Maurizio Marsico studelinquente elettronico

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Musica

Maurizio Marsico studelinquente elettronico

Abbiamo intervistato uno dei maggiori folgorati della new wave italiana, prima del suo ritorno sul palco a partire da stasera.

Quando, se cito il maestro Maurizio Marsico, sento le tre fatidiche parole e chi è?, mi viene quasi voglia di mettere mano alla pistola. Ma d'altronde è normale che un personaggio così poliedrico, il cui curriculum spazia dalle follie della Monofonic Orchestra, il totem della new wave italiana che fu, fino a spingersi al pop, alla breakdance, alla classica contemporanea e chi più ne ha più ne metta, sia difficile da inquadrare nel mondo di oggi in cui l'eclettismo e la dinamica sono semplicemente repressi.

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Quello che Sabbione dei Matia Bazar chiama senza mezzi termini "uno dei più grandi geni performativi degli anni Ottanta" (descrivendo il contributo di Marsico alla compilation Architettura Sussurrante) è tornato a ricordare agli smemorati come stanno le cose. L'uscita della raccolta con inediti The Sunny Side of the Dark Side e la ristampa in vinile del controverso Thalidomusic for Young Babies di Mongoholy-Nazy per Plastica Marella, attribuito a Tamburini ma, come vedremo, in buona parte farina del sacco di Marsico, sono solo l'inizio: infatti il nostro, dal 26 maggio, ha messo su un festival a Milano chiamato Musica Elettronica da Camera del Lavoro, in cui le vostre orecchie saranno deliziate da colori ultravivaci e sperimentali. È prevista anche una sua partecipazione al festival di fumetti indipendenti Crack! il 23 giugno, col sottoscritto a coadiuvarlo agli aggeggi elettronici e ai concetti fumettistici.

Ma lasciamo parlare il maestro, in quanto ogni sua parola nel quotidiano è una mitragliata autobiografica, un condividere delle storie di un certo calibro, una lezione di vita. Signore e signori, Maurizio Marsico per Italian Folgorati.

Noisey: Allora maestro, molte cose bollono in pentola…prima la pubblicazione della raccolta The Sunny Side of the Dark Side, poi la ristampa di Mongoholy-Nazy, poi il disco con Sinigaglia… sembra proprio il tuo anno.
Maurizio Marsico: 2017 = 2 + 0 + 1 + 7 = 10 = 1 + 0 = 1… MONOFONIC

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Per i neofiti, tu sei il capoccia della Monofonic Orchestra, che disturbava le orecchie dei giovanotti su Italian records, l'etichetta storica della new wave italiana tra Settanta e Ottanta. Hai sicuramente fatto scuola. Che ricordi hai di quel periodo? È stato un momento rivoluzionario per la musica italiana. Anzi, mi viene da dire: quali sono i ricordi che non hai?
I ricordi che non ho sono stati cancellati dall'eroina, che ha ucciso alcuni dei miei amici più cari. I ricordi che non ho sono stati cancellati da dipendenze personali che ci ho messo anni ad uscirne.

Il primo dei Monofonic è un disco fondamentale, delirante. Come lo avevi concepito?
Dici bene, Music Design è delirante, perché frutto di un'urgenza febbrile, che noi artisti conosciamo bene e dico noi, rivolgendoti proprio a te, perché in te riconosco le stesse stigmate. C'era soprattutto la voglia di incidere il disco che mi sarebbe piaciuto ascoltare che contenesse frammenti straordinariamente seri e pensati mescolati a cose impulsive registrate di getto come un dripping di Pollock, il tutto con un'attitudine "da strada", rock. Nel disco c'è una voce da english teacher che infatti chiede: "What is this?". La risposta non posso darla io, è una prerogativa dell'ascoltatore.

Anche Invito A Cena non scherza. Lì c'è lo zampino di Giancarlo Bigazzi, che per tanto tempo ho avuto il dubbio fosse il mitico produttore di Tozzi e mente degli Squallor.
Invito a Cena con Monofonic Orchestra sul lato A e Invito a Letto con Naif Orchestra sul lato B era l'EP contenuto nel numero di gennaio 1982 di Frigidaire, stampato in 100.000 copie. Lasciamelo ripetere a lettere e scandito molto lentamente: c-e-n-t-o-m-i-l-a c-o-p-i-e. Hai presente? Tra l'altro, io esondavo anche nel lato Naif con un paio di brani. Però il Bigazzi del disco in oggetto non è quello di Tozzi. Anzi a dire il vero sarebbero tutt'un altro paio di Bigazzi: Giancarlo e Giampiero. Il primo, detto Arlo, era il bassista della Naif Orchestra e credo cotitolare della Ma.So. (Materiali Sonori) che pubblicò il disco.

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Ecco, come dicevamo a Napoli durante il UÈ festival, tu sei uno che ha sviluppato uno stile: questo stile è praticamente "comic wave", nel senso che il tuo modo di approcciarti alla materia musicale è quella di stampo fumettistico, con citazioni, velocità, taglia e incolla, sgommate rapide di pennarello. È in qualche modo la versione in musica del mondo di Stefano Tamburini, il geniale inventore di Ranxerox e deus ex machina di Frigidaire, che era tuo grande amico. Com'era lavorare assieme a lui? Nell' ultimo tuo disco ci sono un paio di pezzi inediti di cui Stefano scrisse i testi, liriche che mi sembrano eccezionali.
Comic Wave mi piace un casino come termine. Lavorare con Stefano era magnifico perché era come giocare. Un'interminabile partita a ping pong, Milano-Roma andata e ritorno. Certamente ci contaminavamo a vicenda condividendo gusti e disgusti, passioni e pulsioni. I due pezzi scritti da Tamburini contenuti in The Sunny Side dicono tutto fin dal titolo: "Tongue in Cheek Giulia", "My Head is a Broken Heart, Your Heart is a Rotten Egg".

The Sunny Side of the Dark Side, riascoltato oggi, sembra un prodotto freschissimo. Quando ti mettevi a scrivere quei pezzi a cosa pensavi? Cioè pensavi dovessero rimanere o non te ne fotteva un cazzo? Dove inizia l'artista e dove finisce l'artigiano? Quanto c'è di istintivo e quanto di ragionato?
Sembra un prodotto freschissimo, perché ieri come oggi brucia da entrambi i lati come se non ci fosse un domani. Pensavo sempre molto prima di registrare, ma poi nella fase di scrittura e d'incisione cercavo di dimenticare il più possibile, lasciando su nastro qualcosa che mi sorprendesse, inclusi lapsus, cose che non si dovrebbero mai fare e parti non finite e quindi infinite. Tuttora il mio metodo non è cambiato poi di molto.

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Quando ero giovane pensavo fosse da tenere in ottimo conto l'aspetto artigianale del compositore, ma oggi mi sono completamente ricreduto: l'artista finisce, quando comincia l'artigiano. Bisogna preservare lo sguardo e l'orecchio sgombro e l'approccio curioso del dilettante. Quando il professionismo dei microfoni in braille, i gorgheggi telefonati e i solo che sembrano già un disco, si affacciano nella cosiddetta vita artistica, meglio scappare a gambe levate: stai diventando un artigiano. Per me è no! No ai talent. No a X Factor. No ai giudici di X Factor. L'arte grazie a Dio non è uno sport anche se i media cercano di rincretinirla a livello di agonismo solipsistico, no, non lo è.

Tornando a Mongoholy-Nazy, è un disco attribuito a Tamburini ma che in realtà trattasi di cut and paste di roba tua, giusto? In pratica Stefano faceva con la tua musica quello che applicava a frigidaire, plagiava, tagliava cuciva faceva diventare le cose preesistenti tutt'altro. Come è stata la gestazione di quel disco?
No, assolutamente, non era solo roba mia, anche dei Pere Ubu e molti altri. Quel disco in realtà era una cassetta fatta totalmente da Stefano prima che ci conoscessimo…all'inizio per ascoltarsela nel walkman e poi per venderla attraverso il giornale. L'idea era a metà strada tra il bootleg e il remix con inserti di musica incidentale e rumori home made. Infatti il mio brano lo catturò dal vivo a NY e dopo il famoso endorsement di Red Vinyle me lo mandò con grandissima sorpresa del sottoscritto. Scajola direbbe "a mia insaputa". In questo caso è vero.

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Tu sei anche, diciamo, un compositore colto, uno che ha studiato, fra gli altri, con Pietro Grossi, uno che suonava a New York con Glenn Branca ma era talmente bravo che lo stesso Tamburini disse: "altro che quei froci che suonano con Glenn Branca!". Dal punto di vista musicale come ti sei formato e quali sono i tuoi eroi?
Al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e poi suonando dappertutto e con chiunque, dagli Yu Kung ad Anthony Braxton, da Rhys Chatham ai Righeira, passando per Stefano Sbarbo, Steve Piccolo, Elliott Sharp e Giulio Capiozzo. I miei eroi ed eroine sono tanti, alcuni veri e propri angeli custodi: Marin Marais, Karlheinz Stockhausen, John Cage, Erik Satie, gli Area, Alice Coltrane, Eric Dolphy, Charles Mingus, William S. Burroughs, George Bataille, Ilayaraja, Frank Zappa, Paul Buckmaster, Annette Peacock, Ralf und Florian, Angus McLise, Albert Ayler, Sandy Denny, Iggy & Ziggy, Soft Machine, Olivier Messiaen, Rochester, il Miles Davis elettrico, Bernie Worrell, Ron "pigpen" Mckernan, David Cronenberg, La Monte Young, James G.Ballard, Laura Nyro, Captain Beefheart, Terence McKenna, Brian Jones, Syd Barrett, Michael Bundt, Carmelo Bene, Robert Ashley, Third Ear Band, Comus, Alvin Lucier e numerosissimissimi altri.

Ma in molte occasioni decisamente "eroiche", mi sono trovato ad essere in solitario splendore, l'eroe (o se preferisci: l'antieroe) di me stesso. Troppo alto, troppo di nicchia, troppo avanti. Alcune volte per proseguire nella tua ricerca, allontanando gli stupidi, sei costretto a correre in tuo proprio soccorso con tutta l'autoreferenzialità che serve. Per un artista essere autoreferenziale non è necessariamente un limite se significa sondare l'insondabile fin nelle più intime profondità, perché il ruolo mercuriale di trasformatore della materia o quello di procreatore/creatore lo consente. Altro discorso è quando l'autoreferenzialità fine a se stessa è a supporto di un nulla di fatto: spuntano gli egomostri. C'è una bella differenza tra la merda di Piero Manzoni e quella di Vittorio Sgarbi. Uno è un artista, l'altro no.

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C'è un tuo disco che amo particolarmente, Early Works Music Design. "Telemania" mi commuove, con i suoi passaggi classici sull'orlo del crollo nervoso, la cui esecuzione è davvero difficile. È incredibile questo tuo passaggio tra l'allucinazione, lo sberleffo e la sensibilità più atroce. Quanti Maurizio Marsico ci sono?
Nella Monofonic Orchestra ce ne sono tanti, praticamente tutti. Il problema è quando un Maurizio Marsico litiga di brutto con un altro… diventa poi un problema serio farli suonare di nuovo insieme. Ad esempio quando il Marsico Gilmour non parlava più col Marsico Waters siamo arrivati a un pelo dallo sfascio della Monofonic Orchestra, c'è voluta poi tutta la diplomazia e la pazienza del Marsico Mason affinché ritrovassimo le motivazioni profonde che ci hanno tenuto insieme per tutti questi anni, nonostante l'ingombrante assenza del Marsico Barrett. Per fortuna nel gruppo c'è anche gente che non si fa troppo problemi come ad esempio il Marsico Marilyn Manson, se non fosse così sai che due palle! Tornando a "Telemania" (da leggersi con l'accento grave sulla prima a) in realtà è un piccolo omaggio a Georg Philipp Telemann e alla grana pastosa delle corde di budello degli archi nella musica barocca, con un'intonazione che a quei tempi poteva prevedere un La centrale variabile: da 370 a oltre 500Hz.

Raccontami qualche aneddoto piccante, immagino che ne avrai parecchi. In un certo senso sei un sopravvissuto del rock, uno che ne ha viste di tutti i colori, che è caduto e si è rialzato. Un esempio, insomma.
Di esempi ce ne sarebbero davvero un botto e saranno contenuti tutti in una bella biografia scritta da Christian Zingales per Agenzia X in uscita nel 2018. Senza anticipare nulla ti butto dei titoli molto indicativi, quasi un teaser per farti immaginare qualcosa: "Balestrati a caccia di cinghiale con i fratelli Pazienza", "Pippate nel cesso di Fiorucci con Jean Michel Basquiat", "Threesome in Paris", "Sessanta Dompero al Bains Douches", "Un playback molto Shining"…

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Ora stai organizzando questo festival a Milano, Musica Elettronica da Camera del Lavoro, che inizia il 26 maggio. Ci vuoi parlare un po' di questo progetto? Sembra interessantissimo.
Una due giorni dedicata alla scena elettronica milanese, con Monofonic Orchestra, Riccardo Sinigaglia, The Crackle Legacy, Walter Prati, Claudio Chianura, Dan Cavalca e forse Giancarlo Schiaffini. Set individuali e infuocate session collettive. Manopole, cavi, barriti, ululati e ruggiti di tigre.

Ok, un grande curriculum nell'underground e nella colta, ma tu hai collaborato anche coi fratelli La Bionda. Dove voleva arrivare la collaborazione fra voi? Non molti sanno che tu in un certo senso sei quello che ha portato l'italo disco dove McLaren ha portato l'hip hop. In territori surreali, che gli Art of Noise si sognavano.
Michelangelo e Carmelo LaBionda sono più musicalmente "illuminati" di quanto si possa immaginare superficialmente. In Fabrizio De André Vol. 8, quello scritto a quattro mani in Sardegna con Francesco De Gregori, sono loro due alle chitarre acustiche. E nel loro primo album, credo in "Ogni volta che tu te ne vai", c'era Nicky Hopkins al pianoforte. Avevano una visione internazionale della musica in anticipo su tanti altri artisti a venire e hanno creduto in me, quando discografici più istituzionalmente freak, si cagavano addosso. Grazie a loro ho registrato in Germania "Silver Surfin" con l'ingegnere del suono di "I Feel Love", e quando abbiamo fatto il singolo "Fontana" avevamo Les Hurdle al basso e fonici che avevano lavorato con Lou Reed e i Rolling Stones. A Monaco poteva capitare di far amicizia con personaggi del calibro di Richard Palmer James (paroliere tra gli altri dei King Crimson) che passava a fare un saluto in studio. Mi lasciavano totalmente libero in studio, insieme al tecnico Pit Flos (con cui feci il remix di "Tanzen Mit Righeira"), di creare e sperimentare a 360 gradi. Tornando alla musica colta, come riesci a coesistere con la tua vena pop e roba come l'ultimo disco con Sinigaglia? Qual è il punto di contatto fra questi due mondi ?
È come in cucina, l'equilibrio tra i sapori di un piatto a volte si ottiene esaltando le differenze organolettiche piuttosto che i punti di convergenza.

Il tuo nuovo set dal vivo è molto interessante, ce ne vuoi parlare?
Preferirei di no, sono stufo di me.

Probabilmente ascolti molta musica moderna: come pensi si stia sviluppando? Cioè dobbiamo preoccuparci di questi periodi di appiattimento mentale o è solamente una piattaforma da cui far partire razzi verso la luna? A volte mi interrogo su questo.
Trovo interessanti molte cose nuove della scena canadese e di quella australiana, mi piacciono molto anche le tue cose e in generale apprezzo il tuo approccio alla musica, ci sono anche diverse band milanesi piuttosto interessanti tipo Satan Is My Brother e altri. L'immagine della piattaforma mi piace di più. Non potremmo apprezzare le giornate di sole se non ci fosse stato prima l'inverno.

Grazie del complimento maestro. Conoscendoti da poco, mi ha molto colpito questa tua attitudine da "studelinquente" di ranxeroxiana memoria per cui sembri un amico di sempre. Sembra che dentro di te sia ancora viva quella fiamma anarcoide rivoluzionaria e beffarda che animava i tuoi inizi. Mi dicevi che fra l'altro la tua musica funzionava da collante e da ispirazione per i fumettisti dell'area Frigidaire (Mattioli in primis)—in qualche modo vi influenzavate creativamente l'uno con l'altro tanto che le varie discipline erano quasi osmotiche. Ti consideri un'artista multimediale?
Se pensare prima al COSA che al COME significa essere un artista multimediale ebbene sì, studelinquentemente, lo sono. Per finire: tu che te ne intendi, siamo veramente nel futuro oppure ci stanno prendendo per il culo? Che ricette hai per ovviare a questo bombardamento di informazioni che in qualche modo ci distrae dalle cose che hanno veramente senso?
Entrambe le cose: siamo nel futuro, è una grande beffa e sì, ci stanno prendendo per il culo. Ma la novità è che per la prima volta nell'umanità i prendenti per il culo sono meno svegli dei presi.

Demented è su Twitter: @DementedThement.

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