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Musica

Dietro le quinte di J-Factor, il primo talent show cristiano d'Italia

Abbiamo intervistato Biagio La Perna, vincitore dell'ultima edizione di J-Factor, e Angelo Maugeri, ideatore di questa manifestazione divina.

Biagio La Perna brandisce il premio. Foto gentilmente concesse dallo stesso.

Probabilmente molti di voi non se ne sono accorti, ma la musica cristiana è sopravvissuta nei secoli dei secoli, e anche oggi è viva e vegeta, anche se in nuove fantastiche forme. Non è rinchiusa solo in chiese e parrocchie, ma vaga per campagne e città pronta a riportare le anime sulla retta via. Così come quel serpente che insieme a Eva ha cominciato tutto il casino, anche la musica cristiana ha cambiato pelle: scordatevi chitarrine, organetti e profumo d’incenso, oltre ad avere ambizioni decisamente pop, tanto che ora, in Italia, anche Dio ha il suo talent show.

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J-Factor o, scanso alle abbreviazioni, Jesus-Factor è il rip-off cristiano del fortunato format che tutti conosciamo. Le parole si spiegano da sole. 60 cantanti, che hanno superato attente e difficili selezioni (un centinaio ogni anno in concorso), si scontrano in un duello all’ultimo sangue per conquistare il titolo di miglior apostolo di Dio e ingraziarsi il signore con la barba bianca che tutto vede e tutto sa. E, per la fortuna degli appassionati di musica di tutto il mondo, vincono pure la produzione di un album. Gli artisti in concorso hanno piena libertà di esprimersi: italiano, inglese, uzbeko, rap, rock, metal, chitarre, batterie, violoncelli, flauti di pan, ukulele. Non importa, basta rispettare un unico, semplice vincolo: parlare di “nostro Signore”. Amen!

Fyi, sono aperte le iscrizioni per la prossima edizione.

Affinché un apostata come me (mi perdoni Iggy Pop che, aggrappato al microfono, mi guarda compassionevole da un poster in camera mia) potesse ben comprendere la portata e le dinamiche di questo fenomeno, mi sono affidato a chi di questo genere musicale ha fatto una ragione di vita. Ho trovato il numero del numero uno tra le ugole benedette da Dio, almeno stando alle classifiche di J-Factor: Biagio La Perna.

Biagio è il vincitore dell’edizione 2015 (a quanto pare, la settima) del contest più amato dai cantanti cristiani. Cresciuto nella piccola Ragusa, 26 anni, sguardo allegro e attitudine naïf, Biagio è un ragazzo modello e, sicuramente, un ottimo cristiano. Frequenta Mediazione Linguistica all’università, lavora come receptionist in un albergo e, da buon fedele, fa volontariato per aiutare chi ne ha bisogno. Nella sua Sicilia ha lavorato in un orfanotrofio ed è andato pure in Romania, in un centro missionario a sostegno di famiglie e bambini bisognosi. Ma c'è una tentazione a cui per Biagio è impossibile resistere: la passione per la musica. Cantare nel suo gruppo, gli Evidence, non gli basta più e decide di buttarsi. Si iscrive a J-Factor e dopo mille peripezie (non ha potuto, per impegni lavorativi, fare le live audition, ma ha dovuto mandare un secondo provino video ai giudici, che lo hanno selezionato comunque), ma sempre assistito dal suo angelo custode, si è classificato per la finalissima a Milano. È salito al Nord e ha vinto il contest. Coincidenza, abilità o disegno divino? Noi non lo sappiamo, Lui sì. A qualche mese di distanza dalla meritata vittoria, Biagio ha raggiunto il suo sogno: pubblicare il suo primo album In Tutto Quello Che Faccio.

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“Tutta la mia famiglia è in delirio—mi spiega al telefono—soprattutto mia mamma, che era a casa quando il postino ha portato i CD appena stampati”. Ora che siamo a posto col lato "materiale" della faccenda, è il momento di trasformare quei CD in ostie sonore con cui infondere la benedizione della musica di Dio nelle orecchie degli ascoltatori.

“Nelle mie canzoni—spiega Biagio—io parlo di amore, della fede in Dio e soprattutto di una voglia irrefrenabile di spiccare il volo per sentirsi veramente liberi”. Nonostante abbia qualche dubbio che, sotto lo sguardo attento di Mr. J, libertà, amore e voglia di spiccare il volo possano convivere, sembra che questi scrupoli vengano azzerati dalla fusione tra note angeliche e sottotesti messianici. Sembra superfluo affermare che ogni singola canzone di In Tutto Quello Che Faccio sia dedicata a Dio.

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Fedele ai comandamenti, il nostro nomina il Signore in modo esplicito soltanto in un paio di pezzi. Negli altri, Biagio si rivolge sempre a un fantomatico tu-te/lui (che nei testi allegati al CD sono comunque scritti rigorosamente con la T e la L maiuscole) che potreste scambiare per un amante, un amico, un fedele compagno di sbronze. La sua musica, bisogna ammetterlo, può trarre in inganno. Prendiamo per esempio Le piccole cose, in cui canta: “Guarderemo avanti senza mai voltarci indietro, non lo faremo mai!”. Più o meno lo stesso messaggio che davano, qualche decennio fa, i Punkreas nella loro "Sosta", quando spiegavano come rubare nei negozi e scappare senza essere beccati. Qui però non c'è niente da rubare perché l'amore di Gesù don't cost a thing.

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Come potrete immaginare, la missione di Biagio La Perna non si limita a cantare il Signore in uno studio di registrazione. Con la sua musica vuole raggiungere il cuore delle persone e ispirare frotte di coscritti ad abbandonare la cattiva strada per intraprendere quella della redenzione. Insomma, è ciò che in altri tempi avremmo definito un missionario. “La musica è uno strumento potentissimo e credo veramente in quello che faccio. È come qualcuno che nutre una passione forte per qualcosa e non può tenersela per sé, ma deve condividerla, fare il passaparola, affinché diventi virale”. Il virus La Perna è partito qualche domenica fa, con le mille copie dell’album, dalla chiesa Emmanuel di Ragusa, in cui è avvenuto il battesimo del CD, altrimenti detto la presentazione ufficiale. Italia: preparati all’epidemia.

Adesso, però, è il momento di fare un passo indietro. Non sarebbe giusto parlare di Biagio La Perna e della kermesse da lui vinta senza illustrare un po' di retroscena e conoscere l'uomo che tira le fila di tutto il discorso: Angelo Maugeri. Insieme a Marco Canigiula ha scritto, arrangiato e prodotto le canzoni dell’album di Biagio, ma soprattutto è il Tiziano Ferro della musica cristiana della penisola, un crooner dell’amore per Dio, oltre che l'ideatore del talent J-Factor.

I testi di Angelo son frecce benedette che si scagliano contro il vuoto sterile della musica moderna. Classe 1984, siciliano d’origine ma lombardo d’adozione, dieci anni di carriera da cantante con l’aureola alle spalle, Maugeri è il guru della musica cristiana e come una grande mamma aquila spiega le sue ali per proteggere e allevare i suoi cucciolini. Sono già cinque gli album che la sua AM Production ha prodotto insieme a Fish Records. Basteranno per farvi avvicinare al Signore in questi caldi mesi estivi?

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Per saperne di più, lo incontro nel suo quartier generale, il luogo in cui la musica cristiana viene coltivata ad acqua, vino e particole: la sede della Chiesa Evangelica Internazionale di Milano. Ebbene sì, miei cari cattolici. Non ve l’aspettavate vero? Il più grande contest di musica religiosa al mondo è un prodotto con marchio protestante! È proprio al primo piano di questo edificio dall’aria post-apocalittica di via Dottesio 15 che J-Factor prende vita ogni anno. Correte pure al centro brevetti a protestare, ma non servirà a niente. Avete perso l’occasione, non vi resta che adeguarvi alla funesta situazione. Cinquecento anni dopo Lutero, vi siete fatti fregare un’altra volta.

Ma che siate cattolici, protestanti, ortodossi, metodisti, anglicani, non importa! Quello che veramente importa, mi spiega Angelo, è essere cristiani. “Le nostre porte sono aperte a tutti”. Nonostante l'apertura alare, Angelo non nasconde un certo risentimento nei confronti del Vaticano, il vero responsabile della crisi che sta colpendo la musica cristiana in Italia. “È anche colpa sua se la musica religiosa è ancora considerata da tutti di serie B ed è associata all’organetto e alla chitarrina stonata. Il Vaticano sulle questioni civili e sull’innovazione tira ancora molto indietro”. Ad eccezione del caso Suor Cristina, infatti, pare che finora talent e cattolicesimo non si vedano di buon occhio.

In ogni caso, su questo non si può dargli torto, in altre parti del mondo la musica cristiana spopola e fa numeri da capogiro. E come ci hanno insegnato a partire dalle elementari: i numeri non mentono. Angelo mi parla subito di Brasile e Centro America. “Lì negli store musicali ci sono sezioni intere dedicate alla christian music e le major ci investono parecchio, perché hanno un grande ritorno. Gli artisti cristiani sono seguitissimi. Prendi per esempio Aline Barros: ha 15 milioni di follower su Facebook. Neanche Laura Pausini o Tiziano Ferro fanno questi numeri”. Quindici milioni più uno, ad essere precisi, anche se quello speciale follower lassù non ha Facebook.

Ecco perché, in occasione del suo decimo anno di attività come cantante (celebrato a fine 2015, ma tutt’ora in corso) Angelo ha allacciato una collaborazione con Paulo César Baruk, artista brasiliano molto seguito nel suo paese. Da buona tradizione cristiana, in effetti, è bene mantenere buoni rapporti col Nuovo Continente.

Ma torniamo a J-Factor. Angelo, che paga il format di tasca sua ogni anno, mi ha rivelato che essere cristiani, sia ben chiaro, non vuol dire necessariamente saper cantare bene. “Ok la fede, ma ci vuole anche un po’ di tecnica. Un terzo degli artisti che si presentano non si può neanche ascoltare”. Ci sono rimasto un po’ male, lo ammetto. Già ci speravo. Avevo quasi pianificato una conversione in extremis ma poi mi sono reso conto che farei parte di quel triste terzo. Vorrà dire che continuerò a camminare sulla mia strada, vivendo la mia discutibile vita lontano dagli speaker di Dio. Mi sa che non sono proprio destinato al Paradiso.

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