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Musica

Dio, quanto ci manca MySpace

Myspace era la simbiosi perfetta tra interesse autentico per la musica ed esibizionismo. Cosa ci manca davvero di quegli anni?
Sonia Garcia
Milan, IT
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Oggi Myspace ha annunciato di aver perso tutta la musica caricata sul sito dal 2003 al 2015. Per l'occasione ripubblichiamo questa vecchia lettera d'amore al social network di Tom e a tutta la musica che conteneva.

Purtroppo per la dignità di chiunque oggi si vanti di avere un minimo di gusto e dignità, Myspace è esistito. Anche a me sarebbe piaciuto poter dire che a diciassette anni a ispirarmi quotidianamente avevo la filosofia e l’etica dei Crass, ma no, non è andata così. Scusatemi tanto se a diciassette anni impazzivo per i Late Of The Pier.

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I primi prototipi di social network sono nati prima del mio interesse per essi, e questo mi ha portato a vivere prepubertà, pubertà e adolescenza con notevole beatitudine, lontana da Netlog, al massimo munita di blog di MSN. Gli anni in cui ho maturato un’effettiva sensibilità ai generi musicali, guardacaso, erano quelli in cui finivo a spiare i Myspace degli altri, gruppi o persone che fossero, subendone un’inevitabile fascinazione. La conclusione è che, come in tutto, sono arrivata tardi anche su Myspace (circa nel 2008).

Su Myspace, per questioni di forma, era necessario estetizzare qualsiasi aspetto della nostra personalità, chiaramente nel fortunato caso in cui ce ne fosse una a cui fare affidamento. Ciò si traduceva con layout, frasi, immagini e corredi grafici rappresentativi di un’individualità artificiale, ritoccata ai minimi dettagli, e perciò, a mio avviso, inconsistente.

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L’utilità simil-Tumblriana di Myspace era parte integrante e fondante del processo attraverso il quale l’idea di interagire virtualmente con CHIUNQUE manifestasse una qualche sintonia di gusti e preferenze, diventava interessante, per non dire vitale. L’elemento musica era indispensabile per chi ci teneva davvero a trovare propri simili in giro, e il confine con la meno nobile, ma pur sempre legittima arte del rimorchio era molto labile.

Nel 2008, c’è poco da fare, mi ascoltavo un botto di indie e tamarrate electro degne di NME e MTV Brand New, alternate a un dignitosissimo gusto per new wave, coldwave, darkwave, post punk. A dimostrarlo c’è la cronologia delle canzoni che facevo partire in automatico con il player di Myspace, che un tempo era molto più carino di così.

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C’è da dire però che quelli che hanno giovato di più di questo NETWORK (perdonate l’uscita alla Wired) sono stati i musicisti, che fossero i miei amici del liceo o tutti i gruppetti shoegaze-indie-garage-new-rave del nord Italia/inglesi del caso. Avere tra gli amici di Myspace che ne so, i Crystal Castles poteva portare a un sacco di situazioni esilaranti, specie se nei fruitori, dopo gli svariati “Come to Italy!!!” in bacheca si creava aspettativa di feedback. Feedback che, naturalmente, non arrivava, ma era comunque una bella sensazione averci sperato.

Il sottobosco indie-electro è in parte fiorito così. Andando a leggere in giro sul ruolo di Myspace nell’industria musicale è venuto fuori che per artisti come Kate Nash—dio santo—Lily Allen, Soulja Boy è partito tutto dal faccione sgranato di Tom Anderson. Che culo.

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Tom! Tutti erano amici di Tom :')

Molti altri insospettabili ne hanno giovato, e anzi, si sono convertiti anche brutalmente alla cultura dello “streaming”, dei messaggi in bacheca e dell’Extended Network, vedi i R.E.M che nel 2004 hanno rilasciato in anteprima il loro Around The Sun su Myspace, i Klaxons, M.I.A o Carlo Pastore che interagisce con le fan dei Maximo Park—ho sempre provato imbarazzo per quanto la sua figura fosse popolare su Myspace. La viralizzazione del sito come strumento di diffusione musicale tra il 2005 e il 2008 ha praticamente imposto uno standard di comunicazione tra artista e fan (ma anche solo tra due cristiani dai gusti affini) a cui adesso, fa chiaramente nostalgia pensare. A tutti coloro che in quegli anni avevano sviluppato una coscienza più estetica che etica, della musica, è bastato il virtuosismo in HTML per essere felici. Tutti erano quindi autorizzati a manifestare il proprio estro musicale nella maniera più inutile, ma che riscuoteva successo solo grazie all’ingranaggio SOCIAL e a quanto gradevole fosse il risultato finale. Ora questo non succede più, e se in quegli anni l’impossibilità di personalizzare il profilo era il motivo principale per cui Facebook mi faceva orrore, oggi credo che sia stato, in fondo, un sacrificio utile. Magari ecco, una canzone rappresentativa che parte in automatico sul profilo di Facebook, sarebbe stata fica.

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Di Myspace manca lo spirito con cui si veniva a contatto con la musica, i musicisti e il loro modo di “convivere” con i fan. Per il resto ben venga la standardizzazione estetica delle piattaforme di streaming musicale, come SoundCloud, Bandcamp o di semplice interazione tra esseri umani, come lo stesso Facebook. Siamo abbastanza grandi da capire che non abbiamo bisogno di citazioni dei Joy Division o Edie Sedgwick a carattere gigante in primo piano, per assicurarci di essere rispettati, noi e la nostra cultura.

Oggi Myspace sembra il sito del multisala del mio paese, ma forse è perché c’è di mezzo Justin Timberlake, che nel 2011 ha comprato una quota del social network e ne è diventato in parte capo. “C’è bisogno di un posto in cui i fan possano interagire con i propri artisti preferiti, ascoltare musica e guardare video, condividere e scoprire attività o semplicemente mettersi in contatto. MySpace ha le potenzialità per diventare quel posto“. Vabe’, crediamoci. Intanto credo che l’unico motivo per cui mi ricordo della sua esistenza siano le foto di me infante inconsapevole con gli occhiali tondi a Berlino.

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