiamo fatto cose meravigliose al Festival dei Teatri di Sant'Arcangelo, abbiamo fatto Hai Paura Del Buio? con gli Afterhours, cosa che a livello musicale è stata molto interessante. Il nostro modo di fare le cose, certo, è più vicino a quello del sopracitato Krakatoa, ma questo non significa che io mi neghi possibilità interessanti dal punto di vista artistico in nome di un'ideologia. Allo stesso modo, non mi interesserebbe fare cose impeccabili dal punto di vista etico, ma poco interessanti dal punto di vista musicale. Siamo trasversali in tutto, non soltanto nel lato musicale. Gli OvO saranno in tour a partire dalla settimana prossima, seguili su Facebook per sapere dove. Giacomo è su Twitter: @generic_giacomo.

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