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Musica

Flying Lotus, Kamasi Washington e Thundercat hanno riportato il jazz al popolo

Una label elettronica, Brainfeeder, riporta in auge la musica jazz, cosa impossibile per le etichette jazz canoniche. Come è successo?

Thundercat, Kamasi Washington e Flying Lotus, illustrazione di Lia Kantrowitz

Stai ascoltando un disco jazz. La batteria è schizofrenica, irregolare, il contrabbasso lotta contro il ritmo in una lotta intensa e frenetica, intanto da lontano uno Steinway così leggero da sembrare metafisico scocca dei virtuosismi, punteggiati dalla certezza di un sax tenore. La melodia, consapevolmente distante dagli standard del genere, potrebbe essere una nuova composizione. Ma non lo è: è una resa in acustico di "Never Catch Me," il featuring di Kendrick Lamar dell'album di Flying Lotus You’re Dead! uscito lo scorso anno. Il batterista Kendrick Scott ha scelto di rifare questo pezzo, sarà l'unica cover presente nel suo album We Are The Drum, che uscirà a settembre sulla leggendaria label jazz Blue Note. "È una trascrizione del rap di Kendrick, ne segue il flow e il ritmo," dice la press release dell'album. "Il rap è un'estensione del lavoro di un batterista… Una nuova forma ritmica."

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“Da quand'è che Flying Lotus è considerato un musicista jazz?” chiese un utente Reddit poco dopo l'uscita di You’re Dead!, che, nonostante gli evidenti debiti artistici alle radici jazz fusion (e l'ottima accoglienza della critica), fu quasi automaticamente escluso dal campo visivo dei critici di genere, per i quali Flying Lotus è, inequivocabilmente, un musicista elettronico. Il dibattito su Reddit, invece, seguì una linea molto meno netta, e proseguì fino al punto di discutere se sia possibile fare jazz senza suonare strumenti reali. "Flying Lotus improvvisa?" Si chiedevano gli utenti. Per ogni illuminato che ne elogiava la spontaneità, c'erano altri che elencavano liste di compositori jazz canonici (Charlie Mingus, Duke Ellington); per ogni linea di demarcazione, c'era una risposta che la metteva in dubbio. Tra i reazionari, c'era l'utente billymcgee, che concluse che "ogni volta che ascolti ‘Never Catch Me,’ suona esattamente identica.”

“È una questione interessante," dice il sassofonista Kamasi Washington, il cui album The Epic è uscito da poco per Brainfeeder, label di Steven Ellison AKA Flying Lotus. L'album l'ha appena catapultato oltre la scena losangelina, e l'ha incoronato come il musicista più fresco del jazz attuale. "Jazz è solo una parola. E secondo me anche una parola mal utilizzata, perché o sta troppo stretta o troppo larga. Cos'è il jazz? Se Jelly Roll Morton è jazz e John Coltrane è jazz, allora come fai a dire che Flying Lotus non è jazz?”

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I cultori del genere (come quelli del thread di Reddit) allontanano la possibilità di accogliere o escludere membri del genere così come i musicisti rifiutano di etichettarsi come jazz, ora che questo termine porta con sé un intero secolo di bagaglio culturale, ed è diventato pesante confrontarcisi. "Black American Music", questo è il termine con cui alcuni preferiscono definirsi, altri, nelle avanguardie, adottano “contemporary art music.” Tuttavia il jazz è lì, resiste come genere musicale e come nome, probabilmente perché, come dice Washington, “Come lo chiami, se non lo chiami jazz? Non esistono sinonimi che rendano l'idea.”

A far riaffiorare la questione è proprio l'album di Washington, che ha avuto il merito di scalfire l'impenetrabile muraglia tra ciò che è jazz e, be', ciò che non lo è, guadagnandosi recensioni entusiaste dagli stessi siti e dalle stesse riviste che elogiano i brani di Future. I debut di musicisti jazz, tradizionalmente, non arrivano su Rolling Stone o Pitchfork. Il radicamento di Brainfeeder nella scena beats underground di Los Angeles fa sì che l'etichetta abbia dalla sua un'audience giovane e aperta, oltre che l'attenzione da parte dei media. E quell'influenza guadagnata con gli anni è servita, in maniera più naturale di quanto la label stessa si aspettasse, a rendere la musica jazz appetibile per quell'audience. Kamasi Washington, foto di Mike Park per concessione di Kamasi Washington

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"Sinceramente, non eravamo preparati" dice il direttore di Brainfeeder Adam Stover. "Avevamo tutto pronto, ma il numero di copie stampate non è stato sufficiente a soddisfare la domanda che abbiamo ricevuto. Abbiamo dovuto ristamparne migliaia e migliaia di copie." Oltre all'alleanza con Brainfeeder (e, ovviamente, alla sua musica) Washington si è distinto dai suoi soldali jazzisti per essere apparso su To Pimp A Butterfly di Kendrick Lamar, giusto un paio di mesi prima dell'uscita di The Epic. "Quel feat l'ha lanciato nella stratosfer" dice Stover a proposito di quel fortunatissimo tempismo, che secondo lui fu completamente casuale. Diventare il musicista jazz più chiacchierato del 2015 comparendo sull'album hip-hop dell'anno, comunque, è ancora una cosa davvero fortuita.

"Ha dato un segnale all'industria, secondo me" dice il trombettista vincitore di un Grammy Terence Blanchard (anche lui su Blue note) a proposito del successo di The Epic. "La gente ne parla, ed è uscito su Brainfeeder, non su una major. Sta avvenendo un certo cambiamento di prospettiva in questo paese, e nel mondo. Credo che questo disco ne sia parte." Ma, anche se l'album sembra caduto dal cielo (e Washington non ha ancora fatto quasi nessun concerto fuori da Los Angeles), è in realtà il frutto più maturo di una scena musicale molto particolare, nata ai confini tra hip-hop, elettronica e jazz, e ci voleva una label altrettanto unica per portarla a galla.

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"La prossima uscita Brainfeeder potrà, a prima vista, sembrarvi un cambio di rotta per la label" diceva la cartella stampa dell'abum di Austin peralta Endless Planets, uscito nel 2011, "ma questo non potrebbe essere più lontano dalla realtà." Peralta, un bimbo prodigio di ventun anni che aveva già fatto uscire un disco di standard per Sony Music Japan, fu secondo Ellison il responsabile dell' "ingresso in Brainfeeder di un modello molto classico di jazz band." In realtà Brainfeeder si stava già avvicinando al mondo jazz fin dai suoi primissimi passi, nel 2008, e questo mutamento era già nell'aria per chi conosceva bene il background di FlyLo.

Pronipote di primo grado di Alice Coltrane (sì, la seconda moglie di John nonché a sua volta grandissima musicista e radicale innovatrice del genere), Ellison sostiene di essere stato "a contatto con questa roba fin da piccolissimo. Ho sempre avuto un rispetto enorme per questi suoni." La sua famiglia finanziava il John Coltrane Jazz Festival di LA, dove Steven ricorda di avere "visto suonare Thundercat [vero nome Stephen Bruner] Ronald Bruner [il fratello di Stephen] e Kamasi, quando erano ancora dei ragazzini. Ai tempi nemmeno ci conoscevamo." Era il 1999, e quella band, nota ai tempi come Kamasi Washington and the Young Jazz Giants, sbaragliò la concorrenza.

Il terzo album di Ellison, Cosmogramma, arrivò nel 2010, e nel frattempo lui e Bruner si erano finalmente conosciuti "quello fu un po' il primo punto di connetatto tra FlyLo come progetto, e le influenze jazz" ricorda Stover di quell'album, che contiene le collaborazioni di Thundercat, Thom Yorke, e del cugino di Steven, Ravi Coltrane. "Quando ho inziato a bazzicare gente come Thundercat e Kamasi mi sono sentito più motivato a includere elementi jazz nella mia musica" dice Ellison, per il quale, nonostante i suoi legami familiari con la scena di LA, toccare con mano la comunità dei jazzisti lo sorprese. "Mi chiedevo come fosse possibile che questi ragazzi così giovani fossero spaccassero tanto", dice, "nessuno ne parla, dicono tutti che il jazz di oggi fa cacare, ma poi becchi questi qua che suonano tutti i mercoldì in un baretto nel bel mezzo di Los Angeles chiamato Piano Bar e che spaccano veramente tutto. A quel punto ti chiedi come diavolo è che non ne sapevi nulla."

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Non era l'unico ad avere trascurato quel piccolo ma affiatato gruppo di musicisti: "In realtà il mio rapporto con la scena jazz ufficiale è stato piuttosto anonimo, quasi come se nessuno fosse al corrente di quello che stavamo facendo per conto nostro" ricorda Washington.

Thundercat

"A Los Angeles non c'è molta attenzione per quel suono, anche se negli anni è stata popolata da gente incredibilmente dotata", aggiunge Stover, alludendo a icone come Dexter Gordon, Charlie Mingus, Roy Ayers, e Billy Higgins, "gente che si è per lo più sentita completamente libera di fare quello che gli pareva, il che è lo stesso spirito con cui noi gestiamo la label. C'è libertà e nessuno si aspetta di dovere essere davvero all'altezza dei giganti del passato. Puoi mettere dieci amici che sanno suonare bene dentro una stanza, e metteranno su una jam con uno stile nuovo e originale."

I West Coast Get Down, nome con cui sono chiamati i vecchi resident del Piano Bar, si conoscono e suonano insieme dai tempi del liceo, anche se ai tempi usavano un nome molto diverso, Reggie Andrews’ Multi-School Jazz Band. In quella band (un programma scolastico extra-curriculare), Washington e i fratelli Bruners suonavano a fianco del bassista Miles Mosley, il batterista Tony Auston, il tastierista Brandon Coleman, il pianista Cameron Graves e il trombonista Ryan Porter, e molti di loro erano addirittura cresciuti insieme nei quartieri di South Central LA.

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"Sono cresciuto in mezzo a un sacco di jazz" dice Stephen "Non in maniera pallosa, tipo con lo zio che ti dice 'Voi giovani non capite niente, quresto Roy Ayers!' No, ci capitava di imparare quattro o cinque nuovi pezzi di Gerald Wilson all'anno, al Playboy Jazz Festival, dove andavamo insieme a Reggie Andrews. Era un mondo genuino, e noi ne facevamo parte. Mi sento quasi un privilegiato viziato a potere affermare che vengo da lì."

I West Coast Get Down, foto di Mike Park per concessione di of Kamasi Washington

Molti dei West Coast Get Down si guadagnavano da vivere facendo da session men negli innumerevoli studi di Los Angeles, ma sono sempre rimasti fedeli al Piano Bar, dando vita a una vera e propria istituzione musicale losangelina. "Suonavamo per un pubblico che non si considerava affatto appassionato di jazz," dice Washington, "certe volte neanche si rendevano conto che suonavamo jazz. Gli piaceva e basta. La gente veniva e ci chiedeva 'Che musica è questa? C'è un contrabbasso, per caso è jazz?'."

Poco dopo averlo conosciuto, Ellison è andato da Kamasi a chiedergli se voleva fare un disco su Brainfeeder. "Nessuno mi aveva ancora mai chiesto di fare un album fino ad allora" dice "Quando me lo ha chiesto, gli ho risposto 'Che genere di album?' ma lui non mise nessun paletto: 'Quello che vuoi', disse." Ellison aggiunge: "Gli ho solo detto di fare il suo meglio, di dire la sua, fare un disco che solo lui sarebbe stato in grado di fare." Kamasi allora disse a Stover che probabilmente gli ci sarebbe voluto un po' per completare il disco. Era il 2010.

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Sempre nello stesso periodo Ellison conobbe Peralta tramite l'artista audio-visuale Strangeloop (che produce l'ipnotico lato visuale del live di LyLo). "Mi portavo dietro Peralta, e lui era già amico di Thundercat." dice Ellison "Mi dissi che aveva perfettamente senso, eravamogià tutti entrati in contatto in qualche modo." Austin mi propose questo disco che era un classico album di piano jazz solo, e mi dissi che volevo farlo uscire" dice Stover. "Steve era gasatissimo, ma avendo fino a quel punto fatto uscire solo musica elettronica ci chiedevamo come fare. Eravamo un po' perplessi, perché musicalmente era davvero diverso." L'album è un lavoro estremamente ricercato e suggestivo, e mette in mostra le capacità tecniche di Peralta senza fare troppo affidamento su di esse. "Credo che il jazz debba essere trattato così", disse Peralta a LA Record nel 2011. "Rischia troppo spesso di diventare pretenzioso e di attirare un pubblico di spocchiosi, gli serviva un nuovo pubblico e una nuova energia. Chi dice che il punk rock è più potente del jazz? Non è necessariamente vero."

Si integrò molto presto nel collettivo Brainfeeder, suonando sul debut di Thundercat The Golden Age of Apocalypse e nell'album del 2012 di Flying Lotus Until the Quiet Comes. Se qualcuno di Brainfeeder era ancora incerto se considerare la label vicina al jazz, il virtuosismo e il successo di Peraltà fugarono ogni dubbio. "Io sono un jazzista" dichiarò Bruner a Passion of the Weiss poco dopo l'uscita del suo album. "Vengo dall'improvvisazione." "Voglio che Brainfeeder prenda questa steada disse Ellison a proposito del disco di Peralta quando uscì, Ma il pianista morì inaspettatamente allam fine del 2012, a soli ventidue anni.

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"Lo conosidero un disco jazz." dice Ellison di You’re Dead!, un album per cui tutti i recensori furono d'accordo nell'usare la parola jazz per definirlo, senza necessariamente ascriverlo a quel genere. Fu una scelta consapevole da parte di Ellison: provocare il conservatorismo di gran parte della scena jazz, della quale dice "Produce bella roba, ma priva di individualità, quando senti qualcuno suonare potrebbe essere chiunque. Fanno queste esecuzioni perfette, rifinitissime, cinquantamila take per usare solo quello che suona perfetto." "È un po' come se il jazz si fosse isolato completamente per un certo periodo." aggiunge Bruner, la cui musica spesso oscilla tra jazz e pop "I miei amici mi hanno spesso dato dell'elitario."

Flying Lotus

A prima vista, la generale riluttanza a etichettare Flying Lotus come artista jazz ha senso. Dopotutto, molto poco dell'immagine pubblica di Ellison (a parte le parentele, forse) "sa" di jazzista. Laddove il jazz tradizionalmente comporta strumenti acustici in club comodi o in festival istituzionali e teatri, la musica di lotus è roba da ballare alle feste in posti in cui non c'è manco l'ombra di uno Steinway e dove, se non senti le basse che ti comprimono le budella, qualcosa sta andando storto. Eppure questo rappresenta, almeno spiritualmente, una energica riconversione della natura mutante e progressiva della tradizione jazz.

Herbie Hancock, che fa parte di quella tradizione, non si lasciò impressionare dalla scelta di locali (e di subwoofer) operata da Flying Lotus. Il pianista e compositore jazz le cui credenziali includono avere fatto parte del Second Great Quintet di Miles Davis e la creazione di alcuni degli standard più amati del genere, ha più volte definito Ellison "un giovane interessante, con cui mi piacerebbe lavorare", per cui ha invitato lui e Bruner nel suo studio, e insieme hanno dato vita a "Tesla", traccia contenuta in You'Re Dead e descritta da Ellison come "la scintilla che ha fatto nascere l'album". Hancock ha poi dichiarato "Se Miles fosse ancora vivo, andrebbe in giro con gente come voi."

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Nel frattempo, dall'altra parte della città, in un altro studio, stava nascendo un altro gioellino pieno di jazz: To Pimp A Butterfly. In comune, i due album hanno quasi tutto il cast: non solo Flying Lotus, Thundercat e Kamasi, ma anche Snoop Dogg e Kendrick stesso.

"Ho lavorato ai dischi di Lotus e Kendrick praticamente nello stesso periodo" ha raccontato Bruner a Billboard, e Stover aggiunge: "Thunder era al lavoro su TPAB da quasi due anni." Il cugino di Thunder Terrace Martin invece ricorda: "Avevo delle demo di quei pezzi nel computer che rappresentavano lo scheletro dei brani, prima che si evolvessero del tutto, che venivano da altre demo più vecchie che Thunder aveva registrato." Anche lui un musicista di formazione jazz affiliato ai West Coast Get Get Down, Martin si è da tempo affermato come producer hip-hop per artisti come Wiz Khalifa e Snoop Dogg (ha anche prodotto il nuovo singolo di YG, un tributo all'epoca d'oro del G-Funk), ed è accreditato come co-autore e producer di quasi tutte le tracce di TPAB.

La decisione di Lamar di coinvolgere dei jazzisti nel suo album (compresi eroi della scena come Robert Glasper e Ambrose Akinmusire), l'ha posto all'avanguardia di un nuovo crossover jazz/hip-hop. Meno di un mese dopo, Tylr, The Creator ha fatto uscire Cherry Bomb, che vede la partecipazione di Roy Ayers. Tyler ha raccontato a Tavis Smiley: "ho mandato ad Ayers la traccia su cui volevo lavorasse e lui mi ha risposto, 'Tyler questi cambi sono pazzeschi, man!' Sentirlo dire da uno come lui, che fa questa roba da tempo immemore, è stato incredibile." Nel frattempo anche una leggenda come Ghostface Killah decideva di poggiare le sue rime sui groove del trio jazz di Toronto BadBadNotGood, in una traccia contenuta nel suo recente Sour Soul. Poi Chance The Rapper ha tirato in mezzo il collettivo Donnie Trumpet & the Social Experiment nel suo Surf, un progetto che sicuro non è jazz come un assolo di Herbie Hancock, ma è certamente intriso di quella cultura.

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Nulla di tutto questo è una novità, certo, il giro hip-hop ha campionato dischi jazz da sempre, e fatto uso di veri musicisti dai tempi dei Run DMC. Washington, Martin e Bruner hanno tutti fatto da turnisti per Snoop Dogg (Bruner ricorda che una volta il rapper gli chiese "man, ma ti tocca suonare così tante note?"). Per non parlare poi degli esperimenti di Miles Davis nell'album Doo-Bop, prodotto da Easy Mo Bee, l'uomo dietro "Party And Bullshit" di Biggie.

Photo by Mike Park, courtesy of Kamasi Washington

The Epic, ad ogni modo, non è né hip-hop né jazz-rap, è jazz, puro e semplice, nella tradizione dei grandi bandleader come Sun Ra. Lo stesso titolo è tut'altro che pretenzioso: dura tre dischi, centosettantatré minuti senza neanche un compromesso. "Già il fatto di fare uscire così tanta musica tutta insieme è stato un azzardo", spiega Terence. "So che probabilmente qualcuno aveva provato a convincerlo a non farlo." Lo stesso Washington sostiene che, non fosse stato per Brainfeeder, non avrebbe neanche provato a fare un disco. Una eventuale riluttanza da parte della label a fare uscire il triplo album di uno sconosciuto (per di più un Jazzista) sarebbe stata comprensibile, ma, sfidando il buon senso, Brainfeeder ha osato e colpito nel segno.

"Fai musica perché ti prende bene, tutti quelli che ti dicono se funzionerai o meno ti stanno in qualche modo dicendo una bugia", dice Washington. "Io ti avrei potuto dire che ero preso bene, ma non che sapevo come sarebbe andato il disco." Ellison aggiunge "Sono stato molto sorpreso da com'è andato, e sta ancora andando, il disco di Kamasi. Non ne avevo idea." Lo status di Brainfeeder come influencer musicale, comunque, è sicuramente responsabile del suo successo. "Credo che i miei fan si aspettassero qualcosa come The Epic" dice "perché già con la mia musica avevo messo le basi per potenziali sviluppi della label in questa direzione".

Brainfeeder sta quindi portando il jazz a chi non ascolta il jazz, una cosa che di sicuro non stava riuscendo alla maggior parte delle label jazz. "È finito nelle orecchie di tanta gente che non l'avrebbe sfiorato, non fosse stato per il contesto e l'interesse generato dalla label. Il jazz come genere rischia troppo spesso di finire schiacciato dal peso della sua stessa storia, mentre Thundercat, Flying Lotus e Kamasi Washington stanno diffondendo un nuovo atteggiamento, anti-pretenzioso, portando il jazz fuori dalla torre d'avorio e ampliando la portata della loro stessa musica.

"Io ho riempito due passaporti come turnista, ma mai come bandleader. La mia musica non ha mai lasciato Los Angeles" ma la cosa sta per cambiare. "Ora, invece di andare in giro a suonare musica altrui, andrà in giro a suonare la sua" conferma Ellison: "È così che devono andare le cose. Questi ragazzi suonano insieme da quindici anni e ora hanno un posto dove stare.

"Vorrei che quello che è successo per Kamasi succedesse anche a molti altri artisti che ci piacciono" aggiunge Stover "perché oramai il nostro fanbase ha capito e apprezza. Vogliono ascoltare ancora più musica di quel calibro e con quello stile" Quale sarà il prossimo disco jazz della label? Ancora non si sa, ma Ellison dice con nonchalance che gli sta balenando in testa l'idea di "fare compilare a Kamasi un a raccolta di tutti gli amici che suonano jazz e spaccano." Il fiero ottimismo di Brainfeder e dei musicisti che ci orbitano attorno è, così come la label di Lamar TDE per l'Hip-Hop, un piccolo revival di intraprendenza underground sulla costa ovest. Come farebbero senza di essa questi musicisti che non hanno nemmeno fatto il conservatorio a far uscire i dischi jazz e hip-hop più apprezzati del momento?

"È che noi siamo abituati a fare le cose così", conlude Kamasi "vai al Wolrd Stage e ci sono delle jam tra producer hip-hop e musiisti gospel. Magari sanno suonare solo 'Blue Bossa', ma sticazzi, suoneremo 'Blue Bossa' tre volte di fila finché non somiglierà a 'Gin and Juice'.

“That's just how we do out here,” Kamasi concludes. “You go to the World Stage, and there's a jam session with all these gospel musicians and hip-hop producers. Maybe the only tune they know is ‘Blue Bossa.’ But so what—we're gonna play ‘Blue Bossa’. Three times. It's gonna sound like ‘Gin & Juice’.”