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Musica

PREMIERONA: 2Pigeons - Hard Working Space

Abbiamo fatto due chiacchiere con Chiara di 2Pigeons, ci ha anche regalato una traccia in anteprima dal loro nuovo lavoro.
Mattia Costioli
Milan, IT

Vi avevo già parlato di 2Pigeons in questa occasione e spero vi siate salvati il loro video tra i preferiti di YouTube. Tanto per ricordarlo, venerdì uscirà il loro nuovo disco, un album unplugged registrato al 75Beat di Milano, che si chiamerà appunto Akustik e uscirà per La Fabbrica.

Qualche mattina addietro, anziché dormire fino alle tre di pomeriggio come ci insegnano le Sacre Scritture, ho affrontato Milano Est sotto il diluvio per incontrare Chiara; abbiamo parlato di come sono nati 2Pigeons, di quello che significa fare musica indipendente che non sembra musica indipendente, del Mi Ami e di Michael Jackson. Ci ha anche regalato una traccia in anteprima, "Hard Working Space," che vi restituiamo in streaming qua sotto. Per ringraziarla potreste fare un salto al concerto di giovedì.

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Noisey: Ciao Chiara, io ho già dichiarato la mia preferenza per le versioni acustiche, ma come vi è venuta questa idea? È strana, questo progetto suona molto diverso dai vostri dischi.
Chiara: È l’altra faccia della medaglia dei nostri brani. Noi facciamo anche musica elettronica, ma scriviamo con una forma che tende verso altre realtà, dopotutto elettronica vuol dire tutto e non vuol dire niente. Tendenzialmente l’estetica dell’elettronica più riconoscibile è quella che si può riferire a un genere un po’ più minimal, più lavorato sui suoni, dove spesso non c’è più la forma canzone: strofa e ritornello. La versione acustica porta fuori maggiormente questo aspetto qui, come se svestisse le canzoni del loro abito elettronico, che comunque ci piace nella ricerca dei suoni, e ne facesse vedere un altro aspetto che magari non si sentiva su disco. Emerge un’altra parte, che poi è quella che si avvicina di più al modo in cui nascono e vengono scritti i pezzi: pianoforte e voce. Questa era un po’ l’idea, noi siamo molto versatili come musicisti, ci piace fare cose diverse e il progetto è nato un po’ in questo modo: più vicino alla performance, a un’attitudine più performativa. Andando avanti c’è stata una ricerca e uno sviluppo dei suoni ma quella prima parte è rimasta e fa parte del nostro modo di essere. L’idea era di farlo sentire anche in maniera un po’ più dichiarata: metterlo su un disco in modo che fosse ben chiaro. Ci siamo detti: ok, facciamo vedere il nostro repertorio e registriamo quest’altra componente, questa modalità acustica.

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Era un po' questa l'idea alla base di 2Pigeons? Come vi siete conosciuti?
Sì è nato così, con un aspetto più improvvisativo. Kole si era appena trasferito e aveva lasciato il suo progetto, mentre io ero uscita dalla mia ex band. Ci siamo ritrovati a dover cercare qualcosa di nuovo e in quei giorni io avevo comprato il mio nuovo giochino: la loopstation. Senza prendere particolari accordi o accorgimenti ci siamo ritrovati in saletta, io con il mio set e lui col suo, abbiamo cominciato a improvvisare e da lì è nato 2Pigeons, poi abbiamo cercato di dargli una forma. Quindi questo disco forse è la cosa più naturale, più spontanea, il più vicino a un processo di scrittura di tipo più diretto, che poi è una delle componenti.

Ti occupi tu dei testi?
Sì, non c’è mai un unico tema, mi piace parlare di diverse cose. Ciò che accomuna secondo me i testi è che mi piace giocare sugli opposti, o raccontare un punto di vista inaspettato su un certo argomento. Ad esempio in "Nervous Countdown" c’è una prima parte in cui recito in maniera quasi asettica la costruzione di un timer, non necessariamente di una bomba, ma che comunque richiama a quell’immaginario, in opposizione a una parte cantata che non è altro che la declamazione dei dieci comandamenti, interpretati da una persona che si dichiara "non colpevole." La costruzione di un timer non è una cosa pericolosa, ma unita all'aringa difensiva… il messaggio è che a volte l’apparenza inganna. A me piace molto il racconto attraverso storie fantastiche, ma ci sono anche altri brani, ad esempio "9mm Parabellum," in cui si racconta il punto di vista di un proiettile, è interessante perché la morte dell’uomo è in realtà la vita e la realizzazione totale dello scopo di un proiettile.

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Un tentativo interessante, in particolare nel momento in cui tutti i cantautori sono lì con la chitarrina a raccontare che la ragazza li ha lasciati. Stiamo un po' stagnando.
Mi trovi perfettamente d'accordo e secondo me quello che facciamo è una presa di posizione verso questa situazione, senza volersi perdere in troppe critiche. Si tratta solo di fare un passo in più, che è quello che ci piace fare. Vorremmo che ci fosse spazio per fare diverse cose, il problema secondo me è quando c’è spazio solo per un determinato tipo di cosa, dato che appunto, siccome è sempre uguale a se stessa, diventa inutile.

Poi soprattutto non stiamo parlando della programmazione di Radio Deejay, ma di questa cultura che si finge come alternativa, mentre in realtà è ugualmente omologata, è soltanto più piccola. Ad esempio il Mi Ami, suonano dieci band e se ci vai bendato non puoi distinguere le une dalle altre.
Noi al Mi Ami non abbiamo potuto suonare, in realtà non so bene come sia andata nel merito, ma io so saputo che ci hanno trovato "troppo strani." Ma cazzo, se non abbiamo spazio al meeting della musica indipendente dove dobbiamo cercarlo? Il problema è che "l’indie" sembra essere diventato un genere musicale a se stante, si è cristallizzato. Ha dei canoni estetici estremamente marcati. Noi stiamo cercando di guardare un po’ all’estero, perché per noi è un problema: in questi canoni non ci collochiamo e se non rientri in alcuni parametri a un certo punto non riesci più ad avere un ritorno. Tutte le cose che escono e riescono ad avere un certo tipo di riscontro, a finire su certe piattaforme (senza fare nomi, perché sono ovvi), sono tutte identificabili con una precisione assoluta.

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Ho capito, e sono d'accordo, ma meglio non addentrarsi oltre nella questione. A te cosa piace ascoltare? A Kole?
I miei gusti sono estremamente pop, il primo nome che mi viene è Peter Gabriel e subito dopo c’è Michael Jackson. Loro sono comunque i miei ascolti principali, delle divinità. Per Kole il discorso è più complicato, lui ha studiato al conservatorio e, anche se l'ha ripudiata col tempo, la sua formazione è classica. Io direi che mi piace ascoltare le cose belle, in alcuni momenti compio una certa ricerca estetica, ma dopo sei mesi cambio totalmente orizzonti. Sicuramente la parte ritmica del mio canto è influenzata da Michael Jackson e da tutte le cantanti che hanno fatto storia: Pj Harvey, Björk, Ani DiFranco. Tutto molto pop, niente di particolarmente underground. Infatti davanti ad alcune recensioni rimango spiazzata, si mettono a giocare a "trova l'influenza" e io scopro dei nomi che non avevo mai sentito. Mi sento quasi in dovere di spiegare che io invece ascolto Michael Jackson.

Credo sia colpa di MySpace. Adesso cosa avete in programma?
Il 24 esce Akustik e abbiamo un po’ di date con questo vestito unplugged. Avremo qualche concerto anche all’estero. Giovedì sera suoniamo a Milano al Bar Jodok, ex O.P. Paolo Pini. Abbiamo già un po’ di materiale per un disco nuovo in studio, quindi ci rimetteremo subito al lavoro, e vediamo cosa succede.

In bocca al lupo allora!
Crepi.

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