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Musica

J-Ax continua a darmi fastidio, però mi ha offerto il pranzo

E alla fine abbiamo fatto pace, anche se ci sono volute più di due ore. Ha anche ammesso di essere un tamarro e dichiarato guerra alla dsicografia italiana.
Mattia Costioli
Milan, IT

Sono stato a pranzo con J-Ax e ho dimostrato una volta per tutte che l’odio e la violenza (verbale, peso 60 chili) vincono sempre sull’amore, perché voi (che siete davvero fan) purtroppo non siete potuti venire. È successo la mattina dopo che ho scritto questo pezzo e per l’ennesima volta mi ero sorbito “A Cena Dai Tuoi,” brano in cui J-Ax è ospite sul disco di Emis Killa e che mi fa rivoltare il fegato. Una mezz’ora dopo averlo pubblicato sono stato contatto dal vostro rapper preferito che mi ha invitato nella nuova casa di Newtopia, l’etichetta recentemente inaugurata da Fedez e J-Ax. Anche se un po’ titubante ho accettato l’invito, alla fine scrivo per un magazine redatto in tutto il mondo, ero sicuro della mia incolumità fisica. È stata una lunga chiacchierata e non credo sia necessario anticipare molto, se non che la mia sensazione è stata di essere davanti a un uomo perfettamente cosciente delle critiche che gli avevo mosso in un momento di travaso di bile, ma che d’altro canto è anche cosciente di quanto ciò che io critico sia, per i suoi veri fan (mio padre compreso, per dire), l’attitudine che li ha convinti a comprare centinaia di migliaia di dischi.

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Mi sarebbe piaciuto fare un’intervista in cui si evince quanto il mercato discografico obblighi i rapper (italiani), una volta raggiunti certi numeri a piegarsi a determinate logiche e fare musica imbarazzante. Purtroppo non è stato possibile, perché in fin dei conti, la cosa più vera che traspare da quest’intervista è che Ax (gli Articolo 31, se vogliamo) il mercato del rap mainstream italiano l’ha costruito dal nulla, ed è quantomeno curioso che adesso, con Newtopia, stia cercando di affrontarlo di petto.

Comunque alla fine abbiamo fatto pace e ci siamo messi lì a fare la V di VICE coi diti medi (e Wario copre il pizzetto, non so come sia successo, ma è successo.)

Si parte dall’immagine scelta per il pezzo.

J-Ax: Minchia ‘sta foto mi perseguiterà per tutta la vita, la scelgono tutti.

Noisey: È il primo risultato su Google
Eh lo so, però ai tempi mi era piaciuta, ma figa 5 anni dopo… Va beh. Quella roba delle droghe da dove l’hai presa, da Vanity Fair?

Sì, loro di solito te le pagano le interviste?
No, cioè, se non sono in promozione e mi devo disturbare per loro magari sì, ma in realtà di solito a quel punto non la faccio nemmeno.

La faccenda del pizzetto

J-Ax: “Il rapporto tra età e peli sul mento.” Pezzo di merda! Non sono così vecchio, però è vero: in quel video il pizzetto sembra verde.

Ammetto che dal vivo è meglio.
Ecco. Tornando a Vanity Fair: quando fai certe interviste loro devono un po’ aggiustarsi le risposte per il pubblico che hanno e finisce che sembra una soap-opera, non è che mi ha salvato il fatto di essermi sposato una modella, è stata la responsabilità di avere una famiglia, guarda sembra una stronzata da dire ma è proprio il concetto di avere una casa insieme. Giusto per dire che il discorso su Vanity Fair viene un po’ edulcorato.

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Infatti l’ho citato, è l’insieme che è divertente
“Il tettuccio che sconcerto.” Mamma mia. Mi ricordo che dicevo: “Ma no, ma come il tettuccio che sconcerto?" Figa, va beh. Volevo proprio tanto quelle 200.000 lire. Però dovevi dire che anche con Gruff dopo qualche anno ho fatto pace.

Secondo me qua c’era anche l’unica cosa intelligente dell’articolo, involontaria, ci tengo a precisarlo. Non è che il problema vero alla fine era che tu facevi la loro cosa, con la differenza che l’hai resa accessibile a più persone, guadagnandoci?
C’era anche il problema del linguaggio e della maniera di porsi, devi capire il contesto, prima di tutto. Se non capisci il contesto non se ne esce più. Ai tempi non c’era una strategia, andavo per istinto, e riguardando dall’alto dei miei quarant’anni quello che è successo ai tempi mi accorgo che il mio background sociale e culturale era pop, popolare: avevo fatto un istituto tecnico, guardavo Italia 1 e ascoltavo Radio Deejay. Non capivo molte cose che c’erano nei dischi rap di allora: “il fottuto sistema,” i sentimenti di rivalsa, io queste cose non le sentivo, le vedevo lontane dalla mia vita, quindi ho cominciato a parlare di quello che mi stava vicino, che ne so, della mia ex-ragazza che mi ha mollato perché bla bla bla. E da lì è partito il discorso sociale che viene fuori in “Quelli Come Me” del “tu mi molli perché sei più ricca di me,” ma non era un ragionamento colto, era solo flusso e ignoranza. Eravamo degli ignoranti, quando andavamo in TV eravamo delle merde, che sputavano per terra e si fottevano le robe dai camerini. Tutta la scena rap era grezza nelle attitudini, ma noi in più eravamo anche ignoranti di brutto, e questa ignoranza ci diede quello che poi serviva a fare il rap. Per un certo periodo noi, gli Articolo, abbiamo rigettato la cultura dei nostri famigliari più grandi: mio papà è sempre stato attivo politicamente, faceva il sindacalista, ma abbiamo rifiutato questa cultura che vedevamo nei nostri fratelli maggiori, era tutto grigio e ci rompevamo i coglioni: i circoli, la musica live, la discografia, era tutto esclusivo, non inclusivo. Quindi gli spazi abbiamo iniziato a crearceli, perché riuscivamo a esprimerci solo nei centri sociali, nelle case occupate, e pensavamo “ma no, in America non è così, questa roba spacca e piace alla gente, piace a tutti, riempie i locali. ”Dicevo “Io cosa vorrei trovare in negozio, e non c’è?” C’era Lorenzo, Gimme Five ce l’avevo ma cercavo qualcosa di più pulp. E allora vaffanculo: lo faccio io. Mi aveva mollato la ragazza e ho scritto quell’orrenda lagna che dura sei minuti ed è “Solo Per Te,” e se togli “Serenata Rap” è il primo pezzo rap d’amore in italiano. Se io ci penso adesso ho detto una roba che suona come io le donne le uso solo per svuotarmi i coglioni. Ma ai tempi ero così ignorante e tamarro che quella roba lì la pensavo davvero, e quindi la gente non l’ha presa così tanto sul serio, hanno capito il contesto. Nel frattempo adesso lo vedo come un percorso fatto quasi ad istinto ed è andata bene, altre volte ho fatto degli errori…

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Tipo il film.
Il film è stato una scelta pessima, in quel momento sentivo la necessità di essere più famoso. Non so che cazzo avevo in testa. Fino ad allora noi eravamo abituati che entravamo in studio senza un piano preciso e alla fine venivano fuori delle cose belle, pensavo che anche col film potesse succedere, di creare un buon risultato mentre eravamo in corsa. Io mi rendevo conto che stavo facendo una stronzata, e l’hai descritta in una frase quando hai detto quella cosa sul bersi la birra al tramonto. Il film era già una cagata in partenza e io ho peccato di egocentrismo, mi assumo tutte le responsabilità, Jad non lo voleva fare quel film, pure se il regista era suo cugino, si vede che aveva capito. L’unica cosa che ho guadagnato è aver imparato un po’ di tecnica e ho iniziato a girarmi qualche video. Mi piacerebbe prima o poi redimermi da quella stronzata che era il film, anche se alla fine ha tanti affezionati. Che poi tu hai citato Earl Sweatshirt, ma per me bere la birra prima del tramonto era davvero una cosa trasgressiva a sedici anni. La mia ribellione magari non è niente in confronto a quella di Felpa, ma la sua non è niente in confronto a quella di un profugo nordcoreano. Il sentimento che spinge te a scrivere che sono un coglione, me a chiederti di rispondere e il nordcoreano a scappare, penso sia lo stesso.

Ed è lo stesso che ti spingeva a odiare Lorenzo
Da giovane ero un cretino integralista, saranno cambiati i miei gusti, non lo so.

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Passiamo a Di Sana Pianta
Prima vorrei specificare che è vero che i numeri si sono dimezzati, ma quelli del mercato discografico si sono ridotti a un quarto, quindi sì, ho venduto meno dischi ma rispetto al trend generale non c’è stato un calo, per me è molto importante precisare questo dato, perché alla fine si tratta del mio lavoro. Nella creazione de Di Sana Pianta l’errore è stato di puntare troppo a capitalizzare il successo degli Articolo 31, il disco è stato over-prodotto e tante cose. Però mi sono divertito a farlo, ho conosciuto un sacco di musicisti che stimavo, ho fatto le batterie con Samantha Maloney, ho conosciuto i Queens of The Stone Age, poi tornato in Italia suonava in un modo che ha portato le radio a mettermelo in culo. Sono stato costretto a uscire con due pezzi come “Piccoli Per Sempre” e “Ti Amo O Ti Ammazzo,” mi presentavo a fare la promozione e mi si leggeva dietro gli occhi la paranoia e la poca convinzione. Non voglio dire che Di Sana Pianta fa proprio cagare, dico ci sono 5/6 brani molto belli e tutti gli altri in cui si sente che stavo chiuso in casa obbligandomi a finire l’album, mentre nel frattempo il mondo girava. Mi sembra che abbia venduto molto bene in prima battuta, e poi sia andato piano nei mesi successivi, fino al platino. Però le vendite dipendono da tante cose, dalla promozione, dai singoli, dal tour, quello che mi preoccupava era che non sentivo l’entusiasmo tra il pubblico, non ero arrivato ai giovani, non mi sembrava che lo ascoltassero, c’erano i fan storici ma non vedevo i figli. Molti hanno paura di dirlo, ma per me è una fonte di vanto incredibile, è il sogno di ogni artista americano riuscire a beccare alcuni tredicenni e alcuni quattordicenni, quelli un po’ più pazzi, quando li vedo ai concerti io sono contento, sento di aver fatto il mio dovere; soprattutto perché il mio immaginario è quello lì, io voglio che la mia musica decanti la gloria del mantenere lo spirito critico dei ragazzini. Sta diventando tutto molto intricato, deve essere colpa dell’erba.

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Quindi constatato il mezzo fallimento come ci sei arrivato a Rap n’ Roll?
Ho ricominciato da capo. Vaffanculo a questo pubblico che rivuole gli Articolo, tra l’altro molti pezzi che sono finiti in Di Sana Pianta li avevo già scritti per gli Articolo, quindi vivevo questa situazione come profondamente ingiusta, perché il mio lavoro sarebbe stato identico. Sono ripartito come se non ci fossero stati Italiano Medio e Di Sana Pianta, ripartendo da come volevo fosse Domani Smetto. Ho incontrato gli Styles, che facevano questo punk-rock da college, che a me piace, perché sono un fan dei Rancid ma anche dei Blink. Mi sono messo a fare “+ Stile” che è diventata la mia prima hit underground, partendo da YouTube e le radio non la passarono mai. Mai.

…davvero?
Te lo giuro, certo dopo che è andata in classifica dei singoli qualche radio ha iniziato a passarla, e una volta fatto il video anche MTV. Quando uscì Rap n’ Roll avevo deciso di ripartire da zero, facendo il tour nei club, come se dovessi dimostrare tutto da capo, non sentivo la considerazione che i discografici mi davano. Il disco in prima battuta è stato stampato in settemila copie. Il primo singolo era “I Vecchietti Fanno O” che introduce il discorso ripreso in Deca Dance, in cui raccontavo la musica pop con cui mi sono avvicinato alla musica: da Radio Deejay alla colonna sonora di Ghostbusters e su cui da ragazzo, una volta scoperto il rap, ho buttato un sacco di merda, per il mio snobismo integralista.
Quando sono andato in America, che tra l’altro avevo un loft a Williamsburg prima che diventasse figo e si riempisse di hipster, una delle prime cose che mi hanno insegnato è che bisogna dire la verità. E io dovevo dirlo che ascoltavo Gimme Five, che Pezzali a livello di scrittura era più vicino a me di tanti rapper italiani, dovevo dirlo perché era vero. Un po’ il contrario di quello che avrei dovuto fare per essere figo, come quegli artisti che stanno lì a metà, mi bastava dire “Questo no, quest’altro nemmeno. Il pezzo con Emis Killa non lo faccio.” Non pensare che io non sappia come si fa a piacere ai fighi, però avrei dovuto mentire a me stesso.

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Mi sembra che ci stiamo concentrando troppo sui meccanismi del mercato discografico.
Forse, ma io mi ritrovai con “I Vecchietti Fanno O” che piaceva molto alle radio, e io lo sapevo che sarebbe piaciuto, perché cita “Black Box” di Davoli e anche come contenuti è adatto per i trentenni e i quarantenni, che ormai sono il pubblico di riferimento delle radio. Dall’altra parte c’era “Rap n’ Roll” che esplose su internet senza mai diventare un singolo mainstream. Poi c’era quel pezzo con Irene Viboras che ha fatto incazzare a morte certi blogger perché dicevano che io non dovevo permettermi di fare un pezzo del genere, che si rifaceva alle Hole, quando io avevo lavorato con la loro batterista due dischi prima. Io Irene Viboras manco la conoscevo, l’ho chiamata perché mi serviva una voce particolare, e questa roba tirò in mezzo un sacco di ragazzini che avevano voglia di sentire un suono un po’ più pestone e volevano pogare. Secondo me con quel pezzo ho preso una fetta di musica che qua non c’era, quantomeno non a livello mainstream o con l’attitudine happy che ci metto io. Poi dai “I Love My Bike” non l’ho scritto per strizzare l’occhio al pubblico hipster, anche perché non sapevo nemmeno che cazzo fosse.

Sono quelli che stavano a Williamsburg.
Comunque, per chiudere, ci tengo a precisare di nuovo che i numeri dei dischi dal 2006 in poi vanno moltiplicati. Faccio un appunto anche su South Park e sui fag, perché io penso di essermela guadagnata la mia Harley, la mia vita è rock ‘n’ roll, quindi la mia moto me la sono guadagnata più di un dentista, più di un architetto. L’ironia di South Park è su questo genere di poser, i motociclisti della domenica. Poi io ho la marmitta omologata, non mi piace fare casino, quindi non mi sento un fag. Poi per raccontarti una cosa sul video: tutti i miei amici mi prendevano per il culo perché mi ero portato il mio casco modulare.

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Ci voleva il caschetto con lo spuntone.
Dimmi cosa non ho capito della parte su Twitter, io ho fatto questa roba prima di salire sull’aereo e sono sceso che ero terzo nelle tendenze su Twitter.

Diciamo che mi sembrava un po’ facile.
Però adesso che sei venuto qui e hai visto che ho un cabinato MAME devi dirla questa cosa, puoi dire che faccio cagare a rappare e la mia musica fa schifo, però io sono un nerd, sono dentro questa roba dai tempi del VIC-20. Non puoi dirmi che non capisco le tecnologie.

Non mancherò di raccontare tutto, compresa la foto di te e tua moglie versione “Luke e Leia”
Poi una categoria che odio sono i grammar nazi, che cazzo ne sai magari ho su il correttore o sono di fretta. E non ce l’ho con te eh, volevo solo spiegare perché ho scritto questo tweet.

A me Skype corregge sempre sbobinare con sborniare e lo spasso è assicurato.
Io a volte parlo sgrammaticato apposta, questi devono capire da dove arrivo, mi piace andare da Linus e fare un downgrade del linguaggio, per rivendicare un’appartenenza. Purtroppo tu mi fai notare che molti possono scambiare per una posa il mio atteggiamento di fare il giovane, ma ci sono tanti cantanti che arrivano alla mia età e si mettono la giacca, e si cancellano i tatuaggi col laser e rimangono sulle stesse riviste su cui erano da giovani a raccontare che poi si matura e si diventa così. Per me invece non si tratta di cazzate, io ho fatto quello che volevo, ho inventato una roba che non voleva nessuna etichetta e abbiamo trovato un pubblicitario a culo che ci ha stampato il disco e un dj che ci ha passato il singolo per miracolo e io da lì ho costruito un successo senza mai fare la naja o dire signorsì. Ho fottutamente vinto. Questo voglio dire ai ragazzi, di fare le cose con la stessa testa di cazzo di quando avevano vent’anni. Tanti altri si sono presentati a quarant’anni dicendo “Guarda ho letto i libri giusti, posso parlare con te adesso? Sono di sinistra anch’io.”
A me fa piacere che con questa cosa di Emis Killa ho fatto incazzare la gente, è giusto, mi piace far incazzare chi pensa queste cose. Le critiche alla polverina blu nel video di Emis e le altre cazzate. Forse è una cosa che succede quando fai i figli. Per chiudere: sono diventato terzo nelle tendenze su Twitter e sono un nerd.

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Dopo questo momento catartico, scorriamo indietro il pezzo fino alla parte sulla Uno Rap Up.

Come faccio a far capire a voi di Noisey che una volta fare un disco, nel senso di avere in mano un singolo CD, era una cosa incredibile. Cioè io non pensavo nemmeno alle vendite, volevo soltanto un disco in mano, da far vedere alle tipelle. Ai tempi noi eravamo andati da tutte le etichette indipendenti e avevamo mandato le cassette alle major, che nemmeno ci rispondevano. Quindi le indipendenti ci dicevano “ma no, dovete fare un po’ come Frankie Hi-NRG.” Io rappavo per sbarcare il lunario e la domenica andavo nelle discoteche, era l’89, quando il mio mondo ha iniziato a essere più legato alla scena rap. È nelle discoteche che ho conosciuto sia quelli del Parini (liceo milanese, ndr) che quelli di periferia, i rapper erano due o tre, però c’erano. Io ero in discoteca col fratello di Jad, che era un bambino prodigio a scratchare, ma in linea di massima tutta la discografia italiana ci aveva rimbalzato. Jad aveva fatto un disco di basi con Joe T. Vannelli, il quale aveva un’etichetta e lui personalmente faceva lo speaker per le radio e per gli spot pubblicitari. Un giorno era alla Best Sound di Franco Godi, che doveva fare ‘sta cazzo di pubblicità per la Uno Rap Up e Franco ha chiesto a Joe se poteva mandargli qualcuno per doppiare questo spot della Fiat. Allora lui lo disse a Jad, che chiamò Chief, che però era stato bocciato ed era a Napoli a finire la scuola, io ero il secondo in lista…

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A questo punto Ax si ferma un attimo perché hanno bussato alla porta: è Fedez. In pochi secondi mi rendo conto che mi trovo in una stanza piena di divani di pelle con J-Ax e Fedez, praticamente sto realizzando il sogno bagnato di tutte le quattordicenni d’Italia (e del mio amico Lorenzo.)

Fedez: Ma voi sembrate stronzi perché siete intellettuali o sembrate stronzi perché siete stronzi? Siccome non sono qui per registrare la puntata di “I rappé fanno le domande a Mattia” mi sono limitato a raccontare i rapporti col mio capo, che voi potete osservare qua sotto.

J-Ax: Dicevano, mi dicono di andare là e che mi danno 200.000 lire. Allora io mi presento in Best Sound, col pullover e tutto vestito bene, mi fanno leggere ‘sta cosa, che ovviamente mi faceva schifo ma non potevo cambiare perché c’era il copywriter: un signore in giacca e cravatta che era stato pagato per scriverla. Quindi vabé ho fatto ‘sta merda che è stata in onda un mese e fino ai tempi di YouTube non è venuta fuori. Me ne vergognavo già allora ma penso sia stata un male necessario perché mentre aspettavo di registrare mi misi a parlare con questo tizio che girava a piedi nudi, che mai avrei immaginato fosse il capoccia generale, ed era Franco Godi, che si interessò agli Articolo 31 e ci diede la possibilità di fare il nostro primo disco, lavorando di notte alla fine del turno. Quindi se non ci fosse stata questa roba della Uno Rap non ci sarebbero stati gli Articolo 31.
“Che figata.” E invece no, è una stronzata, perché senza gli Articolo 31 ora non ci sarebbe l’hip-hop italiano. Perché senza di noi non si sarebbe creata una fame di rap che poi ha portato ai Sottotono e via via a tutta al roba che ora piace anche a voi. Secondo me sXme Così Com’è sono un po’ gli zenith del rap italiano e senza l’attenzione catalizzata dagli Articolo 31 non avrebbero mai venduto tutte le copie che hanno venduto.

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Un po’ quello che succede oggi con Moreno.
Sì, senza Moreno ora non ci sarebbe quella pioggia di contratti sotto cui si trovano i rapper, perché il ragazzino dopo che ha preso il disco di Moreno si compra anche quello di Marra, Guè o Rancore. Non c’è niente di gratis nella vita, quindi è giustissimo che voi mi sfottiate sulla Uno Rap, perché il karma ti riporta l’ego a livello standard, ho avuto delle figate e ora mi prendo la merda di contrappasso. Poi va beh a volte mi prendono troppo sul serio, come per la storia di Twitter o quando ho detto che denunciavo Berlusconi.

L’hai fatto davvero?
Ma no, un tizio mi ha scritto su Twitter che il PDL mi aveva copiato le parole di “Gente Che Spera” per il suo inno, e allora io gli ho risposto “haha, domani li denuncio.” Il giorno dopo c’era La Russa sui telegiornali a dire che mi ero fumato troppa marijuana. Da lì ho iniziato a fare alcuni troll, infatti ti sei dimenticato anche il dissing ai fan di Madonna. Che poi a me piace Madonna, nel senso, mi piace tanto quanto Lady Gaga. Mia moglie mi aveva mandato una foto di quella truciata che aveva fatto Madonna al superbowl con gli LMFAO, nel frattempo stavo guardando un’intervista a Lady Gaga e allora ho detto quella cazzata.

Madonna non ha dei fan, ha dei cavalieri templari.
Ma sì, dei talebani vestiti Dolce&Gabbana, mi hanno massacrato.

Una nostra collaboratrice ha scritto un pezzo sui Queen, anche quelli non scherzano. I tuoi alla fine sono stati carini.
Ma sì poi io ho subito scritto che il tuo odio sembra amore. Comunque anche a me i Queen fanno cagare.

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Adesso manca solo la strofa in “Le Leggende Non Muoiono Mai”.
Non lo so, forse la gente si aspettava qualcosa di più intimo, non lo so. Certo non ho scritto “Chiedi Alla Polvere” o “Straniero Nella Mia Nazione.” Poi per minetti/minnone dovreste darmi il Premio Nostradamus perché poi lei s’è presa uno dei rapper di quella canzone e se l’è fatto. Poi sai, è uno sport, a volte fai gol e a volte sei un po’ più fiacco. Anche se il mio livello di solito è fottutamente alto, questa cosa dell’herpes non è piaciuta a tanti.

Sì, è un po’ disgustosa.
Lo so, però l’herpes zio ti rimarrà per sempre, non si guarisce.

Ma tu ti cerchi su internet, sui forum?
Io leggo tutto, magazine, forum, bacheche. Altrimenti come farei adesso che ho l’etichetta a trovare i nuovi artisti? Ma poi l’ho sempre fatto. Secondo me il momento in cui su internet iniziano a odiare un rapper è il momento giusto di segnarlo e fargli un contratto. Ti sto asciugando? Parliamo da due ore.

No, no, speriamo che i tuoi fan siano grandi lettori però.
Io ho una teoria. Conosci la negritudine?

Spiegami, in ogni caso c’è Google.
Ecco, non è una teoria originale mia, però ci ho aggiunto un pensiero. C’è una componente in alcuni generi musicale, me l’aveva spiegato Neffa, che è la negritudine. Ce l’ha anche Elvis, per dire, non è legata al colore della pelle, c’è anche in Pulp Fiction.

Un’attitudine.
Esatto. Quindi, che cazzo c’aveva il rap negli anni Novanta che faceva cagare e nessuno se lo comprava? Il problema forse era che eravamo tutti italiani, non c’erail diverso. Ma io ai tempi, inconsapevolmente dissi che anche noi siamo diversi. L’ho scoperto guardando uno spettacolo di Eddy Murphy: Raw. Lui diceva che gli italiani sono come i neri: si toccano il cazzo continuamente, urlano e gesticolano come pazzi. E io pensavo che aveva ragione perché da una parte rispettavo KRS One e tutte le menate sull’educazione e l’hip-hop, però quando arrivavano i Beastie Boys ci piaceva fare bordello e lasciar perdere i meta-significati: poghiamo, spacchiamo tutto. Mi ci sentivo di più. Avevo quella voglia lì di fare casino. Il mio colpo di culo è stato credere nella tamarritudine, zarritudine, chiamala come cazzo vuoi, perché noi siamo quello, mentre gli italiani o facevano i rivoluzionari più che i rapper, e si preoccupavano del contenuto più che della metrica, oppure facevano dei discorsi completamente ostici, con una terminologia propria. Noi invece eravamo tamarri, e dovevamo esserlo anche in quello che facevamo. Adesso se anche volessi non riuscirei a rifarlo. Forse è per quello che i primi dischi degli Articolo sono rimasti nel cuore di tante persone, non avevamo idea di quello che facevamo, però avevamo una piccola parte di estro geniale e quindi il risultato era figo. Però guardando i preconcetti che subisce il rap americano, che viene definito stupido, sessista e ignorante, vedo il riflesso anche in Italia. Secondo me questo preconcetto è falso, però ce lo dobbiamo sucare, perché noi abbiamo preso e goduto di questa figata che hanno inventato loro, e non intendo gli americani, come dice Eminem “I am the worst thing since Elvis Presley / To do black music so selfishly / And used it to get myself wealthy.” Anche noi abbiamo preso una cosa non nostra, ci siamo arricchit, ma adesso ci becchiamo la stessa esclusione culturale che si beccano loro.

Figo. Senti, i miei amici si sono incazzati perché io ho detto che i tuoi dischi non mi piacciono e sono venuto qua, a loro invece piacciono e devono starsene a casa, quindi non riuscivo a capire se ero fortunato o no…
Tu sei fortunato perché lavori da Noisey. Io non ho appeso un poster di Shane Smith perché non credo esistano poster di Shane Smith da comprare. Ho letto VICE America finché non è nato VICE Italia, ora leggo anche VICE Italia. Io non me la sono presa, ho voluto solo correggere un paio di cose che potrebbero danneggiarmi a livello lavorativo, per il resto hai scritto tutte cose che fanno ridere anche me. Se l’avesse fatto qualche altre testata probabilmente si sarebbero beccati un dissing nel prossimo disco. Però rispetto VICE e soprattutto le persone che fanno reportage veri, reali. Nonostante la realtà sembri un po’ effimera io e Federico facciamo dei forum tra di noi, cerchiamo di trovare il modo di trasmettere il pensiero critico a chi ci ascolta. Io difendo il vostro diritto di dire che sono un coglione, perché finché vi comportate così e dimostrate il coraggio di venire qua e mostrare un’integrità generale per me non c’è nessun problema. Se invece avessi scritto per Repubblica non l’avrei permesso. Tu puoi perché sei qua a darmi la possibilità di rispondere e parlare di cose che mi piacciono, è una dinamica che funziona anche se l’artista non è un idiota che ti dice “ti spacco di botte.”

Avremmo fatto tantissime visite però. Ma tu come la vivi questa cosa di vendere tanto tra i ragazzini?
No, ma aspetta: io sono contento di vendere tra certi ragazzini, non tra tutti. Quando io parlo coi miei ragazzini, che poi, hanno tutti almeno quattordici o quindi anni, mi accorgo che fanno domande sulla politica e su Santoro, sono svegli. Non coglieranno tutti i riferimenti di Decadance ma gli piace il modo in cui viene raccontato. La mia musica la devi poter mettere in macchina e uscire con gli amici, non voglio fare roba troppo adulta, non fa parte del mio immaginario. Voglio fare come Ozzy Osbourne che fa lo stesso spettacolo da anni e lo farà finché schiatta, e ce l’ho fatta: adesso mi vuole anche la RAI, io non voglio diventare vecchio, voglio diventare classico. Certo, si parla anche di imborghesirsi, è una dinamica con cui ho a che fare tutti i giorni. Usare quello che mi viene da questo successo per creare del bene, nel nostro piccolo creare lavoro e tentare di produrre dei dischi a persone che riteniamo valide. Per il primo disco che produrremo tutti si aspettano una commercialata, ma sarà un artista che farà stare tutti muti. Io ho pagato delle penali alla Sony per staccarmi da loro e non dover sottostare alle loro decisioni per quanto riguarda i giovani, come anche Federico. Vogliamo fare la guerra alla discografia.

Ah, un’ultima cosa: io ho parlato con te, ma mia moglie ti avrebbe rotto il culo. Non è la tipica modella che potresti immaginarti, è molto più figa.

Anche J-Ax segue Mattia su Twitter: @mattia__C