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Musica

I piani incredibili di Matthew Herbert

Matthew Herbert è il Duchamp della musica sperimentale: il suo ultimo readymade è un'installazione di 20 tastiere modificate.

Lo stesso giorno dell'uscita del suo set per Boiler Room al British Library Sound Archive, il compositore avveniristico di musica elettronica Matthew Herbert ha presentato il suo ultimo progetto, 20 Pianos, all'Oxford Contemporary Music Festival.

Per questo progetto, commissionatogli come parte del New Music Biennial, Herbert prende 20 pianoforti da tutto il mondo, che sono passati per le mani di gente come Rachmaninov, Mahler, altri che vengono da chiese o prigioni, e li altera tramite l'elettronica, amplificandone e campionandone il suono.

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Dato che Herbert in passato ha collaborato con personaggi come lo scrittore Will Self e lo chef Hesto Blumenthal, e dato che il suo album del 2011 ONE PIG, che racconta la vita, la morte e l'impiattamento di un maiale, non ci sorprendiamo del fatto che si sia imbarcato in un altro progetto pazzo. Tramite la narrazione dell'opera, però, 20 Pianos racconta anche come ogni strumento musicale sia di per sé una storia, da quando viene assemblato fino al momento in cui qualcuno decide di suonarlo in un certo modo.

"Ogni pianoforte racconta una storia, e io voglio raccontare a mia volta la storia di 20 pianoforti unici che vengono da tutto il mondo, esaltando le loro differenze tonali, timbriche, di accordatura e anche quelle biografiche, storiche," ci racconta Herbert. "Dagli Steinway di Abbey Road o della Sydney Opera House, fino ai pianoforti tutti rotti delle scuole elementari o a quelli mezzi scordati di qualche famiglia."

“Ho deciso di campionare alcuni suoni da ognuno di questi strumenti, e di documentare al contempo la loro storia con fotografie e racconti," aggiunge, dato che questi piani hanno le storie più bizzarre, tipo uno che viene da una chiesa vittoriana e un altro che è lo Steinway che John Lennon ha usato per "Imagine."

Il piano del Culto Vittoriano, un Broadwood concert grand del 1845, è un pezzo interessante. Costruito con legno tropicale da un sacerdote di nome Henry Prince, che Alistair Lawrence della John Broadwood & Sons Ltd. descrive come "un tipo un po' losco," Prince era una specie di guru, adorato da un harem di 60 donne, le sue "discepole," presso un posto chiamato New Charlinch nel Somerset. Possiamo solo immaginare cos'ha visto quel piano…

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Sono storie di questo genere che ispirano Herbert nelle sue "esplorazioni elettroniche" con questi strumenti. Personalmente mi piacerebbe tantissimo vedere cosa riesce a fare con i pianoforti che furono di Johann Christian Bach (utilizzato anche una volta da Mozart in un concerto da camera) e di Ivor Novello, uno dei più grandi compositori e interpreti del ventesimo secolo.

“Il componimento sarà per un pianista, ogni sua parte sarà ispirata dalle storie del pianoforte e del suo proprietario precedente," ci ha detto. "Farò in modo che i miei colleghi del Radiophonic Workshop possano creare software e hardware appositi per trasformare un semplice oggetto inanimato, come un tavolo, in un pianoforte virtuale. Mi piacerebbe che il suono di questi pianoforti comparisse dal nulla, come per magia."

Ci sono altri pianoforti nella collezione, per esempio quello che fu delle Raford Sisters, il primo ad aver suonato le opere di Mozart Idomeneo e La Clemenza di Tito, il piano quadrato che fu di Edgar Elgar, un compositore inglese vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo che fu tra i primi ad adottare tecnologie bizzarre per i suoi componimenti, il piano Marshal & Rose versione baby utilizzato da una minuscola Regina Madre, roba da poco, insomma.