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Musica

Roberto “Freak” Antoni: La storia ci darà ragione.

Bau Bau Baby, Roberto.

Mio padre, a partire dagli anni Ottanta e per tutti gli anni Novanta, non comprava musica, se la faceva passare sulle musicassette vuote che i suoi amici registravano per lui dai vinili originali. Dopodiché prendeva queste cassette, le etichettava con il dymo, un colore per ogni genere musicale, e le riponeva in uno scaffale ricavato da una cassa di legno.

Avevo sette anni quando, nel reparto blu, ovvero quello della musica rock, trovai la TDK da 90 minuti che recava la scritta “SKIANTOS” e ovviamente la ascoltai. Trovai quella musica molto divertente, ma non era un divertimento alla Jovanotti e nemmeno alla Francesco Salvi; era un divertimento libero e liberatorio. Ascoltando quel nastro mi sentivo immediatamente giustificato a fare le linguacce, agitarmi tantissimo in maniera disarticolata, canticchiare frasi che altrimenti mi sarebbero state rimproverate, non tanto per la loro volgarità, quanto per la loro stranezza.

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Quella cassetta la portavo a scuola e col tempo il fatto che non piacesse a nessun altro mi rese fiero della mia diversità.

Il disco in questione era Pesissimo del 1980. Lì Roberto non c’era, se n’era andato per divergenze artistiche con gli altri e stava intraprendendo una carriera solista fatta di alti e bassi.

Io Roberto “Freak” Antoni allora non sapevo chi fosse e francamente poco mi importava. Mi bastava quella musica così avanti, che capivo poco, ma che tanto riusciva a trasmettermi.

Con gli anni approfondii la mia passione per questi Skiantos, scoprii la loro storia, scoprii Roberto “Freak” Antoni, i suoi geniali libri, le sue poesie, la sua voce e scoprii che, come me, altre persone, sia della mia età che di altre generazioni, erano rimaste folgorate dall’ascolto della sua musica.

Non eravamo più soli.

Freak era la voce graffiante e sbilenca di tutti noi.

Roberto “Freak” Antoni ha dato voce a quelli come noi: gli stronzi, i disgraziati, i motherfuckers, i rimasti indietro, i figli dell’understatement.

Lo ha fatto con la beffa, con l’ironia e con i giochi di parole, quando Spinoza e Shilipoti non esistevano. Roberto era la vera Avanguardia, quella che nessuno prende sul serio, talmente Avanguardia da diventare Retroguardia; Roberto, per dirla con Enrico Ruggeri, è stato Punk (e Freak) prima di te.

Negli ultimi dieci anni ho avuto l’incredibile fortuna di conoscerlo di persona salendo con lui sui palchi di mezza Italia insieme alla band con cui mi esibivo, i PAY. Quando mi telefonava, una volta ogni sei mesi, per raccontarmi i fatti suoi e per chiedermi di aiutarlo a ripubblicare tutti i suoi libri ormai fuori catalogo, esordiva con “Fratello”; per quanto mi ci potessi abituare, ogni volta avevo le extrasistoli.

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Da Roberto ho imparato come si sta su un palco, ma anche come si sta sotto un palco, nella vita vera.

Freak amava definirsi un dilettante, nel senso di uno che si diletta, ha fatto musica, ha scritto libri, ha fatto televisione, ha fatto teatro, ma mai con la supponenza di chi crede di essere arrivato, sempre con quel sorriso beffardo e quello sguardo assassino che mal celava la sensibilità e la fragilità di un autentico bambino.

Roberto era la velocità prima del senso: mentre tu stavi capendo la sua ultima battuta lui ne aveva già fatta un’altra.

Ora è morto e i suoi fans accaniti, i suoi amici, sono incazzati per la pioggia di post strappalacrime fatti da gente che gli ha voltato le spalle nei momenti difficili. Da fan e da amico capisco l’incazzatura di quelli come me: effettivamente gli ultimi due concerti della sua vita glieli abbiamo organizzati io e l’Ariele, che di certo non siamo un’agenzia di booking. C’eravamo noi con tutti i nostri amici, sbarbi qualsiasi, a sostenerlo e a farlo sentire importante come meritava.

A differenza di molti altri, però, quando vedo i post dedicati a Roberto “Freak” Antoni sulle pagine di gente a vanvera, non sono amareggiato né incazzato, anzi sono contento che finalmente abbia l’importanza che per troppo tempo gli è stata negata.

Ma Roberto questo lo sapeva. Non a caso la sua frase preferita, una delle sue rielaborazioni più geniali, era:

“La storia ci darà Ragione”.

Bau Bau Baby, Roberto.

“I have an important message to deliver to all the cute people all over the world. If you're out there and you're cute, maybe you're beautiful. I just want to tell you somethin' — there's more of us UGLY MOTHERFUCKERS than you are, hey-y, so watch out.”

- Frank Zappa

Curiosità: sul lato B di quella musicassetta etichettata con il dymo blu c’era il best of dei Blues Brothers.