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Il caso Ian Connor, stilista dei rapper accusato di molestie

Da anni esistono denunce contro il collaboratore di Wiz Khalifa, Kanye West ed A$AP Rocky, ma nessuno sembra volerle ascoltare.
Giacomo Stefanini
Milan, IT
ian-connor
Foto via Instagram.

Il linguaggio della moda è un linguaggio molto specifico, basato su un soggetto impersonale, un deus ex machina che decide le sorti di chi opera in quel mondo. Così il business della moda si muove in maree, regolate da misteriose e imperscrutabili fasi lunari. Sulla cresta dell'onda dello streetwear, oggi, c'è Ian Connor.

Chi è Ian Connor? È un giovane cresciuto ad Atlanta che ha iniziato a farsi un nome da creativo su Tumblr, attirando l'attenzione di alcuni brand di streetwear che lo hanno assunto come modello. Ancora teenager, era già stilista di Wiz Khalifa, e poco dopo avrebbe collaborato con Kanye West, A$AP Mob, Virgil Abloh e Kylie Jenner. I giornali specializzati ne parlano come "l'it-boy del momento", il suo profilo Instagram conta oltre un milione di follower e quello Twitter quasi 276mila.

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La cosa strana, nota Tamison O'Connor su Business Of Fashion, è che il suo successo non sembra aver mai subito alcuna conseguenza dalle svariate accuse di stupro che gli sono state rivolte. Era aprile 2016, infatti, quando Malika Anderson, riluttante, ha raccontato la sua storia in un post su un blog. “Nonostante questo non sia il risultato ideale della mia scelta di denunciarlo alla polizia, non me ne pento", ha scritto nel post parzialmente riportato da BoF, spiegando la scelta di seguire la denuncia con una dichiarazione pubblica. "Il sistema non è costruito per me e questa è una cosa che capisco perfettamente dell'America; tuttavia, penso anche che non si possa conoscere il prodotto finale di nulla finché non si prova".

Dopo Malika, altre cinque donne si sono fatte avanti, ma Amber Rose, star della televisione americana, ha dichiarato di aver raccolto le testimonianze di ben 21 persone che avrebbero subito abusi da parte di Connor. È sempre del 2016 la notizia che Connor avrebbe minacciato via DM su Twitter alcune delle accusatrici. Nessuna delle denunce ha portato a un processo per lui, che ha pubblicamente negato ogni accusa (anche con un tweet, ora cancellato, che sospettiamo abbia fatto venire un colpo al suo avvocato: "Io, Ian Connor, Non Sono Uno Stupratore Né Giustifico Lo Stupro In Qualunque Forma o Modalità, Io Non Rispetto I Bugiardi Né Le Situazioni Forzate. Per Favore, Siate Sinceri [maiuscole sue]") e, anche dopo la nascita del movimento #MeToo, ha continuato la sua ascesa nel mondo della moda.

Facendo eco a BoF, che ha avuto il merito di far riemergere questa storia dopo oltre un anno di silenzio dei media, ci chiediamo: come mai tutte queste testimonianze non sembrano aver toccato minimamente la reputazione dello stilista? Le ipotesi che si possono fare sono tante, ma al di là di quanto è già emerso nei casi passati sul potere che un uomo influente può esercitare, nell'articolo troviamo un'interessante riflessione sul razzismo insito nel sistema giudiziario, e nella società americana in generale. Le giovani donne di colore, nota O'Connor citando studi sociologici, sono spesso viste come "ipersessuali" e "instuprabili", uno stereotipo che le rende più esposte a essere inascoltate in quanto vittime: "Secondo la piattaforma online Black Women Too, più di quattro donne nere su dieci subisce violenza da parte di un partner nella sua vita, eppure le autorità effettuano meno arresti in seguito a denunce di vittime nere", riporta l'articolo. Lo ammette anche Chance the Rapper nel documentario Surviving R. Kelly: "Non ho dato ascolto alle storie delle accusatrici perché erano donne nere".

Di certo c'è che una molestia diventa più difficile da dimostrare mano a mano che passa il tempo, e per le vittime di abusi anche nell'epoca post-#MeToo far uscire la verità è tutt'altro che facile. Pur rispettando la presunzione d'innocenza di Ian Connor, non possiamo fare a meno di sperare che la sua posizione venga chiarita con qualcosa più di qualche tweet.

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