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Musica

Come i Rammstein sono diventati un fenomeno mondiale

La storia di come una band violenta, brutale e che canta solo in tedesco è riuscita a superare ogni barriera del rock.
rammstein band
Foto promozionale.

"Non funzionerà mai."

Ecco quello che disse il promoter Michael Arfin ai Rammstein quando approdarono in America per la prima volta nel 1997. Sei tedeschi vestiti di pelle che si portavano dietro lanciafiamme e pezzi in cui urlavano di sesso, morte e violenza—certo, chi non parlava tedesco magari non se ne rendeva conto—non sembravano proprio adatti a diventare un fenomeno mondiale e nemmeno all'estensione del loro dominio al di fuori della scena teutonica. Ciononostante c'era qualcosa nei Rammstein, nel loro marchio di fabbrica industriale e pirotecnico che li rendeva adatti sia alle colonne sonore dei film di Lynch che a riempire il Madison Square Garden (in cui fecero sold out in meno di 30 minuti nel 2010). Contro ogni ragionevole dubbio, i Rammstein sono però riusciti a trascendere dalla nicchia e a diventare un fenomeno di culto per il mondo intero.

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Insieme a Nine Inch Nails e Marilyn Manson, i Rammstein si sono fatti una reputazione come act al limite estremo della stranezza del rock. Ascoltarli è un rito di passaggio per ogni teenager che sia abbastanza intelligente da scoprire le gioie della cultura musicale alternativa. Oltretutto hanno retto al passare del tempo, sono arrivati a uno status di grandi e sono entrati, insieme ai giganti americani, nell'olimpo dei gruppi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del metal. Ci sono due cose, però, che li rendono ancora più significativi di gente come Manson o i Metallica. La prima è che la loro formazione è rimasta sempre la stessa, per tutto il corso della loro carriera. La seconda è che non hanno quasi mai ceduto a cantare in inglese e che questo non ha impedito loro di raggiungere la fama mondiale.

Rammstein In Amerika è un documentario sull'ascesa di questi sei ragazzoni di Berlino Est. Parla di come hanno iniziato a fare musica a basso budget per poi passare ad essere la formazione gigantesca di oggi e delinea i motivi del loro fascino intramontabile. La chiave del loro successo non sta propriamente in aspetti singoli delle loro figure, nei loro testi squallidi o nel fuoco e fiamme oltre misura. Sta piuttosto in come la band sia riuscita a combinare tutte le sue peculiarità in maniera sempre nuova e stupefacente per gli ultimi 21 anni. Il risultato non è mai stato né semplicistico né oscuro e i Rammstein sono sempre riusciti a oltrepassare ogni limite senza scendere a compromessi sulla propria visione di base.

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Certamente l'immagine ha giocato un ruolo importante nella loro ascesa. Parlo del loro look ispirato al mondo BDSM, del sangue, del rossetto nero, del fuoco, ma soprattutto del loro ariete: il frontman Till Lindemann. Minaccioso, con lo sguardo criminale e una muscolatura imponente, il sex appeal di Lindemann è irresistibile. Non che sia canonicamente bello, però sicuramente incarna molti sogni erotici di teenager con gusti un po' goth. Sale sul palco vestito di stracci di pelle e inizia a borbottare robe su cannibalismo e lascivia violenta, ma quando viene intervistato ti guarda negli occhi e, molto seriamente, sostiene che le sue canzoni siano ballate d'amore incomprese. Praticamente è il Demonio che coccola un gattino, Satana vestito da principessina Disney. Questa figura über-mascolina arrivata dall'inferno è anche un uomo dolce che spruzza addosso alla folla liquore da un dildo per poi bruciare le ciglia al suo pubblico con un lanciafiamme gigante fa sembrare James Hetfield e Kerry King persone normalissime. Lindemann è una lama a doppio taglio: da un lato la sessualità grezza, dall'altro l'intelligenza emotiva e il sense of humour, ed è una delle ragioni principali del fascino dei Rammstein. Il loro modo di fare avrebbe potuto renderli una macchietta dopo poche performance, invece tutto sembra al suo posto, come una naturale estensione della personalità di Lindemann.

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I concerti sono stati una parte fondante dell'identità dei Rammstein sin dai loro esordi. Nel documentario il batterista Christoph Schneider ricorda che una delle gag che facevano all'inizio consisteva nel tastierista Flake Lorenz che si metteva a cavalcare Lindemann e lo percuoteva ripetutamente con un tubo di neon finché non si rompeva. La prima volta che provarono questo trick negli Stati Uniti, scoprirono che i tubi al neon americani erano molto più resistenti di quelli tedeschi. Anziché rompersi in mille pezzi, il tubo si ruppe a metà: la prima metà andò dritta a infilarsi nella spalla di Lindemann e l'altra volò dall'altro lato del palco e beccò in pieno Schneider. "Quando ce ne siamo andati sanguinavamo come bestie," dice, con un ghigno da una parte all'altra della faccia. Anche Marilyn Manson, che non è estraneo a comportamenti assurdi sul palco (dato che è famoso per aver strofinato lo scroto sulla testa di un addetto alla security), è stato sbalordito la prima volta che ha incontrato Lindemann. "Era infuocato, letteralmente," racconta. "È entrato nel mio camerino mentre andava a fuoco."

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Uno che ha subito riconosciuto il potenziale della band è stato Dante Bonutto, il general manager della sottoetichetta della Universal Spinefarm Records. Dante è anche la persona a cui si deve l'arrivo dei Rammstein nel Regno Unito. "Parte del mio ruolo in Universal era scovare band che avrebbero potuto diventare grosse in altri mercati in giro per il mondo," spiega. "I Rammstein sono stata la prima band a cui ho pensato. Quello che fanno ha dell'incredibile, e volevo essere io ad aiutarli a sviluppare la loro carriera internazionalmente."

A differenza dei manager americani cui la band si era rapportata nel suo primo tour negli States, a Bonutto non è mai importato nulla della barriera del linguaggio. "Il fatto che non cantino in inglese è significativo," dice. "Stavano portando al mondo una cultura e una tradizione totalmente diversa, e per me questo era positivo, era nuovo ed entusiasmante." La loro identità visuale è stato un altro dei punti che l'hanno convinto. Non era glam-rock, e sicuramente non era thrash: i Rammstein erano un gruppo impossibile da catalogare. Kerrang! magazine li etichettò come: "La band più perversa al mondo," al momento del loro primo servizio da copertina per un magazine britannico, per il lancio del loro terzo album Mutter nel 2001. Bonutto sostiene che l'idea originale della foto era indossare costumi da bavaresi e code da maiale. "Il modo in cui si impacchettano è molto artistico. Non cedono mai ai cliché del rock and roll, anzi, li risucchiano tutti via. Sono come un'installazione artistica," racconta Bonutto.

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Nel Regno Unito non ebbero però il successo desiderato. Bonutto racconta che si è occupato lui stesso del loro secondo concerto in assoluto in Gran Bretagna, all'Astoria nel 2001, cinque anni dopo la loro prima visita, ma il promoter ci ripensò all'ultimo minuto, forse spaventato dalle bizze pirotecniche della band, anche se gli erano state tutte quante dichiarate con largo anticipo. "Il posto era fatto di legno, e avevano intimato ai Rammstein di utilizzare un solo effetto, tra i loro," ci spiega. "E loro erano pronti e volevano suonare tantissimo, ma presero la decisione—che credo sia stata giusta—di non suonare senza effetti. Se lo avessero fatto, se lo spettacolo fosse stato diverso dal solito, il pubblico sarebbe rimasto deluso. C'erano 2.000 persone in coda fuori dal locale, quindi i Rammstein sono usciti e hanno spiegato alla folla cosa stava succedendo e perché avevano dovuto annullare il concerto."

Avrebbe potuto essere il finale del loro sogno fuori dalle mura di casa, ma Bolluto era sicuro che i Rammstein potessero dar fuoco agli inglesi (in senso metaforico, ovvio), quindi fece in modo di farli suonare alla Brixton Academy, sei mesi dopo quel buco nell'acqua dell'Astoria. Un'altra volta fecero sold-out anticipato, ma stavolta non dovettero cedere a compromessi. "Nel secondo in cui salirono sul palco, io e il loro manager ci abbracciammo, cosa che nel rock non succede," spiega Bonutto. "Era così emozionante. Dire di no all'Astoria è stato il punto di svolta, perché ci ha dato la possibilità di approdare in un locale più grosso e mostrare ai fan inglesi lo show completo." Da allora, la band ha suonato alla Brixton Academy altre tre volte, poi all'O2 Arena, al Wembley e alla Sonisphere. I visual sono una delle parti più importanti dello show e non perdono affatto il loro fascino col tempo, anzi, i fan ne vogliono sempre di più. Come dice Bonutto: "Non mi immagino la loro musica senza il fuoco."

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In ogni caso, l'assorbimento dei Rammstein nella scena rock britannica fu relativamente graduale. Andò diversamente per gli Stati Uniti. Come spiega CJ Ramone in Rammstein In Amerika, gli States sono "ancora un Paese molto conservatore. Il che è ironico, dato che sono la capitale del porno mondiale." Lindemann e Lorenz ridacchiano quando ripensano alla volta in cui vennero arrestati per atti osceni in luogo pubblico a Worcester, Massachusetts, dopo aver simulato un rapporto anale sul palco, durante “Bück Dich” (che significa "piegati"). A Salt Lake City, le autorità locali hanno ritirato i loro giochini infiammabili, che poi glieli hanno resi a patto che il loro show finisse prima del calar del sole. Ma nonostante la burocrazia infernale, riuscirono a raggiungere lo stesso livello di popolarità negli Stati Uniti di quello che ai tempi avevano ne Regno Unito, se non di più. Trent Reznor scelse la loro musica per la colonna sonora di Strade Perdute, film di Lynch del 1997 spesso riconosciuto per aver portato i Rammstein a un'audience più ampia, con un articolo su Billboard del 1999 che ritiene che il film, insieme a varie compilation dell'epoca, sia stato "di grande aiuto per lanciare i Rammstein nei rock club di tutto il mondo." Ma come prova il loro concerto al Madison Square Garden nel 2010—il punto centrale del nuovo film—quel successo non è stata una fase passeggera.

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Diversamente dagli Slayer, ad esempio, che scelgono argomenti delicati come Auschwitz e la jihad come soggetti dei loro pezzi, le intenzioni dei Rammstein non sono mai state di spaventare o di insultare qualcuno, anche se riuscirono a farlo indirettamente molte volte, durante la loro carriera. "Non vogliono offendere nessuno," dice Bonutto. "Hanno un ottimo senso dell'umorismo e non capiscono perché la gente si arrabbi. Till pensa che sia molto divertente salire sul palco con il suo cazzo di gomma." Questa nonchalance, il rifiuto assoluto di chiedere scusa per quello che fanno, può essere interpretata come ribellione fine a se stessa, ma è più giusto dire che i membri della band sono semplicemente a proprio agio e non sono intenzionati a cambiare carattere e modo di fare, per nessuna ragione, e anzi guardano dall'alto in basso chi li prende troppo sul serio.

Per questo motivo i Rammstein sono riusciti a tracciare la linea sottilissima tra una serietà assoluta nei confronti del loro lavoro artistico e una caduta parodistica sempre dietro l'angolo. Altre band hanno miseramente fallito in questo intento e, negli ultimi tempi, se vi è capitato di vedere i Kiss (che sono, ironicamente, la band preferita del chitarrista Richard Kruspe) o i Mötley Crüe non potrete che concordare. Mentre i grandi rocker da stadio americani si rendono caricaturali e perdono di mordente, i Rammstein riescono a rimanere completamente focalizzati sulla propria stranezza, senza però mai risultare dei buffoni. Parte del motivo per cui ci riescono è che, come dice Bonutto, hanno ripetutamente rifiutato ogni cliché del rock. Non ci sono mai state zinne gratuitamente esibite sul loro palco (anche se il loro video del 2009 “Pussy” era quasi un film porno), non ci sono canzoni che parlano di macchine o alcol o motociclette o camminare per strade solitarie. Il fatto che un sacco di loro fan non capiscano un cazzo di quello che stanno ascoltando è di grande aiuto, anche perché è difficile annoiarsi con un testo che non capisci, e a volte il suono in sé traghetta il messaggio molto meglio delle parole.

Si potrebbe dire che la chiave del successo dei Rammstein sia la loro abilità di rimanere coerenti con un'identità definita, e lavorarci costantemente. Il fatto che abbiano riempito il Madison Square Garden dopo dieci anni che non mettevano piede in America attesta il loro talento, ed è anche possibile che, se mai annunciassero show a sorpresa in giro per il mondo, non abbiano alcun problema a fare il pieno di pubblico. Il mondo, e il mondo del metallo in particolare, adora le stranezze, e i Rammstein hanno costruito una carriera alimentando le curiosità morbose della propria audience. Michael Arfin, il tipo che all'inizio diceva che non avrebbero mai funzionato, si è dovuto rimangiare le sue parole, e ora è il loro promoter negli States. Funzionano, e funzionano incredibilmente bene. Lang Lebe Rammstein!

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