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Musica

Il disamore di Battisti

Poco prima di sfrangiarci eternamente le palle con "La Canzone Del Sole" Lucio aveva dato alle stampe un disco ostico e coraggiosissimo, lo svarione psichedelico "Amore E Non Amore".

"Non ci importa di cadere. Cadremmo in piedi. L'importante per noi è di essere stati sempre coerenti."
(Mogol — 1971)

I sostenitori e i fedelissimi di Italian Folgorati sapranno che per questa rubrica sono passati i protagonisti della canzone italiana più mainstream di sempre: li abbiamo paparazzati musicalmente, beccati mentre si mettono una busta interna del vinile al posto delle mutande o scovati a pisciare nei loro stessi dischi. Tutti, si, ma mancava ancora quello senza il quale molti di loro non esisterebbero, ovvero Lucio Battisti. In realtà nella rubrica “Demented parla da solo” su VICE tempo fa analizzai il suo disco fantasma, ovvero Oh! Era Ora di Adriano Pappalardo, con un veloce excursus anche su È già, disco della svolta elettronica che all’inizio pensavo di riprendere in considerazione in questa puntata. C'era poi anche Anima Latina, ma è già fin troppo sdoganato, almeno da un paio d’anni a questa parte (con le dichiarazioni dei Verdena ad aggiungere danno alla beffa). Posto che a mio avviso Lucio ha scritto solo dischi capolavoro, a quel punto la scelta rimaneva difficile. Poi però mi sovviene di una gemma che rimane nella custodia di un po’ tutti i fans, messa da parte negli scaffali con tanto di illibato cellophan, quasi indigesta anche se apparentemente appetibile. Il disco in questione è" Amore e Non Amore, anno 1971.

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Lo sfondo storico è quello di un Battisti all' apice del suo fenomenale successo, in cui da vero asso pigliatutto sforna una serie di singoli che sono dei grimaldelli in forma canzone, nel 1970 l' Italia impazzisce per lui e lui risponde dandogli quello che si aspetta, pubblicando "Fiori Rosa Fiori Di Pesco" ed “Emozioni" che, nel loro flirtare con la tradizione dell' opera italiana, fanno un botto commerciale inaudito. Ma nello stesso tempo il nostro trama per far crollare il sistema dall’interno e inserire dei cortocircuiti irreversibili nella macchina musicale d' epoca, spalleggiato dal fido Mogol che non e' solo il suo paroliere ma anche e soprattutto un abile manager inserito nel sistema discografico, che ha voglia di fare una rivoluzione di stampo anarcocapitalista. Folgorato dalla psichedelia di casa Harvest, dal nascente prog sinfonico di casa Genesis/Deep Purple e probabilmente dalla musica sperimentale tipo Gruppo D’Improvvisazione Nuova Consonanza, Battisti confeziona in quattr’ e quattr’otto un disco che proietterebbe la musica italiana in una posizione internazionale facendogli recuperare tutti i punti persi fino a quel momento. Uso il condizionale perché Amore E Non Amore è una mina antiuomo agli occhi dei discografici di allora, tanto che costoro ne bloccano l'uscita preferendo dare alle stampe una più rassicurante raccolta di successi, chiamata con pochissima fantasia Emozioni. Lucio si incazza non poco, col risultato che si tratterà dell’ultimo disco su Ricordi: da questo momento si autoproducerà nella gloriosa etichetta Numero Uno da lui fondata insieme a Mogol, Donida e Colombini, fucina di talenti sciolti senza pari.

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L’incazzatura di Battisti non solo è condivisibile, ma anche sacrosanta: quell'anno i Pink Floyd avevano fatto uscire Atom Heart Mother, che è tutto un passare da suite strumentali di psichedelia sinfonica al formato canzone, con abbondante uso di orchestra condotta da David Gilmour, quindi non da un maestro di conservatorio ma da un capellone del cazzo. Guarda caso, Amore E Non Amore è proprio così: Battisti conduce l’orchestra e il disco è diviso perfettamente a metà tra brani cantati e suite strumentali deliranti. Materiale per cui Lucio sarebbe dovuto passare alla storia, invece sarà "soltanto" ricordato come il primo vero esempio di prog italiano, prima dei vari New Trolls, Parsifal e compagnia bella. Prova ne è che la backing band del nostro sono nientepopodimeno che i Quelli, che l’anno successivo diventeranno la PFM, mentre Alberto Radius—chitarrista dei Quelli poi nei Formula 3, braccio destro di Battiato nella sua svolta wave nonché produttore scafatissimo—sarà a sua volta la causa del fondarsi degli Area, a provare che Battisti è la miccia del grande rinnovamento che verrà, anche in senso politico. Vediamo perché.

Amore E Non Amore esce in ritardo di un anno e falcia le sinapsi già dalla copertina: Lucio viene ritratto praticamente come un Syd Barrett di noantri, vestito di tutto punto ma stracciato, adombrato, con un cappello simil freak adornato da papaveri (!), seduto in un campo d' erba. Alle sue spalle, proprio come nella retro-copertina di The Madcap Laughs, c'è una donna di spalle, nuda e bella, che risulta essere sua moglie ma che in questo caso sembra più che altro una ninfetta libera e beata. Accanto, due cavalli che brucano, simbolo probabilmente dei due sessi liberati dal giogo dei ruoli che Battisti e consorte evocano: infatti gli animali sono vicini, mentre gli umani fatalmente lontani uno dall’altro e soprattutto lontani dallo stato di natura. Se paragonate questa copertina con quella, appunto, di Atom Heart Mother, vi renderete conto che ci troviamo nello stesso immaginario bucolico. D'altronde Battisti è un fan dei Floyd e soprattutto di Barrett, al quale scipperà l' idea armonica de “La Canzone Del Sole”: non so se avete mai confrontato quest'ultima con "Love Song" di Barrett: be', fatelo e non crederete alle vostre orecchie. Siamo in effetti subito seppelliti da un brano psichedelico, la brutale “Dio Mio No”, la quale ha l’arduo compito di aprire il concept album. Canzoni, appunto, d' amore e di non amore, anche se non è chiaro quali siano le une e quali le altre: secondo Mogol le canzoni d’amore sono le strumentali e quelle cantate di non amore.

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È probabile che sotto ci sia dell'altro, perché le uniche a trattare un tema di coppia sono quest’ultime, mentre le altre sembrano allucinazioni perenni dai titoli alla Wertmuller, chilometrici ed esplicativi di uno stato d' animo disagiato o preda di sostanze chimiche. Quindi mettiamola così: le canzoni di non amore in realtà trattano di amore moderno, quindi certamente lontano dai canoni dell’amore dei padri, che—come appunto in "Dio Mio No"—vede la donna non più come remissiva costola dell’uomo ma anzi una che prende l’iniziativa, che si spoglia e va al sodo. L’uomo, nel frattempo, sembra un pirla, una statua di sabbia che crolla appena vede in pericolo la sua autorità. Un messaggio chiaramente rivoluzionario e antimachista, che invece verrà ovviamente scambiato dal movimento femminista per sessista, contribuendo alla ridicola leggenda del Battisti fascio. Insieme alle femministe ci si mettono anche i cattolici, che cercano di censurare il brano in quanto vilipendio alla religione. E allora ben gli stanno questi tot minuti di jam su soli due accordi, con una furia e dei suoni che anticipano sia il Dark Magus di Miles Davis come anche i This Heat, i PIL di Metal Box,i Butthole Surfers… Insomma picchiano duro, Battisti urla come un folle, chiama gli assolo in diretta, la batteria sembra volutamente una scatola da scarpe stile afro-funk, bissata da un organo che certe volte sembra fregato ai B52's (peccato che fossero ancora spermatozoi all’epoca).In questo viaggio "ad anello" nella paranoia del soggetto che, da consumato latin lover si ritrova col cazzetto moscio, la fanno da padrone l’impro ragionata, la presa diretta, la sporcizia, lo sticazzi e il vaffanculo.

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Dopo questa botta di adrenalina passiamo a "Seduto Sotto un Platano Con Una Margherita In Bocca Guardando Il Fiume Nero Macchiato Dalla Schiuma Bianca Dei Detersivi", che più che di amore tratta il tema di ecologia, della merda consumista che viene a galla, del passaggio da società contadina a quella pesantemente industriale che tutto calpesta. Pioniere di una sensibilità "verde", Battisti tramuterà questo sentimento in una musica che in qualche modo accomuna tutti gli strumentali: una specie di library music virata al pop con umori alla Brian Auger ma soprattutto dotata di archi deliranti di stampo morriconiano/sperimentale, che cercano l'atonalita nel tonale (esperimento che Battiato ripeterà negli anni novanta). L'anima qui sembra latina molti anni prima del disco omonimo, con chitarre acustiche quasi tzigane volte a evocare il fiume presto macchiato dagli arzigogoli subdoli degli archi/schiuma dei detersivi. A quanto pare, Battisti si ispira solamente di striscio ai suoi colleghi stranieri, per il resto decide lui le regole del gioco in una personalissima visione aperta a trecentosessanta gradi, che rischia anche cadute verticali ma sta incredibilmente sempre in piedi. La creatura mutante di “Una”, invece, ci riporta nel mondo reale laddove, al contrario degli strumentali che sono autoriflessioni mute e intimiste (forse che l’amore per Mogol sia il puro isolazionismo e il rapporto di coppia il male?). l protagonista ama un "cesso " ma non riesce ad accettarlo con serenità, rimanendo intrappolato negli schemi estetici della massa. Nonostante questo, si tiene stretta la sua “bella” fra masochismo e mito del buon selvaggio, e il non amore che a suo modo è amore viene descritto con un hardsoul sfasciato completo di falsettini femminili ambigui e stridenti, come a sottolineare il rovesciamento di ruoli carnefice/vittima oramai in atto, da maschio a femmina.

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Il successivo viaggio interiore è "7 Agosto Di Pomeriggio. Fra Le Lamiere Roventi Di Un Cimitero Di Automobili Solo Io, Silenzioso Eppure Straordinariamente Vivo" titolo eccezionale per l’ennesima perla di disagio, una semi-impro tutta storta, con lancinanti chitarre cacofoniche e perle di pianoforte che rotolano nel cervello, uno sciogliersi al sole tutt'uno con le lamiere, straordinariamente vivo sì, ma a quale prezzo? Forse quello, pesantissimo, di aver inventato il krautrock italiano?

Il lato due si apre con "Se La Mia Pelle Vuoi", un missile che definire punk è poco: rock n’roll devastante pestato abbestia, con un Battisti scimmia urlante e una storia che narra di una lei insaziabile, che non vede altro che il sesso. Il nostro maschietto, ovviamente, rimane scioccato che il predatore non sia lui e chiede di andare al cinema e a vedere i fiori, praticamente sequestrato nel letto, pesa per il culo della tipologia di maschio che ancora evidentemente imperava, e di contro apoteosi di una femminilità che finalmente sale al potere. Con una lungimiranza incredibile, Mogol descrive più il '77 che il 1970, probabilmente spingendosi oltre con l’immaginazione, descrivendo atteggiamenti ancora inesistenti nell’italietta di allora. Ma ecco "Davanti ad un distributore Automatico Di Fiori Dell'Aeroporto di Bruxelles, Anch'io Chiuso In Una Bolla Di Vetro": si passa senza problemi da un pop romantico a una smaciullata di basso, fino a un grappolo di flanger che improvvisamente ci vede proiettati direttamente dentro la plastica dell aereoporto, intrappolati nella bolla di vetro. Se vi ricordate i Duran Duran di "Tiger Tiger" e compagnia cantante be', qui erano già superati.

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Il brano é un breve trip, a cui segue quasi immediatamente “Supermarket”: pezzo fondamentale nell’economia del disco, suonato da un Battisti che qui ancora si dedica alla chitarra con la sua tecnica possente e rozza, grattugiata, quasi simile al king buzzo acustico di oggigiorno nelle sue intenzione protonoise ( e infatti nel 72 con "Il Fuoco" Battisti sarà forse il primo noise rocker in Italia, tutto feedback ed echi di schifo). Ma come se non fosse abbastanza, qui, oltre a fondere il blues più rozzo al soul funk, ci ritroviamo anche degli excursus assurdi quasi proto-house con piede battuto a scavare, per sfociare poi in schitarrate spastiche alla DNA. Una roba assurda, corredata da rumori d' ambiente e un finale vocale letteralmente da bruciato, nella costante tensione al superamento dei limiti tecnici sonori d’epoca. La storia narra di un tradimento molto basic, una ragazza che lavora al supermercato, ama tanto le banane e ne fa indigestione a scapito del suo ragazzo. Chi vuole intendere il doppio senso intenda.

Prima che si riesca a capire dove vuole andare a parare, comunque, il disco si conclude, e lo fa con una vera bomba atomica, colonna sonora dell’alienazione e dell’abbrutimento davanti alla violenza dei media. Tristemente attuale, "Una Poltrona, Un Bicchiere Di Cognac, Un Televisore, 35 Morti Ai confini Di Israele e Giordania" è una cavalcata simil-orientale che arriva fino a soluzioni veramente weird, suonate in maniera scoordinata mentre Battisti grida il suo disagio in una miriade di riverberi, con un falso finale stile white album che prende di soppiatto l’ascoltatore. Viaggione psicoastenico nella rassegnazione di chi se ne sta inerme davanti alla tv, completamente desensibilizzato dall'orrore della guerra: oggi l'ascolto funziona perfettamente, a fronte di tutte le foto di bambini straziati dal conflitto araboislamico che la gente posta spesso a caso su facebook, nella tristezza più indicibile.

Quindi Amore E Non Amore è a suo modo un disco politico, anche se scorretto nel descrivere una serie di situazioni al limite, rassicurante manco per il cazzo. Essendo, tra l'altro, il primo vero long playing di inediti di Battisti in assoluto, viene quindi concepito come un suicidio commerciale senza precedenti, non fosse che il nostro ha previsto il rapido cambiamento dei gusti musicali della gente e ottiene il primo posto in classifica per sei settimane non consecutive, trainato probabilmente da acquisti sulla fiducia. D’altronde anche È Già, il meno amato del lotto e il più ostico della storia, sarà un buon successo, e come in È Già Battisti cerca per la prima volta di sbarazzarsi della personalità imponente di Mogol, limitandone gli interventi solo in quattro canzoni su otto mettendosi alla prova come autore di opere che stanno in piedi anche senza l’apporto del collega. Nessuno si ricorderà dei singoli estratti, tranne, udite udite, Ambra Angiolini, che in Non È La RAI riproporrà con le sue socie ninfette versioni rivedute di "Supermarket" e "Dio Mio No", permettendosi anche di cambiare il surreale ma efficace verso "il macellaio dovrebbe portare/bistecche e caviale/ma un dubbio mi assale" sostituendo il caviale con delle volgari salsicce. Oltre a loro solo, ovviamente, Vasco, grande fan di Battisti a cui deve più di un furto. Questa amnesia generale è sicuramente dovuta al fatto che il nostro nello stesso anno inanella una serie di singoli uno più devastante dell’altro, tipo "Pensieri E Parole", "Insieme A Te Sto Bene", Le Tre Verità" e soprattutto "La Canzone Del Sole", relegando la sperimentale "Dio Mio No" a fanalino di coda. Oggi Amore E Non Amore sembra meno datato che mai, e anzi potrebbe indicare alla musica italiana da dove ripartire: dal coraggio, ovviamente, quello che al popolino fa gridare "cosa fai/che cosa fai/dio mio no".

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