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Musica

Quei banditi favoriti dei Krisma

Si sanno talmente poche cose del loro disco perduto "Non Ho Denaro" che siamo andati a chiedere direttamente a Cristina Moser. Ecco tutta la verità.

RED RONNIE: Cioè..ti volti indietro e guardi il futuro?
MAURIZIO ARCIERI: Si: mi sembra di osservare tutto quello che ho fatto, tutto quello che è successo come guardare un telegiornale come un vent’anni prima, un vent’anni dopo, una scheggia passata… e questo guardare indietro mi da assolutamente una gioia di futuro più che di revival.
(Intervista backstage da “ Una rotonda sul mare” – 1990)

Nella scorsa puntata di Italian Folgorati abbiamo esaminato una coppia che ha fatto la storia del pop mainstream, Albano e Romina. Stavolta, come altra faccia della moneta, ne prendiamo in esame un’altra che ha fatto quella dell’underground: i Krisma. Le gesta di questo mitico duo sono roba da romanzo, una inarrestabile macchina creativa che purtroppo solo la scomparsa di Maurizio Arcieri è riuscita ad arrestare. Il nostro infatti se n’è andato da pochissimo, lasciando un vuoto incolmabile, riempito solo da un’eredità artistica senza eguali. Mito rock degli anni sessanta con i New Dada ecome solista, nonostante fosse un idolo delle ragazzine si scrollò subito di dosso il pop per approdare a lidi sperimentalissimi, come documentato dal suo disco Trasparenze del 1973, un vero delirio. In questa fase in cui il nostro è deciso a sradicare i luoghi comuni musicali ma è ancora fuori fuoco, incontra una “groupie” specialissima, Cristina Moser che diventerà sua sposa per la vita nonché l’autrice di gran parte dei visionari testi del duo. Con lei tutto è più chiaro: si trasferiscono a Londra e fondano i Chrisma.

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Nati come un duo di lounge elettro/erotica (ricordiamo i singoli proto-Air “Amore” e “U”, caratterizzati da un pionierismo notevole nell’uso delle frasi musicali in loop) alla fine diventano qualcosa di folle. Definirli underground in effetti è limitativo, avendo anche raggiunto lusinghieri posti in classifica ed essendo stati artefici occulti di hits anche per band di generazioni successive ("Nuova Ossessione" per i Subsonica). Per non parlare delle collaborazioni illustri in tempi non sospetti, da Vangelis ad Hans Zimmer (ai tempi negli Ultravox!) fino a Battiato: hanno insomma vissuto le mode superandole, scavalcato le ere e nello stesso momento codificato gli stili, anticipandoli a ogni album e diventando così delle star internazionali, lontanissimo dallo stivale. Passando in rassegna i loro dischi lo notiamo subito: Chinese Restaurant (1977) vuol nascere come lavoro punk, e invece è già post punk (nonostante le demo siano addirittura del 1975!). Hibernation ( 1979) vorrebbe essere post punk ma è addirittura cyberpunk ante litteram.

Forse solo con Cathode Mamma del 1981 i nostri sono perfettamente in sync con i tempi, ma anche in questo loro synthpop troviamo già sterzate acid. Clandestine Anticipation (1982) addirittura prevede l'IDM, gli Authecre, le “sbarattolate”. Intuizioni geniali che ritroviamo anche in Fido (AKA Nothing To Do With The Dog), disco della trasferta americana che è forse il primo esempio di micromusic in assoluto, tutto registrato con un vero e proprio esperimento di circuit bending (il krismino) e con l’aiuto di Arto Lindsay ai testi. Iceberg è invece se vogliamo proto-Machintosh Plus, con un uso dei campionatori non ortodosso atto a rinnovare la forma canzone, patinandola e digitalizzandola a più non posso. E poi? E poi c’è un album che invece è sparito dall’immaginario collettivo. Trattasi di Non Ho Denaro l’ultimo misterioso disco di inediti del duo, targato 1988. Le informazioni su questo long playing sono praticamente inesistenti (tanto che anche sulla datazione non c’è sicurezza), non ci sono ristampe, si trova solo via mp3 clandestini e le pochissime copie originali sono custodite gelosamente o vendute a fior di quattrini. La difficoltà era tanta che alla fine mi sono detto: perché non chiedere direttamente a Cristina Moser? E così ho fatto: Cristina è stata come al solito gentilissima e puntuale, illuminandomi su alcuni lati oscuri dell’operazione ma anche confondendomi ancor più le idee sul messaggio “criptico” del disco.

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Noisey: Dunque Cristina iniziamo dalla parte “materiale” …come fu la risposta commerciale del disco? E quando avete iniziato la sua gestazione?
Cristina Moser: il disco non uscì mai. Non avevamo approvato né il titolo dell'album né tantomeno la copertina, e ci rifiutammo di fare il solito giro TV-radio. Rapallo, il manager di Vasco che gestiva anche la sua etichetta, la Bollicine, decise da solo e disse "il disco è mio e lo chiamo come voglio". La risposta nostra fu: se il disco è tuo, vai tu a fare pubblicità. Noi potremo sempre fare un altro album, tu no. E così andò.

È il primo disco in cui cantate quasi interamente in italiano, giusto? Come mai questa scelta?
Una cosa che mi pare poco sottolineata, e secondo me è importante… In realtà non era in italiano aveva le versioni in inglese di tutte le canzoni ma, essendo tornati in Italia (mai decisione fu peggiore) pensavamo che avrebbe fatto piacere al pubblico capire le parole dei pezzi.

Quindi per voi è stato difficile trovare una casa discografica all'epoca? che cosa è successo? come siete finiti con l'etichetta di Vasco ?
Non è stato affatto difficile. Avevamo un contratto con Atlantic Records USA e l'Italia era solo un altro paese. Siamo finiti a Bollicine perché siamo passati dalla Carosello che distribuiva Vasco, e Vasco lo conoscevamo.

Quando siete entrati in studio qual'era l'idea di fondo? Avevate già le idee chiare oppure si tratta di un work in progress? Quali erano i suoni che vi interessavano?
Quando noi entravamo in studio i pezzi erano già composti a casa. Poi in studio ci si divertiva a renderli più ''visuali'' si curavano le proporzioni dei suoni, si inventavano degli hook e si curava spasmodicamente il missaggio e le masterizzazioni.

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C'erano dei punti di riferimento oppure no?
Non capisco a quali punti di riferimento ti riferisci….musicali sicuramente no, noi avevamo la nostra di musica.

E invece riguardo la copertina? come l’avreste fatta voi?
Qualsiasi cosa ma non quella schifezza.

Ahahah. Chi la fece? Covertino?
E no, la fece una… Non volevano spendere, come sempre in Italia.

Eh è difficile trovare i credits del disco in effetti…suonate tutto voi?
Noi e De Carli… era composto in casa,come ho già sottolineato. Comunque, fu quasi la fine della nostra voglia di comporre musica, ci tuffammo nella TV. Non c'è gusto in Italia a fare musica.

Parlavi di brani “visuali” ed effettivamente sembra musica per la TV del futuro. Se penso alle cose che ultimamente si rifanno a questo tipo di immaginario non posso che associarle a voi. Solo che ovviamente voi ci avevate già pensato nel 1988.
Noi siamo solo stati i primi, gli altri vengono dopo. E anche qui, credimi, non c'è soddisfazione di pubblico, ma solo vita come Arte. Come il fatto di avere una tv satellitare analogica solo noi due… dimmi chi altri.

Eh… nessuno!
Appunto. ma non paga…anzi

Torniamo alla musica : cosa ascoltavate in quel periodo?
So che ti farò incazzare, ma noi non ascoltavamo musica di nessuno. Al massimo un po' di radio durante i viaggi in macchina. Avevamo il nostro ''da fare'' a comporre la nostra.

No no che incazzare, era proprio quello che volevo sentire… Perché, insomma, si sente una spinta a cercare qualcosa di inaudito.
Si, inaudito. Di solito si adombrano quando non copi.

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Ahaha è vero…senti ma De Carli mi sfugge…mi rinfreschi la memoria?
Ahahha…. Stefano de Carli, era un ragazzino fissato con noi.

Ah ma dai ma veramente? Un ragazzino?
L'Arte non ha età

Certo ma è comunque roba inusuale. Aveva un gruppo?
Si, dopo.

Ah ma era il tipo degli Ufo Piemontesi!
Dovrebbe essere quello che poi ha suonato la chitarra anche con Ligabue, prova a chiediglielo perché io poi non ho seguito la sua carriera… Ha anche suonato la chitarra nel solo di "Lola", era amico di Nico Papathanassiou. Noi non usavamo la chitarra per nessuna ragione ma ci serviva un hook per la mia entrata. Infatti poi il tour lo abbiamo fatto con due bassi.

Ah quindi l'avete portato in tour comunque il disco? Lo avete promosso?
"Lola" è nel primo album..

Aah ok! avevo capito l'altro.
No no.. non abbiamo mai cantato nessuna canzone di Non Ho Denaro, mai…

Si me ne sono accorto, sono venuto spesso a vedervi. Come mai questa scelta?
Eh, tutto il concetto dell’album se ne era andato affanculo, per cui… Doveva chiamarsi Bandito Favorito.

Che concetto era?
Di un bandito favorito, ovvio!

Ebbene, dopo avere fatto "chiarezza" con Cristina vediamo un po’ in dettaglio questo disco “rinnegato”. Non Ho Denaro (o meglio Bandito Favorito) si apre con “Prendo La Moto”, un inno “conquistadores” che sembra un upgrade de Il tempo di morire" di Battisti versione sintesi PCM. Basslines avvolte da un minimalismo tanto classico quanto dissonante ( vedi gli accordi di tastiera). Un inizio che, col suo misto fra rock ed elettronica, deve aver ispirato Jovanotti per “La Mia Moto”, casualmente uscito l’anno dopo. Ma a lui la copia è venuta male.

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Il secondo pezzo è il geniale “Messaggiami”, pura poesia erotica dell’era dei telefonini: “Puttana io? Ma come puttana proprio io?” “Un bacio a lingua piatta”. Il duo anticipa gli SMS e il sexting, tanto che ascoltarla ora fa un effetto mostruoso “messaggiami nella notte/io lo so che quasi alla fine…”. Una marea di suoni e bleeps che ricordano Vektroid, slappate di basso che non starebbero assolutamente male in qualche produzione di Redhino, armonie stortissime per un pezzo che poteva essere un classico dei Krisma.

Ma ogni lato pop nasconde quello estremo: per terzo arriva infatti il delirante “La Spesa”, in cui una ritmica semi-hip hop è il tappeto per lanci di campioni, chitarre sguaiate e una vera e propria lista della spesa declamata con surreale iperrealismo da entrambi i coniugi. Sembra proprio di sentire il capitalismo portato alle estreme conseguenze fino al suo disfacimento—non dico la parolina magica o Valerio Mattioli mi chiede i diritti—a base di vocette pitchate: Afrika Bambaataa meets rullo di una televisione privata scoppiata (forse un accenno alla futura Krisma TV).

Il quarto pezzo sarebbe dovuto essere la title track, il fulcro del misterioso concetto: "Bandito Favorito" mescola musica spagnoleggiante con una italo disco che a tratti diventa proto-progressive house. Come questo sia possibile lo sanno solo loro: tipo dei Propaganda trasferiti in punizione in un’oasi. Forse c’è di mezzo Salgari nel concept, con il suo La Favorita del Mahdi, ma non indaghiamo, lasciamo che il mistero si infittisca. Il campionatore si conferma strumento principe del disco, che si insinua con pennellate improvvise stuzzicando l’ascolto nei momenti più imprevisti.

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Maisonnete si avvale invece dei suoni delle workstation all’epoca più in voga (Korg M1 in primis) per uno strumentale sviaggione, potrebbe ricordare "Relax" dei The Glove in salsa zapping televisivo notturno. Acquatica colonna sonora di hammam futuribili e meccanizzati, una new age of weirdo che piacerebbe ai Fourth World Magazine.

"Where Is The Money" si apre con spianellate che appoggiano una drum machine alla Art of Noise ad una serie di field concreti per confluire in "Chicas De Hollanda", un brano pop che è un delirio di campioni in sequenza alla Kanye West, se fosse stato vivo e attivo negli eighties.

Ma è con "Jungle Lover" che si compie il miracolo, un brano technopop che sorprendentemente ricorda un approccio alla Mumdance di The Sprawl, ritmi spezzati , campioni usati come arma di confusione fra pieni e vuoti e reverse vocali atti a generare ipnosi, incastro.

Con “occhi distratti” c’è una sterzata : si recupera il rock anni 50, zippandolo col twist e attualizzandolo alla Sigue Sigue Sputnik d’epoca come una specie di zapping campionato che non disdegna anche uscite di fisarmonica e finale in implosione . Tra l’altro citazione di “Skyline” il grande singolone del precedente Iceberg: l’autocitazione d’altronde è presente anche ne “la spesa” (un "Be Bop A Lula" ripetuto ricorda la cover incisa per la trasmissione omonima di Red Ronnie), segno che i nostri si divertono parecchio a mischiare le carte. Una riflessione sullo strapotere dello sguardo nella cività contemporanea, ad ogni modo.

L’ultimo brano “Danke Schoen” sembra ringraziare gli ascoltatori con un lento a base di Casio e suoni random di computer, una specie di piano bar del futuro con tanto di finta tromba finale forse ispirata dalle incursioni nel pop dei vari jazzisti d’epoca (vedi Miles Davis); chi lo sa? Fatto sta che è una roba particolarmente strana, da romanzo rosa del futuro.

Quindi è uscito o no questo disco? Beh il discografico incriminato lo pubblicherà lo stesso in copie limitate, riducendo al massimo la promozione. Il titolo—da lui imposto—strizza pure troppo gli occhi ai Righeira e al loro vecchio “No Tengo Dinero”, nel goffo tentativo di far breccia. La copertina, siamo d’accordo, è orrenda, ma vista oggi è molto meglio di certe porcate digital art. Il contenuto è invece l’opera di un gruppo in forma, che torna a dire la sua sul pop prendendolo, tirandolo e annodandolo, con una visione di futuro data da un lunghissimo sguardo indietro: al rock, al beat, alla melodia, alle radici del duo, agli esotismi. Ovviamente divorati da orecchie che, inconsciamente o meno già pregustavano gli mp3 e lo skip attention delle nuove generazioni. Non a caso, il loro tentativo di “rendere visuali” i brani e il rovesciamento occhio/orecchio è oggi realtà con l’uso prettamente musicale di YouTube. Ecco perché Non Ho Denaro, nonostante le frequenti detrazioni per partito preso, appare ancora incatalogabile e permeato di una freschezza tipica delle cose fatte con goduria, tutto quello che avreste voluto sul pop ma non avete mai osato chiedere. C’è proprio da dire un grande “Danke schoen” a Maurizio e Cristina, sperando che quest’ultima possa presto rientrare in campo perché "Lines drown on the sand/Sky after the rain/I won’t waste or change my mind". Con Amore.

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