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Musica

Quando il drop non arriva...

Questi giovani in discoteca all'Amnesia non sanno cosa fare della propria vita fino all'arrivo del drop.

Cosa succede se il drop non arriva mai? Cosa succede se quella piramide in costruzione di synth e beat non arriva mai al culmine, mentre le vostre braccia rivolte alla consolle iniziano a cedere? I vostri lineamenti sono contriti e in qualche modo l'attesa del drop è essa stessa il drop, per cui ogni fibra del corpo è pronta a raggiungere il punto di massima tensione e poi lasciarsi andare per unirsi alla musica e schiantarsi con forza sul pavimento. Ah, quel glorioso rimbalzo in cui per qualche istante il sudore del vicino non fa schifo, ma è solo parte di un'esperienza più estesa dei confini del proprio corpo… Cosa succede se, semplicemente, tutto questo non avviene?

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Tutto quel corredo di preparativi è stato inutile: gradualmente ti accorgi che il beat è riemerso senza mai lasciarti fare quel salto che tanto aspettavi. È un momento di grande disappunto e incompiutezza, di aspettative infinite e ricompensa mancata. È un po' questo quello che ha combinato Maceo Plex quando ha suonato il remix di Four Tet a "Opus" di Eric Prydz all'Amnesia di Ibiza.

Beccato per primo da Harder Blogger Faster, la scorsa settimana Maceo Plex ha chiuso il suo set con tutti e nove i gloriosi minuti dell'ultimo singolo remixato da Kieran Habden ed è stato piuttosto evidente che un posto come l'Amnesia non è affatto pronto a godersi una traccia che impiega nove minuti per andare da nessuna parte. Nove minuti per costruire lo stesso tappeto con cui era cominciata. Il video qui sotto, postato con un chiarissimo "what the fuck is going on here?", mette in vetrina una folla che si fida senza riserve di Maceo Plex (e quindi per estensione di Four Tet) e, nonostante le loro braccine siano lì rivolte verso il cielo in attesa di un bel drop, alla fine rimangono sospese, come un film che avete già visto a cui cambiano il finale.

Post by Sunday, October 4, 2015.

Mentre la sequenza di arpeggi continua a salire e salire si possono individuare i palestrati più entusiasti che iniziano a disegnare cerchi tra la folla, incoraggiando le altre persone a piegarsi verso il terreno come in attesa di un salto. Le mani iniziano a battere lentamente, accelerando insieme alla velocità della melodia. Qualcuno a prendersi bene — forse sperando che se si comporterà come se il drop stesse effettivamente per droppare, allora dropperà davvero — mentre altri cominciano a perdere interesse. Il pezzo non è ancora partito. I tipi che erano quasi culo a terra iniziano lentamente a rialzarsi. Il pezzo continua. Il Sole è sorto e comincia a cuocere le loro testoline vuote. Il pezzo continua. "Questo non è quello che ci aspettavamo." Il pezzo continua. "Non è così che dovrebbe funzionare."

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È un'esperienza equivalente al mettere il barattolo dei biscotti sul ripiano più alto della cucina e guardare un bambino di cinque anni che si dispera. È come far tintinnare il guinzaglio per un'ora ma non portare mai il cane a fare una passeggiata. È come una sega lasciata a metà.

La risposta dell'Amnesia lascia intendere molto su quanto la gente si sia abituata a questo drop abissali. È come se la scena mainstream fosse completamente dominata da questa roba, da tracce basate su una dinamica noiosa, ripetitiva e prevedibile. Con uno schema così definito è facile capire perché il remix di Four Tet sia stato così mal percepito dalla folla, lasciandola lì tra lo sbigottito e il deluso.

E quando il drop effettivamente arriva, non ha la stessa intensità che la folla si aspettava. È come se il ritmo si spostasse in un posto completamente diverso rispetto a quello verso cui i tamarri erano pronti a saltare. Nonostante il nome drop significhi qualcos'altro, solitamente il drop è una pratica per portare il proprio cervello un po' più in alto. In un posto sopraelevato, che non è solo un salto di qualche centimetro da terra, ma uno verso le stelle che brillano più luminose di mille bottiglie di Belvedere. Ma no, questo drop, quello che è arrivato dopo il fraseggio più lungo della storia dell'Amnesia (almeno nella memoria dei tizi in pista) è semplicemente rotolato giù, verso il pavimento impiastricciato.

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Ci sono molte cose che si possono portare a casa da questo video. Alcune sicuramente bellissime. La luce del mattino che fa breccia tra la folla. Quella sensazione inimitable che si prova alla fine di una notte… Si può quasi assaporare. "Se siamo stati in piedi fino ad ora, possiamo andare avanti per sempre". Il Sole che sottolinea sudore, trucco colato e ogni altro difetto fisico. E poi c'è la musica.

In realtà il fatto stesso che questo remix esista è una stranezza. Four Tet, nonostante sia sempre più associabile ai grandi club affollati, è ancora uno di quei nomi più facili da accostare a Burial o Caribou che a Martin Garrix o Tiesto. Eppure esiste, ed è fantastico perché il risultato è in qualche modo capace di sottolineare una spontaneità di composizione che si ferma giusto un passo prima di essere stucchevole. È un pezzo con tutta la grandezza della trance e quel substrato de pancia della musica elettronica inglese d'avanguardia e, mentre riesce a portare insieme tutte queste cose, è anche capace di non soddisfare il desiderio comune del dancefloor in una maniera convenzionale. La melodia continua a crescere e crescere in modo da gasare gli animi della pista in modo scorretto. Continua ad alzare le aspettative e il livello dell'attenzione di tutti solo per poi disattenderlo e quando questo succede è come se alla fine di un viaggio, invece della luce, si trovasse solo il buio di un sottoscala noioso.

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Il video della chiusura del set di Maceo Plex cattura un ambiente piuttosto strano. Un tipo di ambiente che è poco confortevole, ma stranamente poetico allo stesso tempo. Una platea strattonata fuori dalla sua zona di comfort in un mondo dove la musica dance è qualcosa di vagamente più complesso di un raddoppio di rullante, due battute di silenzio e poi una cascata di fetidi sintetizzatori. C'è una traccia che li obbliga a chiedersi "cosa voglio da questa situazione? Perché ci tengo così tanto a saltellare su un drop? E se non arriva? Cos'altro posso fare qui dentro?"

C'è poi in aggiunta la stranezza di vedere un DJ che suona una traccia nella sua interezza. Guardando il video viene quasi da cheidersi: "Ok, perché non ha ancora mixato questa roba con qualcosa di diverso?" Ci sarebbe da fare un discorso molto lungo sul mondo in cui viviamo se, nel momento in cui un DJ lascia andare un pezzo così come è stato pensato, ci viene da chiederci dove sia la fregatura. Uno dei motivi per cui questo video è così disturbante è che alla folla viene lasciato troppo tempo per pensare. C'è troppo spazio tra una nota e l'altra, troppa aria tra un kick e l'altro.

Ascoltando l'originale di "Opus" si può avere un assaggio di quello che ha assaporato la folla dell'Amnesia. Infatti, questo video di Eric Prydz stesso all'ultima edizione di Creamfields restituisce quella sensazione ancora meglio, in modo più articolato. La costruzione è più lineare, avviene perlopiù all'inizio e la ricompensa per l'attesa è più consistente. Monumentale. Eric sgancia la bomba e poi la gente balla ma, e qui sta il problema, tutta la situzione è un po' vuota.

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Sia che ne fosse consapevole o meno, Four Tet (via Maceo Plex) stava trascinando i tipi dell'Amnesia in un piccolo momento di lucidità su come funziona la vita reale. Davvero. Cos'altro è la vita se non la lenta costruzione di fraseggi e archi fino alla fredda consapevolezza che il drop non arriverà mai. È così, purtroppo. Nessuna pentola d'oro in fondo all'arcobaleno. Niente lieto fine. Chiamatelo cinismo, io lo chiamo soltanto abitudine alla condizione umana. Ma nonostante questo, nonostante questa intuizione che la ricerca sarà vana, ci mettiamo comunque tutti in fila mani all'aria pronti a rilasciare tutta l'energia e la rabbia che abbiamo accumulato, pronti a goderci quel breve momento di libertà dai nostri vincoli. Ed ecco com'è dopo, esattamente come quando raggiungiamo i nostri traguardi e ci rendiamo conto che si trattava solo di piccole fiammelle pronte a spegnersi al primo sospiro. Un breve sbuffo di fumo e poi il nulla. Il film non è nemmeno iniziato e noi abbiamo finito tutti i popcorn durante i trailer.

Questo non significa che la vita sia inevitabilmente un fastidio. Il pezzo di Four Tet è quattro volte più intenso del suo originale e c'è qualcosa di glorioso sepolto sotto un mare di oscurità e, in fin dei conti, di umano. Essenzialmente è l'espressione di un climax introverso, una scalata verso il tetto solo per poi bucarlo e ritrovarsi alla festa nello scantinato. Se l'originale di Eric Prydz è il drop di un sognatore, qualcosa di liberatorio verso l'alto, quello di Four Tet è un drop egualitario. Un promemoria che alla fine della storia non andremo tra le stelle, ma rimarremo tutti qui a fluttuare in un mare di nulla cosmico e che, in fin dei conti, è proprio ciò per cui siamo stati progettati.

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Maceo Plex ha letto i feedback ricevuti su Facebook e ha difeso la propria decisione su Twitter e forse io sto leggendo tra le righe o forse gli ultimi otto paragrafi sono stati un'analisi non necessaria e nichilista di una traccia così-così, ma penso che in realtà quello che voleva scrivere Maceo Plex fosse: "Sono consapevole che di solito i set all'Amnesia sono fatti di roba facce balla', ma le pulsioni della vita non sono così, non rimbalzano prima del drop, non sono così frivole. Io sono Maceo Plex e mi piacciono Four Tet e Eric Prydz e vorrei essere in grado di riflettere la vita con la mia arte. Se passiamo troppo tempo a inseguire l'addominale scolpito, la bottiglia più grande, i braccialetti per il privè, i segni dell'abbronzatura, le magliette di Philipp Plein e drop sempre più veloci e ignoranti, forse potremmo lasciarci sfuggire la verità mentre ci passa sotto al naso. State aspettando un drop, ma io vi dico che non arriverà mai, e alla fine è okay anche così. Lo scopo della vita… È la rincorsa."

O comunque qualcosa del genere.