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Musica

Giorgio Moroder e la musica dei giovani

Lo abbiamo intervistato in attesa del suo nuovo album "Déjà Vu" e abbiamo capito che la sua passione per l'EDM è più forte di quanto ci aspettassimo.

La scorsa settimana sono usciti alcuni dettagli succosi di Déjà Vu, il nuovo attesissimo album di Giorgio Moroder che uscirà a giugno. Nel disco ci saranno Kylie, Britney, Kelis e Charlie XCX, quindi a quanto pare sarà un prodotto estremamente pop. I nostri colleghi hanno avuto l'onore di intervistare l'uomo che da un bel po' di anni è un simbolo della musica sintetica, in ogni sua sfaccettatura. Al momento GM sembra abbastanza in fissa con i bangeroni da club, per questo eravamo curiosi di parlargli.

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La storia di Giorgio Moroder è quella di un ragazzo cresciuto in un villaggio del Sud Tirol che è diventato uno dei musicisti più importanti del ventesimo secolo. Sembra una favola della musica moderna. Moroder, che fin da quando era giovanissimo ha dimostrato un interesse spasmodico per i nuovi generi musicali che si stavano sviluppando, ha finito per lavorare con i nomi più grossi della musica internazionale, oltre ad avere sul suo CV più o meno 200 dischi d'oro e di platino e ben tre Oscar.

Verrebbe da pensare che a questo punto il signor Hans-Jorg abbia anche voglia di staccare e riposarsi un po', dato che le soddisfazioni che ha avuto finora sono molte più di quelle che qualsiasi altro musicista potrebbe solo immaginare. Ha lavorato con Elton John, Janet Jackson, Daft Punk, i Rolling Stones e parecchi altri. Invece Giovanni Giorgio ha ancora molto da dire, e quest'anno, dopo più di vent'anni, uscirà un suo album solista. Lo abbiamo incontrato per parlare del passato, del presente, ma soprattutto del futuro.

Noisey: Signor Moroder, mi piacerebbe iniziare da quando aveva 19 anni e voleva andarsene dal Sud Tirolo.
Giorgio Moroder: Mi era stata offerta l'opportunità di suonare, come chitarrista, in un hotel svizzero. Dopo la prima serata, il pianista mi ha suggerito di passare al basso. Questi sono più o meno gli esordi della mia carriera musicale.

Sentiva parecchio i problemi legati alla comunità Ladina, di cui fa parte? È per questo che voleva andarsene dal posto in cui è nato?
No, ero abbastanza sereno ai tempi. Non mi interessava molto di quelle questioni. Volevo essere un musicista e in Val Gardena è molto difficile vivere di musica. Quindi sono andato in Svizzera, poi in Svezia, in Danimarca, in Olanda, in Germania e in Francia. Sono stato in giro sette, ottto anni.

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In questo tempo è finito nel leggendario Scotch Club di Aachen, la prima discoteca tedesca, giusto?
Esatto, proprio così—ci sono entrato come uno strano miscuglio tra un DJ e un cantante. Il mio manager, Mr Ouirini, stava a capo di un'organizzazione tedesca che si occupava di quelle cose, e grazie a questo giro andavamo dappertutto: Amburgo, Hannover, Kassel. E poi ogni sera tornavamo alla casa-base: Aachen.

Dormiva davvero in macchina, come racconta nella traccia per i Daft Punk?
Sì. In una Mustang Fastback. Faceva abbastanza freddo.

Un po' di tempo dopo si è spostato a Monaco.
Sì, Berlino era troppo lontano da casa. La mia prima hit, "Mendocino", è nata a Berlino e ha venduto un milione di copie. Ma a Monaco è dove tutto iniziò per davvero. E fu lì che incontrai Donna Summer.

Faceva parte della leggendaria scena notturna di Monaco?
No, non proprio. Non sono un grande ballerino. Usavo i club di Monaco per testare le cose che facevo, però. Se il dancefloor si svuotava, sapevo che quella traccia era da buttare.

Ora è tornato a pieno regime nella club scene, ma in tutto il mondo.
Ed è bellissimo. Oggi essere un DJ è come cantare. E si guadagna bene, a un certo livello. Oltretutto basta una chiavetta USB, non serve altro!

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Pensa che il culto dei DJ sia una buona cosa per la musica in generale?
Penso sia un'ottima cosa, perché i bravi DJ tirano le fila di una serie di cose, e sono anche ottimi musicisti. E che venga loro riconosciuta questa cosa è ottimo. Certo, ce ne sono pochissimi che lo fanno bene, e quelli che raggiungono i vertici non solo sono bravi DJ, ma anche bravissimi producer e compositori. Non è facile come sembra.

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Di chi vorrebbe ascoltare un set dal vivo?
In gran parte sono miei cari amici. Ho lavorato con David Guetta, Tiesto, Calvin Harris e anche con Skrillex e Avicii.

Ho avuto modo di ascoltare qualcosa dal suo nuovo album e in effetti si sente abbastanza che l'inprinting è quello EDM. Non è affatto nostalgico, come sound, anzi.
Esattamente. La mia casa discografica avrebbe voluto un sound più disco, ma io non ero molto per la quale.

Il movimento anti-disco statunitense ha in qualche modo influito in questa scelta?
No, ero già altrove ai tempi, quindi non mi ha toccato. Stavo già componendo musica per film, quando il movimento disco è collassato. Devo ammettere che, per mia fortuna, non mi sono accorto nemmeno dei revival.

Però il revival c'è e ha preso un po' tutti, dai Daft Punk a Justin Timberlake a Katy Perry fino agli Arcade Fire.
Be', la dance music è sempre stata lì. La parola "Disco" forse è tramontata, ma fondamentalmente ogni cosa ha proseguito per il suo corso. Un tempo la chiamavamo Dance, ora si chiama EDM. La musica dance moderna esisterà sempre.

Il suo motto ultimamente è, "74 è il nuovo 24". Come si rivolgerebbe al se stesso ventiquattrenne?
Gli direi di rifare esattamente tutto quello che ha fatto.

Déjà Vu uscirà per Giorgio Moroder Music il 12 giugno.