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Musica

Cosa abbiamo ascoltato davvero questa settimana

Non vi preoccupate, va tutto bene, è solo arrivato il consueto appuntamento con cose che non vi riguardano

Eccoci tornati al consueto appuntamento settimanale con i cazzi nostri. La primavera ha svoltato e siamo tutti sotto il continuo stupro della natura che infila il proprio materiale genetico nei nostri nasi e nei nostri pori manco ci avessero prima portati a cena. Sarà per questo che la voglia di musica è così tanta? Sono gli ormoni delle piante? O saranno i nostri? Boh, intanto sappiate che la roba che ci è venuta voglia di sentire è questa qua.

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FRANCESCO BIRSA ALESSANDRI

Questa settimana stavo già ascoltando un casino di Jungle e Drum & Bass quando è arrivata la notizia che il capo di tutto il mondo Karl O’Connor stava per fare uscire un mix di quei generi lì oscuri come la morte. In realtà mi era venuta la scimmia soprattutto perché il sor Powell, dopo il suo indescrivibile live di sabato sera aveva risposto alla mia affermazione “mi è piaciuto soprattutto perché era veloce” con “la drum & bass arriva fino 180 bpm” tipo bambino autistico. Al che, dato che tra autistici ci si intendee dato che purtroppo non c’è un’uscita di Oscar che sia all’altezza dell’estatico caos che fu quel live, mi sono tirato giù un sacco di bella roba, e ripescato un po’ che già avevo. Tra cui varie compilation di Moving Shadow e No U Turn e vari sottoprogetti dei Source Direct, mi sono in puntato sul duo Chaos & Julia Set e su tutti i progetti nel campo di Justin Broadrick: sia Tech Level 2, che White Viper che il più violento e simil-Empire Krackhead. Nel mentre stavo anche riscoprendo le primissime uscite Raster-Noton, di fine anni Novanta, soprattutto Goem, Kyborg, Produkt, Tol e, soprattutto, gli exploit di Mika Vainio sotto forma di Ø in compagnia del Noto padrone di casa (hihihi). Questo perché il nuovo disco di Carsten, il terzo Xerrox, è una palla micidiale. Molto meglio il narcotico Having Never Written a Note For Percussion di Rrose, I Have No Faith In Cloud Storage di tal No Body e, meglio ancora, un lavoro in tandem di Merzbow e Richard Pinhas che ho recuperato non mi ricordo come, fingendo che il jappo non abbia davvero appena fatto un album con gli Xiu Xiu. Di techno, invece, è uscito Lex Tertia di Helena Hauff e non mi serve altro. In mezzo a tutto ciò, ho avuto tempo di addormentarmi con Songs di Eugene Chadbourne, e va comunque sottolineato il fatto che l’altro giorno mi è venuta una necessità pazzesca di ripassarmi i primi quattro dischi dei Pere Ubu, in particolare The Art Of Walking, quello con alla chitarra Mayo Thompson dei Red Krayola che è anche uno dei migliori dischi della storia.

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MATTIA COSTIOLI

Questa settimana la cosa più bella che ho ascoltato e guardato è un video, che è andato in première su Gorilla Vs Bear e che potete guardare qua sopra. Lui si chiama Dylan Stark ed esce per la londinese Civil Music, che tra le varie cose dispone di un catalogo in free download capace di tenervi impegnati per ore ed ore (lo trovate qui).
In realtà per la maggior parte di questa settimana mi sono ascoltato un po’ di vecchiume, dato che casa mia è diventata una specie di reparto di lungodegenza. Ho cominciato con una sessione intensiva di Nick Drake, che tra le varie cose mi ha completamente anestetizzato da qualsiasi desiderio di esprimere apprezzamento nei confronti di Sufjan Stevens, cosa di cui il resto dell’umanità a quanto pare non può fare a meno. Ho proseguito prima con American IV e poi con The Letting Go, con il secondo che mi ha stupito perché è ancora bellissimo come nel 2006. Mi piacerebbe dire che ho fatto qualcosa di produttivo, o quantomeno non assolutamente pigramente passivo, ma in realtà ho semplicemente cacciato tutto dentro Spotify e lasciato andare, quindi la mia unica fortuna è che non vado mai in università e che, se anche ci andassi, dubito fortemente Sonia mi intervisterebbe.
Se volete qualcosa di fresco da ascoltare, e volete ascoltarlo perché ve lo sto dicendo io, potete partire dal presupposto che non riuscirò mai ad odiare completamente i Death Cab, anche se a ogni disco assumono sempre più l’aria di una setta di stupratori seriali, più che una band per teenager. Ludaversal, l’album di Ludacris è imbarazzante, ma potete ascoltarlo se siete in cerca di motivazioni per un progetto personale o qualcosa del genere, perché se esistono dei discografici disposti a investire dei soldi su quella roba, allora anche voi potete trovare il vostro mecenate.
Forse la cosa più interessante che ho ascoltato è Dark Energy di Jlin Narlei, che non avevo ascoltato, ma Pitchfork gli ha messo la targhetta, e credo ci abbia preso. Non c’è nemmeno un link per il semplice fatto che è tutta musica così facile da trovare che potete farlo anche con il controllo vocale dello smartphone (e perché comunque ho deciso che fino a martedì la pigrizia sarà la mia unica ragione di vita).

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SONIA GARCIA

Ho iniziato la settimana riascoltandomi un esimio numero di dischi usciti dieci anni fa, alcuni più famosi di altri, ma di cui comunque era giusto riparlare. Dopodiché ho fatto la piacevole scoperta di Hotreleases, label del North Carolina bella psicopatica da cui ho tratto profondi insegnamenti. Tipo VVAQRT e il suo minimal synth ammalato, o Miguel Alvariño, il cui ultimo EP ancora più ammalato è ufficialmente diventata la miglior nuova uscita della settimana secondo la mia modesta opinione. A breve verrà stampato un doppio vinile con le tracce contenute nelle cassette di Death Is Unity With God di Vatican Shadow, per Modern Love, e questo mi è bastato per mandare a puttane un pomeriggio dietro a cose come “Texarkana Resistance”. Mi sono concessa un’ultima apocalisse power electronics con Septentrional del docile Trepaneringsritualen e poi sono passata a roba un po' più pulita e astratta, cioè il progetto di Robert Beatty degli Hair Police AKA Three Legged Race. Prima mi sono imbattuta in Wrong Element, di tre anni fa, e ne sono giustamente rimasta folgorata, poi sono andata a cercarmi uscite più recenti e le ho trovate fin troppo meditative, ma sempre ok. Di ambient ho ascoltato poco, ma mi sono assicurata che fosse quanto più gelida e impenetrabile possibile, perché le vie di mezzo fanno cacare. Ho beccato un tipo che si è dato il nome di un ghiacciaio islandese, Vatnajökull, e mi è piaciuto molto, così come Eleh e Inca Ore, che su Internet non c’è quindi immaginatevelo e basta. Ho pure avuto un momento free jazz con i Cinemagraph Trio, che non so davvero da dove ho tirato fuori. Fichi però. Mercoledì c’è stato il revival psych garage con il live dei La Hell Gang, cileni, molto bravi e molto belli nonostante uno di loro suonasse scalzo. Giusto per aggiungere roba completamente fuori contesto, stamani ho ascoltato: 1. l’inedito di Actress nel mix per K7 apprezzandolo alquanto, 2. gli Urinals, a caso.

VIRGINIA W. RICCI

Anche questa settimana Virginia è altrove, e ci ha mandato ancora una volta i suoi staff picks tramite la chat di facebook.