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Cibo

I Bananacoin esistono e c’è già chi li compra

Se siete in cerca di un buon investimento comprensibile anche ai vostri genitori, beh, eccolo qui.
Foto via Flickr user Rick Harris/ collage by MUNCHIES Staff

Io non so niente di Bitcoin, ma l’ultima volta che sono andata a fare visita ai miei genitori mi sono ritrovata comunque a dover rispondere a un sacco di domande su questa criptovaluta, per poi ascoltare i racconti di quei loro amici che hanno appena comprato del Bitcoin “per le proprie case”. (Che poi avevano solo comprato un Amazon Echo). E ora come farò a spiegare loro cosa siano i Bananacoin?

Per dirla con il linguaggio degli sviluppatori, “si tratta di un token organico che può essere acquistato usando Ethereum; il prezzo di un gettone è legato al prezzo d’acquisto di 1 chilogrammo di banane.” Quindi insomma, parliamo di un’altra criptovaluta che sicuramente uno dei vostri amici più irritanti potrebbe menzionare al prossimo brunch. Ma c’è di più. Come puntualizzato dal Financial Express, ogni token digitale rappresenta l’acquisto di beni che verranno prodotti in futuro. Ogni singolo Bananacoin rappresenta davvero il chilo di banane che saranno coltivate in futuro in una delle piantagioni infinite in Laos.

Dietro ai Bananacoin c’è un team composto da due imprenditori russi e un agronomo thailandese che coltiva banane in Laos, più specificatamente nella provincia di Vientiene, da 3 anni. Il team spera di espandere i propri terreni coltivabili nei prossimi 18 mesi, portandoli da 100 ettari a 360 grazie agli investimenti sui Bananacoin. Possiamo quindi tranquillamente considerare i Bananacoin sia una criptovaluta che un crowdfunding, a cui fa capo il 9% di fabbisogno di potassio giornaliero raccomandato. Ai quartieri generali dei Bananacoin la positività la fa da padrone principalmente per due motivi. Il primo è dovuto allo scambio continuo di soldi a ogni chiosco di banane. Il secondo è invece rintracciabile nella cultivar di banana prodotta dal team, la Lady Finger, che poi è anche la più redditizia al mondo (e che loro esportano in Cina, dove la richiesta è sempre altissima).
“Le banane, sorprendentemente, sono un ottimo investimento,” scrive un analista finanziario di criptovalute. “Il prezzo di 1 chilogrammo di banane, nel corso degli ultimi 7 anni, è aumentato dal 4 al 10% all’anno, rendendo di conseguenza le banane un tipo d’investimento molto stabile.” L’offerta di banane Lady Finger è, poi, indubbiamente speciale, persino senza il classico Initial Coin Offering (ICO – Offerta di Moneta Iniziale). Questo perché, detto in parole povere, non è la classica banana Cavendish che siamo soliti sbucciare e mangiare (c’è chi sostiene che il 99% delle banane importate sia Cavendish, in Occidente), nonostante al momento questa stessa cultivar si trovi sotto attacco della cosiddetta Panama Disease (la Malattia di Panama), che minaccia d’estinguere il mondo delle banane così come lo conosciamo ora.

E se tutto ciò vi suona parecchio fatalista, sappiate che in realtà si tratta di un episodio che si ripete. Nei primi del Novecento l’industria globale delle banane era basata sulle Gros Michel, anche chiamate “banane Big Mike”. “I produttori di banane iniziarono a coltivare esclusivamente questa cultivar, dando vita a un processo intensivo di monocolture su ampia scala che ambiva a sfruttare l’efficienza delle produzioni omogene. Così facendo, tuttavia, avevano perso la capacità di ripresa data dalla rotazione colturale,” come spiegato in un articolo pubblicato sul Discover. Così, già verso la metà degli anni Venti, la Big Mike era stata praticamente spazzata via da una primissima forma di Panama Disease. La United Fruit Company (ora meglio conosciuta come Chiquita Brands International), si trovò quindi costretta a volgere la propria attenzione sulle banane Cavendish, che a quanto sembrava (erroneamente!), risultavano immuni alla Panama Disease.
Il team di esperti della criptovaluta Bananacoin ha già tranquillizzato il mondo affermando che le proprie piantagioni di banane siano isolate da quelle di altre aziende agricole, proprio per evitare qualsiasi tipo di contaminazione da Panama Disease o anche da altri agenti patogeni. (Lo scorso novembre il Laotian Times ha pubblicato un articolo in cui si rivelava una contaminazione da Panama Disease in alcune piantagioni di Banana Cavendish coltivate proprio nella provincia di Vientiane). COMUNQUE, riportiamo l’attenzione sui Bananacoin. Secondo gli sviluppatori, non si tratterebbe solo di un buon investimento in generale, bensì anche di un tipo di criptovaluta facile da spiegare ai genitori. “Per capire i Bananacoin non è necessario essere esperti di criptovalute, nemmeno di tecnologie blockchain.” (Come illustrato in questo white paper). Ad oggi, o meglio, a mercoledì scorso, sono stati venduti 3,4 milioni di token di Bananacoin al prezzo di $0,50 dollari americani l'uno. Alexa, presto, comprami un po’ di Bananacoin o quello che è.