FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Kneedelus è il miglior disco post-jazz dell'anno

Da Brainfeeder non è uscito solo Kamasi Washington, ma anche l'album di Daedelus e Kneebody, molto più complesso e attuale.

Foto - Chris Clinton Nel giro di appena un anno, Brainfeeder pare aver completamente cambiato direzione e solidificato il rapporto con le proprie radici Jazz. Dopo The Epic di Kamasi Washington, un vero fenomeno discografico di questo 2015, e Sold Out di DJ Paypal, uscito a novembre, ci troviamo davanti a una terza visione futuristica della blue note, quella del progetto Kneedelus, collaborazione audace tra il maestro dell'elettronica Daedelus e il collettivo jazz di Ben Wendel, Kneebody. Amici d'infanzia, i due avevano già collaborato regolarmente qua e là, ma ora hanno avuto l'occasione di registrare un vero album insieme, che illustra in maniera vivida l'alleanza sempre più fertile tra musica elettronica e jazz. In quest'intervista li abbiamo voluti unire un'altra volta e abbiamo chiesto loro quale sia la natura del loro rapporto e come questo si sia riversato in musica, che ne pensano del jazz e di quel jazz che oggi è ritornato, in un certo senso, popolare. Noisey: Siete amici dai tempi del liceo. Quindi Kneedelus è innanzitutto una storia di amicizia?
Daedelus: [Ride] Per essere precisi, Ben ed io ci siamo incontrati prima del liceo, anche se non ci frequentavamo davvero. Poi, negli anni successivi, abbiamo inziato a provare insieme, abbiamo messo su il nostro primo gruppo jazz. Non era una roba fuori di testa, ma ci ha aiutato a saldare un legame. Oggi possiamo dire che c'è una bella storia tra di noi, anche se non avevamo mai avuto l'occasione di registrare un album da capo a coda prima di quest'anno.

Pubblicità

Ben Wendel

: Prima di Daedelus, Alfred suonava il clarinetto e il basso, il che ci ha permesso di suonare insieme in varie formazioni jazz. All'epoca andavo a provare da lui. Anche per questo ho suonato nella maggior parte dei suoi album. Dato che registrava quando io stavo provando, finiva sempre per venire a chiedermi di suonare su un suo pezzo. Purtroppo, da quando poi ho iniziato a stare tanto su Kneebody abbiamo avuto sempre meno tempo per suonare insieme, ma siamo rimasti comunque vicini. Una sera a New York l'abbiamo invitato a suonare con noi. In quel momento ci è venuta voglia di tornare a lavorare insieme e questo ha messo le basi del progetto.

Anche nel 2009, al Festival Jazz di Vienna, avevate suonato insieme. Come mai ci avete messo così tanto a mettervi su un album?

Daedelus:

Il problema è che Kneebody è un gruppo molto impegnativo. Ogni membro del collettivo fa anche parte di altri gruppi, e questo ci ha complicato le cose e ci ha rallentato. Non che io non abbia anche altri progetti, ma ho il vantaggio di essere solo, quindi mi adatto più facilmente. Loro invece fanno più fatica ad accordarsi.

Ben Wendel: A volte, quando fai musica, le idee non ti escono così facilmente. Per tutto questo tempo forse non eravamo pronti a metterci su un progetto del genere: per bilanciare l'elettronica e il suono originale bisogna fare un lavoro tutt'altro che immediato. Onestamente, mi è capitato di sentire parecchi tentativi di unire le due cose che mi hanno lasciato un po' così. Spesso vien fuori un casino, un'accozzaglia, più che un reale intreccio dei due mondi. Credo che la cosa che mi rende più orgoglioso del nostro disco è che non è possibile individuare chi ha fatto cosa. C'è una coesione completa tra Alfred e noi.

Daedelus: Se ci abbiamo messo così tanto a farlo è perché ci siamo posti questo problema molto seriamente: come avremmo potuto mischiare l'elettronica al jazz? Per Kneebody si trattava soprattutto di capire come si potesse rendere il loro jazz più elettronico, mentre dal canto mio dovevo chiarire la direzione in cui volevamo andare: avremmo scritto un album strumentale al 100% o mi sarebbero state concesse digressioni elettroniche? Alla fine abbiamo optato per una cosa che potremmo chiamare post-jazz. Paradossalmente, ho saputo che avete registrato in men che non si dica…
Daedelus: Esatto: Kneebody è venuto due giorni in studio a Los Angeles e ci siamo lanciati in questa folle corsa. L'album è nato improvvisando, anche se ogni nota è stata ricercata e preparata meticolosamente.

Ben Wendel: Avevamo un sacco di piani, un sacco di idee, ma poi metterle in pratica è stato velocissimo, in due giorni avevamo finito! E questa cosa è abbastanza rara in un'epoca in cui gli artisti passano mesi e mesi in studio a lavorare sugli arrangiamenti e a riscrivere ogni traccia. Un altro dei motivi per cui vado fiero di Kneedelus, è che l'abbiamo registrato al Sunset Sound, il posto in cui Jimi Hendrix, i Led Zeppelin o i Rolling Stones hanno chiuso alcuni dei loro dischi. È un ambiente magico.

Compra Kneedelus qui.