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Musica

Noisey Mix: Neel (Voices From The Lake) x Terraforma

Neel ha deciso di riunire quasi tutti gli artisti che suoneranno con loro a Terraforma in un unico mix, e ha anche risposto a qualche domanda indiscreta

Continuiamo a parlare di Terraforma, l'unico festival italiano di musica elettronica e sperimentale a volere seprimentare anche sul piano strutturale e nel rapporto col territorio in cui si svolge. Uno dei nomi di punta della prima giornata (venerdì 6 giugno), quella—per farla breve—più techno e ballabile delle tre, è anche uno dei nomi di punta del mondo elettronico italiano: Voices From The Lake, e la maniera che Donato Dozzy e Giuseppe "Neel" Tillieci hanno di intendere la techno sembra sposarsi perfettamente con le filosofie dietro Terraforma. Il duo ha da sempre cercato di esplorarne la natura fondamentale di musica modulare, composta da blocchi di suono dalle diverse proprietà materiali, che si possono riassemblare a piacimento in forme sempre nuove. Il che serve ad affermare la diversità nella ripetizione, in un percorso di ricerca sempre intuitivo e una capacità di movimento da arti marziali, il flusso dinamico e lo spazio creato dal suono stimolano una progressione costante, sia mentale che fisica.

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Ho fatto qualche domanda a Neel per apporfondire a livello pratico il loro lavoro e la loro disciplina, anche per capire un po' cosa aspettarci dalla loro esibizione a Villa Arconati. Oltre a questo, il nostro ha anche fabbricato un mix esclusivo, cercando di riassumere in un colpo solo le varie anime musicali che starannno dentro ai tre giorni di Terraforma. Lo trovate in fondo alla pagine e non sto nemmeno a raccontarvi quanto spacca.

Noisey: Partiamo dai live, visto che la vostra ultima uscita Velo Di Maya nasce proprio da un set che avete suonato a New York e questa intervista è legata a un festival: in che maniera lavorate a un vostro set dal vivo? Avete studiato qualcosa di speciale per Terraforma?

Neel: All’inizio pensavamo molto di più ai concept, alla storia che volevamo raccontare. Adesso diciamo che ci piace di più prenderla molto free. Naturalmente sappiamo benissimo dove andiamo a suonare, che ambiente è… Ci curiamo solo dell’emozione che un festival—come Terraforma—ci può dare: un posto molto bello, una line up molto interessante, in casi come questo possiamo prendere spunti da cui intraprendere un live, ma parliamo poco del suono che produrremo. Ci piace molto di più attaccare le macchine e suonare. Poi ci sono molti tipi di live, e la cosa che può cambiare di più è la durata. Il set che citavi, da cui è nato Velo Di Maya, è nato da un’occasione in cui dovevamo fare due DJ set e due live, uno più leftfield e l’altro techno. È successo che durante il primo B2B ho lasciato Donato suonare da solo perché dovevo attaccare le macchine per il live e iniziai così, senza pensarci più di tanto, a suonare le macchine. Lui andava avanti col DJ set ai piatti e io ci suonavo sopra le macchine. Da questo è nata l’idea di unire la passione che entrambi abbiamo per il DJing al fatto di suonare live, e siamo arrivati a fare tutto con le macchine, ma dentro c’è materiale dei Voices From The Lake e materiale rielaborato, magari loop realizzati da nostri amici che noi rielaboriamo secondo la nostra idea. È diventata quindi una cosa un po’ particolare, che ci piace farla durante i live più estesi. Poi comunque di materiale nostro ne abbiamo abbastanza.

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Ma tecnicamente in che maniera usate le macchine? Usate sequenze preimpostate che riassemblate? Ci sono delle parti suonate in senso letterale?

In linea di massima il discorso tante volte non è in mano nostra ma in mano a quello che dobbiamo fare, e ai mezzi che abbiamo. Se magari dobbiamo partire per un tour bisogna vedere la difficoltà che il promoter può avere nel reperire delle macchine o nel viaggiare con quelle macchine. Arrivi al punto che devi un po’ ottimizzare il tuo set up. Immagino che per ogni artista appassionato l’ideale sarebbe suonare con tutte le macchine che si possono trovare, anche una che non hai in testa, magari. Poi magari ti trovi con promoter che sono ancora più appassionati di te alle macchine, come ci è successo a Labyrinth e con Bunker a New York, che ci tengono tantissimo a dare agli artisti tutto quello che vorrebbero e renderli felici, e il discorso cambia. Ti posso dire che la maggior parte dell drums sono suonate live, o magari mando un beat che ho preregistrato sul computer, sul campionatore, sull’Octatrack, ma è tutto decontestualizzato, non c’è una parte che sai già che deve andare con quello che stai facendo, è tutto i funzione del viaggio che stai portando avanti. In questo modo, magari da un giorno all’altro puoi anche suonare le stesse parti, ma ogni volta hai realizzato una traccia completamente diversa.

Avete già pensato a che set portare Terraforma?

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Ancora no. Ci piace pensarlo all’ultimo, non ce la facciamo…. A parte gli scherzi, sì, credo che ci saranno come drum una 808 e una 909, un campionatore, vari controller, una serie di vari effetti stompbox (delay, riverberi, modulazioni di pitch), sarà abbastanza vario, durerà un paio d’ore. Ancora non so comunque dirti che idea live avremo, mi piace attaccare le macchine, “sentire” il posto. Parlo per me ma anche, ovviamente, per Donato: partiamo con un suono e da lì si segue. Se lo mette prima lui va bene, se lo metto prima io mi seguirà lui.

Come pensi che abbiate raggiunto un’intesa così forte?

Viene naturalmente da una forte amicizia. Io ho conosciuto Donato che avevo diciassette anni, appena arrivato a Roma. Da quando ho iniziato a fare musica abbiamo sempre fatto musica insieme, ma la facevamo per noi, per divertirci. Quando finivo di lavorare nei weekend andavo da Donato a San Felice, dove stava allora, e ci chiudevamo in casa proprio a fare musica. Si può dire che il progetto sia nato da solo, da quello. Deriva tutto da una grande stima reciproca e una grande amicizia ma soprattutto dal fatto che abbiamo degli elementi che ci caratterizzano in maniera diversa e nessuno invade il campo dell’altro. Donato è un grande visionario musicale, non c’è bisogno che lo dica io, tutto il suo background e quello che ha fatto negli anni parlano da soli. Mi ritengo molto fortunato a suonare con lui: sono sicuro che se sono qui c’è un motivo ma ecco, lui è un vero visionario. La mia passione per la musica è invece più legata alla ricerca nel sound design, quindi due correnti diverse, che si definiscono senza invadersi l’un l’altra. Ricordo che quando sono arrivato al Branca a diciassette anni, senza conoscerlo, ho sentito subito che quello era il suono che cercavo, che mi piaceva. Ho trovato subito questa persona, per me era davvero un visionario. Con gli anni ho acquisito anche tanto, più che altro ho imparato come fare le cose nella maniera in cui le volevo sentire. Poi ho fatto il mio percorso da solo per qualche anno, e quando ci siamo reincontrati è partito tutto. Mi è anche difficile spiegare questa sintonia, è una domanda giusta ma non ti saprei trovare una vera e propria risposta.

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In realtà credo che tu me l’abbia spiegata molto bene, immagino che con il tempo e l’esperienza si sviluppi un linguaggio non-verbale molto potente.

Guarda, credo che la cosa fondamentale sia questa di cui ti ho appena parlato, il non invadere uno il campo dell’altro. Ma non è una legge scritta, è tutto molto naturale. Magari Donato quando ero più piccolo mi dava più indicazioni, mi diceva “guarda, è meglio se fai così”. E io finivo, per così dire, a guardare dentro a un tunnel in cui stava per portarmi, ma mi fidavo perché sapevo che come “saggio” lui aveva ragione. Finivo per digerire quel suono e crearne tanti altri che ci giravano intorno, che poi diventavano qualcosa di unico. Ora sappiamo come muoverci, ma sempre in maniera naturale.

E nel caso di questi live molto lunghi, c’è uno stato mentale particolare in cui avete bisogno di entrare e mettervi per suonare? Qualcosa che vi metta nelle condizioni di poter seguire perfettamente il flusso dei beat?

Certamente. Prendi ad esempio il tour che abbiamo fatto recentemente in america: è stato molto bello ma anche molto serrato viaggiare d un posto all’altro, suonare tutti i weekend, viaggiare e risuonare. E soprattutto erano tutti live lunghi. Lo stato mentale in cui ti devi mettere è quello base: tu stai qua, sei arrivato dall’altra parte del mondo e ci stai perché della gente vuole vedere quello che fai, e tu per farglielo vedere devi stare bene, ti devi divertire, devi essere naturale. Quindi se cerchi quello, anche quando sei molto stanco, riesci a dare il massimo, anzi la stanchezza delle volte ti porta a un rilassamento naturale per cui entri nella musica ancora di più. E come se i suoni si dilatassero, riesci ad entrarci dentro ancora di più, a muoverti ancora di più dentro ai suoni. Dopo cinque o sei ore sei a pezzi, ma finché suoni…. Poi, essendo in due, se un attimo uno ha un calo c’è l’altro che ci pensa e fa qualcosa che automaticamente ti tira su. Quindi ti fa ripartire tutto, ed è uno scambio.

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Muoversi… Mi è sempre sembrato che vi interessi molto questo discorso del suono come spazio.

Decisamente sì. Deriva un po’ dal background che abbiamo negli ascolti, ma soprattutto per quanto riguarda il suono: è spazio. Brian Eno diceva che si può fare musica con una nota, e da quella nota creare una spazialità. Questo è verissimo e l’esempio basilare è il minimalismo, inteso proprio come corrente artistica, concettualmente sta nel trovare quell’ordine di due tre elementi che girano bene e all’infinito, trovare quella combinazione sempre uguale e statica ma che nella percezione, a livello visivo o auditivo, non lo è mai. Sta tutto là: Donato già di suo viaggia nel suono, io viaggio da sempre nel sound design nella psicoacustica. Facciamo musica principalmente per noi, dobbiamo ritrovarci noi stessi dentro quello che facciamo, ci deve piacere, ci deve salire il fomento. Poi coi vari ascolti per forza ti rendi conto che il tuo modo di intendere la musica e il fare musica, puoi ritrovarlo in tantissimi generi musicali.

In questo senso, suonare al chiuso in un club o all’aperto nel contesto di un festival fa qualche differenza? Suonare outdoor che tipo di energia vi trasmette?

La natura per noi ha sempre giocato un ruolo fondamentale. Io sono nato e cresciuto in un piccolo paese in Calabria, di fronte a casa mia c’è il mare. Adesso, in un certo senso, tutto torna. L’immagine che avevo di uno spazio aperto e di quello che mi circondava adesso gioca un ruolo fondamentale e principale in quello che faccio. Stessa cosa, per percorsi diversi, è stato per Donato. Suonare per otto ore ad eventi come Labyrinth in Giappone, ad esempio, su questa montagna sacra che già di per sé ha una vibe pazzesca—e lasciamo stare il pubblico che è fantastico—gioca anche un ruolo che ti va a caratterizzare molto quando fai un live. Non ci sono muri, non c’è design, c’è solo la natura. Se sei sensibile a certe cose, questo gioca un ruolo fondamentale su quello che andrai a fare.

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A proposito di ascolti, parlami un po’ del mix che hai fatto per il festival.

Ho voluto espressamente solo prendere materiale di artisti che suonano al festival e fonderli insieme, passare dall’esoterismo della traccia di Rabih Beaini alle note sublimi della chitarra di Norberto Lobo, al maestro Pierre Bastien. Fondere anche jazz, techno… Ho cercato di tracciare la mia storia usando il materiale di questi artisti, tant’è che parte della musica che ho usato prima non la conoscevo. Norberto Lobo, per dire, non lo conoscevo. Ho cercato su Discogs, mi sono procurato del materiale e me lo sono studiato. Non ho potuto usare tutti gli artisti del festival, ma una buona parte sicuramente.

Noisey Mix: Voices From The Lake x Terraforma by Noisey Italia on Mixcloud

01. Rawmance - Sur le passage de certaines personnes a travers une assez courte unite de temps

02. James Blackshaw - All is falling Part. I

03. Heatsick - Accelerationista

04. Thomas Fehlmann - Titan One

05. Ghedalia Tazartès - Une éclipse totale de soleil

06. Rabih Beaini - Song of Extreme Happiness

07. Voices from the Lake - Cinemascope field rec. 23

08. Noberto Lobo - Shibuya Girls Part. I

09. Noberto Lobo - Shibuya Girls Part. II

10. Voices from the Lake - Cinemascope field rec. 24

11. Burnt Friedman - Shikaku Kankei

12. Millie & Andrea - Quay (Fragment 1)

13. Millie & Andrea - Gif Riff

14. Chris Madak AKA Bee Mask - Scanops

15. Pierre Bastien & Dominique Grimo - Arthur's Fracture

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