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Musica

Il libro sul calcio de L'Orso è un fuorigioco cerebrale

O del perché si voglia per forza trovare un legame tra il calcio e la musica o tra il calcio e qualcos'altro in generale.
Sonia Garcia
Milan, IT

Ogni tanto mi capita di manifestare smodata intolleranza verso chi prova smodata passione e accanimento verso il calcio, e potrei dire “per un semplice motivo” ma pensandoci bene non sarebbe per niente vero. Non cominciamo con le bacature di cazzo, è chiaro che si tratta di un mio limite, di una mia profonda inattitudine a relazionarmi col circuito mediatico dello sport in ogni sua forma—ludica, passionale, CULTURALE—ma d’altra parte il mio obiettivo è quello di provocare mal di testa alle persone, quindi cercate di capirmi. Come non ho niente da condividere con, boh, gli appassionati di botanica, allo stesso modo ho sempre tenuto le distanze dal calcio, tutto qui. Questo è un post su me che, tanto per provare esperienze sempre diverse, mi leggo un libro e mi piglio male. Un libro che però, come filo conduttore, potrebbe avere un limpido e incontrastabile “non me ne frega abbastanza per farmene una vera e propria opinione”.

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Tale libro si chiama Musica Nel Pallone e l’autore è Mattia Barro, ovvero il cantante del noto e terrificante gruppo L’orso. Ascoltare una canzone il cui testo è “Avrei voluto ricordarmi di te più di quanto già faccio, capire prima che l'amore è altro, da ragazzo, l’amore perde la M e diventa a ore” non è di certo un buon modo di godersi la vita, e infatti non l’ho fatto né dovreste farlo voi. Resta però che l’associazione di due immaginari così potenzialmente sbagliati in partenza—L’orso + calcio—non mi ha aiutato a elaborare pensieri pacati e/o super partes, anzi. Mi ha proprio provocato un quiescente senso di sbocco che non mi ha abbandonato neanche adesso.

Nel libro, Mattia Barro, spiega che per l’uscita del libro (inizio marzo, per Habanero Edizioni) ha dato vita a un nuovo progetto chiamato The Swimmer, con cui va in tour per le più malfamate province d’Italia a diffondere il sacrosanto verbo della sua opera. Quest’ultima, dopo averla letta, a differenza di quelli dei vari Cile o Alessandro Borghese di questo mondo, NON è pura autocelebrazione e ciò mi pare un notevole traguardo per uno la cui musica ad oggi mi ha solo stimolato la voglia mattissima di ammazzarmi. Ma leggiamo le parole dello stesso autore per capire bene di cosa si tratta:

"La musica, e il calcio, trovano vicendevolmente significato e contaminazione nel loro rapporto. Il punto in comune tra le parti è la storia, il racconto, la fiaba. […] Il rapporto tra musica e calcio è stato spesso utilizzato per raccontare storie. La ragione? Molto semplice: entrambi i settori giocano sulle emozioni. […] È un intreccio istintivo, maturato istintivamente con il crescere delle emozioni e dell'emozionalitá. […] Ecco dunque le motivazioni che spingono a questa breve analisi, a questo ingenuo trattato di poetica."

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Capito? Non è, come tutti noi cagnacci rabbiosi ci eravamo immaginati, un racconto Cilesco/Orsesco sulla passione-per-il-calcio-ma-anche-per-la-musica, narrato con termini e perifrasi molto vicini ad “A che ora apre il Rocket che possiam star li fuori seduti a parlare/io ti riempio il bicchiere, tu ti riempi la bocca di frasi di dovere”. Be’, questa dimensione è comunque latente aka ci sono parti in cui spiccano in ordine sparso: rimembranze infantili, primo goal, rapporto coi nonni, rapporto con la musica, il dramma del “com’è dura andare in tour e non poter seguire le partite” etc; eppure la vera buona notizia per la salute di tutti noi è che Musica nel Pallone NON è solo la favoletta tipica della mezza sega che si racconta. A dire il vero me la sentirei proprio di citare Collini, che nella postfazione del libro afferma:

“Conoscevo Mattia Barro come giornalista musicale e poi come cantante e autore della sua band “L’orso” e da lui mi sarei aspettato il classico romanzo di formazione, proprio di chi ha quell’età e quelle pulsioni. Sono rimasto abbastanza sorpreso perciò di trovarmi tra le mani un libro che parla in modo austero ed efficace di altre cose, anche se non troppo distanti dal perimetro del suo abituale contendere. […] Non mi aspettavo di trovarmi davanti tutto sto ben di dio, che pur senza pretese enciclopediche regala emozioni a ogni pagina, nonostante si tratti appunto di una pubblicazione dal taglio analitico ben specifico, legato più alle scienze sociali e al costume che non alla semplice divulgazione.”

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Il “ben di dio” a cui fa riferimento Collini è semplicemente la vena storicista che assume il buon Barro in gran parte delle sue pagine. Ciò significa che, alternate alle memorie di cui sopra, ci sono sezioni, divise per categorie, all'interno delle quali Barro racconta aneddoti, evoluzione e curiosità del calcio europeo e no, con uno strano fare da Federico Buffa, che mi ha destato non pochi sospetti. A farmi rinsavire, ovviamente, è stato il suo termine di paragone per eccellenza, albero maestro dell’intero libro e della sua intera vita, probabilmente: la musica. Dimostrare l'esistenza di un legame indissolubile che leghi calcio e musica alla radice, tenendo conto del coinvolgimento emotivo e del primordiale senso di appartenenza tipici dei fan/tifosi, per Barro è una priorità assoluta. E Ghemon, che gli ha scritto la prefazione sembra essere pienamente d'accordo:

"Dal canto mio, ho conosciuto musicisti di ogni estrazione e genere musicale e mi sono finalmente sfogato a parlare dei moduli, delle posizioni, e così via. Ecco, Mattia Barro non solo è l’esempio di quest’ultima categoria, ma è uno così caparbio da avere riflettuto sulle relazioni tra i due grandi amori della mia vita e averci scritto un libro; è uno metodico al punto da raccogliere miriadi di informazioni sparpagliate, ma così intelligente da trovare i link e dare allo scritto una valenza letteraria.”

Per Barro, il calcio visto da chi lo segue è "una storia toccante che muove quel muscolo involontario chiamato cuore verso un infarto emotivo" e, come potrete ben intuire, è qui che cominciano i malanni. Qualche giorno fa ho fatto leggere al mio ragazzo—anche lui segue il calcio—uno spezzone di questo scritto dalla valenza letteraria e lui ha avuto un infarto emotivo:

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“Il calcio è uno sport che vive di ricordo, in cui il passato è più importante del presente, e dove il futuro è raro. Proprio per questa sua caratteristiche intrinseca, il calcio vive e non può che vivere di racconti, di aneddoti, di discussioni al bar il lunedì. […] Il tifoso opta per la società più conforme alla sua persona e ne entra a far parte, solipsisticamente, come pari.”

Tra le innumerevoli imprecazioni che mi ha dato in risposta c’era anche una frase secondo me importante, che copio e incollo dalla chat di Facebook: “A me sembra che tutti questi tentativi di attribuire una certa qual forma di "dignità superiore" al calcio o allo sport in generale siano dei tentativi molto forzati di giustificare qualcosa che non necessita minimamente di giustificazione… certamente nei suoi aspetti tecnico-tattici il calcio può raggiungere una sua complessità specifica. Se mi vieni a dire che il folklore del tifo è qualcosa di INTELLETTUALE ti rido in faccia, non c'è nulla di culturale."

Detto da uno che spesso la domenica non mi può parlare perché troppo impegnato a guardare la partita, l’affermazione assume un significato notevole, che mi ha improvvisamente dato la chiave di lettura del mio malumore nei confronti di questo libro. Il calcio e la musica possono anche sovrapporsi perfettamente l’uno all’altro, fondersi e diventare un’unica cosa, possiamo inventare un nuovo sport in cui si gioca a calcio cantando, urlando e ballando, ma tutto ciò deve rimanere una roba easy, priva di pretese mistificatorie. Le filosofie altisonanti, o la volontà di elevare un atteggiamento, come ad esempio quello da tifoseria, a chissà quale tipo di intellettualismo apparentemente giustificato da fattori storici, sono fallimentari, becere, mai credibili. Ciò che ha fatto Mattia Barro è ammirevole se si considera l’impegno nella ricerca e nel riassemblaggio di aneddoti e storiografie, così come di tutte le citazioni calcistiche nell'immensità del cantautorato italiano che ha saputo ripescare—roba terribile, tranne che per Kaos, vabe’.

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Tuttavia mi suscita sconcerto la figura del musicista-tifoso che ambisce seriamente a un mondo in cui le persone vengono SENSIBILIZZATE a questa comunione di “culture”, come se fosse effettivamente una necessità assoluta e indispensabile, nella quale serve rispecchiarsi.

Ammetto di essere la peggior persona che poteva ritrovarsi a leggere Musica Nel Pallone, tant’è che pensavo di leggerlo in tre giorni massimo e invece ci ho messo due settimane semplicemente perché mi martoriavo le palle a imbattermi nei mille racconti di Omar Pedrini che dedica un brano alla sua squadra del cuore, il Brescia, o dei Gemelli Diversi che riarrangiano il testo de “La leva calcistica del ‘68” di De Gregori per uscirsene con “Tu Corri” hit del fu Fuego, datato 2002.

Fino a un certo punto, essere intollerante all’estasi per un fenomeno come quello calcistico è un mio handicap e lo so, è anche una delle prime cose che ho detto—handicap per modo di dire, ma non voglio fare la scassaminchia. Serve solo che Barro non cominci a chiamare il proprio libro “ingenuo trattato di poetica” e soprattutto la smetta con la cristo di storia di James Van Der Beek e forse convivere assieme alla musica di una band chiamata “L’ORSO”, assumerà significati meno dolorosi. Detto questo, il miglior modo di concludere questo post è ciucciarsi l’ultima canzoncina a tema di Tricarico, uscita pochi giorni fa, “È di Moda”. Un giorno magari approfondiremo anche la vita di uno come TRICARICO. Sì.

Sonia è intollerante al calcio anche su Twitter: @acideyes