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Musica

Il pop italiano vive di copia-incolla EDM

Siamo messi così male che la nuova frontiera dell'industria musicale è ricalcare roba altrui.

Una serie di sfortunati eventi mi hanno inferto il desiderio di scrivere qualcosa riguardo a una tendenza preoccupante nella musica leggera italiana. Tempo fa la mia amica Anna mi ha fatto notare che la famosa ex concorrente senza bocca di un X Factor di un paio di anni fa si era voluta lanciare in un auto-rilancio senza mai aver avuto un vero e proprio lancio con un video che è stato definito, durante un aperitivo in vineria, "dubstep".

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Eccolo qui.

Ridevo per "siamo l'avanguardia con il gusto un po' new wave" quando mi è stato fatto notare, dall'altra mia amica e sociologa Simona, che questo pezzo è uguale a "Non mi chiedermi". Vero. Vero ma triste: perché una giovane promettente interprete come la brava Valentina Tioli di cui ricordiamo a X-Factor le performance per… sì e poi anche di … ehm… dovrebbe mettere il suo talento in mano a discografici che mi immagino si siano raccolti in una stanza e si siano detti "Toh, allora va un po' il dubstep un po' il rap sincopato, prendiamo questa ragazzina caruccia e le facciamo fare quella roba che piace ai giovani". E quindi, anziché un pezzo avremo una specie di assemblaggio di rantoli sopra uno scorreggione (altrimenti detto wobble) che personalissimamente eliminerei dalla faccia del suono. Niente che comunque in "Non mi chiedermi" non fosse presente con ben altra classe.

Nei video consigliati, l'intelligenza algoritmica di YouTube mi suggerisce il pezzo "Roma-Bangkok" di Baby K insieme a Giusy Ferreri in cui praticamente sembra che abbiano tentato di strozzare la povera Giusy infilandola a fatica in un ritornello che, come nota il mio amico e sopraffino musicista Andrea Mangia aka Populous, appartiene a "un pezzo ESATTAMENTE A METÁ fra "El perdon" di Enrique Iglesias e "Lean on" dei Major Lazer" (tanto azzeccato che il video consigliato alla fine di "Roma-Bangkok" è proprio quello di Enrique Iglesias). Il testo, così come per la povera ragazzina di X Factor ha poco senso e si rende ilare con versi come "voglio una musica che mi ricorda l'Africa", passaggio messo lì per giustificare il prestito culturale in atto.

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In questo caso i discografici si saranno messi lì a dire: oh, va questo genere che si chiama tipo dancehall, perché non assegnarlo a una tipa che più o meno potrebbe essere l'unica in Italia a ricordare vagamente Mø, in versione Ostia Beach?

E lo stesso gioco delle assegnazioni casuali—che poi casuali non sono perché se la cosa fosse lasciata totalmente a caso non si potrebbero conferire colpe ai cervelli sadici di chi costruisce il futuro del mercato discografico italiano—continua con la riflessione: c'è una giovane popstar che funziona parecchio e si chiama Lorde, fa cose un po' strane, chi è che abbiamo di giovane e malleabile qui? Un'altra reduce da talent, Francesca Michielin, che è passata dall'essere una promessa da musical Disney a, appunto, la copiancollatura italiana di Lorde.

La produzione è affidata a Michele Canova Iorfida, che sembra pratico nel copia-incolla, tanto che alle sue mani si affidano anche Jovanotti, Tiziano e Marco Mengoni (vedi sotto). Questo pezzo ricalca in maniera quasi colposa "Royals," e ha pure l'aggravante di farlo un po' all'acqua di rose, in più il testo, che in Lorde fa la differenza (oltre al fatto che la ragazzina dell'altro emisfero si scrive pure i pezzi da sola e non si mette in mano di produttori e discografici dediti al copia-incolla), qui si riduce a robe italianesche tipo "il mio cuore si impiglia nei tuoi occhi". Come se Francesco Sole avesse per caso ingerito Pure Heroine e ne avesse vomitato la forma, contornata da pezzi di pensieri suoi e aforismi volistici, su un disco di Emma Marrone. Per non parlare degli innumerevoli ghost producer di cui non sappiamo perché appunto sono ghost.

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Ovviamente il re di questa farcitura EDM resta sempre e comunque l'infingardo Jovanotti, che si è premunito di DJ da apertura e produzioni / mosse alla Stromae, perché minchia che pezzo "Alors On Danse", perché non ricalcarlo? Sì però parliamo di provincia e disoccupazione, vabbè che dei problemi di Jovanotti abbiamo già trattato a sufficienza.

Ma ricordiamo il vero principe di questo 2015 EDM che è stato sicuramente Nek, cavaliere della luce e dell'elettronica, che si è presentato lo scorso Sanremo con un bangerone in cui onestamente abbiamo sperato tutti, salvo il sorpasso finale dei tre tenorini Il Volo, che ad essere onesti, in questa fogna di livellamento verso il basso alla pseudocultura EDM, suonano quasi come un prodotto originale, salvo la loro affiliazione ad atmosfere da Little Italy pizza mafia mandolino.

Comunque, ricordiamoci ancora una volta di Nek, cantante dalla carriera oramai irrecuperabile, che ha tentato di risalire la china provando a "sorprendere tutti con la cassa dritta della dance/edm".

Presi dall'entusiasmo, al momento dell'uscita del pezzo, non pensammo nemmeno ai potenziali ricalchi da cui l'idea non originale fosse sorta. No, non è vero, ci pensammo e in questo caso, più che alla pura "dance/edm" (come ottusamente definito dal giornalista Lester Bangs Andrea Laffranchi), ci vedemmo una chiara affiliazione a tutto quel filone gay-wave tipo coldplay e simili. In effetti la conferma di quest'affiliazione è arrivata quest'estate quando Filippone antiabortista nostro ha deciso di fare la cover (perché quando la miglior cover era già stata fatta, ai tempi, dai Delta-V) di "Se Telefonando" (Costanzo, De Chiara) regalando alle radio italiane una nuova occasione per diffondere inutilità. In questo caso immagino chiaramente il team discografico attorno al buon Neviani ragionare su come in Italia ci fosse una chiara lacuna in termini di mercato per quanto riguarda il fenomeno che all'estero, e di conseguenza anche qui, spopola, chiamato gay-wave da una critica musicale di una fanzine, rappresentato da Chris Martin e soci. "Neviani è dolce e introverso, ma ha nella sua voce una potenzialità che va oltre il pop, lo trovo perfetto per fare da alfiere della gay-wave anche da queste parti!" E così il mercato discografico conferì a quel che resta di Nek il posto da controfigura che si meritava.

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Un'identità musicale precisa, invece, è quella di Marco Mengoni, la Robyn italiana, che è passato dalle ballate mezze romantiche tipo Tizianone alla vera cassa dritta della dance/edm, lui sì.

Guarda caso robe tipo la mega hit di Cago uscita a fine 2014 (nonostante i nostri ritardi ci abbiano permesso di risentirne solo quest'estate) e la mengonata estiva potrebbero essere frutto dello stesso team produttivo, il team cago, assemblato per cagare fuori hit che fanno impallidire i tentativi romantic-edm di David Guetta, Avicii e soci miliardari.

E infine è arrivata anche colei che ho sempre creduto fosse l'ultimo baluardo del belcanto italiano, che invece ho dovuto tristemente metabolizzare come un'altra pedina del sistema discografico ancillare al cassadrittismo: Giorgia. Le vogliono far fare Ellie Goulding, non c'è dubbio che anche una delle nostre cantanti pop più forti sia stata fagocitata dalla macchina di riciclaggio hit.

Vi ricordate "Wake me Up" di Avicii, vero? Ecco, perché non tentare di doppiare anche un successo simile? È quello che si sono chiesti anche i produttori di Malika Ayane, quando le hanno assegnato questo aviciano pezzo che sembra un patchwork di cose e ciononostante, lo confesso, a me gasa un casino. Ovviamente mi gasa perché mi gasa lei (mai nascosto di essere fan di Malika Ayane), però trovo straziante e quasi un urto allo stomaco quelle intromissioni chiaramente posticce di synth tra un vocalizzo e l'altro.

Molto probabilmente ho dimenticato altri esempi calzanti di come la distruzione della musica italiana, già assediata su più fronti, stia raggiungendo lo stadio finale grazie all'assimilazione senza mezzi termini a logiche di produzione che né appartengono alla tradizione né arrivano da un impulso creativo reale, ma si limitano a tentare di riproporre roba che già altri hanno fatto. Certo, non è sicuramente una novità che in Italia abbiamo la tendenza a taroccare le cose che funzionano altrove e a ricalcare successi altrui (sappiamo bene che tra i fiori all'occhiello del nostro cantautorato ci sono i migliori truffatori di sempre), ma non è mai accaduto in maniera così sistematica, prima d'ora.

E insomma, ci troviamo nell'imbarazzo della scelta tra essere devastati dalla canzone italiana tout court, dall'indie becero o dal finto progresso proposto da questi pezzi giovanilistici e radiofonici, ma forse quest'ultima è la tendenza più pericolosa, dato che dà l'impressione che il mercato mainstream italiano riesca ad avere una visione lievemente più attuale della musica, quando in realtà è completamente svuotato dalla propria identità e se ne sta fermo ad aspettare a bocca aperta la merda che arriva da altri Paesi.

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