tommy cash
Foto di Sohvi Viik

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Musica

Tommy Cash ha ribaltato la scena hip hop dell'Europa dell'est

Viene da Tallinn, in Estonia, le sue rime sono ruvide e brutali come le rovine dell'Ex Unione Sovietica, ha stile da vendere e gli piacciono i cavalli e Kanye West.

Tommy Cash suonerà il prossimo 22 febbraio al Circolo Magnolia di Milano e il 23 febbraio al Largo di Roma.

Il folklore che colora le strade di Tallinn, capitale dell'Estonia si fonda su radici deboli e malferme, è come una festa in maschera in cui ognuno balla una musica diversa e. Dopotutto il piccolo Paese baltico ha avuto il piacere di ospitare invasori di tutte le nazionalità: danesi, tedeschi, svedesi e russi. L'Estonia ha avuto il suo breve periodo di vita indipendente all'inizio del Ventesimo secolo, ma è durato soltanto fino al giugno 1940, quando è stato assorbito dall'Unione Sovietica, per rimanerci fino al 1991. A conti fatto è un Paese che ha dichiarato la sua indipendenza 24 anni fa, non c'è stato materialmente il tempo per costruire una propria cultura.

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Immaginate di essere nati in quel 1991, nell'esatto momento in cui il vostro Paese si è liberato del guinzaglio imposto dal regime sovietico e in cui i confini nazionali sono diventati qualcosa di reale, e non soltanto un ricordo dei vostri nonni. L'influenza russa è ancora forte, quindi siete un ragazzo che cresce in un sobborgo di Tallinn dove la cultura prevalente è russa. Il cielo è grigio come i blocchi dei quartieri residenziali e i locali sono smorti e senza vita come i vestiti che indossano. L'eco di una routine infinita e senza scopo copre di silenzio tutte le strade. Mentre crescete vi fate dei viaggi infiniti a fissare il soffitto della vostra stanza con Kanye West nelle orecchie. Frequentate il liceo, ma siete emarginati dal resto del gruppo e finite per diventare dei lupi solitari. L'unica via di fuga all'inizio è attraverso il ballo, poi la moda e, alla fine, l'hip hop.

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Questo ragazzo non siete voi, ma è Tommy Cash. La sua storia è legata a filo doppio a quella dell'Estonia e lui è il risultato di un insieme di fattori speciali, è una macchia di colore su una tela bianca e nera, è una colonna verticale su un orizzonte culturale piatto e asfittico. Tommy è capace di ritrarre un'unicità estrema attraverso la sua arte, è un esempio e una dichiarazione di ribellione verso il sistema di noia che lo circonda e, in Estonia, questo non il comportamento più idoneo per farsi accettare dalla società.

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“Se indossi una felpa rosa la gente ti dirà che sei gay, ma a me non interessa” mi racconta Tommy. “Sono sempre stato il tipo strambo che viene dal ghetto. Un giorno d'estate mi è capitato di camminare nella via in cui abito con addosso solo un kilt, e nessuno ha detto niente. Sanno chi sono e mi riconoscono, ma se fossi venuto da fuori, allora sarebbe andata in modo completamente diverso.”

Quell'ambiente brutale è ciò che ha spinto Tommy nel mondo della musica, all'inizio. So che è difficile, ma dovete davvero provera a immaginare di dover crescere in un sobborgo dove sono i russi a comandare, con la consapevolezza che se non parlate la loro lingua vi romperanno il culo alla prima occasione buona. La musica gli ha offerto una via di fuga da questa gabbia.

“Sono sempre stato un solitario. Ascoltavo musica che non ascoltava nessuno e avevo sempre il lettore mp3 acceso con qualche traccia sconosciuta in riproduzione.” Spiega che è passato attraverso diverse fasi e che si è affezzionato a stili e suoni differenti, ma forse ciò che più l'ha influenzato è stato Graduation di Kanye. “Quando ascolto quel disco mi immagino sul palco davanti ad una folla di persone. Kanye mi ha sempre fornito quella spinta in più per superare le difficoltà, go on chase your dreams e tutto quel filone di testi… Mi ha persomesso di inseguire l'idea che avevo di me stesso e fare ciò che amavo.”

Il gusto eclettico di Tommy è evidente anche nella sua musica e per capirlo basta dare un'occhiata ai suoi video. Rappresentano i suoi pensieri e le sue idee, sono come un viaggio attraverso il subconscio dell'autore, un subconscio che è incasinato, ma perfettamente originale. Tommy scrive tutti gli script dei video di suo pugno e recentemente ha messo insieme un video per "Leave Me Alone", un visual impressionante che racconta la desolazione truce delle periferie abbandonate che circondano la sua città. “È un video che mette in mostra i risultati che ho raggiunto fino ad ora, ma allo stesso tempo enfatizza il pantano in cui sono bloccato. Per quanto mi riguarda è un pensiero molto intimo.”

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Se vi imbattete in Tommy online, la prima cosa che vi ritroverete a pensare è da dove cazzo viene questo tizio. Quella confusione, quella mancanza di riferimenti culturali giustificabili con un ventenne di Tallinn, vi farà l'effetto di una pera di nicotina e non potrete fare altro che scavare nel suo mondo e nell'estetica che è riuscito a costruire. Nel giro di tre o quattro video vi ritroverete a pensare che le ciabatte Adidas con cui andavate in piscina forse non sono poi così male e che le calze di spugna hanno un loro perché. Quando ho provato a chiedere a Tommy delle sue influenze e del bagaglio di esperienze che l'ha portato a emergere mi ha risposto così: “Ho iniziato a ballare quando avevo 15 anni. È stata la prima cosa che mi ha fatto sentire davvero libero. Alcune ragazze che frequentavo mi hanno detto che c'era una lezione di hip hop a cui avrebbero partecipato e mi sono detto perché no? Quando ho sentito quella musica la velocità con cui viaggiavo verso la mia personale libertà ha fatto un'impennata."

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Per Tommy quella iniziazione attraverso la danza ha aperto le porte di un mondo ricco di opportunità, un mondo fatto di stile, musica e mille intersezioni tra le due cose. “La prima volta che ho fumato è stata con il mio insegnante di ballo, Jon. Eravamo buoni amici e lui è stato quasi un mentore per me. Tutto ciò che sono ora, il modo in cui mi vesto, il mio stile, lo devo a lui. Aveva davvero buon gusto. Aveva delle vecchie tute Adidas che spaccavano i culi e passavamo i pomeriggi ad ascoltare i vecchi dischi di Pharrell. Penso che mi abbia scavato un buco nel cervello per infilarci le stesse influenze che oggi mi fanno vestire così.”

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Se pensiamo all'ibrido tra Unione Sovieta e hip hop americano che costituisce il bagaglio culturale di Tommy non è una sorpesa sentire che al momento stia collaborando con un giovane designer di nome Gosha Rubchinskiy. È la firma dietro uno degli street brand emergenti più forti all'interno di quel mercato e c'è una sorta di legame punk tra il suo lavoro e la musica di Tommy. “Conoscevo Gosha prima che diventasse famoso e volevo assolutamente entrare in contatto con lui, ma all'inizio mi sono fregato da solo perché non sono stato abbastanza sveglio. Gosha è un duro e puro. Fa la sua cosa e la sua cosa è genuina, ha davvero il sapere di Europa dell'est. È questo che mi piace di lui.”

Il gusto di Tommy per l'Europa dell'est è naturalmente seguito dal fascino per la Russia, con le sue feste, la sua energia e il suo popolo di “fottuti pazzi scriteriati”. L'Estonia ha un confine in comune con la Russia, quindi si tratta solo di salire in macchina e guidare qualche ora per arrivare in posti in cui la festa può andare avanti per ore. Ho chiesto a Tommy se avesse mai sentito parlare delle feste ‘witch house’. Si tratta di rave che si rifanno all'estetica e ai suoni dei Crystal Castles, ma connotati con un feticcio per la disperazione squallida e (ovviamente) un treno di droghe. “Cazzo sì, mi sono anche esibito un paio di volte a eventi del genere. È un movimento pazzesco, anche se un po' dark. Lo amo, devi immaginarti di stare davanti a mille persone fatte come dei cavalli mentre fuori c'è il sole perché sono le tre del pomeriggio.”

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Lasciando da parte le feste pazze, Tommy parla di Mosca come di una terra ricca di opportunità—un ambiente culturalmente denso e bizzarro in cui lui non vede l’ora di immergersi. Pare che Mosca sia un po’ la Londra dell’Europa dell’Est, e che l’Estonia sia la sua Ipswich. E, come succede in ogni angolo del mondo, se sei un artista è meglio che ti sposti nelle metropoli per avere più possibilità di scambi. Ora Tommy ha nove date in programma e si sta preparando ad affrontare il suo primo tour.

Alla fine Tommy non è soltanto un rapper. È un esempio di unicità. La parte migliore è che non c’è nulla di artefatto in lui. Alcuni artisti ce la mettono davvero tutta per fare gli strani e attirare un po’ di attenzione, ma in fin dei conti è la verità che ti fa emergere. La sincerità artistica è punk. DJ Premier una volta ha detto che “l’hip-hop sta tutto nell’essere originali, nell’avere uno stile personale.” E la cultura hip-hop la mena così tanto con quella storia del keep it real che non si può far altro che convincersi ci sia qualcosa di vero nelle parole dei mostri sacri di quella cultura. Tommy, senza dubbio, rende onore ai suoi predecessori.

Non mi stupirebbe di vederlo entrare al McDrive di Tallin in sella al suo cavallo in un qualsiasi mercoledì pomeriggio, semplicemente perché ha un cavallo e gli va un Big Mac. Tommy è… diverso. Ma non siamo noi a doverlo dire. Vi basta andare ad ascoltarlo.

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