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Musica

Cosa abbiamo ascoltato davvero questa settimana

È venerdì, ed è come sempre il momento di subissare il mondo di informazioni non richieste

Questa settimana stavo letteralmente urlando per l'arrivo del venerdì. Perché? Ma perché sentiamo sempre più forte la nostra missione di convincervi che la musica che abbiamo ascoltato noi in sette giorni è la più figa di tutte. Quindi fiato alle trombe, anzi, ai tromboni (che saremmo noi).

FRANCESCO BIRSA ALESSANDRI

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Che settimana, ragazzi, che settimana… Avrò dormito cinque ore in sette notti e no, non è dovuto tutto al fatto che faccio uso di droghe per cui levatevi quei sorrisini saccenti. Certo, in un clima di stress e scompenso di attenzione del genere, non ha sicuramente aiutato la fissa pazzesca che mi è presa per gli Akkord all'uscita del loro "nuovo" EP, che ha dentro pezzi vecchi già presenti nella mia lista di cose preferite della vita, e pezzi nuovi che ci sono entrati. Tipo c'è un remix di Regis che levatevi tutti. Quando non ho ascoltato quello ho ascoltato il loro album del 2013, che è molto meno bello ma comunque una figata de Cristo, oppure altra roba che rispondesse alle stesse esigenze di deflazione emotiva e paranoia critica. Tipo un disco uscito tanti anni fa su Mego per mano di Peter Rehberg e General Magic di nome Live And Final Fridge, che riutilizza le rimanenze neuronali date da una ritmica hip-hop per rimovere l'oggetto principale e rimpiazzarlo con un simulacro inorganico stritolato, come fosse Florian Hecker che si da al beatmaking. A proposito di Florian, è uscito un nuovo capitolo del suo lavoro sulle "chimere", che ovviamente sta perfettamente col mio mood. Così come ci sta il ripescaggio di uno dei miei dischi preferiti di sempre, Bad Blood degli ICE. Per non parlare di quell'antropoide perfetto di Holly Herndon, e del promo del suo album Platform, che custodisco gelosamente. Poi ho ascoltato anche tantissimo Same Here, altro album sempre amato, realizzato da un Teho Teardo pre-colonne sonore e un Mick Harris pre-perdita completa del cervello, col nome di Matera (e sono sufficientemente sassosi per chiamarsi così). È tipo gli Akkord di oggi, se avessere il coraggio di fare ogni tanto la jungle e scatenare delle risse. Poi mi sono imbattuto in Campbell Irvine, molto sciamanico e molto figo, tipo il recente Shackleton ma più rozzo e incazzato, e nel nuovo di Tessela che, devo dire, spacca molto più di quanto mi sarei aspettato. Eccone un altro che, per fortuna, ha deciso che non gliene frega più un cazzo di niente. L'ambientone neutralizzante della settimana è stato Ilyas Ahmed, che si è trasformato in un cantautore con gli Slowdive nelle vene, puntellato da They're Playing Themselves di Secret Boyfriend e dal nuovo di Basinski, che però devo ancora ascoltare come Cthulhu comanda. Con questo basta che non mi ricordo più nemmeno come mi chiamo.

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MATTIA COSTIOLI

Il video più bello della settimana è uscito ieri ed è dei Yumi Zouma, che tra l’altro sono appena usciti anche con il loro nuovo EP, che a quanto pare hanno la mia stessa fantasia quando si tratta di dare i titoli alle cose e l’hanno chiamato EP II, lo ascoltate qui.
In realtà è stata una settimana abbastanza merdosa perché ho la sinusite e quindi i miei sensi sono piuttosto ovattati, quindi non è che sia proprio la figata massima sforzare il mio cervello oltre le normali attività quotidiane di sopravvivenza.
Dopo il mio giro in Bocconi ho ascoltato gli Adagi e Fughe di Mozart, ma non ci ho capito davvero nulla se non che mancano completamente di cassa e fanno bene al mio mal di testa. Ovviamente sono in fissa con il disco di Earl, molto più che con quello di Kendrick, ma è una cosa che vado ripetendo da settimane. Se non avete il mal di testa potete spararvi un remix di SALVA a “Only” di Nicki Minaj. Salva per me dovrebbe fare una joint (lel) venture con i 2nd Roof, regalarci la tamarrata suprema e mettere definitivamente la parola fine su tutta questa musica. Per fortuna non succederà, quindi la quantità di tamarrate pro capite è destinata ad aumentare nei prossimi mesi. Oggi che ho riacquistato il senso dell’udito (barattato con olfatto e gusto, a quanto pare), sto ascoltando il nuovo album di Scuba, che trovate su Spotify o scrivendo Claustrophobia su Google, e non so perché, ma nonostante quei titoli super angoscianti a me sembra quasi un disco dolce, per farsi le coccole. Ho ascoltato anche il nuovo mixtape di Future, 56 Night, lo trovate qui e niente, è fico.
Chiudo ricordando a chi sta leggendo che questa settimana è uscito il disco di Yakamoto Kotzuga , e forse oggi è una giornata un po’ troppo primaverile, ma dovreste davvero rimediarlo.

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SONIA GARCIA

Da sabato a mercoledì sono stata a Lisbona e come prevedibile in quei giorni non ho ascoltato un cazzo di niente. Neanche il fado, perché sono sfigata e costava troppo—non è mai vero che in Portogallo si paga tutto poco. L’unico ad essermi rimasto inciso nel cervello è stato un motivetto infernale suonato e cantato da una banda di tipe vestite di rosso, beccate domenica mattina in after vicino al Ponte 25 de Abril. Vorrei potervelo cantare.

Gli unici momenti di ricongiungimento con me stessa e la dimensione più tradizionale di musica sono stati quelli in aereo, e questi ultimi due giorni, in cui comunque ho vissuto molto male. Sabato sapevo degli Emptyset a Milano, e in loro onore mi sono dissanguata con Recur durante tutto il viaggio di andata, mentre la mia testa oscillava pericolosamente sulle spalle del vecchio che avevo a fianco. Poi ecco sì, ne ho approfittato per rimettermi in pari con l’ultimo di Domenico Crisci, meglio tardi che mai. Tra mercoledì notte, ieri e oggi mi sono trovata del tempo per approfondire Ascetic House, la label statunitense—non ho capito bene di dove—da cui forse settimana prossima avremo sorprese, e quindi ho scoperto gente come Glochids, Rosemary Arp, Tollund Men, Foreplay, e Christopher Hansell.

Un’altra etichetta molto fica è Nostilevo, un po’ meno caciarona, ma sempre mega valida. Tipo questa cassetta mi ha davvero salvato la vita mercoledì notte mentre maledicevo la mia università. Così come mi ha salvato Staccato Du Mal e la sua coldwave ispida come i miei capelli dopo essere stati sconquassati dal vento di Lisbona. Ora sto ascoltando Powell comunque, nel dubbio.

VIRGINIA W. RICCI

È sicuramente un periodo in cui nella musica cerco una calma quasi zen che solo roba ambient, soul, jazz, reggae o dub riesce a darmi, la conseguenza è che ascolto praticamente solo musica da fricchettona che mette le scarpe con le dita dei piedi e va al Rototom Sunsplash. È la triste verità. Gli album che mi sono passati per le orecchie questa settimana sono quasi tutti privi di testo, per esempio ho ascoltato il nuovo lavoro di Yakamoto Kotzuga, Muslimgauze e Mark Ernestus. Di roba roots ho ascoltato Talkin’ Blues di Dillinger, un album spettacolare del 1977. Mi sono poi sommersa in suoni ambient, iniziando da un album uscito a gennaio per la giapponese Home Normal, ovvero Just for a Thrill di Fabio Orsi, musicista e fotografo pugliese.
Il mio album prog della settimana è Wake up! degli Out of Focus, che è un album kraut-prog del 1970 e poi ogni tanto ricado nel free jazz più pazzo, per esempio consiglio a chi amasse il genere questo disco uscito un annetto fa intitolato Step Wide Step Deep del pianista Alexander Hawkins, che improvvisa divinamente con il suo ensemble . Ma a dire la verità col jazz resisto poco e torno all’ambient più aereo, mi sono buttata su Loscil e William Basinski.