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Musica

Minimalismo Italiano: 1975 – 1979

Pronti per un nuovo sviaggio organizzato? Stavolta andiamo sempre negli anni '70, ma in Italia, tra quelli a cui per esprimersi bastavano poche note.

Franco Falsini

Si sa: le regole sono fatte per essere infrante. Nella prima puntata parlavo di "cinque dischi", ma già con un trucco ne presentavo sei. Questa volta (ma è un'eccezione, lo giuro!) lasciamo perdere le limitazioni per poter parlare in modo completo di un argomento che lo merita, che spesso viene toccato in maniera tangenziale ma che per una volta vogliamo sviscerare totalmente. Si tratta di alcune bellissime musiche venute fuori nella seconda metà degli anni Settanta. Un periodo difficile per l'Italia, nel pieno dei cosiddetti anni di piombo: anni di violenza per le strade, gli anni in cui il "movimento" si sfalda. È la fine del sogno, che prelude al reflusso degli Ottanta. Questo dice la storiografia ufficiale. Ma non c'è solo quello, ci sono anche dei tentativi di reagire. E forse allora non è un caso che alcuni conclamati fricchettoni decidono di "astrarsi" dalle complicazioni, dalla violenza e dalle tensioni del periodo, per guardare alla serenità, alla pace, e a uno stato di benessere, a volte ottenuto con qualche additivo chimico e a volte no.

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Se questo concetto di fuga dalla realtà vi ricorda il krautrock non è un caso, non poche sono infatti le affinità con la musica cosmica, ma c'è di più, e le influenze sono molteplici. Possiamo però quantomeno affermare con sicurezza che se state in fissa con quel tipo di suoni, o con certi panorami di elettronica pastorale-post apocalittica (qualcuno ha detto Boards Of Canada?), allora sicuramente qui potrete trovare atmosfere e suggestioni che dovrebbero interessarvi. Siamo ancora al di qua della new age degli anni Ottanta, e in particolare della sua declinazione arrivata fino in Italia: degenerazione da cartolina, legata a doppio filo al mercato e alla banalità.

La musica di cui parleremo ha poi molti punti in comune con il nascente (oltreoceano) fenomeno del minimalismo, che a Roma attecchì forse prima che in ogni altro posto, grazie all'impegno di un giovane gallerista come Fabio Sargentini e il suo Attico, che a fianco di artisti come Kounellis e Beuys ospitò La Monte Young e Terry Riley, Philip Glass, Joan La Barbara, Charlemagne Palestine, Steve Reich… Insomma tutti i nomi fondamentali. Il nostro sarà però un minimalismo pieno di emozione, più caldo. Forse semplicemente più italiano.

Steve Reich All'Attico, 1872. Foto via.

La categorizzazione è se vogliamo un po' arbitraria, nel senso che non tutti magari saranno d'accordo nell'accostare cose più minimaliste classiche con altre cose di stampo più prettamente cosmico, però troviamo che forse i punti in comune siano più dei punti di rottura, soprattutto dal punto di vista "estetico". Un po' arbitrario, è vero, ma forse più sensato che tagliare fuori alcuni dischi per la difficoltà a inserirli in un settore o nell'altro. Ci sono poi per questo non-genere alcuni padri putativi assoluti: il primo cui possiamo fare riferimento è Gurdjeff. Difficile parlarne in poche righe… Filosofo, scrittore e mistico, è stato un mito per una generazione e, restando in ambito musicale, enorme influenza per Battiato. Ma è stato molto citato anche da Robert Fripp e perfino da Enrico Rava, che chiama la sua biografia Incontri Con Musicisti Straordinari (ma ne parleremo in un altro capitolo), parafrasando il capolavoro di Gurdjeff Incontri Con Uomini Straordinari. Il Maestro armeno è stato anche musicista, e in particolare ci ha lasciato delle composizioni per piano (composte con l'aiuto del grande pianista Thomas de Hartmann) che hanno avuto non poca influenza sul minimalismo più esoterico e meditativo. Ma è un po' tutta la sua filosofia mistica ad avere ispirato moltissimo, per esempio, tutto il percorso di Battiato e dei suoi sodali.

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Franco Battiato

Un altro precedente importante, proprio a Roma, è sicuramente quello di Giacinto Scelsi. Anziano ed eccentrico nobile romano, appassionato appunto di mistica orientale e esoterismo, fu anche un geniale musicista autodidatta, nonché grande sostenitore delle avanguardie romane che poi daranno vita ad alcuni degli album di cui parleremo. Impossibile in questo contesto non citare almeno il suo capolavoro Quattro Pezzi Su Una Nota Sola (1959), il cui titolo parla chiarissimo (e più minimale di così…), con grande spazio ad armonici e risonanze oscure, e sembrano preparare la strada ai droni di LaMonte Young oltre che a milioni di altre cose estremamente "avanti" delle musiche che verranno.

Altro nome fondamentale è il già citato Franco Battiato, collegato in un modo o nell'altro a molti dei musicisti di cui tratteremo (alcuni hanno suonato nei suoi dischi, con altri ha scritto brani o collabora da decenni). In questo caso parliamo in particolare di quello che dopo gli estremismi di Pollution (1972) passa alla fase più avanguardistica e minimale, dal '73 al '78, inaugurata dal capolavoro mediterraneo Sulle Corde Di Aries, seguito dai collage e dal minimalismo cosmico di Clic e poi dai suoi dischi più ostici. Non lo inseriamo nella lista soltanto perché non certo bisognoso di una riscoperta.

Abbiamo tenuto l'orizzonte temporale assai limitato perché si tratta di anni molto caratterizzati anche socialmente e politicamente, e di musiche figlie di quegli anni. Infatti qualcosa è sicuramente rimasto fuori, ma nemmeno tanto (recuperate subito Riflessi di Riccardo Sinigaglia—già in Futuro Antico—anno 1986, e Modi di Piero Milesi, 1982) e spesso sarebbero soltanto nuovi lavori degli stessi nomi. Perché si trattava di musiche davvero figlie del loro tempo, e legate al contesto storico e sociale in cui nascevano. Cambiato quello, sono cambiate anche le ispirazioni e gli orizzonti musicali degli artisti.

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Non esistono libri interamente dedicati a questo argomento, però il tema e più o meno tutti i dischi in questione vengono toccati o anche solo nominati sia nel nuovo Superonda di Valerio Mattioli (che, pur citandoli quasi tutti, ferma la sua narrazione nel 1976, e quindi appena prima dell'uscita di molti di questi titoli) che nell'enciclopedico Solchi Sperimentali Italia di Antonello Cresti, con la sua impostazione a schede. Entrambi i testi sono anche serviti come fonti per citazioni, interviste e dettagli. Va sicuramente citato poi anche il Gino Dal Soler di Trance & Drones (Castelvecchi, 1996), scritto in coppia con Alberto Marchisio. È lì che ho scoperto molti dei titoli qui citati e che sono venuto a contatto con questo mondo.

E ora incominciamo.

Alvin Curran – Canti E Vedute Del Giardino Magnetico (Ananda, 1975)

Il primo disco che andiamo a trattare è quello di un americano. "Ma come?" direte voi, "non doveva essere un episodio tutto italiano?" E infatti stiamo parlando di un americano a Roma. Un americano arrivato nella città eterna nel 1964, a ventisei anni, e mai più andatosene. È stato uno dei grandi agitatori della Trastevere degli anni Sessanta, che grazie al coraggio di alcuni artisti, galleristi e artisti (su tutti Mario Schifano) si fece conoscere in tutto il mondo. Curran era uno dei principali esponenti di Musica Elettronica Viva, compagine aperta dedita al casino più assoluto, solita organizzare performance anche con i passanti, con chiunque volesse fare rumore, del tutto antesignana del noise più estremo. Dopo qualche anno di questo andazzo (e di vita in comune, tensioni…) Curran fa uscire il suo primo lavoro da solista, e il percorso non potrebbe essere più distante: si è avvicinato al mondo hippie e allo yoga, e il disco lo riflette con una musica meditativa, rilassata, piena di suggestioni naturali, ispirazione bucolica…

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L'album apre la lista anche perché, nonostante la data di uscita, già da qualche anno il suo materiale veniva suonato dal vivo, fungendo da ispirazione per vari degli altri musicisti che vedremo (oltre che per il solito Battiato e per tutto il suo giro). Il disco, primo capitolo di una trilogia che comprende anche Fiori Chiari, Fiori Oscuri e Canti Illuminati, è peraltro l'esordio dell'etichetta Ananda (già il nome, che sta per "beatitudine", guarda verso Oriente), fondata appunto da Curran insieme al sopracitato Giacinto Scelsi e a Roberto Laneri di Prima Materia, del quale parleremo tra poco. L'LP originale è roba per collezionisti, ma si può trovare abbastanza facilmente la ristampa in CD del '93, oltre a un imperdibile box in 3 cd che raccoglie tutta la trilogia e gli altri lavori solisti concepiti negli anni '70.

Franco Falsini – Cold Nose (Polydor, 1975)

Cold Nose è un altro esordio solista, in questo caso della testa dietro ai Sensations' Fix. Gruppo italiano di culto assoluto nato in America, dedito a ardite sperimentazioni kraut-kosmic per scenari postapocalittici, i Sensations' Fix hanno avuto una storia discografica piuttosto travagliata, in grado sicuramente di regalare alcune perle. Ma se vogliamo parlare di capolavoro è qui che dobbiamo guardare: a questa suite in cui Falsini dà vero sfogo a tutta la sua fantasia e al suo talento, in assoluta libertà, con poco da invidiare ai più rinomati colleghi tedeschi. Disco veramente geniale, fortunatamente ristampato di recente da Spectrum Spools.

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Prima Materia – La Coda Della Tigre (Ananda, 1977)

Dicevamo di Prima Materia. Furono una creatura, nata anche questa in America ma presto spostatasi in Italia, di Roberto Laneri, che esplorava così la sua passione per il canto armonico: il loro copione consisteva di concerti di due o tre pezzi da venti minuti circa di pura improvvisazione per voci. In questo unico album registrato le voci sono quattro e creano incredibili droni, ostici a un primo impatto, ma di rara bellezza a volercisi dedicare un po', che hanno portato Terry Riley a paragonarli nientemeno che a LaMonte Young, la Deep Listening Band di Pauline Oliveros e l'Harmonic Choir di David Hykes. Il disco è stato ristampato una prima volta in cd nel 2005 e ora in doppio vinile (insieme a un live a Colonia del '74), entrambe le ristampe sono a opera di Die Schachtel, e come accade sempre con i loro lavori si tratta di ottime edizioni curate al dettaglio e con insert ben fatti.

Pepe Maina – Il Canto Dell'Arpa E Del Flauto (Ascolto, 1977)

Per alcuni anni Pepe Maina non riesce a pubblicare il suo disco d'esordio, finché non trova Caterina Caselli, già allora discografica, che decide di cucirgli addosso un'immagine da Mike Oldfield italiano (che già spopolava con la sua "Tubular Bells" ad accompagnare il successo dell'Esorcista). Il motivo è rintracciabile in una musica di difficile definizione, lontana allo stesso tempo dalla forma canzone ma non assimilabile al progressive: una musica libera, dilatata, sicuramente dalle molte influenze etniche, ma molto originale e piena di soluzioni strumentali anche elettroniche ed elettriche. Troppe, varie e originali le sue ispirazioni per rimanere chiuso in quella gabbia, Maina passerà subito dopo all'autoproduzione e a un percorso di costante ricerca della libertà.
Il vinile non è di facile reperibilità ma si possono trovare alcune ristampe in CD.

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Riccardo Zappa – Celestion (Divergo, 1977)

Riccardo Zappa è tuttora uno dei più grandi chitarristi italiani. Carriera da strumentista di lusso, per i nomi più grossi del mainstream nazionale (esiste un suo CD Riccardo Zappa Plays Eros Ramazzotti), al fianco di una carriera solista dedicata alla sperimentazione e alla perizia tecnica (Riccardo Zappa Plays Bach), i suoi primi album contengono però molti elementi interessanti per gli amanti dei suoni cosmici e per il nostro discorso. L'esordio, registrato in casa con qualche elemento aggiunto in studio, vede Zappa alle prese con la chitarra e infiniti effetti, echi, loop, sovrapposizioni. Ci sono anche strumenti come batteria e tastiere (suonate da Vince Tempera), ma la chitarra, vicina a soluzioni degne di un Manuel Gottsching, è assoluta protagonista. Musica estatica, rilassata, in grado di infondere un senso di pace. Ristampato soltanto in CD, l'LP è però facilissimo da trovare nei circuiti dell'usato (è talmente facile trovare i suoi dischi anche a fiere, mercati, negozi di usato, che mi sono ritrovato ad avere per sbaglio due copie del suo secondo, dell'anno successivo).

Franco Leprino – Integrati… Disintegrati (Eleven, 1977)

Nome rimasto assolutamente meno noto, perfino in tempi di riscoperte a tappeto, quello di Leprino, anche perché questo resta il suo unico disco. Appassionato di rock, lo mette da parte per passare all'ascolto della musica contemporanea e di avanguardia, e accosta così le chitarre all'elettronica, al pianoforte, all'oboe… con infinite influenze dal progressive ma anche dalla musica concreta e dalla dodecafonia, dai minimalisti e dai corrieri cosmici. Leprino realizza così un disco scientemente "antirock", in quanto il suo autore non lo ritiene più un linguaggio adeguato alle rivoluzioni culturali in corso, e lo presenta con un vero e proprio manifesto programmatico sul retro, immaginifico e confuso come si conviene a uno sperimentatore di quegli anni.
La foto che sta sempre sul retro dell'lp lo vede davanti a dei muri sui quali campeggia la scritta "bluff", ma si tratta invece di un album abbastanza impressionante, vera e propria suite di chitarra e spazio. Il suo autore però, ora documentarista per Sky, si dice non interessato a dargli un seguito, sostenendo che la sua musica è troppo lontana dai gusti del pubblico. È stato ristampato di recente dalla fantastica etichetta spagnola Wah Wah alla quale tante meraviglie dobbiamo, con tanto di note scritte da Leprino stesso.

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Luciano Cilio – Dialoghi Del Presente (EMI, 1977)

Un disco di cui fa quasi paura parlare, per il quale ci vorrebbe un certo pudore. Un capolavoro di fronte al quale togliere il cappello e fare silenzio. Facciamo così, ascoltate. Prima di tutto ascoltate per esempio il "Primo Quadro (Della Conoscenza)". Se proprio voleste anche qualche riga, allora diciamo che Luciano Cilio era un musicista-architetto napoletano che aveva lavorato con vari nomi del migliore underground della città quali Saint Just e il primo Alan Sorrenti. Passando dalla composizione classica all'avanguardia di Cage si avvicina poi a un mondo sonoro personalissimo, lontano da ogni tradizione, in cui al piano, protagonista del disco, aggiunge qualche voce, qualche percussione… E tanta bellezza, languore, malinconia. Ci sembra il caso di citare, come fanno tutti, le bellissime parole di Jim O Rourke a riguardo: "un grande affresco dipinto con l'aria stessa nella quale è stato composto, come una stanza privata che non debba mai più essere visitata". Il disco venne poco considerato da pubblico, critica e "colleghi" della classica, e Cilio morì suicida nel 1983.
La sua riscoperta si deve alla ristampa su Die Schachtel, avvenuta nel 2004 e che per prima ha dato all'etichetta milanese una certa rilevanza internazionale. La ristampa accosta all'album una serie di altre composizioni lasciate da Cilio, suonate per l'occasione da Girolamo De Simone. È stato ristampato nuovamente in cd e doppio LP nel 2013, ricevendo un'ottima recensione perfino su Pitchfork.

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Lino Capra Vaccina – Antico Adagio (Autoprodotto, 1978)

Tutto quello che potreste volere sapere su Lino è stato sviscerato in questa intervista, ci limitiamo a dire che il disco è un assoluto capolavoro, tra i migliori di questa lista,e che anche in questo caso l'etichetta da ringraziare per la ristampa è Die Schachtel.

Nascita Della Sfera – Per Una Scultura di Ceschia (Autoprodotto, 1978)

Altra formazione—di ben tredici elementi—misconosciuta, i Nascita Della Sfera realizzano questo unico disco in omaggio allo scultore Luciano Ceschia per poi disperdersi; si tratta di un lavoro molto vario ma in cui le suggestioni elettroniche e cosmiche la fanno da padrone. Lo possiamo quindi includere, a differenza di altri titoli troppo ecelettici per essere citati in questa lista (accade per esempio con i Pierrot Lunaire). Disco curioso e da scoprire, pieno di fantasia, perizia tecnica e con una grande atmosfera. Fu realizzato in autoproduzione totale, diventando negli anni un oggetto di culto, fino alla ristampa nel 2009 ad opera di AMS. Curiosità: mi pare di avere scoperto questo gruppo grazie a John Olson dei Wolf Eyes.

Raul Lovisoni e Francesco Messina – Prati Bagnati Del Monte Analogo (Cramps Records, 1979)

Prodotto da Battiato, il disco è diviso in due facciate, la prima interamente ad opera di Messina (con Michele Fedrigotti, che incontreremo poi, al piano) a sfiorare territori ambient, e la seconda di Lovisoni, più meditativa e con protagoniste l'arpa, il glasspiel e la voce (di Juri Camisasca). L'album è ispirato al libro-culto incompiuto di Renè Daumal Il Monte Analogo. Romanzo D'Avventure Alpine Non Euclidee E Simbolicamente Autentiche, che racconta di un gruppo di esploratori perduto in un mondo magico tra la Terra e il Paradiso. Si tratta di un disco davvero magico e bellissimo. Nelle parole di Stephan Mathieu: "lo suono in loop, come ho fatto tante volte, e colora lo spazio che abito con le sue raggianti armonie, diffondendo la sua maestosa quiete. […] un lavoro di radiante bellezza, stati onirici che aspettano di essere esplorati e in cui perdersi". Curiosità: se Messina, che era prima un grafico editoriale, ha poi continuato la sua vita nella musica come produttore al fianco di Battiato e di Alice (sua compagna anche nella vita), Lovisoni invece, oltre ad avere continuato a produrre musica e scritti (con particolare attenzione alla cultura del Friuli Venezia Giulia), è stato anche parlamentare della Lega Nord. Ottima ristampa ad opera della solita Die Schachtel, in questo caso consigliato il CD per non perdere le bellissime bonus track non presenti in vinile.

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Giusto Pio - Motore Immobile (Cramps Records, 1979)

Disco particolarissimo, da ascoltare almeno una volta nella vita. Drone music acustica ad opera di un musicista classico cinquantenne alla corte di Battiato. Pezzi lunghi e meditativi fatti di stratificazioni e risonanze. Anche se nelle note viene consigliato l'ascolto a basso volume ho sempre trovato grande soddisfazione nell'ascoltarlo a volume altissimo. L'LP è difficile da trovare a prezzi sensati, ma è disponibile una buona ristampa in CD su Cramps/Edel.

Arturo Stalteri - Andrè Sulla Luna (it, 1979)

Dicevamo in precedenza dei Pierrot Lunaire. Il loro capolavoro Gudrun contiene momenti per i quali l'inclusione in questa lista sarebbe dovuta, ma c'è davvero troppo altro, e troppa schizofrenia per poterlo inserire. Il dilemma viene presto risolto da Arturo Stalteri, che con il suo esordio Andrè Sulla Luna si butta definitivamente verso il minimalismo. Ma tra Steve Reich e Philip Glass, con la perizia e la fantasia di un grande polistrumentista, alle trame elettroniche affianca chitarre, percussioni e strumenti orientali per un album dalle sonorità splendide e di grande fantasia. Ristampato in LP dalla Sony nel 2012, è di facile reperibilità.

Michele Fedrigotti e Danilo Lorenzini – I fiori del sole (Cramps Records, 1979)

Altro disco prodotto dall'onnipresente Battiato. Diviso tra organo e piano, I fiori del sole oscilla tra inquietudine e meditatività, sempre con un forte afflato spirituale ed è esplicita l'ispirazione a quel Gurdjeff di cui parlavamo all'inizio. La composizione del disco è in realtà opera del solo Lorenzini, con Fedrigotti (che abbiamo appena visto dirigere l'orchestra intenta a suonare le composizioni di Lorenzo Senni per l'anteprima del Terraforma) soltanto strumentista.
Piccola gemma di culto assoluto, non è mai stato ristampato (qualcuno si adoperi!) e l'LP originale viaggia a cifre proibitive.

Roberto Cacciapaglia – Sei Note In Logica (Philips, 1979)

Chiudiamo con uno dei capolavori di questa lista. Cacciapaglia, già collaboratore al VCS3 nei primi album di Battiato, nel 1975 realizza quello che con ogni probabilità è il migliore disco di kosmische music uscito dalla nostra penisola (Sonanze), e che può giocarsela bene anche con i tedeschi. Non a caso viene pubblicato da Die Kosmischen Kuriere. Ma la sua ricerca continua, e nel 1979 pubblica questo capolavoro, giustamente riverito un po' in tutto il mondo.
Forse il disco più strettamente minimalista del lotto, molto vicino alla prima ondata di Reich e Riley, si basa su sintetizzatori e computer uniti a parti orchestrali e voce con grande freschezza e personalità. In un'unica suite, gruppi di sei note si trasformano e mutano con estrema originalità e inventiva; con un massiccio uso di elettronica, che si mischia a voci femminili per creare un effetto di trance estatica perfetta per chiudere il nostro discorso. Ristampato recentemente sia dalla solita Wah Wah che dalla russa Mirumir.

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