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Musica

Verybello è la cosa migliore che potesse capitare alla musica in Italia

Ecco cosa l'inaugurazione del sito più sfigato di sempre ci ha fatto capire sul rapporto tra merda, cultura e Expo in Italia

Anche sforzandosi (molto) di tralasciare tutte le argomentazioni più serie contro Expo 2015 che si sono sollevate da un po’ di tempo, non possiamo non constatare che l’impatto mediatico dell’esposizione sul paese intero, finora, è stato un fail galattico. Dopo mascotte imbarazzanti e campagne di adesione volontaria che hanno giustamente destato nei giovani destinatari la risposta “ma che me stai a cojonà?”, l’intero comparto comunicativo di Expo ha iniziato una lunga passeggiata sul ghiaccio sottile. Questo ha reso l’arrivo di Verybello una vera calamita per la merda gratuita dell’internet. Merda pure un po’ immotivata, viene da dire, perlomeno da parte di qualcuno.

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Chiariamoci: fa cacare a spruzzo, su questo non ci piove. A mio avviso, però, riesce a non fare cacare a spruzzi più grossi di tutti gli altri tentativi di trasformare l’Italia—intesa come l’insieme delle sue culture, della sua produzione artigianale/industriale e dei suoi costumi—in un prodotto da esportazione. Il modo in cui si prova a generarci interesse intorno non può che essere un misto di tamarrate, di volemosebbene con la mamma in cucina, di paraculismi sul patrimonio culturale ereditato dal passato e di sbavature estetiche un po’ cheesy un po’ melodrammatiche. In fondo, il prodotto che si cerca di vendere è esattamente quello: il dato veramente grottesco è che chi propone quel modello di Italia non sia poi effettivamente in grado di renderlo produttivo, neanche per se stesso e per il proprio circoletto di interessi. Il loro discorso-standard verte solitamente sul fare notare quante eccellenze di vario tipo l’Italia generi, contenga ed esporti poi in tutto il mondo, che è necessario un qualche tipo di politica comune o di reimpasto economico in grado di farle fruttare come si deve, ma la stessa classe dirigente che periodicamente costruisce questa narrazione è poi anche la prima a tradirla non combinando un cazzo se non acchittando una vetrinetta sdolcinata. Expo 2015 è esattamente questo (vedi video qui sotto). Se avessero voluto davvero avvantaggiare in qualche modo quello che chiamano (urgh) “sistema-paese” avrebbero deciso di tutto tranne che ospitare una manifestazione il cui successo è in calo vertiginoso da quindici anni, e che serve a produrre solo e unicamente un’idea di Italia anziché un’Italia effettiva.

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È una mentalità il cui modello politico perfetto è quello renziano, secondo cui il fatto di avere perlomeno una strategia di comunicazione efficiente è dimostrazione di impegno e credibilità: è più importante fare l’aggiornamento tecnologico della grammatica tradizionale che metterla davvero—politicamente—in discussione. Ecco appunto il senso di Verybello: un ministero della cultura che normalmente preferisce occuparsi di tutto tranne che della cultura che si manifesta in giro per il paese, se ne esce con una specie di agendina di ciò che è figo andare a vedere/sentire/toccare. A uso e consumo del fantomatico turista capitato a Milano per l’imperdibile Expo il quale, già che c’è, si farà sicuramente anche un giro a Potenza. Lo stesso turista sarà perfettamente in grado di consultare un sito di cui manca la versione inglese.

Niente, comunque, che dovrebbe risultare particolarmente odioso se già non ti sta sul culo Expo in sé. A rischio di passare per estremisti, ma se non si vede il tarlo strutturale nella semplice esistenza di una manifestazione come quella si dovrebbe proprio tacere e accontentarsi. È esattamente come Sanremo: o lo spalleggi e né contempli l’imperdonabile squallore o lo rifiuti in toto. I riformisti del “si poteva fare meglio, si poteva fare tipoallestero”, al solito, è meglio stiano zitti, onde evitare di generare l’ennesimo movimentino messianico di stocazzo. Questo comporta anche che le critiche che si limitano all’artwork orrendo, arraffato senza permessi, ai problemi tecnologici del sito e all’idiozia del nome debbano chetarsi, e chi le pronuncia tenere a mente che Expo e l’italia che verrà da maggio non sarà altro che è la culla istituzionale di tutti i lapoelkanismi possibili.

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Del resto, a “un’altra cultura è possibile” ci ha già pensato il ministero. Voglio dire, guardate la sezione musica, che poi è il motivo principale per cui sto scrivendo di Verybello: ci sono un sacco di eventi dedicati ai cosi lì, come si chiamano loro… i giovani! I giovani si ascoltano il ROCK e il METAL e la DANCE e l’INDIE. Per cui, tra la classica, i cantautori, un po’ di meridionalismo a caso e Mario Biondi (che potrebbe effettivamente incarnare da solo la versione musicale di Expo), ci sono, appunto, il ROCK e il METAL e l’INDIE. Manca ancora la DANCE, ma sono sicuro non tarderà ad arrivare. magari con l’estate, magari con i Daft Punk live a Isola Liri. Soprattutto ci sono rimasto un po’ così quando ho visto annunciato un concerto dei Sonata Artica all’Estragon di Bologna. Prima di tutto perché la sopravvivenza di una scena power metal mi fa avere strani pensieri sul destino dell’umanità, poi per la strana aderenza al contesto che la cosa mi pareva avere. Insomma, logico che si tentino strade un po’ goffe di dare un’aura il più possibile internazionalista e contemporanea alla proposta culturale Italiana, così come si provi a passare per quelli che legittimano un certo tipo di eventi senza metterli da parte in angolini riservati all’intrattenimento né tantomeno censurarli per moralismo.

C’è anzitutto un livello di ipocrisia evidente, oltre quello a tutto campo sulla gestione della cultura in Italia, riguardo l’inclusione di eventi più o meno legati a generi, tipi di musica e di location a cui le istituzioni mettono perlopiù i bastoni tra le ruote. È una delle tante contraddizioni insite all’idea stessa di organizzare un’esposizione universale in un paese le cui (presunte) qualità si tirano fuori solo e unicamente quando le si vuole usare come rivendicazione contro “i detrattori”, i “soliti disfattisti” etc. Non solo, in cui si fa un vanto dell’assegnazione di Expo quando non ci si è inculati manco di striscio la manifestazione per decine di anni. Se chiedessimo agli stessi che ritengono la manifestazione una importante opportunità internazionale cosa abbiano appreso di recente seguendo le notizie riguardanti gli ultimi due o tre expo, e quali importanti progressi vi siano mostrati negli ultimi anni, scommetterei sul “duuuuhhhhhhhh”.

Questo vale, appunto, soprattutto per la cultura e la musica in particolare, che forse rappresenta un caso emblematico di settore culturale che esiste nonostante le avversità, che si riproduce generazionalmente restando comunque totalmente alieno alla possibilità che gli venga offerto un ruolo sociale consistente. Salvo poi, ovviamente, avere bisogno di mettere in agendina un concerto dei Mudhoney e uno dei Goat per fare colore e diversità. Anzi, rruock a parte, sono convinto che gli appassionati di classica siano in grado di condividere questa posizione e applicarla al loro “genere”. Ora che ci penso, la loro posizione è quasi peggiore, dato che la classica e l’opera, un po’ come il patrimonio archeologico/artistico/paesaggistico architettonico del passato, sono da sempre la foglia di fico della cultura “alta”, condizione assai lontana dalla possibilità di vivere una cultura in maniera libera e dinamica.

In genere ne faccio quasi un vanto: sono davvero contento di vivere nel paese in cui il livello di puzza di merda è così oltre la soglia di tollerabilità, perché ci mette, perlomeno, nella posizione di non farci distrarre da giochetti di luce tipici dei paesi in cui si maschera l’oppressione con la prosperità e il supporto alla cultura. Non sono pippe apocalittiche, ma solo constatazioni in merito al ridicolo in cui sta già sprofondando l’intero carrozzone che ne rivelano solo la natura intrinsecamente farlocca. Dobbiamo quindi ringraziare lo stato sia stato così coerente fin dall’inizio, fin dalle infiltrazioni mafiose in sede d’appalto, per rendere il tutto non solo più italiano possibile, ma anche più vicino possibile alla trasparenza dei veri intenti di Expo. Dispiace solo che con la TAV non stia andando allo stesso modo. Chissà, forse per svegliare i ggiovani italiani dovrebbero dire loro che ci sarà Mario Biondi in filodiffusione coatta su tutti i treni.

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