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Musica

Probabilmente il miglior quartiere in cui aprire un club

Parliamo di Via Padova, della Buka, dello Striptease e di tutte le storie che sono passate da quelle parti, compresa quella di sabato organizzata da Club To Club

Via Padova negli anni Cinquanta

Via Padova è una zona di Milano molto particolare. Ilf atto di essere un quartiere ancora piuttosto popolare e la cui popolazione è composta per la maggior parte da migranti lo ha reso oggetto di strumentalizzazioni abbastanza squallide. Oltre questa semplice demagogia e anche oltre le problematiche reali, una cosa che salta sempre agli occhi, è che si tratti di una delle aree più spontaneamente vitali di Milano.

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Certo, non è un “polo” catalizzatore di socialità come quelli tradizionali, ma la differenza è proprio che, invece di andare col pilota automatico in senso di sfruttamento commerciale della cosa, il manifestarsi di piccoli interessanti fuochini non fa assolutamente primavera, ma è comunque un segno di vita che nel conformismo di Milano vuol dire sicuramente qualcosa. Infatti la nuova Buka sta da quelle parti, e infatti Club To Club in questi giorni si sta appoggiando giusto lì, in un nuovo quartiere, con dei punti in comune con quello che a Torino è il “loro” quartiere: San Salvario. Questa comunione di intenti non sorprende sicuramente chi segue le due organizzazioni e il loro lavoro: per Buka questo è il secondo passo (dopo la ex-CGD) di un recupero di alcuni luoghi-limite della produzione culturale e artistica della città, mentre Club To Club ha sempre avuto a cuore il ruolo che una manifestazione culturale può avere nella vita della comunità in cui è nata. È infatti iscritto nella genetica stessa del festival, anche se la dimensione originale (quella di vivere contemporaneamente in tutti i club di Torino) è cambiata già da un po’.

Un esempio molto evidente di questo atteggiamento è oggi nel lavoro che il festival fa proprio a San Salvario, chiudendo i quattro giorni con una vera e propria festa di quartiere dentro e fuori dal “luogo sacro” Astoria, in un dialogo aperto con gli spazi di tutti. Ma, laddove San Salvario è praticamente consolidato come quartiere contemporaneamente popolare, notturno, multiculturale e tendenzialmente giovane, Via Padova rimane ancora una terra di confine molto variegata e in gran parte ancora inesplorata. Tanto che, a cercare bene si trovano luoghi contemporaneamente storici e nuovi (almeno per quanto riguarda il clubbing) come—appunto—lo StripTease, con a due passi anche altri esempi di vita underground come il Company Club, che è uno dei circoli ArciGay più vecchi e importanti di Milano.

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Ora, vediamo di non cedere troppo facilmente ai favoleggiamenti per cui la presenza di un locale notturno arricchisca necessariamente la vita di un quartiere. Non è raro anzi che si crei un qualche tipo di conflittualità, ma soprattutto che si generi quello che oramai tutto il mondo chiama processo di gentrificazione: l’inserimento dei giovani clubber bohemien rischia di iniziare una serie di mutamenti che portano una zona che di colpo da popolare inizia a essere percepita come cool e successivamente come nuovo quartiere di lusso, aprendo le porte a cambiamenti nel tessuto sociale manipolati dalla speculazione pura. Si rimprovera continuamente il flusso di clubbing di avere avuto questo effetto in maniera brutale su città come Berlino. In Italia di esempi significativi ne abbiamo relativamente pochi, ma ciò non toglie che ci voglia sempre un occhio.

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Sta quindi a chi inizia un percorso del genere rimanere cosciente di dove sono state piantate le proprie radici, e di cosa abbia bisogno quel terreno per rimanere fertile. D’altro canto non è forse necessario fare la stessa cosa anche per quanto riguarda la selezione musicale? Un festival e/o un club che perdano il controllo dei loro obiettivi principali finiscono per perderne anche in forza, in ricchezza artistica e in possibilità di dire qualcosa sulla contemporaneità. Sinceramente, dato il livello a cui ci hanno abituato entrambe le crew di cui vi stiamo parlando, non crediamo affatto possa essere questo il caso: tutt’altro, il senso di coesione e dialogo con lo spazio che viene percepito è davvero forte.

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Si diceva apppunto che lo striptease è un luogo contemporaneamente vergine e veterano. Sta infatti lì praticamente dal 1929 ed è passato attraverso le epoche e con vari nomi: quando era un cinema si è chiamato Eliseo, Moderno e Aramis, spostandosi da cinema di paese (quando il Crescenzago era ancora un comune indipendente da Milano) a d’essai negli anni Settanta. Ecco quindi i primi segnali di spostamento verso l’underground, verso una socialità diversa all’interno di un panorama urbano più vasto, in cui già certe periferie diventano territori in cui le “alternative” convivono e si trovano d’accordo con le classi popolari che ci abitano. I cinema prima e le discoteche poi diventano così luoghi in cui può passare veramente di tutto. Nel buio delle loro sale si intrecciano storie molto distanti fra loro.

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C'è anche Vaghe Stelle nella BUKA con Andy Stott, Ben Frost e Nico Vascellari per #C2C15 – Saluti da Club To Club & MiArt, Fiera Internazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di questo sabato a #Milano. Non mancare!Tickets: http://j.mp/1Esze73 || Info: http://j.mp/19C9niZ

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Club To Club Festival

on Wednesday, 8 April 2015

Ecco infatti che il Cinema Aramis si trasforma, appunto, in club, in discoteca: Le Charme, tra la metà degli anni Ottanta e gli anni Novanta, e possiamo solo immaginare che tipo di tessuto sociale si ritrovasse da quelle parti. La mutazione in Striptease è del 1997: qualunque giudizio si voglia dare in merito, si tratta del primo vero e proprio strip club d’Italia, con pole dance e lap dance all’americana. Che lo si consideri o meno un vanto, di sicuro fa parte della storia e dell’evoluzione di una parte della città, delle sue zone e ore meno illuminate, cioè le stesse in cui vive e prolifera il clubbing. E, appunto, quello che interessa sia a Club To Club che a Buka (che ai partner comuni di S/V/N) è raccontare queste storie, che riguardano tanto Torino quanto Milano, tanto il teatro Carignano quanto le Officine OGR quanto la CGD o lo Striptease. D’altra parte, il luogo stesso sembra ben conscio della sua storia: se ci siete stati sapete bene quanto fisicamente somigli a un bizzarro pastiche di retrofuturismi, retro tout court, classici stilemi da strip e innovazioni da club.

La parola chiava è sicuramente questa: pastiche, che descrive bene tanto il miscuglio di fisionomie di una location che è evidentemente dotata del potere di mutare volto, quanto l’anima di confine e la multiculturalità del quartiere. Come può quindi non andare d’accordo con una situazione mutante come quella di Club To Club? Be’ a quanto pare la sintesi è davvero ideale. Staremo a vedere in che modo la Buka dialogherà col quartiere e come questo cambierà negli anni, intanto ci godiamo le sue nuove notti ibride.