the shaggs

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Musica

La storia delle Shaggs, la miglior peggior band della storia

Come tre sorelle obbligate a lasciare la scuola e fondare un gruppo (per colpa del padre e di una veggente) hanno scritto un classico del rock.

Qualche giorno fa io e il mio ragazzo ci siamo ritrovati a giocare a un gioco molto divertente chiamato "Trova la peggior canzone che puoi trovare su YouTube." A un certo punto, appena dopo questa terribile cover di "Electric Feel" degli MGMT, lui ha deciso di alzare l'asticella facendomi sentire una canzone che non mi era mai passata davanti: "My Pal Foot Foot" delle Shaggs. Le mie orecchie sono state riempite da un'assurda cacofonia di percussioni confuse, nervose melodie di chitarra da due soldi, e una linea vocale che definire "innaturale" è poco. Non c'era traccia di un basso, ma forse era meglio così! Solo accordi graffianti e scordati, con sopra una voce con un forte accento del New England che si lamentava di aver perso il suo caro gattino Foot Foot.  Lo sfondo del video era un'immagine in bianco e nero che ritraeva tra ragazzine boccolute che mi guardavano con dei sorrisi strani e disorientanti. Era qualcosa di inquietante, come se fosse il prodotto del talent show di un culto perverso degli anni Settanta. I loro ghigni mi facevano venire voglia di allontanarmi il più possibile dallo schermo e pensare seriamente alle mie scelte di vita.  Dot, Betty ed Helen Wiggin erano tre sorelle di Freemont, un piccolo paesino del New Hampshire. Hanno suonato assieme tra gli anni Sessanta e i Settanta dietro ordine di loro padre, Austin Wiggin. Raggiunsero una relativa fama nel decennio successivo, ma il fatto che ne abbiano ottenuta anche solo un minimo mi lascia senza parole. Non erano musiciste con una grande visione sul futuro della musica; solo ragazzine che non sapevano suonare i loro strumenti. Quello che mi confonde di più, però, è che anche l'adolescente senza talento medio riesce ad avere una sorta di senso del ritmo: in "My Pal Foot Foot" non ce n'è alcuna traccia.

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Insomma, "My Pal Foot Foot" era la canzone peggiore di sempre, suonata dalla peggior band di sempre. Le Shaggs erano disorganizzate, avevano testi assurdi permeati da una sorta di carineria ostentata e malata; sembravano sbagliate sotto ogni aspetto. E le altre canzoni del loro album di debutto, Philosophy of the World, non erano affatto meglio. Morale: ho chiesto al mio ragazzo di togliere quel video e di lasciare che le mie orecchie si cicatrizzassero.  Poi, però, ho scoperto che le Shaggs si stavano per riunire e avrebbero suonato dal vivo al Solid Sound Festival, organizzato dai Wilco, più di 50 anni dopo la loro formazione. Allora ho deciso di ascoltare davvero Philosophy of the World, dall'inizio alla fine. E poi è successo qualcosa di strano. Mi sono resa conto che più ascoltavo le loro dissonanze, più mi sembravano coese e coerenti. Il mio cervello, a tratti, riordinava le loro chitarre maldestre e le loro percussioni impacciate in qualcosa di sensato. Le Shaggs stavano iniziando a piacermi.  E non sono l'unica persona che ormai pensa che siano la MIGLIOR peggior band della storia. Si dice che Frank Zappa le considerasse migliori dei Beatles, Kurt Cobain mise il loro album al quinto posto della sua personale classifica di album preferiti di sempre, e Lester Bangs lo chiamò "uno dei capolavori della storia del rock 'n' roll."

Immagine: Dot Wiggin

Ma la loro incomprensibilità e la loro irrazionale e assurda scalata verso la fama mi fa pensare: le Shaggs ci piacciono solo perché ci spingiamo a farci piacere le cose strambe? Se l'è chiesto anche Dot Wiggin, la cantante e principale autrice delle canzoni delle Shaggs, arrivando alla conclusione che probabilmente la gente si prende bene con la sua band per la storia che ha dietro più che per le sue canzoni.  Ed effettivamente quella delle Shaggs è una grande storia. Ci sono dentro superstizione e veggenza, un padre severo immedesimatosi nel loro manager, e il rapporto tra tre sorelle di paese capitate alla fama dodici anni dopo averci provato seriamente.  Austin Wiggins aveva visto avverarsi due delle previsioni che una chiaroveggente aveva fatto a sua madre leggendole la mano: avrebbe sposato una donna dai capelli biondi e avrebbe avuto due figli dopo la sua morte. La terza diceva che le sue figlie, un giorno, avrebbero fondato una band di successo—e quindi Wiggins fece un tentativo. Le ritirò da scuola e le fece provare dall'alba al tramonto, facendole esibire ogni sabato sera al municipio del loro paese.  Dopo la morte di Wiggins, le Shaggs si sciolsero immediatamente. Ma nel 1980, all'improvviso, due DJ americani trovarono una copia di Philosophy of the World e ne furono affascinati. Si chiamavano Terry Adams e Tom Ardolino, lavoravano per la stazione radio NRBQ e decisero di ristamparlo con la loro etichetta. L'industria musicale si innamorò subito delle Shaggs: la loro storia è una di quelle perfette per essere trasformate in materiale da Oscar (e infatti qualche anno fa a Hollywood si parlava di un film su di loro).  C'è chi ha detto che la mano di Austin si sente, nelle loro canzoni, e la sua influenza sulle figlie è indubbia: in fondo era una figura costante nella loro vita, le teneva sempre sott'occhio e non si faceva scrupoli. Molti hanno notato che la loro musica sembra quasi dolorosa, come intrappolata, come se tra le pieghe di quella voce starnazzante ci fosse una storia terrificante da raccontare. Il principale colpevole di questa teoria è un pezzo come "Who Are Parents?", che sembra un severo dito medio ai bambini che non obbediscono ai loro genitori. "Dobbiamo ricordarci / Che i genitori sono gli unici che ci capiranno sempre / Sono gli unici a cui davvero importa qualcosa di noi," canta una voce tesa e angosciata.

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Ma Dot stessa ha detto che i suoi testi maldestramente ingenui non sono proprio richieste d'aiuto. In un'intervista a Rolling Stone, ha dichiarato che lei e le sue sorelle "hanno sempre rispettato i loro genitori", e che "c'erano molti ragazzi che non rispettavano i loro genitori e li facevano stare male, quindi avevo pensato di mandargli un messaggio." Quindi, se le loro canzoni non nascondevano tragici messaggi segreti pensati per fuggire dalle grinfie di un padre autoritario, che cosa resta alle Shaggs?  La loro musica, credo. Ma siamo seri? Toglietegli la loro storia ed è difficile pensare alle loro canzoni come qualcosa di innatamente "valido". Dico questo conscia del fatto che al mondo esistono persone a cui piace sinceramente ascoltare Metal Machine Music, e Philosophy of the World è molto più facile da capire che quella mostruosità. Le Shaggs hanno senza dubbio una qualità sperimentale non intenzionale, a tal punto che sono state paragonate al free jazz di Ornette Coleman, e nonostante quello che si può credere avevano qualche idea su quello che stavano facendo.  Insomma, si chiama "essere dei geni accidentali." Ovviamente le Shaggs non stavano provando a scrivere pezzi proto-punk—stavano provando a scrivere pop tradizionale, ma senza le conoscenze o le competenze per emulare le formule dominanti tutto quello che potevano fare era assicurarsi che stessero seguendo un arrangiamento attento ed elaborato. Brittany Anjou, pianista, vibrafonista e membro della Dot Wiggins Band, ha detto che le melodie delle Shaggs "sono basate su scale pentatoniche, ma poi escono di testa e passano alla nona o alla quarta. Quando gli stessi cinque ingredienti e note chiave, ma mandando completamente a puttane il loro ordine naturale." Ancora, genio accidentale: a questo punto, qualcosa che possiamo considerare parte del fascino delle Shaggs.  Però devo dire che quello che mi ha convinto del valore delle Shaggs è stato qualcosa d'altro: la loro abilità di mantenere l'innocenza propria della loro età nonostante tutto. Le sorelle Wiggin erano ancora molto piccole quando loro padre le tolse da scuola e le obbligò a suonare in un gruppo, e le loro canzoni rivelano quanto sane continuavano a essere, quanto poco pronte erano al mondo della musica nel quale erano state gettate. "Non si può far felice nessuno in questo mondo," cantano in "Philosophy of the World": un sentimento piuttosto cinico, a prima vitsa, ma coperto da una strumentazione disorganizzata che sa, in fondo, di… caldo.

Nei commenti allegati all'album, Austin Wiggin parla dell'unicità dell'approccio delle Shaggs e dei ragionamenti poetici dietro alla loro confusione stonata. Per Austin, le parti di batteria irrazionali e le linee vocali bizzarre e apatiche delle sue figlie non erano irritanti quanto romantiche: "La loro musica è qualcosa di diverso, qualcosa di profondamente 'loro.' Ci credono, la vivono. È parte di loro, e loro sono parte di essa. Forse solo le Shaggs, tra tutti gli artisti contemporanei, fanno quello che gli altri vorrebbero: esibire quello in cui credono, quello che provano." E mi dispiace dirlo, ma ha quasi ragione.  Le Shaggs sono senz'altro inquietanti—sono troppo poco naturali per non esserlo—ma perlopiù sono incredibilmente innocenti, e lo sappiamo sia grazie alla loro storia che alle loro canzoni. Certo, Helen probabilmente stava prendendo a cazzotti quella batteria senza alcun motivo, e Betty e Dot sapevano a malapena suonare le loro chitarre, ma sotto sotto erano spinte da era un desiderio di migliorarsi, di essere effettivamente apprezzate dai ragazzi del loro liceo che gli tiravano lattine vuote quando le guardavano suonare dal vivo. Volevano essere gli Herman's Hermits, ma non sapevano come fare. Allora scrissero delle sorte di filastrocche pericolanti, fiabe sorrette da grandi messaggi e strani inni critiani—perché era tutto quello che conoscevano.  Le Shaggs non sono la miglior band della storia. I gruppi migliori sono determinati e ragionano su quello che fanno. Ma si meritano un ascolto per la loro dualità involontaria: caos e calma, disordine e bellezza. È strano—l'unica persona che ho mai sentito descrivere accuratamente quello che penso di loro è loro padre: "Dovrebbero piacervi perché sapete che sono pure. Che cos'altro volete?"

Immagini: Geoffrey Weiss/Light in the Attic
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