Nietzsche, Schopenhauer e la musica oltre le idee

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Musica

Nietzsche, Schopenhauer e la musica oltre le idee

Due dei più importanti filosofi del XIX secolo hanno scolpito alcuni dei concetti liberali su cui la musica, a partire dai primi del Novecento, si sarebbe fondata.
GC
London, GB

La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, lo ignora, in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più: cosa che non si può dire delle arti. La musica è infatti oggettivazione e immagine dell'intera volontà, tanto immediata quanto il mondo, anzi, quanto le idee, la cui pluralità fenomenica costituisce il mondo degli oggetti particolari.

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Così sosteneva Arthur Schopenhauer ne Il mondo come volontà e rappresentazione, alle origini del concetto di Romanticismo, movimento artistico che di lì a poco avrebbe scombussolato le salde convinzioni dei puristi. Musica come linguaggio universale, come volontà e, sopra ogni altra cosa, come esistenza. Unico fenomeno dell'arte in grado di andare oltre la materia ed esprimere la volontà intrinseca in se stessa, capace di guardarsi dentro, al contrario dei comuni fomenti e delle utopie ultraterrene dell'uomo.

Il linguaggio musicale superava, per Schopenhauer, la concezione morale di sé: l'artista affronta la vita e l'arte in maniera giustamente distaccata, con fare critico e ragionato, ma allo stesso tempo mantiene un sentimentalismo e una gravità molto forti. Questo doveva essere l'arte: qualcosa in grado di guardarsi dentro, con la forza di analizzare il riscontro al di fuori. Insomma, altro che diversivo per il giorno libero, a teatro, per nobili e abbienti famiglie che potevano permetterselo.

Era necessario svegliare il pensiero sopito: ascoltare con predisposizione critica, in modo simile a come si affrontava la lettura di tomi di filosofia, serviva a mettere in moto la mente, ancor più che nella convenzionale cornice della dialettica, della lingua parlata. Una presa di posizione che cambia con gli autori romantici. Dal melodramma, infatti, la parola regnava sovrana su qualsiasi forma musicale convenzionale, facendone un'indispensabile àncora per il suo diretto apprendimento. Beethoven, Liszt, Berlioz, Wagner, tra i più importanti compositori dell'epoca, avevano aperto una porta nascosta del nostro universo, che adesso doveva essere spinta per guardare oltre.

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Sollecitare la comprensione di un'arte che superi la cornice non escludeva però del tutto, aprioristicamente, il valore della parola e dei pensieri associati ad essa. Bisognava, con rigore, assimilare un metodo in grado di non far prevalere l'una all'altra, per tutti i motivi ascrivibili alla potenza strumentale del Romanticismo.

L'idea è quella del sentimento in abstracto che solo il suono è capace di sprigionare, ed è l'arma più potente, quanto irrazionale, che esista: Schopenhauer condanna la musica che disinnesca le sue capacità nell'incontro con la parola. L'ideale di forma di un mostro sacro di questo momento storico come Beethoven fu accolto con disorientamento, proprio perché non incentivava una direzione tangibile, bensì la allontanava il più possibile. La musica non doveva piegarsi a diventare un significante delle parole, quindi uno strumento delle stesse: "se si vuol troppo adattare la musica alle parole, e modellarla sui fatti, essa si sforza a parlare un linguaggio che non è il suo".

Il pensiero del critico e scrittore Wackenroder, sopravvissuto al mare magnum di acrobazie intellettuali di fine Settecento, si era già peculiarmente assestato verso questa direzione: rivalutare la musica strumentale, comprenderne la portata e l'autonomia, stabilire che fosse di maggior peso rispetto a quella del passato. In quel preciso momento storico si cristallizzava il concetto atto a ribaltare l'accezione illuministica dell'arte musicale, quando veniva considerata in termini utilitaristici, per chi era in grado di pagare artisti a cerimoniali e riti religiosi, ma probabilmente nulla di più.

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Questa ricerca della verità nell'arte, del linguaggio musicale in particolare, influenzò gli studi filosofici di Friedrich Nietzsche, che sin da piccolo aveva avuto un grande interesse verso quel mondo e che adesso voleva interagirvi da più vicino. Per la sua natura originaria di filologo, si rese protagonista di disamine e sviluppi teorici inattuali sulla civiltà del suo tempo, di cui cercava di cambiarne il progresso pescando dal passato. Sul versante artistico, quell'idea di musica come verità della vita, metafisica incapace di essere formale e puro fulcro d'intelletto da considerarsi l'oltre l'idea, fu uno strumento importante nella sua personale battaglia.

Nietzsche considerava l'eccellenza dell'arte sonora l'origine di ogni ispirazione dell'uomo. In quel periodo inizia persino a scrivere per un periodico, il Deutsche Allgemeine, come critico musicale senza scrupoli, nel tentativo di educare il pubblico ad una nuova frontiera d'apprendimento. Egli considerava la musica espressione dello spirito dionisiaco, totalmente autosufficiente: non ha bisogno di unirsi a immagini e concetti, possiede dentro se stessa le chiavi del mondo. L'artista, nel pensare alla sua musica, ha bisogno di andare verso contraddizione e dolore, quindi trova nel distacco dalla realtà effimera le sensazioni più lontanamente accomunabili al piacere. Solo per merito di un processo così drastico si può rendere al pubblico la vera portata di una rincorsa ai sentimenti romantici.

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Remava nella stessa direzione Richard Wagner, che viene considerato uno tra i primi musicisti ad aver inteso il linguaggio musicale come introspezione cognitiva. La sua influenza, al pari di Schopenhauer, fu per questo decisiva per le idee di Nietzsche in materia di musica quale arte superiore. Wagner rappresentò per lui la speranza di un nuovo mito, una nuova tragedia greca rigenerata dal liberalismo dei suoni: un compositore che cercava di rifondare dall'alto una nuova società a partire dall'abbattimento del dominio del melodramma, una società che perseguisse un'interazione progressivamente più colta tra i suoi membri.

Le opere di Wagner assumono le sembianze di un imponente trait d'union tra musica, poesia e recitazione, gli elementi base del suo Wort-Ton-Drama (l'opera d'arte totale: parola-musica-azione). Era riuscito a coinvolgere il pubblico in una sorta di grande rito partecipativo, consapevole anche di chiedere molto alla capacità culturale dello stesso. Dal punto di vista tecnico, allo stesso modo, costruì trame articolate, ricche di modulazioni improvvise, voli pindarici della grammatica sonora che avrebbero aperto la strada dello sperimentalismo del secolo dopo.

Così come Beethoven aveva rimesso l'artista e la sua mente al centro del dibattito chiudendo con il ruolo di mero artigiano al servizio dello spettatore, l'ideale romantico in Wagner era quello di far rinascere un'epica ottocentesca col linguaggio dei suoni, sollecitando le capacità intellettuali delle menti assopite. Questo processo, che si dispiega lungamente fino ad arrivare alla liberazione del suono degli avanguardisti novecenteschi, ha il grandioso merito di aver plasmato caratteri e sensibilità artistiche indagatrici, che di un simile lascito sfruttarono inventiva, forma, sensazioni, più di quanto si possa pensare quando si etichetta un determinato ciclo storico come classico.

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All'interno di queste dinamiche le certezze si azzerarono, grazie ad un confronto ideologico protrattosi lungamente e non senza remore reciproche. Wagner sembrò palesare man mano la colpevolezza di agire più razionalmente e sapientemente di quanto un artista dovrebbe fare (destando parecchi punti di contatto con quanto teorizzava Hegel). Nietzsche, d'altro canto, batteva incontrollato il tasto della forza superiore della musica sulle idee stesse, non era ammessa forma di razionalità, o il castello di carte non avrebbe retto. Da mentore e grande punto di riferimento, il compositore diventa progressivamente, per il filosofo tedesco, bersaglio del suo scontro ideologico.

Pur manifestando un pensiero talvolta contraddittorio, in alcuni testi, il dionisiaco della trasgressione e della ribellione prende il completo sopravvento sulla musica, nel concetto di forma di Nietzsche. Il mito di Richard Wagner, dapprima visto come quello che avrebbe sfatato le convenzioni sociali, sembra per lui prendere una piega più conforme alle esigenze della teatralità, concedendosi a quel capovolgimento dei ruoli che Schopenhauer condannava.

La prima presa di posizione ne La nascita della tragedia, in cui Wagner era acclamato dal filosofo come colui che avrebbe condotto la musica a diventare un'arte superiore, è infatti in netto contrasto con quanto accadrà in Nietzsche contro Wagner, sul finire della sua carriera. Questo, proprio perché il compositore sembrerà insistere, nel frattempo, sul fatto che la musica non sarebbe un punto di arrivo, ma solo un mezzo per arrivare oltre, a qualcosa di superiore.

Il concetto che lo incentivò a comprendere e sostentare la cultura del nuovo mito musicale moderno stava per Nietzsche venendo meno. In Musica e Parola, ribadisce la supremazia della musica su ogni forma di testo, sostenendo la "violenza" di ogni procedimento atto a fondere le due espressioni, principale causa dell'allontanamento dalla forza dionisiaca. Il contrasto con il più avanzato principio wagneriano di "musica come mezzo per conseguire il fine" diventa, quindi, totale.

Wagner proseguì, filosofia a parte, una gloriosa carriera, mostrando un vero interesse verso una musica funzionale ad una grande platea, idea stessa di palcoscenico del mondo. Un mito ottocentesco d'arte totale che ruppe molti tabù, rimasto però probabilmente in contrasto, per diversi aspetti, con quel sovvertimento culturale ancora più netto che la filosofia di Schopenhauer aveva immaginato.

Friedrich Nietzsche continuò a sostenere l'inesistenza di un "oltre la musica", di una verità che non potesse passare dall'ascolto. L'epopea romantica dell'Ottocento proseguì con Beethoven, che riuscì a comporre epocali salti ideologici, persino nella sordità, per mezzo di un estro incontrollabile. Ecco, se qualche risposta fosse venuta a mancare, alla fine di questo lungo scontro ideologico e culturale, a chi ne trasse ispirazione nel secolo successivo, ne avrebbe trovate a volontà in una semplice verità, la stessa con cui avevamo iniziato questo racconto: "La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, lo ignora, in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più".

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