FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Fenomenologia delle Lollipop, l'unica girl band italiana

Una retrospettiva sull'ascesa e il declino delle nostre Spice Girl nazionali.

La vergogna e il declino della musica italiana si sono resi evidenti poco dopo l'inizio degli anni Zero, quando l'industria musicale era talmente in crisi da iniziare a inventarsi talent show a nastro, tanto che sulla deliziosa rete Italia 1 andò in onda, per due anni di fila, il programma Popstars, un format in cui si ambiva ad aggregare ragazze canterine per costruire la proiezione ortogonale dei piani POP di qualche produttore discografico col fiuto per gli affari. Dalla seconda edizione del programma verranno cagate fuori le tre Lucky Star, trio formato da Emma Marrone, Laura Pisu e Colomba Pane (due delle quali oggi sono impegnate nel duro mestiere del rosico), ma l'edizione che a noi interessa è la prima, l'originaria, là dove tutto è iniziato.

Pubblicità

Correva l'anno 2001 e da una dura selezione solo cinque talentuose ragazze sono sopravvissute: Dominique, Marcella, Roberta, Veronica e Marta, che come i cinque elementi della medicina cinese si sono fuse in un mix alchemico specialissimo per diventare, dopo un voto plebiscitario che ha deciso quale sarebbe stato il loro nome d'arte, le LOLLIPOP. È sempre bello quando la democrazia funziona bene.

Darwin ne sa qualcosa.

Da un raro footage dell'epoca che ho scovato sul canale YouTube di una aspirante Popstars, Antonella (che il canale è suo si capisce dalla centralità della sua figura in codesto video, grazie al quale ora non verrà dimenticata), deduciamo che all'epoca le cose che funzionavano erano Anastacia, Anastacia, Anastacia, Jennifer Lopez e Geri Halliwell nella sua carriera da solista. Dio, che bell'anno il 2001.

Dando per assodato che la girl band, così come è andata di moda da metà degli anni Novanta in poi nel Regno Unito (Spice Girls / All Saints) era a sua volta figlia delle boyband inglesi (Take That) e statunitensi (Backstreet Boys e così via). Questo fenomeno di accorpamento coatto di teenager prevedeva regole ben precise, sezioni auree, successioni frattaliche di dettagli sommati nell'equazione carattere+voce+altezza+look che solo un perfetto matematico avrebbe saputo comporre alla perfezione. C'è riuscito nei casi internazionali sopracitati, ma purtroppo in Italia non c'è mai stato nulla di lontanamente comparabile, forse perché s'erano fatti male i conti. Noi abbiamo avuto i Neri Per Caso che erano tutti più o meno identici se non che uno era grasso, uno aveva la voce bassa e un altro i capelli lunghi, abbiamo avuto i Ragazzi Italiani, di cui tutti si ricordano unicamente Manolo e poi ci sono state le fortunatissime Lollipop, unico esempio di girl band che è durata più di un singolo (ed è giunta addirittura fino a Sanremo).

Pubblicità

La complessa equazione con cui si va a comporre una girlband, come accennavo poco fa, è teorizzabile solo a grandi linee, dato che, come insegna la fisica quantistica, avoja a lavorare con le cifre e la precisione matematica, ma c'è sempre un elemento metafisico, sia esso immanente o trascendente (ma questo solo per le girl band cristiane), che riesce a creare la magia o a far piombare tutto nel più buio dei dimenticatoi.

Prima di studiare il caso Lollipop, è bene quindi dipanare le regole d'oro della girl band:

1) Dev'esserci sempre una leader, una che abbia il carisma di decentrarsi o di stare al centro (nel caso di girl band composte da cinque elementi), ma meglio ancora se le leader sono due, come è chiaro nel caso delle Spice, in cui palesemente spiccavano la frizzante Mel B e l'indecorosa Geri.

2) Le componenti della band devono essere tutte l'una diversa dall'altra, non bisogna cadere in similitudini, altrimenti si rischia di finire come i sopracitati Ragazzi Italiani in cui i componenti marginali fungevano da mero sfondo all'unico Ragazzo Italiano degno di nota, Manolo.

3) In vista di questa diversificazione, occorre che ogni membra della band abbia le sue specifiche tecniche e abbia un carattere evidentemente diverso da quelli delle altre, in modo da creare luoghi archetipici in forma di ragazza, in cui ogni fascia di ragazzine possa ritrovarsi.

4) È bene quindi che le componenti della band rispecchino fasce di popolazione di giovani femmine (ove, nel caso di boyband, si rispecchiano invece i possibili gusti, come di gelatini, delle rispettive giovani femmine).

Pubblicità

5) Per quanto riguarda i caratteri, quindi, i topoi delle girl band prevedono, a grandi linee, che vi siano questi ruoli: una simpaticona, una esotica, una pazzerella, una bella con carattere e una inutile.

6) Anche a livello vocale è necessario che si ricoprano diversi spettri delle ottave e dei toni umanamente contemplabili, quindi bisognerà prevedere almeno una girl nella band sia in grado di sparare a livelli altissimi, quasi udibili solo dai cani, che un'altra ricopra i bassi (generalmente a costei sono indirizzati i bridge o il mutismo, quasi mai parti soliste, come accadeva a Victoria nelle Spice), che un'altra ancora sia soave (tipo Mariah) e un'altra più grintosa, oserei dire Anastacia.

Ora, stando al caso delle nostre paladine del girl power oserei dire che la teoria delle popstar era stata applicata a regola d'arte, come prova il video qui sopra, in cui i tratti delle personalità delle singole ragazze emergono. La prima a dichiararci senza mezzi termini il suo ruolo all'interno del gruppo è l'estrosa Dominique, che si riconosce come l'artista del gruppo—un tempo ero follemente innamorata di lei, probabilmente perché aveva addirittura un tatuaggio sul braccio, un tatuaggio da riserva indiana, vedevo in lei, in quell'avambraccio, riassunta tutta la selvaggina e la natività americana del mondo, vedevo in lei l'America, la libertà, la bisessualità, tuttavia crescendo ho capito che mi sbagliavo, dato che il suo successivo exploit da solista (la ragazza ha partecipato a un altro talent show in Francia) mi ha rivelato che in realtà la cavalla rock su cui avevo puntato era molto più Valeria Rossi che Shannyn Sossamon. Poi c'è Marcella, la più piccolina, con i capelli pazzi coloratissimi e tutta frullata in testa, che aveva il potere di suscitare in me un odio atavico e violentissimo, forse perché vedevo nei suoi occhi un fondo arrivista e disonesto, o forse semplicemente perché non stava composta. La terza lollipop è Marta, che ricopre tutta l'ala etnica da Jennifer Lopez a Jennifer Lopez—ecco, è lei che riconosco come l'inutile del gruppo, cioè utile unicamente per il suo esotismo: fa colore, ma il suo contributo vocale e caratteriale alla band è praticamente nullo (le si concedono brevissime incursioni vocali durante i bridge, ved. Victoria Beckham—fugaci incursioni in cui di solito si è autorizzati a stare di tre-quarti e ammiccare per poi voltarsi di scatto).

Pubblicità

Veronica, vent'anni, dell'acquario, si definisce la più grintosa, che è come dire "è quella simpatica". "Com'è?" "Be', dai, è simpatica." è la frase più eloquente per definire la popstar che evidentemente è stata scelta per tutte le sue doti che esulano dall'estetica. La simpatia di Veronica e il fatto che fosse, più o meno, l'unica lì in mezzo ad avere una bella voce (escludendo la divina Dominique, praticamente perfetta sotto ogni aspetto), non le avrebbero comunque permesso di varcare la soglia del membro marginale, quello che nelle foto sta sempre a lato e nelle coreografie sta sempre dietro. Perché davanti a lei, e alle altre, c'era sempre la leader non dichiarata, ma palese, del gruppo: la bambolona Roberta Ruiu.

Nessuno ha mai dubitato di quale sarebbe stato il destino di Roberta: il trono. Roberta chiaramente era la protagonista di ogni esibizione delle Lollipop e così è stato fino alla fine dei loro giorni. Roberta ha guidato il gruppo dai difficili momenti sul palco dell'Ariston fino all'utilissima reunion dello scorso anno che è riuscita a emozionare addirittura lo 0,04% dell'intera popolazione gay della Penisola.

CVD Veronica è talmente marginale che il fan club si può permettere anche di sbagliarle il nome.

Dunque le carte in regola per diventare le nostre Spice Girl c'erano tutte. Ma dov'è che il meccanismo si è incriccato? Perché le Lollipop non sono mai riuscite a spiccare il volo? Forse la colpa è stata della loro musica: il primo singolo, "Down Down Down" era imbattibile, per le delicate tematiche sociali trattate, per il modo in cui le ragazze esponevano a gesti il verso "Yessannoa yustildesei," per il sottotesto vagamente erotico-religioso di madonniana memoria ("I'm goin' down down on my knees"). Fatto sta che nel 2001 le Lollipop erano sulla cresta dell'onda e questa hit è rimasta una perla indimenticata del panorama pop italiano.

Pubblicità

Successivamente, però, la via delle Lollipop è stata carica d'insidie. Appena uscite dal nido del Talent Show, l'ingrediente principale, che in una girl band è sempre CREDERCI, è decisamente calato, soprattutto quando le cinque popstar hanno deciso di traghettare il loro coreografico talento fino al Festival di Sanremo, cantando finalmente in italiano, anche in questo caso con un singolo dai vaghi riferimenti erotici: "Batte Forte". Il testo, come a presagire che quello sarebbe stato il loro canto del cigno, era già nostalgico, dalle prime battute "È passato un anno e siamo qua / sotto i fari di questa realtà / inseguendo strade dove chissà / fermeremo il tempo," poi si perdeva per varie inesattezze di tono e di senso "Non passerà la voglia che ho di te" (di chi?) e l'utile bridge "Libera, anima / Quanta vita che ancora passerà / In questa dolce realtà".

Come altre volte, per altre popstar, è accaduto, l'esibizione sul palco dell'Ariston risulta l'ultimo disperato tentativo di ingresso nell'Olimpo della musica italiana. Purtroppo, però, la dolce realtà di cui il testo altrui parlava non fu affatto dolce con le Lollipop, e le ragazze si classificarono diciannovesime su venti a quel Festival, superate in schifo solo da Omar Pedrini, che arrivò ultimo, come era giusto che fosse.

Nell'anno successivo, dopo un tour che Wikipedia definisce estenuante, i cinque fiorellini pop decidono di prendersi un momento di pausa—due anni di piroette a caso farebbero girare la testa a chiunque—e ritornano, ma stavolta senza botto, nel 2003 con il singolo d'accompagnamento all'utilissimo film Il Libro della Giungla Due, di cui sicuramente tutti si ricordano, "Credi a Me." Per farvi un'idea dello scarso investimento su questo singolo, basti vedere che per il videoclip, anziché metterle su un green screen e fare un minimo sforzo di post-produzione, hanno preferito piazzarle in uno studio e proiettare le immagini del film nei teleschermi circostanti.

Pubblicità

Nel 2004 le Lollipop hanno pubblicato un secondo disco. La quantità di esseri umani che si ricordano dell'esistenza del disco è addirittura inferiore al numero di copie vendute, e questo la dice lunga.

Wikipedia riporta una tristissima frase: La Warner non rinnovò il contratto perché le ragazze secondo l'opinione dei discografici erano ormai passate di moda nella discografia del pop.

Ecco la triste verità: ciò che ha ucciso le Lollipop non è stata la disabilità di Daniele Bossari a creare band, non è stata la scarsa presa dei loro singoli e delle loro personalità sul pubblico, ma semplicemente il fatto che il fenomeno girl band era già passato di moda, nel resto del mondo, circa cinque anni prima della loro formazione (avvenuta, paradossalmente, nel medesimo anno dello scioglimento delle Spice). Questo la dice lunga su come il nostro mercato discografico sia sempre stato avanguardistico e poco influenzabile dai format e dalle mode che funzionavano all'estero, e sulla prontezza di riflessi con cui l'Italia se ne appropriava.

Purtroppo per loro, l'umiliazione non ha insegnato nulla alle povere Lollipop e quattro delle cinque componenti (si salva solo Dominique, che ha messo in fuga il suo cervello appena in tempo) optarono per una triste reunion nel 2013. Una scintilla di vita conclusasi rapidamente e che Wikipedia narra con un criptico aforisma:

Nel 2014, visto la difficoltà nel portare avanti il progetto, il gruppo è temporaneamente fermo in hiatus.

Nonostante la loro carriera sia stata così singhiozzante e malinconica, o forse proprio per questo, io mi sono sentita in dovere di ricordare con questa retrospettiva la rilevanza emblematica del fenomeno Lollipop, martiri del ritardo mentale del nostro mercato discografico e della deformazione musicale kafkiana che paralizza il nostro Paese da quando si è deciso che dovevamo essere la copia ammuffita di cose che già succedevano altrove.

Dolci Lollipop, nel mio cuore batterete sempre forte.

Segui Virginia su Twitter @virginia_W_