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Musica

Siamo stati al Tutto Molto Bello, torneo di calcio della musica italiana

Ogni anno a Bologna puoi guardare musicisti e addetti ai lavori che si spaccano le ginocchia e si allenano a forza di Borghetti e birrette.

A Bologna e in Emilia è come se il gioco del pallone e la musica fossero in una sorta di relazione sentimentale. Dal Baggio di Cesare Cremonini all'Oriali di Ligabue (quello de "Una vita da mediano"), passando per lo stadio Mirabello degli Offlaga ("Piccola Storia Ultras") a quel pazzoide elenco urlato che fu "SS Napoli Football Players 1982-1989" dei Laghetto, attraversando tutti i generi di classe possibili, spesso e volentieri da queste parti c'è scappato il riferimento a qualche calciatore di turno. Ne conviene che il Tutto Molto Bello è una cosa particolarmente sentita. Ma facciamo un passo indietro.

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Il Tutto Molto Bello è un torneo di calcetto delle etichette indipendenti. Lo organizzano realtà locali, si tiene a metà di Settembre nei dintorni del Locomotiv Club di Bologna, dopo lo storico Ponte Stalingrado, all’inizio della Bolognina e a due passi dallo storico centro sociale XM24. Ci sono poi tutte quelle attività da festivalino in un settembre ancora caldo, ma il vero punto a favore dell'evento è il fatto che andandoci puoi assistere a qualche più o meno noto musicista/addetto ai lavori perdere un litro di sudore e una coronaria. Poi molte delle 32 squadre partecipanti scendono in campo sfoggiando un'ammirevole forma, ma si può sempre sperare. La struttura è la stessa dei Mondiali o della Champions League: gironi da quattro in cui passano le prime due e via così verso gli ottavi.

La fascinazione nei confronti dello sport che anima il Tutto Molto Bello è fortemente legata agli anni novanta e ai primi duemila, quando il calcio era fatto di storie epiche cucite sulla pelle dei gregari e anti-eroi. I gironi non hanno nomi anonimi, tipo “Gruppo A”, ma sono dedicati a personaggi come Renè Higuita, Jonathan Bachini o Francesco Flachi.

Uno scatto premonitore di come andrà a finire la cosa.

È in questa atmosfera da piccolo mondo antico che ho seguito da tifoso le partite della Oh!Dear Records, piccola etichetta DIY, che si presentava al torneo per la prima volta e aveva scelto il nome di Oh! Dear Rangers. Mi piaceva l’idea di seguire una squadra di ragazzi che hanno preferito la costanza dell’aperitivo pre e post cena agli allenamenti settimanali, e a una dieta e uno stile di vita regolare. Molte squadre, tra cui il team Primavera Sound, La Fabbrica e Ikebana Records, scendono in campo per vincere. Insomma, seguire i Rangers è stato un po' come seguire il Costa Rica ai Mondiali.

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Negli Oh! Dear Rangers ci sono elementi che gravitano attorno all’etichetta: chi per questioni di collaborazioni, chi per produzioni e chi per semplice amicizia. La loro prima partita è contro un'agenzia di booking romana, la OTR Live. La squadra è composta da Paolo e Francesco dei Bulgarelli, che fanno emo sullo stile dei Cap'n Jazz; Luigi, bassista degli Earthset; Mirko, l'invisibile tastierista dei Pasquetta Jihad; Davide, ovvero Garda1990, che presto uscirà col suo primo singolo; Roberto “Troddio”, marchigiano noto nella scena romana; Alessandro e Valerio Astio, membri degli Stocktones, arrivati da Perugia in compagnia dell’amico Giulio. Infine nei panni della Presidente c’è la proprietaria dell’etichetta, Tea, fornitrice delle casacche ufficiali del team.

Schiena sudata post-partita.

Negli OTR giocano invece alcuni membri della Bandabardò, il che mi fa pensare che l'era gloriosa del folk da matrikole socialiste (con annessa bottiglia di plastica contenente sangria fatta in appartamento) è ormai giunta al termine, e che è meglio darsi al calcio. Impressione confermata anche dalla sconfitta che i Rangers infliggono ai loro avversari, che crollano dopo un 2 a 1 sofferto nonostante stessero incontrando una squadra che, senza essersi mai allenata, nella totale improvvisazione tattica e fisica, è riuscita a scendere in campo con la dignità e la voglia di far male.

Certo, la vittoria è stata sofferta. Se davanti c’è quella confusione di chi, nei giorni precedenti, ha preferito la birra al Gatorade, tra i pali Giulio mostra un paio di parate sicure. Sulla maglia porta il numero e il nome di Mazzantini, omaggio all’Ivan che dal ‘99 al 2002 fu titolare dei grifoni.

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Notare la perfezione della linea difensiva.

C’è aria di festa. Qualcuno si azzarda al "vinciamo la prossima e andiamo agli ottavi.” Ci sono una ventina di minuti di pausa tra una partita e l’altra. C’è chi si riposa come una lucertola accasciandosi al sole e chi, come Paolo, fumandosi una sigaretta con gesto zemaniano. O come la chiama lui - da buon sassarese - una zizza. Ne approfitto per offrire un caffè Borghetti a Valerio e farmi raccontare qualcosa. Aveva già partecipato al TMB qualche anno prima con il team Green Fog, vecchia etichetta legata ai Meganoidi.

Anni fa Valerio ha fondato Astio Collettivo, che è stato un movimento dell’underground perugino e ha fatto anche da etichetta (tra le produzioni compare anche il duo Autunno) oltre che da aggregatore artistico. Finita l’esperienza del collettivo, da qualche mese Valerio è ripartito da zero con il mondo della musica e suona il basso negli Stocktones.

Valerio e un Borghetti pre-partita.

Nell’area del campetto si presentano gli avversari successivi, i Garrincha All-Stars, squadra legata all’omonima etichetta bolognese che ha lanciato Lo Stato Sociale. Speravo di trovare Lodo in campo ma nel gruppo non riconosco volti noti. In compenso erano presenti Cimini, componenti dei Loren e di Edo e i Bucanieri. Gli All Stars hanno perso la loro prima partita contro il Collettivo HMCF e questa la devono vincere. Ai Rangers andrebbe bene anche un pareggio, ma vincere significherebbe giocarsi l'ultima del girone con gli organi spenti.

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La partita, vista con gli occhi di un simpatizzante dei Rangers, fa male alle valvole cardiache. Nei primi minuti qualcosa funziona, anche bene. Mirko è alto e magro, imponente nel suo fisico da lontra killer. In avanti i polmoni collettivi di Garda1990 e Stocktones danno aria, mentre Luigi ha il passo del gregario e il volto di Paolo Montero. Valerio Astio segna l’1-0, un tiro di sinistro dalla tre quarti, complice anche una debolezza del portiere avversario. Ma con il passare dei minuti, la stanchezza prende il sopravvento tra le file dei Rangers. E salgono gli All-Stars, che cominciano a bersagliare la porta dei nostri come se fosse stato un diletto tra fucilieri della domenica mattina. Giulio è toccato dalla santità di Yashin, storico portiere dell’Unione Sovietica, tra colpi di reni e riflessi da giocatore professionista di Call of Duty.

A cinque minuti dalla fine arriva il pareggio, sull’unico errore del Mazzantini di provincia. I minuti passano e si spera a questo punto in un sudatissimo 1-1. Ma quello che succede sul finale ha il sapore amaro di Corea del Sud - Italia: calcio d'angolo calciato velocissimamente all'ultimo minuto e, con chissà che diavolo di prodezza e ingiustizia trigonometrica, la palla finisce dritta in porta. E a Il volto della confusione e di chi non ci vuole credere è stampato sulle facce bagnaticce dei Rangers e dei suoi (sei, penso) tifosi. Cosa cazzo è successo? L'arbitro fischia la fine e si torna al sole. La magia di venti minuti prima sembra già lontana, l’acido lattico comincia a farsi sentire dietro i calzettoni di cotone.

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Contrasto sulla fascia durante Garrincha-Rangers.

L’atmosfera in attesa della terza partita non è rilassata, ma nemmeno drammatica. Anzi, ci sono sorrisi e battute. Direi che la malinconica serenità dei Rangers mi sembra di averla letta sui libri di storia: è quella che avevano i giovani della Grande Guerra prima di saltare fuori da una umida ma sicura trincea. Prima di scendere in campo i ragazzi si danno un paio di suggerimenti. Paolo deve andare sotto porta, attendere il pallone e tirare: "Solo così possiamo metterla dentro con ‘sta stanchezza", sento dire.

La partita dei Rangers contro il Collettivo HMCF dura qualche minuto e, nonostante le prodezze di Giulio, i miracoli non esistono. Il risultato finale è un 7-0 tennistico. Un genocidio perpetrato da un gruppo di ragazzi in una forma fisica invidiabile che corrono senza sudare. Insomma: Beppe, non si va a Berlino. Se tutto questo fosse stato un film di guerra e la squadra un gruppo di marinai di un sottomarino inglese, questo articolo si sarebbe chiamato L’affondamento del Ranger.

Una bella paglia pre-partita per il boss del Collettivo HMCF.

Ma ehi, è pur sempre festa. Per me finisce il ruolo da cronista del team, per i ragazzi in casacca rosa quello del milite ignoto. Dopo cinque minuti siamo a riprenderci fuori il bar Kinotto, una volta detto "il cinese", storico luogo per ubriacarsi nei post concerto del Locomotiv. C’è aria di festa paesana, bella gente. Mentre i Rangers, da professionisti della sconfitta, non rinunciano a una birra ordinata ai tavoli di legno fuori il Kinotto, io mi siedo con loro a cazzeggiare.

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Mi metto ad ascoltare i concerti del pomeriggio: mi chiedo per mezz’ora chi sia il ragazzo che fa karaoke di Carl Brave e di Coez, i quali maledico come si maledicono i Pink Floyd quando ci si imbatte in una loro cover band paesana, ma solamente oggi scopro che il tizio in questione è tal Postino e fa musica, a quanto pare, originale. Successivamente arriva il turno di CRLN, che con un sound a là figlia illegittima dei Portishead/London Grammar funziona più che bene.

Abbandono i superstiti del Rangers, tra sorrisi si promettono un anno di allenamenti al parco, ed un secondo anno in una forma fisica e tattica migliore. La sera torniamo in zona per gli eventi notturni, ma ero talmente sbronzo che non ricordo granché. Molta gente, un concerto dei Pop X. C’è chi dice che il concerto non sia stato il massimo. Il sottoscritto si è divertito molto quando hanno fatto "Litfiga", se proprio volete saperlo. C’erano dei dj set dentro il Locomotiv ma, ehi, me li sono persi.

La finale.

L'articolo dovrebbe finire qui, perché questo doveva essere un pezzo dedicato all’impresa dei Rangers. Ma è anche vero che non potevamo esimerci dal presenziare la finale del torneo, anche perché Tutto Molto Bello si meritava di essere visitato anche il secondo giorno. E chi abbiamo trovato nell’ultima del torneo? Proprio loro, quelli del Collettivo HMCF, a giocarsela con il Primavera Sound FC, squadra degli organizzatori dell’omonimo festival. Gli spagnoli giocavano la finale con i pronostici dalla loro: erano i detentori dell’edizione precedente e avevano strappato un quarto posto a quella prima

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La partita è appassionante: se da una parte il Primavera mette sul piatto piedi buoni e qualità, dall’altra il Collettivo mostra quello che era già evidente, ovvero prestanza fisica e gran velocità. Finisce 6-3 per il Collettivo. Gran festeggiamenti, uno striscione con tante firme (quel collettivo deve essere davvero grosso) e la sensibilità giusta nel discorso del Presidente della squadra, meritevole di aver dedicato la vittoria a Paradoz, artista locale venuto a mancare pochi mesi fa.

La cerimonia di premiazione.

È il minimo citare alcuni dei nomi del collettivo bolognese che, quest’anno, ha dimostrato di essere la corazzata che nessuno avrebbe voluto incontrare: Nicola Nesi (conosciuto per il duo After Crash), Tempesta dei Quai du Noise, Spagna e Bruno (futuro duo punk), Dede (il batterista dei Belize), trai pali Luca (Oscx2 e Cimini), e poi Fosco17 e Valatola (in uscita con un album). E nelle vesti del mister pare ci fosse tale Salmi “gioia e rivoluzione”.

Qui da Bologna è tutto, linea allo studio.

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