Black to the future: Le radici sci-fi della musica elettronica

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Black to the future: Le radici sci-fi della musica elettronica

King Britt ci spiega come pensare al presente dell'elettronica ragionando su diversi futuri possibili.

Viviamo un'epoca in cui la cultura pop e la fantascienza si nutrono insaziabilmente l'una dell'altra. A riprova del fatto basta dare un'occhiata ai film in uscita negli ultimi tempi: una richiestissima squadra di supereroi sexy, Russel Crowe che raduna animali per salvarli da una tempesta nucleare, e guerrieri teenager in un mondo post-apocalittico. Tutti questi kolossal sono sicuramente divertenti, anche se un po' privi di contenuto e sempre dominati dallo stesso trito e ritrito ritornello che abbiamo visto fino alla nausea: l' eroe bianco figaccione che salva la situazione e il mondo… ma non dovrebbe essere sempre così. L'afrofuturismo, termine coniato nel 1993 da Mark Dery nel suo saggio Black to the Future, è un movimento culturale che inserisce una dose vitale di personaggi non bianchi nel nostro cosmo immaginario. Collocando il tema dell'emigrazione / deportazione di massa dall'Africa in un contesto culturale sci-fi e techno, l' afrotfuturismo presenta una differente visione del futuro, molto più black. La scorsa settimana, a New York, sono state organizzate due diverse mostre—entrambe messe insieme dal DJ di Philadelphia King Britt—che esaminavano l'effetto che questo movimento culturale ha avuto da vent'anni a questa parte sulla cultura popolare di oggi. La prima, allestita nei Red Bull Studios e intitolata "Omnipresent: a different view", utilizza rari estratti tratti da Omni magazine, una rivista di scienza che ha chiuso i battenti nel 1998, per criticare una visione statica del futuro che in qualche modo persiste ancora oggi. King è stato un lettore affezionato di Omni fin da bambino, ma "Crescendo, mi sono reso conto che in tutto il mondo della fantascienza vedevo sempre e solo bianchi," così King ha deciso di contattare via Twitter Claire Evans, giornalista scientifica e cantante degli Yacht, che si è recentemente dedicata a riavviare Omni in versione contemporanea e solo online.

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Claire Evans e King Britt. Come direttore editoriale della versione rinata della rivista, Claire non è del tutto immune alla nostalgia dei tempi d'oro, ma è anche consapevole che "Omni è la documentazione finale di tutte le stronzate fantascientifiche bianche." Il proprietario di Omni era lo stesso di Penthouse, e, nell'opinione di Claire questo fatto aveva non poca influenza, rendendo la rivista "Molto maschilista e molto più incentrata sulla soddisfazione delle esigenze del lettore come consumatore piuttosto che sulla ricerca vera, quella che ti aiuta a spostare il tuo punto di vista." Al di là di questa tendenza, le illustrazioni di Omni sono sempre state lodate per la loro impressionante originalità, ed erano esse stesse la maggior motivazione della sua popolarità continuativa. Quando King ha iniziato a scavare nell'archivio infinito di Omni ha trovato anche immagini che divergevano dal classico immaginario bianco, roba che non aveva mai visto pubblicata quando era un ragazzino appassionato di fantascienza. "Portare alla luce quelle immagini è stato davvero emozionante" dice Claire. Spostando sotto i riflettori queste illustrazioni insolite, spesso ignorate dai più, Claire e King sperano di riuscire a reindirizzare la cultura fantascientifica contemporanea lontano dall'immaginario da multisala e dalle facilonerie, per arrivare a stimolare un dibattito concreto. "La fantascienza è per gli emarginati, è un territorio di critica delle norme stabilite perché gioca le sue carte in un tempo e in un spazio 'altri": un bellissimo spazio in cui costruire mondi liberi dal patriarcato e dal pensiero dominante."

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King ha prodotto numerosi pezzi dedicati all'archivio di Omni, e li ha suonati in pubblico durante l'opening party. Ogni traccia è dedicata ad una specifica immagine, "The Mind Knows" per esempio, è l'interpretazione sonora di una guerra tra robot. "Volevo un po' di azione, con suoni robotici e passaggi funky" ci dice King. Riferendosi poi ad un'altra traccia, "Northstar", King ci parla dell'illustrazione di riferimento: "Le donne, in ogni genere di tribù, sono i leader, sono loro che tengono insieme le cose. La stella polare è ciò che inseguiamo quando siamo persi nella notte, ci permette di tornare a casa tenendoci uniti." King ha inserito nella traccia alcune percussioni molto delicate con qualche colpo secco che accompagna la melodia, dandogli contemporaneamente sia un tocco di femminilità che un tocco di astronomica gravità. Tre giorni dopo, lo stesso sentimento di Omnipresent è risuonato in forme diverse al MoMa PS1, dove King Britt ha messo in piedi un evento storico: una intera giornata dedicata al pensiero e alla musica dell'afrofuturismo. Sono intervenuti, in veste di relatori, il prof. Alondra Nelson della Columbia University e il produttore dei Public Enemy Hank Shocklee, mentre nella parte musicale la line up contava Ras G e Shabazz Palaces. "È una specie di riunione di famiglia, abbiamo chiamato tutti all'appello, ognuno ha fatto la sua cosa e ha spaccato" ha detto King. Sotto la cupola oscura del tendone al centro del cortile del museo, King ha presentato per la prima volta la sua performance live come Fhloston Paradigm, il cui nome è un omaggio alla navicella ed al pianeta immaginari de Il Quinto Elemento. King si è esibito con Pia Ercole, una cantante di formazione lirica, rendendo un pieno omaggio a quel momento glorioso della sci-fi in cui Pia e la sua voce super filtrata si erano calate nelle vesti della diva aliena Plava Laguna.

King Britt e Pia Ercole.

Sulle motivazioni che spingono la passione sua e di tanti altri musicisti afrofuturisti da Sun Ra a Jeff Mills a Flying Lotus per l'estetica sci-fi e i viaggi intergalattici, King Britt ci dice "Ho sempre gravitato intorno allo 'spazio dello spazio', perché è un territorio aperto. Tutti i suoni che derivano da quell'immaginario sono liberi, mentre la cultura pop negli USA è davvero imprigionata nelle solite formule conservatrici." Entrambi gli eventi sono stati una bella dimostrazione che l'afrofuturismo con la sua fissa per le altre dimensioni possibili continuano ad essere un ottimo strumento per ragionare al di fuori dagli schemi in cui siamo intrappolati. La musica elettronica, in particolare, con le sue pulsazioni tecnologiche, è un utile mezzo critico per analizzare il modo in cui "Le persone di colore vengono viste come legate al passato, il loro stesso contributo alla musica viene giudicato come qualcosa di esclusivamente connesso alla consapevolezza di quello che è stato[…]" (cit. prof.Nelson). Sommando "afro" e "sguardo futuristico", la musica elettronica riesce a volare al di sopra dello stereotipo secondo cui "[…]Noi non avremmo una cultura nerd e fissazioni scientifico-tecnologiche." Nel momento in cui King e Pia hanno lasciato il palco, Ursula Rucker—un'artista americana che potremmo definire un caposaldo dello "spoken word" , cioè il fare musica/performance leggendo testi—ha preso il loro posto. Le sue parole sono risuonate forti e veritiere: "Questa è la cura necessaria che nessuno vuole ammettere. Questa cosa non si deve fermare qui. Questo è un punto di partenza. Perché qualcuno ha fatto esplodere l'America e nessuno vuole ricostruirla. Boom." Boom. The Phoenix, il disco dei Fhloston Paradigm, uscirà il 10 Giugno per Hyperdub.
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