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Musica

Perché siamo ossessionati dalle ristampe di vecchi album

Riscoprire bei dischi del passato è una bella cosa, ma la situazione ci sta evidentemente sfuggendo di mano.

Photo by Suklaa

Mentre il mondo intorno a noi cade a pezzi, pare sia sempre più importante cercare conforto nella cultura. Mentre i jet continuano a esploderci sopra la testa, noi ci rivolgiamo a contenuti facili da consumare, digeribili, tollerabili. Film, libri, dischi e robe del genere sono i nostri amici surrogati, supporti vitali che ci regalano qualche attimo di distrazione e piacere. Ora, non vorrei sembrarvi uno di quegli accaniti giocatori di giochi da tavolo con i residui del pranzo perennemente visibili tra i denti, ma è sempre stato così. Più o meno.

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Qualche giorno fa, prima che il mondo iniziasse a dirigersi rotolando verso la sua inevitabile fine, ci stavamo godendo un po' di speranza per un felice evento: qualcuno aveva ristampato un vecchio album house! E no, in realtà non è un normale disco house, mi dicevo tra un refresh ossessivo dei miei siti di news musicali preferiti e l'altro, ma il leggendario, pionieristico, incredibile, sensazionale E2-E4 di Manuel Gottsching, uno dei migliori dischi della storia! E non si trattava nemmeno di una ristampa normale, no, ma di una versione CD con tanto di Booklet lungo OTTO PAGINE, accompagnata da una edizione in vinile 180gr e da una ancora più lussuosa e limitata: CD + DVD per vedere Mauel che suona lo stesso disco che mi stavo ascoltando. Di colpo era già natale! In realtà il disco uscrà a gennaio, ma non fa niente: intanto me ne farò una copia su CDr stampandomi da solo la copertina. Grazie a quello, alle repliche della mia sit com preferita Gogglebox e a un paio di sandwich tacchino & sour cream, il vero natale sarà il più bello da quando mi sono cresciuti i peli pubici.

Fino ad allora, comunque, riflettiamo su qesta cosa terribilie che ci sta accadendo attorno: ovvero il fatto che la mentalità da bibliotecari si è impadronità della club culture, costringendoci tutti a svuotarci le tasche e riempirci la casa di costose ristampe. Insomma, l'unica cosa più bella di un nuovo disco è un vecchio disco in edizione gatefold e una copia anastatica del biglietto di una serata dell'89, o un paio di mutande fautografate dell'ingegnere che ha registrato il disco! Facciamo fnta che il presente non esista e che il futuro non sia possibile! Passiamo giorno e notte a negare la possibilità di vivere il presente! Usciamo tutti assieme e andiamo a comprare la versione deluxe di Ambient 3: Day Of Radiance di Laraaji!

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Ora, non è che ci sia qualcosa di sbagliato a prescindere nel ristampare un disco. È ovviamente un bene cercare di dare agli ascoltatori di oggi l'opportunità di riscoprire perle occultate dalla polvere del tempo, e spesso sono un modo efficace di far piovere quattrini nei conti di musicisti che non ne avevano visto manco mezzo al primo giro. Però ecco, c'è qualcosa che non torna: la club culture non è come la storia del rock; anzi, il mondo che ruota attorno a DJ e label di quel tipo dovrebbe essere l'antistesi della tendenza insita nei critici rock a canonizzare, quella che li fa andare nel panico al solo pensiero che qualcuno di loro possa non aver compilato la propria lista dei cento dischi che hanno cambiato il mondo, o dei dischi più potenti della storia, o dei dischi più sottovalutati della storia, dimenticandosi che il mondo si è già disfatto dell'idea di originalità per accettare il fatto che l'omogeneità è stata il vero segno della storia. Quando ci è passata la botta da coca, ci siamo resi conto che il fatto che i DJ fossero diventati delle rockstar era un po' una merda, che la dance era di nuovo pallosa, al che i club hanno ricominciato a chiudere e ora siamo con in mano una roba che sembra clubbing ma in realtà non lo è.

Ecco, ovviamente queste sono stronzate ed esagerazioni, escono ancora dischi della madonna e ci sono ancora club incredibili e un mucchio di DJ fichissimi in giro, però spesso si ha l'impressione che il mercato della dance music sia fin troppo malato di nostalgia. Ora, abbiamo già parlato più volte di quale conflitto ci sia tra le possibilità edonistiche della club culture presente e la calda attrattiva del passato. Però tocca riflettere ancora sul fatto che non si tratta solo di dischi che vengono ristampati quanto di una cultura che continua a ristampare se stessa. Dobbiamo ancora sentirci in debito col passato, ma il modo in cui stiamo pagando quel tributo ora ci avvicina sempre di più alla retromania dei rocker.

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Una delle cause di questa ossessione è senza dubbio lo stato di continuo precariato in cui il mondo del clubbing si trova in tutti i paesi. Tra club storici che chiudono, licenze da rinegoziare, location problematiche e guerre con le istituzioni. I locali che riescono a rimanere aperti hanno bisogno di andare sul sicuro in termini di booking perchè hanno ovviamente bisogno di fare due soldini sull'esperienza che ci vendono. E allora puntano sulla roba vecchia, perché la roba vecchia tira e perché è ricoperta da un'aura molto molto importante, di cui quella nuova è sprovvista: un'aura di autenticità.

Nessuno di noi vuole fare la figura del coglione che non sa distinguere i Basic Channel dai Chain Reaction, no? La dance è piena di snobismi e di e l'età non è una scusa per l'ignoranza: internet ci ha dato la possibilità di distinguere i poser dai veri esperti, il che è un bene, ma ha anche formato un feticismo malato per le cose rare e sconosciute. La ristampa dona a un vecchio disco uno status artistico che potrebbe non meritare (beninteso: sempre che vogliamo ragionare in una logica del genere), perché l'atto stesso di riportarlo al presente ci fa sentire come se lo avessimo mancato, come se il ritorno gli fosse dovuto. Il che genera un sacco di chiacchiere e discorsoni su dei dischi sinceramente molto pallosi.

Il terzo punto è forse il più banale, legato all'economia pura. La house è un genere nato trent'anni fa. Il movimento rave è defunto quasi quindici anni fa. Ci sono almeno un paio di generazioni con potere d'acquisto e che ricordano con piacere un mondo che viene costantemente narrato dal punto di vista della giovinezza, sempre descritto come un'epoca felice e come un'isola da cui gli over-trenta sono esclusi. Ecco, peròche questi clubber che non clubbanon hanno un sacco di soldi da spendere, e le label lo sanno. Ristamperanno tutto quello che il ragioniere quarantenne Sean si ricorderà di avere sentito nel club X, nell'anno Y quando aveva Z anni. Non è una truffa: le label fanno i soldi e Sean ha finalmente la sua copia in vinile 180gr di Snivilisation con cui rivivere ciò che è rimasto delle sue memorie giovanili.

Tutto sommato ci sta, però finisce per diffondere la triste idea che il mondo d oggi sia una merda, che non ci sia niente di valido in giro. Fa sembrare i negozi di dischi dei musei del passato, e il 2015 un anno davvero deprimente. Invece non lo è, ma questa è una storia per un'altra volta, ora devo andare ad aprire la porta che è arrivato il postino con la mia versione digipak deluxe di "Blue" degli Eiffel 65.