Più ti avvicini al centro della musica, più capisci che si tratta di un territorio confuso, senza centro e senza periferia, in cui perdersi è soltanto sintomo di qualità. Per questo i jazzisti stanno alla musica come i puristi della fisica alla scienza: sono quelli che impazziscono tipo il protagonista di Pi Greco il Teorema del Delirio. Per non impazzire sul serio servono alcune coordinate, anzi, in certi casi veri e propri punti cardinali, come quelli che il chitarrista Alberto N. A. Turra, titolare del progetto Turbogolfer Duo(s), ha messo nel suo nuovo lavoro, che oggi vi presentiamo.I punti cardinali sono sei, perché oltre che i soliti quattro di Maxpezzaliana memoria, si aggiungono lo Zenith e il Nadir, ed ogni punto è associato ad un batterista, che accompagna Alberto nella cavalcata di suoni di questo progetto, intitolato Azimuth, che esce oggi per Felmay / Egea, e vi potete sentire qui sotto.Questo più che un disco è un esperimento con se stessi tipo il pentathlon cui si mettono alla prova gli sportivi per provare di saper affrontare discipline diverse: è un chitarrista che sperimenta la propria duttilità e la propria capacità di dialogo e coesione con sei diversi stili batteristici, in un contrasto che diventa armonia per il bene superiore della musica, che comprende ogni direzione e ogni punto cardinale.Per questo Alberto ha deciso di dedicare il suo progetto Turbogolfer ai duetti, esplorando forse la parte più difficile dell'incastro musicale, quello tra melodico e ritmico (che un noto filosofo avrebbe definito apollineo e dionisiaco) e presentarci 12 pezzi, tra cui sei cover e sei brani dedicati al batterista/punto cardinale che li abita. Alberto spiega il disco così:Essendo artisticamente innamorato perso dei batteristi coinvolti mi è sembrato bello e giusto fare quella cosa che fece Miles Davis per John McLaughin o Bill Frisell per Ron Carter: scrivere un brano e intitolarlo col nome del musicista, quindi si è trattato di un coming out, una dichiarazione in senso stretto. In quel momento mi è stato chiaro che quello che stava succedendo dal punto di vista esoterico riguardava del tutto la costruzione di un mandala e tutto ciò stava accadendo nel modo più arcaico e potente, dando ad ogni batterista la posizione simbolica/virtuale di un punto cardinale.Sotto allo streaming del disco trovate sei video dedicati ai co-protagonisti dell'album, con tanto di descrizione, o meglio dedica, da parte di Alberto. Buon ascolto!NADIR: ANDREA RAINOLDIAndrea è il batterista con cui iniziai quasi 15 anni fa l'esperienza Turbogolfer. A lui devo un ringraziamento speciale per aver condiviso con me le prime insofferenze per i tempi e i modi di certa musica improvvisata milanese e italiana.Non è un caso che la persona che più di tutte condivide con me una memoria, sicuramente parziale, sicuramente soggettiva (ma senza dubbio lucida, schietta, a volte malinconica) del vissuto musicale milanese degli ultimi 15 anni, sia anche il produttore/fonico di questo disco. Musicalmente ho sempre avuto l’impressione che fosse il punto di incontro tra Peter Erskine e Marvin "Smitty" Smith.SUD: MARCO CAVANICristallino. Marco è la persona che mi fa più ridere al mondo. Il drumming di Marco è infallibile e supponente, cosa che apparentemente non dovrebbe conciliarsi con l’affabilità del suo carattere ma che invece dona, allo sguardo di chi lo assiste suonare, un sapore di spensieratezza e gioia pura comune a certi mistici o monaci shaolin. Raggiungere le vette più alte sorridendo.
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OVEST: TONI BOSELLISuonare con Toni è fare a cazzotti con l’ortodossia. Lui, portatore artisticamente sano e geniale della stessa (e quindi dagli umori instabili e totalmente intuitivo), mi mette sempre nelle condizioni di non poter transigere, di non autoindulgere sulle questioni che riguardano l’Intuito e l’Estetica,siano esse jazz, funk, afrobeat, rock o free form.L’ortodosso riluttante, per me un maestro.ZENITH: TATO VASTOLATato dietro alla batteria ha lo sguardo pieno di stupore dei bambini che giocano e degli assassini seriali, come a dire‚non c‘è niente al mondo che mi appaga di più. È, tra quelli che conosco, il batterista più vicino al concetto di “elementale”. Un prodigio di potenza. Una slavina.NORD: SERGIO QUAGLIARELLADa Nord arrivano i Barbari, i padri di questo normanno/africano portatore di un estetica batteristica impetuosa in un teso e perenne equilibrio tra John Bonham, Terry Bozzio e il Manu Katche più raffinato.Il batterista che vorreste sempre alle vostre spalle sul palco; il fratello che vorreste sempre dalla vostra parte.EST: ALBERTO PEDERNESCHIUn musicista con un grado di attenzione e ascolto tra i più alti da me incontrati. È entusiasmante la sua prontezza nell'orchestrare timbri e dinamiche in rapporto a ciò che gli accade intorno. Se gli viene restituita l‘attenzione e la cura che lui mette nell‘ascolto altrui si raggiungono impressionanti livelli di interplay e di pressione sonora. Uno specchio perfetto. Una persona coraggiosa.
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