Una giornata ai domiciliari con Rasty Kilo
Tutte le fotografie sono di Sha Ribeiro.

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Musica

Una giornata ai domiciliari con Rasty Kilo

"Se nasci in un contesto degradato, certe volte non hai scelta. Capisci che voglio dire?" abbiamo passato un po' di tempo (via webcam) con Rasty Kilo.

La prima volta che parlammo di Rasty Kilo, fu a febbraio 2016: ci chiedevamo quale ruolo il suono e l'estetica grime, da lui adottati in chiave ostiense, avrebbe potuto avere nell'allora nascente nuova consapevolezza nel rap italiano. Il mese dopo intervistammo lui e il suo produttore Stabber. Rasty era da due anni nel collettivo Machete, terminata l'esperienza con i Rapcore, e aveva trovato uno stile e una nicchia che poteva veramente chiamare suoi. Invece di soffiare sulle braci e aumentare l'intensità del fuoco che aveva addosso, però, Rasty ha tenuto accesa la fiamma tenendo un basso profilo—ha continuato a lavorare al suo nuovo disco senza troppa fanfara fino alla pubblicazione, quattro mesi fa, di un vlog e di un nuovo, ottimo video: "Black Bloc." Poi, dal nulla, la notizia di un suo arresto. Lo scorso 9 aprile, sui suoi profili social è apparsa una foto che lo ritrae mentre guarda fissamente nell'obiettivo—accanto, in caratteri cubitali, la scritta "FREE RASTY". Accanto, un messaggio accorato: "Siamo vicini tutti quanti alla famiglia di Rasty e al figlio Michael. Supportate il vero fategli sentire calore, per lui non siete fan ma famiglia. Speriamo presto di vederlo sui palchi e sentire la nuova musica che stava producendo." Rasty Kilo è agli arresti domiciliari da ormai due mesi; ed è per questo che, quando lo chiamo per organizzare l'intervista, Dove ci vogliamo incontrare? non è esattamente la prima domanda più furba che avrei potuto porgli. Fortunatamente Rasty è comprensivo e perdona la mia stupidissima gaffe senza farmela pesare. Inizialmente, l'idea era quella di vederci a casa dei suoi genitori, a Ostia, dove Rasty sta scontando la pena in attesa del riesame di Luglio, ma poi apprendo che la sua ordinanza non prevede la possibilità di ricevere visite e di conseguenza decidiamo di arrangiarci via Facetime. Quella che segue è la prima intervista in assoluto a Rasty dopo gli arresti domiciliari.

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Fotografie di Sha Ribeiro.

Che cosa è successo, perché ti hanno arrestato e come?
Guarda fratè, i dettagli dell'arresto non mi va di darli. Comunque è successo che chi va per certi mari certi pesci piglia, come diceva mio nonno… mi hanno fermato per strada e mi so' imboccati in una decina dentro casa. Siccome ero già stato arrestato, ma per una cazzata—c'era la Fini-Giovanardi e mi avevano beccato con qualche grammo—in direttissima mi hanno dato tre anni, ma il mio avvocato che è molto bravo è riuscito a far scendere la pena ad un anno e mezzo. Pensa che rischiavo fino a sei anni. Abbiamo fatto anche la domanda per le firme, però è stata rigettata perché l'abbiamo proposta dopo soli due mesi e mi hanno detto che era troppo presto. Hai avuto qualche disavventura particolare con l'ordinamento penale italiano?
Ti posso dire che in Italia dipende tutto dall'umore dei giudici che fanno il processo. Le guardie mi hanno detto: rischi da così a così, ma poi sta tutto alla "umanità e alla comprensione" del giudice. Cioè, capito come funziona? Se al giudice girano i coglioni magari ti fai il massimo della pena, altrimenti no. E poi dicono che la giustizia è uguale per tutti? Se sei un imprenditore miliardario e ti beccano con qualche sostanza non ti succede un cazzo, e invece sei una persona che ha un reddito più basso… sai chi me lo ha detto che la legge non è uguale per tutti? Me lo hanno detto le guardie, me lo ha detto il mio avvocato, me lo ha detto il giudice. Durante il processo, il giudice ad un certo punto ha detto: "Sì, però sbrighiamoci, che io ho anche una vita privata." Capito? Tu stai giocando con la vita di una persona, con gli anni della vita di una persona, e dici una cosa del genere… io infatti in aula mi sono messo a ridere e gli ho anche risposto, venendo anche richiamato, ma ho riso per non piangere. E il giudice era seduto sotto ad un cartello con scritto, appunto, "La legge è uguale per tutti". In altri paesi, magari, a un reato corrisponde una determinata pena. In Italia, invece, è tutto in mano agli scazzi di qualcuno. Probabilmente, anzi sicuramente, appena esco dai domiciliari me ne andrò via dall'Italia, e suggerisco a chi adesso ha diciotto anni di fare altrettanto. Anche se non hai un soldo: prendi e parti.

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Fotografie di Sha Ribeiro.

Tu sei nato e cresciuto a Ostia, poi a vent'anni ti sei trasferito a Roma. Giusto?
Sì, esatto, a vent'anni. Ho vissuto molto sparso, prima a Piazza Bologna, poi a Centocelle, poi di nuovo a Piazza Bologna, insomma ho girato una cifra, anche se all'inizio non conoscevo quasi nessuno. Le prime volte che sono andato a Roma era tutto molto diverso da Ostia, tutto più grosso, come puoi immaginare. Poi le guardie ad Ostia sono più aggressive… Cioè?
Sì, a Ostia le guardie ti trattano di merda, sempre. Io ho preso più schiaffi dai poliziotti che dai miei genitori, probabilmente. Che poi le guardie ci arrestano però ci conoscono tutti—nome, cognome e nome d'arte. I poliziotti sono i primi ad essere fan, perché noi in una serata prendiamo quanto prendono loro in un mese e così rosicano. Di Ostia si sente spesso dire che è una "realtà difficile", per usare una perifrasi giornalistica particolarmente fastidiosa.
Quando sono andato a Regina Coeli e ho detto ai poliziotti di venire da Ostia, mi sono sentito rispondere, "Vabbè, è normale che sei così allora." E invece no, non può essere normale, manco per il cazzo. Se nasci in certi posti sei bollato. Sei bollato. La gente deve capire, soprattutto questi giornalisti del cazzo che vengono a fare i loro servizi trattandoci e guardandoci come scimmie nelle gabbie, e parlo di Report, Le Iene e programmi simili. La gente deve capire che se qui i ragazzini fanno quello che fanno è perché non hanno scelta. Mio fratello, che si è fatto anche lui il carcere, lavora come barista per tre euro l'ora. Per tre euro l'ora. Come fa una persona non dico a vivere decentemente, ma anche a sopravvivere con tre euro l'ora? Se le persone qua spacciano non è per vivere come dei ricchi, per comprarsi gli appartamenti e le ville con piscina, no, se le persone spacciano è per sopravvivere, per campare sé stessi e le proprie famiglie. Se io spacciavo lo facevo anche per campare i miei genitori e mio figlio Michael. Attenzione, non sto giustificando quello che ho fatto né quello che farò. Sto solo dicendo che nessuno ci dà una scelta. Si tratta di fame. Un angelo all'inferno sarà costretto a comportarsi come un diavolo. Di Ostia si sente spesso dire che è un posto degradato, dove si vive male, ma in realtà da Ostia proviene anche De Rossi, per dire. È solo che le persone costrette a commettere reati per sopravvivere sono la maggior parte e non hanno nessuno stimolo. Io e mio fratello siamo così abituati alla povertà, era una cosa talmente radicata in noi, anche da piccoli, che da ragazzini prendevamo in giro i compagni di scuola perché avevano i vestiti firmati, perché avevano le scarpe della Nike e le tute dell'Adidas. Capito? Quando ovunque è il contrario, e ti prendono in giro se non ti vesti firmato…

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Fotografie di Sha Ribeiro.

Non sapevo avessi un figlio.
Sì, ho avuto Michael quando ero molto giovane, a ventitré anni. Vive con la madre, con la quale ho un buonissimo rapporto. Ovviamente non ho potuto dirgli la verità, e per due settimane intere gli ho detto che se non potevo scendere a giocare a pallone con lui è perché avevo la febbre… fino a che alla fine sua madre lo ha portato a Tenerife per un mese e mezzo, visto che aveva questi biglietti per le mani. I bambini di oggi so' fiji de na mignotta, non ti credere! Quando Michael è venuto a trovarmi a casa dei miei, appena ha visto il mio televisore in camera mi ha detto: "Papà, perché c'è la tua TV in camera dei nonni?". Io gli ho detto che avevo voglia di stare un po' con i nonni perché mi mancavano, e lui ha fatto una faccia che voleva dire: "Vabbè, facciamo finta di crederci." Quando mi hanno arrestato dopo il processo in direttissima e ho passato la notte a Regina Coeli, ovviamente mi sono messo a pensare, ho pensato ai miei genitori, alla mia ragazza, a mio figlio appunto. Poi ho pensato ai miei amici… mi sono detto cazzo, io c'ho almeno una quindicina di persone che stanno a Regina Coeli, se dovessi farmi il carcere almeno lo condividerei con loro. E questo pensiero non ti dico che mi abbia sollevato del tutto, però mi ha fatto stare un po' meglio, questo sì. Ti racconto un'altra cosa. Come hanno reagito i tuoi genitori alla notizia dei domiciliari?
I miei genitori sono comprensivi. Siccome non posso passare i domiciliari nella stessa casa in cui ho commesso il reato sono andato a stare da loro, siccome non avevo altri posti. Mia madre capirai, mi difenderebbe sempre, e mi dice che sono un bravo figlio perché sa che quello che ho fatto l'ho fatto per loro. Ma io non credo che avesse ragione, non credo di essere un bravo figlio.

Fotografie di Sha Ribeiro.

Tuo padre, invece?
Un padre è un padre, magari è un po' burbero ma lo sai ti vuole sempre bene, nonostante le apparenze. Quando l'avvocato gli ha chiesto, dopo l'arresto, se potessi stare a casa con lui e mia madre per il motivo che ti ho detto prima, lui ha risposto: "E' mio figlio, e mio figlio può fare quello che vuole". Lui ha perso il lavoro a cinquant'anni, perché l'azienda per la quale lavorava ha fallito. Se togli a un uomo il lavoro, a quell'età, gli hai tolto tutto, gli hai tolto la dignità. A questo punto compare nella videocamera Massimo, un cugino di Rasty, in arte Hood Fella. Rasty lo fa avvicinare alla videocamera del telefono e mi dice: Questa è una faccia da delinquente, secondo te? Poi si rivolge a lui: Massimo, con quanto ti sei diplomato? Massimo: 78.
Rasty: E che cosa stai facendo adesso, per lavoro?
Massimo: Sto studiando per diventare fonico.
Rasty: E sei mai stato arrestato?
Massimo: Beh… sì.
Rasty: Capito che ti voglio dire? Se nasci in un contesto degradato, certe volte non hai scelta. Chi spaccia e chi commette reati non è per forza una persona cattiva. Ripeto: non voglio incoraggiare nessuno. Sto solo dicendo che spesso un'altra opzione non c'è. In certi contesti, la galera la metti in conto.

Fotografie di Sha Ribeiro.

Credi che il tuo arresto influenzerà il tuo approccio verso la musica, ciò che scrivi nei testi?
Sì; io ho parecchia musica già pronta ma che non farò più uscire, perché ho capito che le persone fraintendono quello che dico nelle canzoni, e adesso prima di far uscire questi pezzi nuovi voglio essere sicuro che il messaggio arrivi nel modo giusto. Sui social network fan e colleghi hanno tutti espresso la loro solidarietà in quest'ultimo mese, con l'hashtag #freerasty. Vuoi dire qualcosa a tutte le persone che aspettano il tuo rilascio?
I primi giorni che ero ai domiciliari mi avevano tolto il telefono. Mi avevano tolto tutto e mi avevano messo sotto controllo fino al processo vero e proprio, perché c'era buona probabilità che andassi a farmi, appunto, un anno e mezzo di galera. Quindi non ho visto subito le cose. Quando ho fatto il processo e mi hanno convalidato gli arresti domiciliari, sono tornato a casa e ho visto tutta la gente che mi aveva scritto… senza nominare nessuno in particolare, perché hanno scritto davvero tutti, sono rimasto esterrefatto. Sia dai rapper, i miei colleghi, sia gli amici e tutti i supporter che avevo, mi sono ritrovato una cosa come seimila messaggi, seimila di numero. Volevo dire a tutti quanti grazie, sono stato veramente felice; certi messaggi continuano ad aiutarmi a superare determinati momenti, che sono una merda qui. Spero di uscire presto e di beccarvi per strada o ai live, e spero che sentirete nuova roba mia al più presto. Pregate per Luglio, che c'ho il riesame. Un bacio a tutti da Rasty. Segui Noisey su Twitter e Facebook. Altro su Noisey: Rasty Kilo e Stabber sono i pionieri del grime italiano Il rap italiano spiegato dagli inglesi Dieci foto dell'età d'oro del grime e le storie che le hanno ispirate