Leonard Cohen il sopravvissuto

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Leonard Cohen il sopravvissuto

Tra sesso, guerra e religione, i passi che hanno portato Leonard Cohen al nuovo "You Want It Darker", e i suoi legami con la letteratura canadese.

C'è stato un periodo della mia vita in cui ho sognato, piuttosto inebetito da immodestia giovanile,  di diventare uno scrittore o qualcosa di simile. In quel periodo bazzicavo la Facoltà di Lingue per seguire il corso di Letteratura americana. Allora pensavo che quella materia fosse in mano ai signori eterni, ai vari Melville e Hawthorne, Walt Whitman ed Emiliy Dickinson. Io ed i miei amici passavamo le serate al bar a discutere su chi chi fosse il miglior scrittore americano e, alla terza birra, ci si poteva mettere d'accordo sulla santità di Ernest Hemingway. In realtà quella materia, la letteratura americana dico, era divisa tra le decine di ore dedicate alla scrittura statunitense ed una parte, più piccola, incentrata su un mondo a nord, oltre i confini del Montana e del North Dakota.

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Fu così che scoprii di un manipolo di autori che tra gli anni Cinquanta e Sessanta diedero vita ad un movimento che impregnava la narrazione di gotico e accenni di postmodernismo, un gruppo rappresentato spiritualmente da Margaret Atwood. Nel 1972 la Atwood scrisse delle invenzione letterarie canadesi in un saggio divenuto divenuto noto tra gli accademici, Survival: A Thematical Guide to Canadian Literature. Seppur buona parte degli accademici canadesi criticò le tesi del saggio la genesi letteraria della Atwood è unica nel suo genere. Secondo la Atwood ogni paese anglosassone ha modellato la propria letteratura a delle condizioni psicogeografiche. L'Inghilterra deve il proprio immaginario al concetto dell'isola (The Tempest, William Shakespeare), gli Stati Uniti hanno sviluppato una storia di frontiera/conquista (L'ultimo dei Mohicani, J. F. Cooper), mentre il Canada si è portato con sé il concetto di sopravvissuto, il survival. Questa condizione ha delle peculiarità che la Atwood delinea in quattro punti, che il protagonista di carta può accettare o rigettare, affidarsi alla scienza o a Dio, o uscirne vivo o morto attraverso la creatività. Ma chi erano questi scrittori canadesi?

Nel 1969 The Edible Woman è il romanzo che porta Margaret Atwood sugli scaffali di mezzo mondo ed in quel decennio una serie di poeti rivisitò l'identità della nazione canadese, gente come Al Purdy e Michael Ondaatje; ma uno su tutti brillava di luce propria, un giovane trentenne di origini ebraiche ed un'infanzia fieramente religiosa, ma anche un appassionato di Federico Garcia Lorca: Leonard Cohen.

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Cohen non è il primo e non è stato l'ultimo a "scoprire" la creazione attraverso la morte. A nove anni perde il padre. Scrive per lui una preghiera e la seppellisce nel cortile di casa. Per sue stesse parole il suo è un non-dolore, come se in lui la coscienza della morte fosse già matura. Cohen da bambino è ossessionato dai testi del Vecchio Testamento e dai fumetti di supereroi americani, in un precoce gioco di meticciato tra sacro e profano. Con l'adolescenza giunge l'infatuazione per le donne ed una strana visione dei personaggi storici e della Storia. Tra una concezione perenne di starsene tra una valle di lacrime ed il Paradiso dei sensi, le poesie di Cohen suonano già mature:

Goebbels Abandons His Novel / and Joins the Party / His last love poem / broke in the harbour / where swearing blondes / loaded scrap / into rusted submarines. / Out in the sun / he was surprised / to find himself lustless / as a wheel. / More simple than money / he sat in some spilled salt / and wondered if he would find again / the scars of lampposts / ulcers of wrought iron fence. /  He remembered perfectly / how he sprung / his father's heart attack / and left his mother / in a pit / memory white from loss of guilt. / Precision in the sun / the elevators / the pieces of iron / broke whatever thous / his pain had left / like a whistle breaks / a gang of sweating men. / Ready to join the world / yes yes ready to marry / convinced pain a matter of choice / a Doctor of Reason / he began to count the ships / decorate the men. / Will dreams threaten / this discipline / will favourite hair favourite thighs / last life's sweepstake winners / drive him to adventurous cafes? / Ah my darling pupils / do you think there exists a hand / so bestial in beauty so ruthless / that can switch off / his religious electric exlax light ? 

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("Goebbels Abandons His Novel", da Flowers for Hitler)

Fiori Per Hitler è una raccolta di poesie pubblicata nel 1964. Un anno prima sui giornali di mezzo mondo si parla del processo ad Adolf Eichmann, lo sterminatore di ebrei e la Arendt discute per la prima volta de la "Banalità Del Male". Cohen rimane colpito dal concetto di orrore percorso dalla saggista e se ne appropria, lo ricostruisce su quei canoni accennati che sfiorano le teorie della Atwood. Nella prefazione de L'energia degli schiavi edizione Minimum Fax dice bene Giancarlo De Cataldo: "con Flowers For Hitler Cohen lancia una sfida all'intera comunità poetica e al suo Paese. Afferma di rinnegare il suo passato di golden boy poet, tenero, allusivo, erotico, dotto. […]La tragedia ha fatto irruzione nel suo mondo."

In un certo senso è vero, d'altra parte l'erotismo è una delle caratteristiche principali del suo secondo romanzo, che viene tradotto persino in cinese, di un capolavoro che sta alla letteratura canadese come il cinema di Cronenberg al cinema canadese. Beautiful Losers (Bei Perdenti)  è stato scritto negli anni trascorsi ad Idra, un'isoletta greca che in quel periodo era considerata una sorta di ritrovo/parco giochi/capitale in miniatura per gli artisti del periodo, e lì Cohen produce una quantità di testi tale che alcune canzoni dei suoi primi due album ne rimangono fortemente ispirate. Tanto per dirne una, So Long Marianne, sui trascorsi con Marianne Ihlen. In quel piccolo paradiso omerico Cohen si innamora di questa modella norvegese che in teoria ed in pratica sarebbe fidanzata con un altro poeta. Le cose andarono avanti e finì che si misero assieme. Ma i viaggi inevitabili e le passioni misero in crisi il rapporto trai due e nello specifico le istanze più religiose del protagonista: I forget to pray for the angels / And then the angels forget to pray for us.

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Beautiful Losers lascia un segno perenne sulla letteratura canadese, e da "Dylan Thomas edulcorato" Leonard finisce sulle sponde di un Bataille. Silvia Albertazzi definisce il romanzo come Vangelo Pornografico, lo stile influenza un po' di gentaglia di lì in poi, come William Burroughs e Norman Mailer. Margaret Atwood nel romanzo rivede uno dei punti essenziali del sopravvissuto, la mentalità canadese di colui che si personifica nella vittima e nel suo dolore. È una storia difficile da seguire, nella quale i personaggi sono destrutturati a partire dai propri nomi, nel quale un'indiana affetta da santità, una certa Kateri Tekakwitha (personaggio realmente esistito), attraversa la storia di uno strambo triangolo amoroso tra un poeta canadese, una nativa americana suicida ed un separatista politico del Quebec. Parla di tutto questo romanzo: di identità, di amore, della frenesia dei corpi, della moralità della carne e dell'eternità dello spirito.

Ricordo di quando una ragazza della quale ero innamorato mi fece scoprire il romanzo e mi lesse di questa incredibile scena nella quale succede qualcosa che non saprei come descrivere: una scena di erotismo feticistico, di adorazione per i capezzoli da parte del protagonista.

Her wondrous nipples were dark as mud and very long when stiffened by desire, over an inch high, wrinkled with wisdom and sucking. I stuffed them into my nostrils (one at a time). I stuffed them in my ears. I believed continually that if anatomy permitted and I could have stuffed a nipple into each of my ears at the same time–shock treatment! What is the use of reviving this fantasy, impossible then as now? But I want those leathery electrodes in my head! I want to hear the mystery explained [..]

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Lo scrittore senza nome e la moglie suicida fanno l'amore leccandosi le dita ed infilandosele nelle narici, alla ricerca di una sessualità meccanica, di una comunicazione tecnologia, senza elettricità, ma nella quale i propri arti e buchi e lingua si ripropongo come elettrodi. Qualche anno dopo David Cronenberg fa il suo debutto nel cinema con Stereo (1969), traslando su pellicola tematiche non differenti.Beautiful Losers, in un certo senso, è il testamento letterario di Cohen. Eh si, a trent'anni, quindi quando si presenta nel mondo della Musica a trentaquattro è ormai un artista maturo e indipendente.

Cohen entra nel mondo del folk come un essere alieno, un adulto in un mondo di ragazzini, ma soprattutto uno che non si porta addosso le parole etichetta giovanili del decennio (rock, rivoluzione, pacifismo, etc.), con indosso un abbigliamento un po' insolito per il periodo, complice la figura paterna. Nathan Cohen aveva studiato per diventare un ingegnere ma ha passato la vita lavorando nel mondo dell'abbigliamento, cosa che ha influito lo stile del figlio,che per sue stesse parole non è mai riuscito ad indossare un paio di jeans, piuttosto formali completi da uomo. Come se non bastasse le sue tematiche lo rendono, nei suoi primi anni di cantautorato, al centro di alcuni attacchi da parte dell'establishment musicale del periodo.

Songs Of Leonard Cohen (1967) viene accolto con un po' di tiepidezza. L'album esce nel periodo della contestazione e per gli hippie di New York Suzanne suona come una roba strana, una "fiaba esoterica" (Roberto Caselli) e Joan Baez non ne parla bene. Ovviamente si ricrederanno tutti, perché quell'album diverrà un piccolo tesoro per quando la rivoluzione si schianterà sull'incubo, e l'autunno canadese di Cohen diverrà sorgente artistica per una serie di cantautori ben più consapevoli come Tom Waits e Nick Cave.

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I primi tre album (quindi, oltre al già citato esordio, Songs From a Room e Songs Of Love and Hate, del 1971) sono costellati da tematiche di recidività d'amore e ovviamente trattano di donne, ma anche di insicurezza e depressione. Cohen soffriva lo spaesamento del periodo newyorkese: dieci anni più vecchio degli eroi del periodo, le droghe divengono un incubo e le visioni catastrofiche prendono forma in "Stories of the Street".​

And if by chance I wake at night / And ask you who I am /Oh take me to the slaughter house / I will wait there with the lamb.

In Songs of Love and Hate vi è una canzone, Dress Reharsal Rag, che su stessa ammissione di Cohen venne presto eliminata dai live. Un folk gotico, ispirato dalla leggenda di un musicista dell'est europa che cantava in modo così deprimente da causare il suicidio altrui.

Nel 1974 esce New Skin for the Old Ceremony. Bob Dylan è ormai in una fase lontanissima da quella del Greenwitch Village (l'incidente autostradale, la fascinazione per il country, il sodalizio con The Band), molti di quegli eroi sono già belli che andati o in fase discendente. Leonard Cohen si può permettere di scrivere Chelsea Hotel#2, un inno funebre ad una cantante senza nome che si scoprirà essere Janis Joplin.  È un testo che riesce a fondere quel senso di vittimismo (ancora) "You told me again you preferred handsome men / but for me you would make an exception" e una dichiarata pornografia "Giving me head on the unmade bed" totalmente in discrasia con un giro arpeggiato malinconico. Diventa iconico quel "Well, never mind We are ugly, but we have the music", generazionale.

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Verso la fine degli anni settanta la popolarità di Cohen è in discesa, e nel 1977 succede una cosa che segna la carriera dell'artista: la collaborazione con il teorico del "Wall Of Sound" Phil Spector, chiaro segno di distacco dalla musica folk. Death of a Ladies' Man fu un esperimento criticato dai fan del folk ma che accolse gli apprezzamenti, a dire di Leonard, dei punk e della massa della nuova generazione nascente.

In quegli anni si aprono le porte del Buddismo. È una questione complessa, questa, e purtroppo non ne posso scrivere, è qualcosa di molto privato, in quanto pare che il percorso di vita di Cohen fosse spesso contrassegnato dal fantasma della depressione. Un'ombra che cominciò a prendere forma con l'abbandono dell'idillio greco e assunse già una certa maturità ai tempi delle difficoltà di  New York. Dopo le anfetamine e gli antidepressivi l'incontro con il buddismo gli diede una potente filosofia alla quale aggrapparsi, e l'incontro con il maestro Roshi lo spingerà ad un decennio di semi isolamento.

Prima ci sono gli anni ottanta, teatro di un Cohen inarrestabile. Le sonorità pop e quasi country prendono vita in Various Positions (1984), al suo interno vi sono due dei pezzi immortali del nostro. È pop, ma ovviamente, diverso da quello di Madonna e Michael Jackson. La Columbia che deve produrre il disco alza le mani: è uno strano pop triste e troppo religioso, ma Cohen tira dritto e  con l'aiuto di un sintetizzatore completa un album che disquisisce per tutti i suoi minuti di religione, alla ricerca di una coerenza tra una fede ebraica ed una meditazione "atea" di stampo buddista.

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Dance Me To The End of Love apre con un coro femminile ed una voce ormai invecchiata e gracchiante, vicinissima a quella di un Tom Waits, manco a farlo apposta, in quel periodo a un passo da Rain Dogs (1985). La canzone può considerarsi come un seguito o in contrapposizione di "So Long, Marianne". Pare che fosse dedicata a Dominique Isserman, conosciuta, anche questa volta, sull'isola di Idra.

Hallelujah è l'apice, poco da dire. Fatemi fare lo stronzo e dire che nessuna cover di questa canzone raggiunge l'originale, un po' perché a cantarla è chi l'ha scritta, la storia di Re Davide, e in realtà sta parlando di sé stesso, delle sue idiosincrasie con la vita, di Dio, delle prove fallite e delle rovine amorose … E allora difficilmente potranno imitarti. In Hallelujah, Testi Commentati, Caselli fa notare come Cohen in questa canzone espliciti qualcosa di percepito ma mai dichiarato, ovvero dell'amore per Dio manifestato non solo con la preghiera, ma con la forza dell'amore umano sincero e l'apice dell'orgasmo come atto finale.

I'm your Man (1988)  chiude gli anni ottanta a partire già dalla sfacciataggine pop del giro di basso della prima traccia, "First We Take Manhattan​", che condivide con "Everybody Knows"  tematiche di attualità, guerra, terrorismo bugie di Stato.​ Leonard Cohen è ormai un simbolo del decennio, in Miami Vice lo vediamo apparire nella parte di un agente dell'Interpol e si ritrova candidato al Genie Award (l'Oscar canadese) per aver musicato Night Magic, un film musicale di cui è anche co-sceneggiatore.

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Adoro "I'm Your Man". Credo che quell'intro del synth sia una bomba, affiancato ad una ritmica quasi voodoo. La canzone parla di questo tizio che proprio non ce la fa. Probabilmente ha tradito, o è stato tradito, e per tornare con la donna che ama potrebbe fare tutto, diventare tutto: un amante, un compagno,  un pugile, un dottore, un autista, un amante. Ma il bello è che lo dice fin da subito, I'll wear a mask for you, indosserò una maschera. Insomma, sotto sotto rimango sempre quello.

Nel 1992 esce The Future, e poi Leonard Cohen sparisce per una decina di anni buoni. La depressione torna, ci combatte, ma intanto si rifugia nel tempio buddista di Roshi. Compie una vita fatta di cose semplici, di passeggiate alla ricerca di albe e tramonti sulle colline di Monte Baldy in California. Di quel suo periodo vi è un documentario, girato nel 1996, nel quale lo si può ammirare in occhiali da sole e divisa da monaco. E niente.

Certo, alcuni di voi potrebbero storcere il naso. Io stesso provo di imbarazzo se non ribrezzo nello scrivere "praticare il buddismo trai ricchi colli californiani". Stona e sa di facile escamotage  all'esistenza, tu ricco cantante di successo che ti  "rifugi". Lungi dal voler scrivere una masturbazione agiografica su Leonard Cohen, ma molto meglio vederlo rasato a zero alla ricerca dell'annichilimento dei sensi, dato che poteva andare molto peggio: per un breve periodo, a metà anni Settanta, ha flirtato con Scientology, cosa che si concluse con un nulla di fatto ed una esoterica citazione presente in "Famous Blue Raincoat".

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Non saprei come gestire a parole il Leonard Cohen degli anni Duemila. Anni che mi sono sembrati così "poveri" del poeta canadese per quanto mi riguarda. Lo dico parlando dal punto di vista di chi ha passato quel decennio ascoltando musica di merda e pensando che l'apice fosse il ruock del Led Zeppelin e cazzi vari. Il ritorno di Cohen avviene con due album, The New Songs e Dear Hunter. Il singolone "In My Secret Life" in Canada lo rende vincente di premi su premi. C'è questa meravigliosa collaborazione con Sharon Robinson, una donnona  talentuosa che diviene coatrice dei testi. Ma ho l'impressione che sia stato un decennio attraversato con un certo silenzio mediatico, la retromania di Simon Reynolds doveva prendere ancora vita, dieci anni che avevano la bocca sbavante per due mondi che facevano a capo ai Radiohead e Kanye West.

Fanno due passi avanti e tre indietro gli ultimi album, Old Ideas (2012) e Popular Problems (2014). Come posso descriverli? Se ne va il potente sintetizzatore dei vent'anni prima, e come altri della sua caratura il nostro si rifugia in senilità nel calore delle ballate ancestrali. La depressione è ormai lontana, le rughe sono tante e la voce è lenta e quanto più profonda si possa immaginare. Ad accompagnare Cohen c'è una band con i controcazzi, tra cui figura Patrick Leonard, storico musicista e produttore della prima Madonna.

Going home without my burden, / Going home behind the curtain / Going home without the costume that i wore

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Vi ricordate la maschera di "I'm your Man"? Sembra quasi volerci dire che ora non è più tempo di essere altro. Ora non c'è più bisogno di fingere, si torna a casa tranquilli. Old Ideas appare come un album "positivo", o almeno, anche nella tristezza pare esserci una rassegnazione matura, artistica, e con questo sto parlando di Darkness.

In Popular Problems la voce di Leonard Cohen, se possibile, è ancora più cupa.  Difficile tirare fuori una hit mondiale a ottant'anni superati, ma "Nevermind" lo è, anche grazie al fatto che viene utilizzata nei titoli di testa della seconda stagione di True Detective. Il testo pare una rassegnazione al conflitto israelo-palestinese, la voce è quella di un soldato, un assassino, forse il demonio che pacificamente vive come nostro vicino di casa. "Did I Ever Love You" ha questa stranissima (e piacevole) combinazione di una voce stanca e straziata ed un coro femminile alle soglie di un pezzo dei Lumineers. Sono serio, non scherzo.

Il nuovo You Want It Darker, invece, arriva un po' a sorpresa per quanto mi riguarda: tre album in cinque anni sono tanti.  Ma ben vengano! Nel Vecchio Testamento, precisamente nella Genesi, Abramo se ne sta bello bello a pascolare le pecore quando Hashem, ovvero Dio, gli appare per ordinargli di giustiziare suo figlio Isacco (ricorderete poi che era tutto uno scherzone). Hineni!, risponde Abramo, che sta per "Sono qui/Sono pronto". Ed è quello che dice Leonard Cohen nel singolo del suo nuovo album, circondato da una musica lugubre e una vera e propria dichiarazione di totale concessione alla morte.

Hineni I'm ready, my Lord

There's a lover in the storyBut the story's still the sameThere's a lullaby for sufferingAnd a paradox to blameBut it's written in the scripturesAnd it's not some idle claimYou want it darkerWe kill the flame.

La chiudo tornando sul percorso tracciato da Margaret Atwood in Survival. Forse non esiste una figura letteraria completa come quella che parla in cinquant'anni di poesia, narrativa e musica di Leonard Cohen. In esso convivono le quattro posizioni di quel saggio, che l'artista ha impersonificato in periodi differenti: il rifiuto del proprio status di vittima, la presa di coscienza tramite una potenza superiore, il rifiuto del ruolo dopo averne preso coscienza, infine l'esorcizzazione creativa.

A ripensarci oggi al significato di Dance me to the end of love… ​​__Il percorso sta finendo, lo so io, lo sappiamo tutti, ma soprattutto lo sa Lui. Guidaci Leonard, con una danza verso la fine dell'amore: di una generazione, di un modo di scrivere ormai andato, di una religione, di una rivoluzione letteraria, di un mondo intero.

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