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Musica

Un riassuntone della carriera di Tori Amos

Ripercorriamo il suo epico percorso tra pianoforti bellissimi e leggings di merda.

Non spargete la voce, ma pare che a un certo punto Tori Amos si sia accorta che cinque dei suoi ultimi sei album facevano cagare. Lo so, la cosa non dirà un bel niente ad alcuni di voi, ma mi dovevo togliere sto peso dallo stomaco, prima di cominciare.

"Ricordo che ero in tour in Polonia, nel 2009, e mi sono rivolta alle muse dicendo: «Devo fare qualcosa di diverso!» "

Senza scomodare le muse, Tori, potevi ricevere questa stessa rivelazione dai tuoi fan europei in qualsiasi momento ("europei" perché buona parte degli americani sono pronti a giurare che questo sia uguale identico a questo), ma non importa. Quello che conta è che dal suo momento di lucidità siano nate le composizioni per il musical del National Theatre The Light Princess, vincitore del Tony Award per la miglior regia, e Night of Hunters, il suo primo album non imbarazzante (se si tiene la copertina rivolta all'ingiù) dai tempi di Scarlet's Walk. Ora che vi ho rassicurati del fatto che forse brilla una luce alla fine del tunnel, copriamola e ricominciamo questa storia dall'inizio, ossia da qui: è il 1988 e la Atlantic Records produce un disco talmente sfigato che ne abbandonerà la promozione dopo soli due mesi. La cantante, che poverina potete immaginare che colpa ne avesse, dopo essersi pure dovuta vestire da porno-pirata, viene praticamente esiliata in Inghilterra, come la figlia illegittima in un romanzo vittoriano. L'album è Y Kant Tori Read, la cantante è Myra Ellen Amos, in arte Tori, che dichiarerà: «L'unica cosa buona di quel disco erano i miei stivali alla caviglia con il tacco alto». E in realtà facevano cagare pure quelli—il video però guardatelo, che è esilarante. Fosse uscito adesso sarebbe considerato un omaggio ironico e geniale ai cliché degli anni Ottanta, è un peccato che sia uscito, beh, negli anni Ottanta.

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Tori Amos però non demorde, continua a suonare il suo pianoforte, e nel 1992 esce con un nuovo album che si intitola Little Earthquakes, nel quale imbrocca dodici canzoni belle da far schifo e, già che c'è, pure una serie di b-side pazzesche. No, per dire, Upside Down da sola manda a casa tutto Born to Die Deluxe Edition.  Il suo nome è Tori Amos, stronzi, e finché piazza live del genere come se fosse niente può indossare quel top e farsi la coda anche tutti i giorni della settimana. E' talmente migliore di noi che FA AMICIZIA CON NEIL GAIMAN PRIMA DI DIVENTARE FAMOSA, e questa cosa meritava il capslock perché io non gliel'ho ancora perdonata.

Comunque Little Earthquakes vende 2 milioni di copie, nonostante quei cani della Atlantic le avessero detto che a nessuno interessava "una ragazza con un piano", e la nostra si guadagna l'etichetta di "nuova Kate Bush", che durerà anche quando la sua musica non c'entrerà più niente, con quella di Kate Bush.

Potrei trovarvi un milione di video meravigliosi, di questo periodo, ma il mio preferito è quello in cui canta Angie al Maurizio Costanzo Show, perché so che prima ha mangiato la faccia a un opinionista del cazzo che credeva di saperne più di lei della violenza sulle donne. Way to go, Tori.

Con Under the Pink, nel 1994, per Tori si apre una nuova epoca: quella dei video decenti. Quello di Cornflake Girl, la sua hit più famosa, esiste addirittura in due versioni: quella creepy-lynchana per l'Inghilterra e quella creepy-death-proofiana per gli Stati Uniti.

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(Scusatemi, ma essendo in tema Cornflake Girl non posso non ricordarvi quella volta in cui ha sbarcato il lunario suonando il pianoforte per la Kellog's).

In questo album le influenze rock e la voglia di sperimentare si fanno evidenti, pur conservando quel cantautorato intimo e delicato dell'esordio. Particolarmente significativo è il brano "Yes, Anastasia", quasi dieci minuti di oreschestra, piano e voce maestosi. Non lo so, gente, tornerei indietro nel tempo e fonderei il crowfounding apposta per darle più soldi.

A un certo punto dell'UTP tour, Tori rompe con Eric Rosse, il suo fidanzato storico e record producer. Ora, lungi da me gioire di una cosa brutta e dolorosa come un break-up, ma se il risultato è UN ALBUM DELLA MADONNA come Boys for Pele, allora diciamo che non tutto il male viene per nuocere. Chiariamoci, BFP non è un easy listening, non lo consiglierei a nessuno che non conosca già Tori a meno che a) non abbia un gusto musicale molto sofisticato, b) io non voglia fargli subito capire quanto sono freak, però è visionario, ambizioso, e davvero, davvero pazzesco.

Tori si fa fotografare mentre allatta un maialino al seno, parla di dee vulcano, di quella volta che si è fatta di droghe allucinogene insieme a uno sciamano in Sud America per incontrare il diavolo e di scimmie viola. Poi, già che c'è, sale sul palco e ci fa piangere tutte le nostre lacrime

ma poi ci fa venire voglia di telefonare ai nostri ex solo per dire "VAFFANCULO".

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Il Dew Drop Inn Tour non la stanca abbastanza, evidentemente, perché tra una data e l'altra Tori riesce a rimanere incinta di Mark Hawley, il suo tecnico del suono e nuovo compagno (quando fai un concerto dietro l'altro per due anni, poi per forza che ti accoppi solo con i membri della crew). La gravidanza non va a buon fine, però, e Tori perde la bambina al terzo mese, cosa che la segnerà profondamente.

"Avete presente quando la gente dice che diventare madre ha cambiato la loro vita? La mia vita è cambiata diventando una non-madre."

Nel 1998 esce From the Choirgirl Hotel, un album furioso, pieno angoscia, di dolore, ma anche di percussioni, di ritmo, di suoni sintetici, che poi è un modo per dire che quando lo ascolto il mio fidanzato non si isola in un'altra stanza con il metal irlandese a tutto volume. Il fatto che una cantautrice riesca non soltanto a mantenere la sua identità, ma addirittura ad arricchirla, suonando con una band, è quasi incredibile, e per quanto mi riguarda Tori a questo punto avrebbe anche potuto ritirarsi ed allevare cani, perché seriamente, cos'altro vuoi fare dopo quattro album così?

(Ciao, sono il video di "Spark" e sono bellissimo.)

Il Plugged Tour spacca il culo ai passeri, così Tori si mette subito al lavoro su To Venus and Back, un disco doppio che contiene in parte inediti e in parte registrazioni live. Qualcuno sostiene che quest'album sia l'inizio della fine, qualcun altro che sia sottovalutato; io sostengo solo che se una può permettersi di dire "mah, no, 'Zero Point' non ce la metto" non puoi veramente criticarle un cazzo. Anche se "Zero Point" poteva mettercela, cazzo.

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In questo periodo, comunque, Tori è bellissima. Ci tengo a farlo notare perché il momento in cui vedremo la sua vera faccia è incombente.

Non possiamo proseguire senza prima ricordare quella volta in cui, nell'estate del 1999, Tori è andata in tour per cinque settimane e mezzo insieme ad Alanis Morrisette, la sua più grande fangirl, e questo dopo averle detto che il suo primo album feriva le orecchie ai cani.

Well that was awkward.

Dopo tre aborti, nel 2000 Tori dà finalmente alla luce la piccola Natashya. Nello stesso periodo, scopre una pericolosa passione per le parrucche e incide Strange Little Girls, un disco di cover in cui reinterpreta dodici canzoni di artisti uomini. Gran parte della gente sostiene che sia una palla, ma a me piace, giusto per farvi capire come sono messa (oppure la gente non capisce un cazzo, chi lo sa). SLG ha, tra l'altro, una sfiga notevole, perché anche se vende molto bene (debutta al quarto posto della chart americana) il primo singolo viene ritirato dagli scaffali in Europa subito dopo l'uscita, e il video non verrà incluso nel dvd Fade to Red nonostante sia uno degli ultimi non (troppo) brutti della sua carriera.

Insieme alle parrucche, compare all'orizzonte anche un altro nemico mortale: il botox. In un'intervista con Ann Power, affrontando il tema, Tori dirà: "Credo che si debba decidere quale tipo di artista vuoi essere. […] Questo non significa che non farò le mie iniezioni di botox. Non so che cosa farò perché queste cose rimangono tra te e il tuo dermatologo".

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Tra te e il tuo dermatologo. Sicuro.

Prima della deriva, però, abbiamo l'ultimo gioiellino: Scarlet's Walk. Il disco è diverso dagli altri che l'hanno preceduto, più melodico e pulitino, ma estirpate quelle tre o quattro canzoni il cui scopo preciso è farti dire "MINCHIA NO" e "SPERIAMO NON LA FACCIA" mentre prendi posto al live (18 tracce, Tori, ma sul serio?), questo è l'ultimo dei suoi lavori che i fan hanno consumato nello stereo, e mica perché poi si è diffusa la banda larga.

Inoltre non stiamo a guardare il pelo nell'uovo, ci sono Gold Dust, i vestiti hippie e un video in cui Adrien Brody interpreta un braccio: non manca niente

Nel 2003 esce Tales of a Librarian, il primo best of (anche se lei preferisce "autobiografia musicale"), che contiene due unreleased tracks che potevano pure restare unreleased. Segue a ruota anche Welcome to Sunny Florida, un dvd in cui Tori sceglie con il lanternino la data più soporifera dell'On Scarlet's Walk Tour. Ne vale comunque la pena, perché nel cd Scarlet's Hidden Treasures ci sono le canzoni belle che si era sbadatamente dimenticata di includere nell'album.Ogni tanto immagino il momento in cui si è detta"mmmh, no, 'Apollo's Frock' dura troppo, mettiamoci 'Mrs Jesus'" e piango.

Ridendo e scherzando arriva il 2005, un anno che vivrà per sempre nell'infamia, perché esce The Beekeper. Compresa la title track, sono soltanto un paio le canzoni veramente belle, e una di queste è una b-side. Andiamo bene, soprattutto perché questa roba ha diciannove tracce. DICIANNOVE. Che si dividono in "passabili" "carine" e "piuttosto mi ammazzo". Quest'album è il corrispettivo delle foto "bebé che piange" "bebé che ride" "bebé col cibo spalmato in faccia" che i vostri amici vi infliggono quando sfornano un pargolo, e siccome non potete dire "che schifo" e "hai rotto il cazzo" voi sorridete e aspettate che passi.

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Solo che non passa. Con la promessa del "grande ritorno di Tori Amos", nel 2007 esce American Doll Posse, sulla carta un ambizioso progetto rock che dovrebbe, attraverso il concept di una falsa girl band, "riassemblare l'essenza del femminile". Ora, io non lo so come stia la mia essenza, ma quando guardo le immagini promozionali dell'album devo di sicuro riassemblare il mio imbarazzo. Tori ha una nuova faccia, nuove parrucche e, autoproducendosi, niente che contenga più la sua dilagante megalomania: l'album ha VENTITRÉ TRACCE, più QUATTRO B-SIDES, che vista la qualità sono un po' come dire "hai preso ventitré martellate, adesso se vuoi, come bonus, ti do quattro calci nel culo".

Eppure io l'ho difesa, sta stronzata, perché ti amo, Tori, e credo in te, e tu come mi hai ringraziata? CON QUESTO:

CON "FIRE TO YOUR PLAIN", MI HAI RINGRAZIATA.

Con Abnormally Attracted to Sin, del 2009, persino quelli come me ci mettono una pietra sopra, perché come fai a salvare diciassette tracce il cui più grande pregio è quello di non essere di nuovo ventitré? Intendiamoci, qualcosa di decente qua e là c'è, e come nell'album precedente alcune canzoni—con un altro arrangiamento, un'altra voce, altri strumenti—potevano essere addirittura belle, ma nient'altro. Uno dei pochi brani onesti di questo periodo è "Curtain Call", confessione amarissima che però prende vita solo quando Tori, in live, è sola col suo piano.

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I have done what I have done, and it has the ultimate consequence.

A parte in rari momenti, però, la vecchia Tori ci appare ormai lontanissima, e esattamente come la sua musica anche le sue immagini sono plastificate, inespressive, photoshoppate al limite del criminale. Una triste domanda tormenta i fan: you were wild, where are you now?

Anziché prendere esempio da alcune colleghe cantautrici e concedersi, non so, DODICI ANNI DI VACANZA, Tori fa passare appena sette mesi prima di annunciare un nuovo progetto.

In pochi si aspettano ancora qualcosa di buono (e tra quei pochi c'ero anch'io, essendo notoriamente un'imbecille), i più ormai la danno per persa, ma nessuno, nemmeno negli incubi peggiori, si poteva immaginare QUESTO:

IL MINCHIA DI ALBUM STAGIONALE, con una cover che pensi "ok, questo è il più grande photoshop disaster della storia", almeno finché non apri il booklet.

E così via

Se esistesse un modo per sintetizzare L'IMBARAZZO e dargli forma fisica, il risultato sarebbe questo cd. Come se non bastassero le foto ritoccate dal vicino di casa senza lavoro da un po' e le chitarre buttate a casaccio da Mark, a dare quell'idea di caseificio a conduzione famigliare ci si mettono pure duetti con la figlia e la nipote, fastidiosi almeno quanto la voce di Tori in modalità chipmunk. Mai una gioia.

Poi, nell'estate del 2010, Tori avvia un brevissimo tour solo piano e ritorna a brillare. Certo, magari la colpa è dei suoi soliti leggings catarinfrangenti, ma ehi: se questo è il prezzo da pagare per vederla in forma, io mi metto in fila.

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Ah sì, in questo tour succede anche che "shagging Amanda" diventa la risposta ufficiale a "where is Neil when you need him?" in "Space Dog".

Che bello, ci diciamo tutti in coro, magari adesso Tori si riposa e tra qualche anno, con calma, ci regala un disco fatto bene.

NO.

Siccome lavorare al suo primo musical le lascia un po' di tempo, Tori annuncia un nuovo album per la Deutsche Grammophon, che in pratica le ha detto "amica, ma che ti succede, una volta eri fica" e l'ha messa sotto contratto a patto che lei la smettesse di autolesionarsi.

Il concept, questa volta (c'è gente che non sia alza nemmeno al mattino, se non ha un concept per la colazione), è quello di reinterpretare quattordici composizioni classiche e usarle per raccontare il viaggio di una donna che, in un periodo di crisi nel suo matrimonio, ritrova se stessa grazie a una creatura mutaforme, che solo per comodità verrà interpretata da sua figlia. Ma il disco non è mica autobiografico, eh…

Comunque vabbé, è sempre meglio di "una girl band che poi sono io con cinque parrucche".

Quindi no, Tori non si riposa, ma Night of Hunters esce nel 2011 e non fa schifo. Per niente. Sì la copertina è un cesso, sì nelle foto lei non guarda mai in macchina e ha gli occhi vuoti da triglia, sì sua figlia canta in QUATTRO TRACCE e la nipote in una, ma il piano ritorna al suo ruolo centrale (allora sa ancora suonarlo!) e la voce finalmente si riempie.

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A sancire davvero ritorno, però, è il tour; sarà la presenza dei bei giovanotti dell'Apollo Musagete Quartet, a rinvigorirla, ma Tori ha ripreso peso e, con esso, anche il tocco. Le canzoni tornano a risplendere, specie quelle riarrangiate col quartetto d'archi, che essendo bellissime lei si è guardata bene dall'incidere (in compenso abbiamo mille bootleg ufficiali dei tour di TB e ADP: TORI TE POSSINO). Continua a non sapersi vestire, nel caso ci fossero dubbi, infatti alle prime date si presenta—letteralmente—con una tenda di tessuto traslucido carnevalesco che le cade addosso, ma importa? Se canta come sa fare, per niente.

E' il 2012 ed ehi, è da un po' che non facciamo un best of! Presto, alla best-of-caverna!

Nasce così Gold Dust, una raccolta orchestrale che vuole riassumere vent'anni di carriera, soltanto che no. Sarebbe almeno l'occasione per salvare dal mixaggio criminale alcuni brani interessanti degli ultimi album, ma no pure quello, Tori sceglie I CESSI.

Va bene, ragazza. Come vuoi tu.

La tracklist è comunque il problema minore rispetto al video di "Flavor", dove la nostra, strafatta di barbiturici, si aggira per New York molestando i passanti e atteggiandosi a Santa Patrona dei Freaks. Se comprate il disco in edizione limitata, questo è quello che trovate dentro il dvd. Perché nessuna buona azione rimane impunita.

Nel frattempo, Tori compie cinquant'anni. "Non ero preparata", ha ammesso in una recente intervista. Maddai? Cinque anni dopo AATS, l'ultimo disco di inediti originali, esce Unrepentant Geraldines, ispirato, come i brani migliori di The Beekeper, alle arti figurative. Il risultato? Il primo album di Tori Amos dopo Scarlet's Walk.

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Tori riprende il cammino che sembrava essersi interrotto nel 2002, si infila gli occhialoni da nonnetta hipster, si siede al Bösendorfer e ne ricava quattordici bei pezzi, alcuni meritevoli di andare dritti tra i suoi classici. "Oysters", per esempio, che inizia così: so can these shoes take me to who I was before?

Vaffanculo, Tori, con il cuore, guarda. È quando scrivi canzoni del genere che hai di nuovo vent'anni, non piallandoti la faccia, cazzo. Ti amo, lasciati abbracciare.

[UG non è un album perfetto, chiariamoci, permangono difetti di produzione che impediscono ad alcuni brani di raggiungere l'eccellenza che meriterebbero, in primis la title track. Ci restituisce però una Tori Amos onesta, a volte tagliente (see over there at 33 she fears she'll lose her job, because they hear the ticking of her clock), ancora capacissima di emozionare. Dopo tanta plastica, questo ci basta. ]

Inoltre NON GUARDATEMI COSI', NON STO PIANGENDO, MI E' SOLO ENTRATA UNA "WILD WAY" NELL'OCCHIO.

Tori, non sai quanto io sia felice di sapere che you're working your way back to you again, davvero, ma due cose, in conclusione:

1) Non ti perdere di nuovo
2) SE TUO MARITO NON MOLLA QUEL MIXER GIURO CHE VENGO LÌ E GLIELO SPACCO.

Dei duetti con tua figlia ne parliamo poi.

Con imperituro, talvolta inspiegabile amore, Eleonora.

Se vuoi condividere con Eleonora i tuoi pensieri su Tori e altre girl-band seguila su Twitter @signorinaceppo