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Musica

Perché questo brano appare in ogni stagione di Black Mirror?

Come una canzone sdolcinata anni Sessanta è diventata il filo che lega temi e dinamiche della serie più paranoica della TV contemporanea.
GC
London, GB
Screengrab via YouTube.

Chiunque sia affezionato spettatore di Black Mirror apprezzerà certamente i suoi numerosi riferimenti nascosti, che calamitano l’attenzione verso dettagli da andare a ricercare oltre la visione dell’episodio stesso. Per chi ancora non ne è al corrente o semplicemente non ha mai prestato attenzione a questo aspetto ludico-psicologico, c’è comunque una rigogliosa letteratura nerd, in rete, che cerca di scandagliare tutti gli easter egg presenti tra le trame, aggiornata costantemente con nuovi spunti.

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Questo eterno gioco di specchi e presunti messaggi subliminali altro non è, a dirla tutta, che il significato principe della serie. La cura maniacale per i particolari che Charlie Brooker e la squadra di sceneggiatori ostentano rimane uno dei fattori più apprezzati dai loro seguaci, dal momento che stimola alla ricerca e alla riflessione su un prodotto già basato sulla psicologia. È naturale quindi, per chi si è lasciato trascinare dalla corrente dell'approfondimento, chiedersi se esista un mondo-Black Mirror che collega ogni avvenimento che viene raccontato.

Per molti, quest’autoreferenzialità trova finalmente risposte in Black Museum, che chiude la quarta stagione: nel museo horror di Rolo Haynes scorrono citazioni e allusioni a protagonisti di diverse storie cui avevamo assistito precedentemente, stavolta facilmente afferrabili anche a livello prettamente visivo. Tutte unite da un certo destino macabro, da un vortice di follia culminato in un vicolo cieco esistenziale. Al momento in cui scrivo, sappiamo che non chiuderà alcun cerchio, dal momento che le riprese della quinta stagione sono già iniziate.

Dopo quattro stagioni, sembra chiaro che al centro di tutto questo simbolismo stia un elemento che anche i meno attenti avranno notato. Appare in Fifteen Million Merits, White Christmas, Men Against Fire e Crocodile, sotto forma di musica.

Si parla di "Anyone Who Knows What Love Is (Will Understand)", brano di Irma Thomas del 1964, che si palesa per motivi diversi nelle quattro storie citate, diventando un espediente familiare, motivo ricorrente e dalle sfumature piacevoli, ma in una cornice di eventi del tutto instabile. Come se le molteplici vicende facessero parte dello stesso scenario, nonostante alcune sostanziali diversità di contesto (in alcuni casi anche molto marcate), a cristallizzare una continuità.

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Il pezzo, di origine puramente soul, fa esordio in Fifteen Million Merits, scelto da Abi Khan per la sua esibizione canora ad “Hot Shot”, il talent a cui gli abitanti di un cripto-cosmo aspirano a presentarsi per sfuggire a una schiavitù perenne su una cyclette elettrica, alla ricerca di fortuna in un altrettanto ambiguo e reprimente futuro televisivo. È necessario un salto alla fine della seconda stagione, nell’episodio bonus White Christmas, per ritrovare le note della Thomas, anche in questo caso inserite sotto forma di performance da parte di una protagonista: Beth si esibisce durante un karaoke ad un pub con gli amici e il compagno, mentre un gioco serrato di primi piani sui soggetti della controversa storia sembrano cominciare a mettere insieme alcuni pezzi di un complessissimo puzzle.

La canzone sbuca poi in Men Against Fire, tra gli episodi più provocatoriamente politici del lotto, intonata minacciosamente dal soldato Raiman nei confronti di Stripe, durante l’inquietante battuta di caccia verso i "parassiti da sterminare", che poi si rivelano essere persone come loro. Il cerchio si chiude in Crocodile – stagione 4 – quando il brano fa da sottofondo alla ricostruzione di un incidente da parte del perito assicurativo Shazia Akhand, che attraverso un dispositivo apposito esplora i ricordi dei testimoni per arrivare a chiarirne le circostanze, incappando in un terribile segreto.

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“Inizialmente è stata scelta perché ha un suono romantico, di un classico senza tempo, eppure non così familiare per il nostro pubblico. L’idea era di far cantare ad Abi una canzone dalla bellezza inappuntabile, mozzafiato”, sono state le parole di Brooker quando la cosa stava cominciando a venire a galla.

L'idea di far trapelare quel senso di universo globale collegato sensibilmente tramite pretesti del genere è emersa casualmente, ha ammesso il creatore della serie, ma ha poi continuato a trovare una certa logica narrativa che stimola altri scenari.

Non sembra esserci nelle sue parole la volontà di spulciare o speculare oltre, ma se vi è capitato di buttare un occhio sul testo di "Anyone Who Knows What Love Is" vi sarete resi conto che tutto sembra ricondurre alle storie che Black Mirror mette sullo schermo. Amore, follia, comprensione e incomprensione, vergogna, imbarazzo, gioia, dolore, fato.

Ognuno dei dettagli che compongono i personaggi confinati in questo microcosmo cinematografico sembra effettivamente essere un grido d’aiuto per la loro condizione nella società, una violenta ma velata stoccata alla tecnologia, al capitalismo, alla decadenza dei sentimenti umani costretti verso una sentenza già scritta.

Per alcuni, il motivo della permanenza del brano è da ricondurre alla sua storia originaria: cantandolo al talent show, Abi Khan rende la canzone una hit amatissima per gli anni a venire. Questo suggerirebbe una continuità cronologica tra gli eventi della serie, al di là della sua presunta forma antologica. Questa teoria è stata smentita dallo stesso Brooker.

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Per altri la continuità suggerita è tematica, e la canzone emerge quando Black Mirror parla d'amore. Un amore che si trova a lottare per il proprio senso contro una realtà incoerente e distorta che sfugge al controllo dei protagonisti.

You can blame me
Try to shame me
And still I’ll care for you
You can run around
Even put me down
Still I’ll be there for you

Data la mentalità intricata, sul filo costante di una doppia faccia della medaglia, ovunque appaia il testo è contemporaneamente una dichiarazione innocente di sentimenti e un grido: “puoi incolparmi, mortificarmi, ma ci sarò sempre”.

Sia Abi, intrappolata in un sistema che sostituisce una schiavitù con un'altra mascherata da libertà, che Beth, soffocata da una relazione senza più ossigeno e dal segreto di essere incinta di un altro uomo, indossano cantando un sorriso che nasconde una profonda disperazione. Dentro stanno pian piano morendo.

The world
May think I'm foolish
They can't see you
Like I can
Oh but anyone
Who knows what love is
Will understand

Ma perché “solo chi sa cos'è l’amore capirà”?

Ciascuno dei personaggi si trova in equilibrio tra la vita e la morte. Anche il soldato Spike si trova a rivelare la menzogna che costringe lui e i suoi commilitoni a un’azione estrema e inumana. Il tentativo di contrastare la logica omicida dei suoi superiori lo sconfiggerà. Ancora in Fifteen Million Merits, Bing dà tutto per amore di Abi, ma rimarrà vittima dei suoi stessi sentimenti. Beth, in White Christmas, si trova trascinata da un amore malato verso la catastrofe; anche lei, in un certo senso, cerca di liberare Joe dai suoi fantasmi (l’alcol, la gelosia), ma troppo tardi.

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Anche l’ingresso del brano in Crocodile, apparentemente senza alcun fine narrativo, rimarca la natura innocente della canzone inserendola nel contesto di un triviale incidente stradale. La seconda volta, tuttavia, fa da sottofondo alla claustrofobica (e fotograficamente tra le migliori) scena del viaggio della Akhand verso la maestosa villa di Mia Nolan, sperduta tra i ghiacciai con un’atmosfera degna dell’Overlook Hotel. Poco dopo, capiremo anche il motivo di questa analogia.

I just feel so sorry
For the ones who pity me
'Cause they just don't know
Oh, they don't what happiness love can be

Anche Mia Nolan, schiacciata dal peso di un segreto troppo più grande di lei, verrà risucchiata dal vortice di quell’amore che l’aveva spinta a mantenerlo. Con conseguenze irrimediabili, persino peggiori di quelle che poteva meritare la sua stanca promessa col destino. Nonostante una vita perfetta, nonostante la famiglia e la carriera, perderà il controllo di se stessa.

Per Brooker, in fin dei conti, non è mai realmente la tecnologia il vero “cattivo” che Black Mirror cerca di mettere in scena. E il motivo, dopo aver analizzato alcuni degli elementi cruciali che paiono sempre emergere dalle nebbie narrative appena dopo quel carillon dolce e fatale, sembra molto chiaro. Ognuna delle persone al centro di quelle storie, per un motivo o per un altro, ha cercato di cambiare rotta troppo tardi, colpevole di non aver fatto prima i conti con la verità.

E nonostante gli immaginari psi-fiction, nonostante la distopia perenne che la serie rappresenta, alla superficie emergono spunti di carattere prettamente umano: un’evasione drammatica dall’amore per qualcuno, dall’amore per la vita stessa.

Giovanni scrive le cose difficili su Noisey. Seguilo su Twitter: @storiesonvenus.

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