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Musica

Le Popstar sono contraddizioni viventi

Le popstar moderne sembreranno autentiche a molti, ma la teoria dell'iperrealtà ci dimostra l'esatto contrario.

La giovane Lorde ha fatto cadere parecchi monocoli nelle coppe di champagne, sconvolgendo la platea pettinata con la sua "Royals" durante la cerimonia di premiazione dei Grammy Awards di quest'anno. Il testo della hit come ben sappiamo consiste in una lista di eccessi per criticare il lusso sfrenato e il materialismo dello star system che ruota attorno all'industria discografica.

"Cristal, Maybach, diamonds on the timepiece": a molti risulterà surreale l'idea di criticare l'estetica capitalista della pop culture proprio nella cerimonia più sfarzosa del mondo musicale, fatto sta che per la diciassettenne neozelandese i Grammy sono stati un palcoscenico perfetto, anche perché denunciare gli eccessi dell'industria pop dentro un pub di certo non avrebbe sortito lo stesso effetto. Ciò che più fa riflettere è che, dopo il successone dei Grammy, Lorde sia diventata un'icona per tutti i materialisti che tanto aveva criticato: Kanye West semplicemente la adora, "Royals" è diventata la colonna sonora di uno spot che pubblicizza uno smartphone della Samsung e di recente ha collaborato con l'azienda di cosmetici MAC. Tutto ciò si chiama "contraddizione" ed è parte di un fenomeno diffusissimo che contrasta costantemente la vera definizione di contro-cultura.

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Lorde in "Royals" ai Grammy

Da un punto di vista accademico, questo fenomeno si chiama iperrealtà ed è stato osservato per la prima volta negli anni Ottanta dal filosofo e sociologo francese Jean Baudrillard. I reality show ne sono l'esempio più conclamato, perché, nonostante sia evidente la presenza di un copione, l'intero programma si svolge nella falsa spontaneità dei personaggi. Questo concetto è stato affrontato, forse con approccio satirico, nell'ultima copertina di Nicki Minaj per la rivista Dazed, in cui, vestita come una casalinga d'altri tempi, appare intenta in varie mansioni domestiche come la preparazione di panini per la famiglia, nella cornice di una proprietà multimilionaria.

La verità è che—non importa quanto siano anticapitalisti i messaggi che invia Lorde alle nostre case attraverso la televisione/internet—la società non vuole affatto respingere la cultura consumistica ma bensì ne vuole comprare l'idea. Vuole avere l'illusione di non farne parte.

Abbiamo la falsa convinzione che ci sia qualcosa di davvero umano dietro a servizi fotografici surreali, video musicali dai contenuti sessualmente espliciti o comuni pagine Facebook, ma lo schietto radicalismo delle star anni Sessanta ha lentamente lasciato il posto ad una gelosa riservatezza. Esattamente come nell'industria manifatturiera, essere una celebrità nel 2014 significa vendere un prodotto e uno stile di vita ai propri fan. Con l'uniformarsi delle interviste ad artisti major, poi, c'è sempre meno possibilità per i giornalisti di analizzare le vendite bypassando le stronzate degli uffici stampa e marketing che distorgono l'immagine dei propri artisti fino a farla sembrare la caricatura di un cartone animato. Ci beviamo tutto quello che ci propinano e poi lo cataloghiamo come verità.

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Naturalmente, il pop può contare su un vasto catalogo di significanti e simboli per comunicare con il subconscio in un turbinio di metafore che si connettono reciprocamente senza di fatto avere una radice sensata. Il risultato è uno sconvolgimento che sta accelerando il simbolismo iperattivo, complice anche la cultura televisiva.

In un'intervista del 1993 per la rivista statunitense The Paris Review, l'autore postmoderno Don Delillo spiegò come i film (e oggi Internet) ci lascino "esaminare, imitare noi stessi, ridefinire la nostra realtà soggettiva… in modi altrimenti impossibili in altre società". Secondo Delillo, la nostra conseguente "doppia identità" finisce per alienarci completamente dalle più basilari concezioni di tempo e spazio e "rende molti di noi degli attori in una sorta di guida pratica a noi stessi".

L'autoimitazione che ha identificato Delillo avviene dall'inizio degli anni Ottanta. Fu un'era che rivisse, ad esempio, una rinascita del wrestling professionistico, sport che nelle decadi precedenti era stato accantonato per via del carattere profondamente teatrale. Questo ha costituito un fatto indicativo per identificare come e quando i concetti di copia, parodia o realtà hanno cominciato a confondersi. Anziché una competizione, il wrestling diventò puro entertainment, una commedia sull'agonismo sportivo. Improvvisamente, non solo per il wrestling, ma per qualsiasi altro oggetto potesse essere mercificato, fondamentale costruirsi un'alone di veridicità e autenticità con slogan del tipo "the real thing" (una roba vera, autentica). Dire di qualcosa che non fosse finto, nonostante lo fosse, divenne un indice di grandiosità.

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Poi, in un periodo compreso tra la fine anni Novanta e l'inizio dei Duemila, sono arrivate prima le star come Britney Spears, provocatrici ma al contempo innocenti, poi l'inutile folk nostalgico dei Mumford e compagnia bella.

Il concetto di iperrealtà non si applica esclusivamente all'industria pop ma anche alla scena DIY/Lo-fi. Gruppi come gli Yuck, Wavves o della Captured Tracks Record rendono omaggio ai propri idoli con sonorità e stili che rimandano all'underground americano dei primi anni Ottanta, quando la condizione di austerità sociale e tecnologica costringeva le band emergenti a registrare velocemente e in maniera improvvisata i propri brani, tra un turno in fabbrica e l'altro.

Molto di questo decennio "a bassa definizione" è stato reimpolverato anziché rispolverato. Secondo i fondamentalisti del genere sarebbe impensabile evolversi e utilizzare strumentazioni moderne. Questo ragionamento porta all'adozione di sonorità retro e strumentazioni obsolete, soltanto per ostentare una maggiore autenticità, essendo tutto più "vecchia scuola". Si tratta di una corrente corrotta e prefabbricata che, come il revival folk, è stata paradossalmente generata dal rifiuto della superficialità pop.

È evidente che dietro agli slogan anticapitalisti si nasconda il capitalismo. Ecco perché vediamo teenager idealisti con la maglietta dei Ramones comprata da H&M, o comunque piena di simboli di ribellione e indipendenza, rubati alla cultura punk e stampati su poliestere in una fabbrica cinese.

Sembra che però l'iperrealtà sia reversibile in qualche modo. Nel suo libro del 1995, Viaggi nell'Iperrealtà, Umberto Eco descrive un ologramma che visto frontalmente delinea due donne nude intente a baciarsi ed accarezzarsi. Se tuttavia si cambia posizione e si guarda l'ologramma di fianco o da sopra l'immagine svanisce del tutto: è proprio questa linea di demarcazione tra realtà e rappresentazione che ti impedisce di distingere cosa sia autentico da cosa non lo sia. Ecco ciò che rende iperreale un'immagine.

Il falso pop idealista di Lorde è stato preassemblato per il consumo delle masse che criticano il lusso e la ricchezza solo a parole, ma che in realtà ne celebrano le qualità e senza che la maggior parte degli ascoltatori se ne renda minimamente conto. Grazie al primo passo di Lorde ai Grammy, possiamo ancora distinguere gli impercettibili contorni dell'ologramma.